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Interrogatorio preventivo: quando si può omettere?

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 26919/2025, ha chiarito le regole sull’obbligatorietà dell’interrogatorio preventivo prima dell’applicazione di una misura cautelare. La Corte ha stabilito che, in presenza di più reati connessi, la disciplina procedurale prevista per il reato più grave (cosiddetto ‘reato ostativo’) si estende anche ai reati meno gravi. Di conseguenza, se almeno uno dei reati connessi rientra tra quelli che consentono di omettere l’interrogatorio, tale deroga si applica a tutto il complesso delle accuse, a condizione che esista un legame probatorio qualificato e non un collegamento meramente occasionale tra i crimini. La sentenza annulla quindi la decisione del Tribunale del riesame che aveva liberato un indagato per l’omissione dell’interrogatorio.

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Pubblicato il 26 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Interrogatorio Preventivo: La Cassazione chiarisce la regola dell’attrazione tra reati

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 26919/2025) affronta una questione cruciale nella procedura penale: l’applicazione dell’interrogatorio preventivo prima di una misura cautelare. La decisione chiarisce come comportarsi in procedimenti complessi, con più indagati e una pluralità di accuse, alcune delle quali particolarmente gravi. La Corte stabilisce un importante principio: quando i reati sono connessi, la disciplina del reato più grave “attrae” quella dei reati minori, determinando se l’interrogatorio sia obbligatorio o meno.

I Fatti del Caso

Il caso nasce da un’ordinanza del Tribunale del riesame di Salerno, che aveva annullato una misura cautelare degli arresti domiciliari disposta da un Giudice per le indagini preliminari (GIP). La ragione dell’annullamento era formale: il GIP non aveva effettuato l’interrogatorio preventivo dell’indagato prima di emettere il provvedimento. Il Tribunale aveva ritenuto tale omissione una violazione del diritto di difesa, poiché i reati per cui la misura era stata effettivamente applicata non rientravano nella categoria dei cosiddetti “reati ostativi”, ovvero quei crimini gravi per i quali la legge consente di saltare questo passaggio.

La Procura della Repubblica ha impugnato questa decisione, portando il caso davanti alla Corte di Cassazione. Secondo l’accusa, il Tribunale non aveva considerato la complessità del quadro investigativo: l’indagato era coinvolto in un procedimento più ampio in cui ad altri co-indagati erano contestati reati ostativi (nella fattispecie, favoreggiamento dell’immigrazione clandestina), e questi reati erano strettamente collegati a quelli dell’indagato principale.

La Questione Giuridica: Interrogatorio Preventivo e Reati Connessi

Il nodo centrale della questione era il seguente: in un procedimento con più accuse, come si determina la regola procedurale da seguire? Bisogna guardare a ogni singolo reato isolatamente, oppure si deve adottare un approccio unitario? La legge ha introdotto l’interrogatorio preventivo come regola generale per rafforzare le garanzie difensive, ma ha previsto eccezioni per reati di particolare allarme sociale, dove la necessità di agire “a sorpresa” per non compromettere le indagini è prevalente.

La difesa sosteneva che, essendo stati contestati all’indagato solo reati “comuni”, il suo diritto a essere ascoltato prima della misura fosse inviolabile. La Procura, invece, insisteva sulla necessità di una visione d’insieme, per evitare di frammentare l’azione cautelare e vanificarne l’efficacia, specialmente in indagini su fenomeni criminali complessi.

La Decisione della Cassazione e il Principio di Attrazione

La Corte di Cassazione ha dato ragione alla Procura, annullando la decisione del Tribunale del riesame. I giudici supremi hanno affermato il cosiddetto “principio di attrazione”: in presenza di una connessione qualificata tra reati, la disciplina procedurale prevista per il reato più grave si estende a tutti gli altri.

In altre parole, se un indagato è accusato di un reato comune ma questo è strettamente collegato a un reato ostativo (anche se contestato a un co-indagato), la deroga alla regola dell’interrogatorio preventivo si applica a tutto il complesso delle accuse. L’efficacia dell’intervento cautelare per il reato grave prevarrebbe, dunque, sulla garanzia del contraddittorio anticipato per il reato meno grave.

Cos’è una “Connessione Qualificata”?

La Corte ha precisato che questa attrazione non è automatica. Non basta che i reati siano trattati nello stesso procedimento per mera opportunità. È necessario un legame sostanziale, definito “connessione qualificata”, che può essere di due tipi:
1. Connessione ai sensi dell’art. 12 c.p.p.: Ad esempio, reati commessi in concorso dalla stessa persona o per raggiungere lo stesso fine.
2. Collegamento probatorio ai sensi dell’art. 371 c.p.p.: Quando le prove di un reato sono indispensabili per accertare l’altro.

Nel caso specifico, la Cassazione ha ravvisato un forte collegamento probatorio tra i reati contestati all’indagato e il reato ostativo di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, poiché le indagini dimostravano l’utilizzo delle stesse società e strutture per commettere i diversi illeciti.

Le Motivazioni

La Corte ha motivato la sua decisione sulla base di un’interpretazione sistematica delle norme. Il legislatore, nel bilanciare il diritto di difesa con le esigenze investigative, ha creato un doppio binario procedurale. Permettere di “spezzare” un procedimento cautelare unitario, applicando regole diverse a reati connessi, creerebbe una “irragionevole eterogenesi dei fini”. Da un lato, si cercherebbe di garantire la sorpresa per il reato ostativo, dall’altro la si vanificherebbe rivelando l’indagine attraverso l’interrogatorio per il reato comune. Questo approccio è stato ritenuto illogico e impraticabile.

La gestione unitaria del procedimento cautelare è essenziale per preservare la riservatezza e l’efficacia dell’azione investigativa, specialmente di fronte a criminalità complessa. La Corte ha sottolineato che il diritto di difesa non viene annullato, ma semplicemente posticipato all’interrogatorio di garanzia che segue l’esecuzione della misura, come avviene normalmente per i reati più gravi.

Conclusioni

Questa sentenza ha importanti implicazioni pratiche. Stabilisce che nei procedimenti complessi, la presenza di un reato ostativo agisce come un catalizzatore, estendendo la sua disciplina procedurale più severa anche ai reati connessi che, presi singolarmente, seguirebbero la via ordinaria. Per gli inquirenti, ciò significa poter contare su un’azione cautelare unitaria ed efficace, senza il rischio che le garanzie previste per un’accusa minore compromettano l’intera indagine. Per la difesa, implica che la valutazione sulla necessità dell’interrogatorio preventivo non può limitarsi alle singole imputazioni, ma deve tenere conto dell’intero quadro accusatorio e dei legami tra i diversi reati contestati nel procedimento.

Per decidere se effettuare l’interrogatorio preventivo, il giudice deve basarsi sulla richiesta del PM o sulla propria valutazione dei reati?
Il giudice deve basarsi sulla propria autonoma valutazione dei fatti e sulla qualificazione giuridica che ritiene corretta al momento della decisione, a prescindere dalla richiesta iniziale formulata dal Pubblico Ministero.

Se un indagato è accusato di più reati, alcuni ‘ostativi’ e altri no, si deve sempre fare l’interrogatorio preventivo?
No. Se i reati sono legati da una ‘connessione qualificata’ (ad esempio, un forte legame probatorio), la disciplina procedurale prevista per il reato ‘ostativo’ si estende anche agli altri. Di conseguenza, l’interrogatorio preventivo può essere omesso per tutte le accuse connesse.

La regola dell’attrazione si applica anche se il reato ‘ostativo’ è contestato solo a un co-indagato?
Sì, la sentenza chiarisce che il principio si applica anche in questo caso, a condizione che il reato ‘ostativo’ del co-indagato sia probatoriamente collegato a quelli contestati all’interessato, dimostrando un intreccio tra le condotte criminali.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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