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Interrogatorio preventivo: obbligo di ripeterlo

La Corte di Cassazione ha confermato l’annullamento di una misura interdittiva a carico di un pubblico ufficiale. La misura era stata annullata perché, dopo il primo interrogatorio preventivo, il Pubblico Ministero aveva depositato nuove prove senza che il giudice procedesse a un nuovo interrogatorio. La Corte ha stabilito che, in questi casi, la ripetizione dell’interrogatorio è obbligatoria per garantire il diritto di difesa, rendendo nullo il provvedimento emesso in sua assenza. La sentenza sottolinea l’importanza dell’interrogatorio preventivo come garanzia fondamentale nel procedimento.

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Pubblicato il 3 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Interrogatorio Preventivo: Perché va ripetuto se emergono nuove prove?

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 8634 del 2024, ha ribadito un principio fondamentale a tutela del diritto di difesa: se, dopo l’interrogatorio preventivo dell’indagato, il Pubblico Ministero deposita nuovi atti d’indagine, il giudice deve procedere a un nuovo interrogatorio prima di applicare una misura interdittiva. In caso contrario, il provvedimento è nullo. Questa decisione rafforza le garanzie difensive nel contesto delle misure cautelari che incidono sulla professione e sulla funzione pubblica.

I Fatti del Caso

Il caso riguardava un giudice di pace, indagato per corruzione in atti giudiziari. L’accusa sosteneva che il magistrato, in cambio di incarichi di consulenza retribuiti e assegnati alla moglie, avesse emesso sentenze favorevoli a due avvocati. Il Giudice per le Indagini Preliminari (G.i.p.), prima di decidere sulla richiesta di misura interdittiva della sospensione dall’esercizio della pubblica funzione, aveva svolto l’interrogatorio preventivo come previsto dall’art. 289, comma 2, del codice di procedura penale.

Tuttavia, dopo questo interrogatorio, il Pubblico Ministero aveva trasmesso al giudice un’ulteriore informativa di polizia giudiziaria contenente “alcune prime importanti evidenze”. Nonostante questo nuovo materiale, il G.i.p. procedeva ad applicare la misura interdittiva senza sentire nuovamente l’indagato. Il Tribunale del riesame, in seguito, annullava l’ordinanza proprio per la violazione del diritto di difesa, ritenendo indispensabile un secondo interrogatorio alla luce dei nuovi elementi.

La questione del nuovo interrogatorio preventivo

Il Pubblico Ministero ha presentato ricorso in Cassazione, sostenendo che nessuna norma impone esplicitamente la ripetizione dell’interrogatorio. Secondo la tesi dell’accusa, si sarebbe dovuto applicare il principio della “prova di resistenza”: il Tribunale avrebbe dovuto verificare se, anche senza considerare i nuovi atti, la misura cautelare fosse comunque fondata sulla base del materiale già a disposizione dell’indagato al momento del primo interrogatorio.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso del Pubblico Ministero, confermando la decisione del Tribunale. I giudici supremi hanno chiarito che la procedura prevista dall’art. 289 c.p.p. ha una peculiarità fondamentale: l’interrogatorio preventivo non è un atto meramente formale, ma una garanzia sostanziale. Esso serve a due scopi: contestare all’indagato tutti gli addebiti e consentirgli una difesa completa, e permettere al giudice di valutare l’impatto della misura sulla funzione pubblica dell’indagato.

La giurisprudenza consolidata, richiamata dalla Corte, afferma che l’interrogatorio deve essere preceduto dal deposito di tutti gli atti su cui si fonda la richiesta del PM. Di conseguenza, se dopo l’interrogatorio vengono aggiunti nuovi elementi, il contraddittorio originario diventa incompleto e parziale. Per ripristinare pienamente il diritto di difesa, è necessario che l’indagato sia messo in condizione di conoscere e controbattere anche i nuovi atti. L’unico modo per farlo è attraverso un nuovo interrogatorio, preceduto da un nuovo deposito.

La Corte ha specificato che il principio della “prova di resistenza”, pur valido in altri contesti, non può essere invocato per sanare un vizio così radicale. Un interrogatorio condotto solo su una parte del materiale d’accusa è considerato tamquam non esset (come se non fosse mai avvenuto), poiché svuota di significato la funzione di garanzia dell’atto. In sostanza, la mancata ripetizione dell’atto determina una nullità assoluta per violazione del diritto di difesa, che non può essere superata da una valutazione successiva sulla sufficienza degli indizi originari.

Le conclusioni

Questa sentenza consolida un orientamento a forte tutela del diritto di difesa. Stabilisce chiaramente che la dinamica processuale deve essere trasparente e completa. Quando il quadro accusatorio cambia con l’aggiunta di nuovi elementi, anche le garanzie difensive devono essere adeguate e rinnovate. La decisione sottolinea che l’interrogatorio preventivo è un pilastro del giusto processo nell’ambito delle misure interdittive e la sua funzione non può essere depotenziata da interpretazioni che ne limitino la portata. Per gli operatori del diritto, è un monito a garantire che ogni decisione cautelare sia preceduta da un contraddittorio pieno ed effettivo su tutto il materiale probatorio presentato dall’accusa.

Se il Pubblico Ministero deposita nuove prove dopo l’interrogatorio preventivo, è obbligatorio ripetere l’atto prima di emettere una misura interdittiva?
Sì, la Corte di Cassazione ha stabilito che se, successivamente all’interrogatorio, vengono allegati ulteriori atti d’indagine, il giudice deve procedere a un nuovo interrogatorio, anch’esso preceduto dalla previa ostensione degli atti all’indagato e al suo difensore.

Qual è la conseguenza della mancata ripetizione dell’interrogatorio in questo scenario?
La mancanza del nuovo interrogatorio determina la nullità del provvedimento cautelare per violazione del diritto di difesa. L’interrogatorio basato solo su una parte degli atti è considerato radicalmente nullo.

È possibile applicare il principio della “prova di resistenza” per salvare la misura cautelare?
No, in questo specifico contesto la Corte ha escluso l’applicazione della “prova di resistenza”. Il vizio derivante dalla mancata ripetizione dell’interrogatorio è talmente grave da svuotare di significato la funzione di garanzia dell’atto, rendendo irrilevante la valutazione se gli indizi originari fossero sufficienti a giustificare la misura.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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