Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 29384 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 29384 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 25/06/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
NOME COGNOME (alias NOME COGNOME NOME) nato in Albania il 01/07/1986; NOME (alias NOME) nato in Albania il 28/01/1992; avverso l’ordinanza del 26/03/2025 del Tribunale di Torino, in funzione di giudice del riesame;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Sostituto Procuratore Generale, NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi inammissibili i ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
Il presente procedimento penale trae origine da una complessa attività di indagine avviata a seguito di una serie di furti in abitazione perpetrati nel territorio della provincia di Torino a partire dal gennaio 2024.
Le investigazioni sono partite dall’individuazione di un veicolo, una Honda Civic, utilizzato dai ladri, a bordo del quale sono stati repertati profili genotipici che hanno consentito di identificare NOME (alias NOME). Successivi accertamenti, condotti mediante l’utilizzo di apparati di localizzazione satellitare, sistemi di intercettazione ambientale e videoriprese, hanno permesso di riscontrare il coinvolgimento di NOME COGNOME e NOME COGNOME quali complici di
NOME Gli indagati sono stati sottoposti a fermo e sono stati contestati loro plurimi episodi di furto in abitazione, tentato o consumato, aggravati dalla violenza sulle cose e dall’essere commessi da tre persone, verificatisi in diverse località quali Settimo Torinese, Rivoli, Druento, Alpignano e Mappano, tra dicembre 2024 e febbraio 2025.
Il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Torino, con ordinanza datata 8 marzo 2025, ha convalidato il fermo operato in data 6 marzo 2024 nei confronti di NOME e NOME COGNOME Ha, altresì, applicato la custodia cautelare in carcere a NOME e NOME in relazione ai reati contestati ai capi da 1 a 10, e a NOME COGNOME per i reati di cui ai capi da 3 a 10.
Il Tribunale di Torino, quale giudice del riesame, con ordinanza del 26 marzo 2025, ha confermato la detta ordinanza.
Avverso quest’ultima ordinanza hanno proposto distinti ricorsi per Cassazione gli avvocati difensori di NOME COGNOME e NOME COGNOME censurando la decisione per vizi di legge e di motivazione.
Il ricorso di NOME COGNOME si articola su due motivi principali.
5.1. Col primo deduce l’i nefficacia della misura cautelare per mancata acquisizione dei decreti autorizzativi delle conversazioni ambientali.
La difesa ha lamentato che il Pubblico Ministero non avrebbe depositato i decreti di autorizzazione delle intercettazioni ambientali effettuate all’interno dell’autovettura Alfa Romeo Giulietta, decisive per l’identificazione di Xheleka COGNOME e per la ricostruzione della vicenda. Tale omissione, avvenuta nonostante il sollecito al deposito da parte della difesa tramite PEC prima dell’udienza, avrebbe impedito il controllo di legittimità degli atti e compromesso il diritto di difesa, comportando la perdita di efficacia dell’ordinanza cautelare ai sensi dell’articolo 309, comma 10, cod. proc. pen.
Il Tribunale del riesame, pur riconoscendo il dovere del giudice di acquisire i detti decreti per il controllo di legittimità, avrebbe errato nel ritenere infondata la richiesta difensiva basandosi sull’assunto che l’acquisizione non fosse necessaria laddove gli stessi non fossero stati posti a fondamento della richiesta della misura da parte del Pubblico Ministero.
La difesa ha richiamato, a supporto, giurisprudenza di questa Corte.
5.2. Col secondo motivo, la difesa dello COGNOME lamenta la nullità dell’ordinanza cautelare per mancata acquisizione dell’interrogatorio preventivo
dell’indagato, obbligatorio ai sensi del nuovo articolo 291, comma 1quater , cod. proc. pen., una volta escluso -da parte del medesimo provvedimento impugnato -il pericolo di fuga.
La difesa di NOME sottolinea che l’omissione dell’interrogatorio preventivo viola il principio del contraddittorio e pregiudica il diritto di difesa dell’indagato, il quale sarebbe stato privato della possibilità di esporre la propria versione dei fatti o produrre elementi a proprio favore.
Il Tribunale collegiale avrebbe affermato che la disciplina della nullità per mancato interrogatorio preventivo non si applicherebbe ai casi di arresto o fermo, in quanto l’indagato viene già interrogato dal Giudice per le indagini preliminari prima dell’emissione dell’ordinanza cautelare.
La difesa replica che, in caso di fermo, il soggetto, già sottoposto a “massima compressione della libertà”, non ha a disposizione il tempo per la difesa previsto nel caso di interrogatorio preventivo (di cinque giorni, ex art. 291, comma 1sexies , cod. proc. pen.): ciò creerebbe un vulnus al diritto di difesa, sicché si tratterebbe di atto non surrogabile.
6. Il ricorso di NOME COGNOME infine, propone censure analoghe a quelle di cui al secondo motivo del coimputato. Deduce, infatti, la nullità dell’ordinanza per mancata effettuazione dell’interrogatorio preventivo. La difesa ha richiamato una decisione della Suprema Corte (Sent. n. 5548/2025) per sostenere che la mancanza dell’interrogatorio non possa essere surrogata dall’interrogatorio di garanzia del fermato, come ritenuto dal provvedimento impugnato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. I ricorsi sono infondati.
La prima censura prospettata dallo COGNOME è da disattendere.
In tema di intercettazioni telefoniche, la mancata allegazione, da parte del P.M., dei relativi decreti autorizzativi a corredo della richiesta di l’applicazione di misure cautelari e la successiva omessa trasmissione degli stessi al Tribunale del riesame a seguito di impugnazione del provvedimento coercitivo, non determina né l’inefficacia della misura, né l’inutilizzabilità delle intercettazioni, ma obbliga il Tribunale ad acquisire d’ufficio tali decreti ove la parte ne faccia richiesta (Sez. 1, n. 823 del 11/10/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 269291-01; confronta, in termini analoghi: Sez. 4, n. 26297 del 15/05/2024, Rv. 286817-01 e Sez. 1, n. 8806 del 15/02/2005, COGNOME, Rv. 231083-01).
Tanto è stato correttamente evidenziato nel provvedimento impugnato.
Del resto, è la stessa parte ricorrente ad ammettere che, ‘nella serata dello stesso giorno 24.03.25, alle ore 20.46, inviava una pec alla Procura procedente, richiedendo il deposito dei decreti autorizzativi del GIP in vista dell’udienza prossima del 26.0 3.25’: ovvero di aver proposto istanza al Pubblico Ministero, ritenuto dalla stessa parte ricorrente unico legittimo organo detentore degli atti.
Dunque, nessuna istanza in tal senso risulta formulata al Tribunale collegiale, che, pertanto, non aveva, per quanto detto, alcun dovere di disporre l’ acquisizione dei menzionati decreti a pena di nullità.
Anche le censure -prospettate da entrambi i ricorrenti -in ordine all’omesso espletamento del preventivo interrogatorio di garanzia sono infondate.
È evidente che, in caso di arresto in flagranza di reato o fermo per il gravemente indiziato di delitto, l’art. 391 cod. proc. pen. preveda una autonoma disciplina in luogo di quella di cui al menzionato art. 291 cod. proc. pen.
Infatti, secondo l’art. 391, commi 3, 4 e 5, cod. proc. pen., «il Pubblico Ministero, se comparso, indica i motivi dell’arresto o del fermo e illustra le richieste in ordine alla libertà personale. Il giudice procede quindi all’interrogatorio dell’arrestato o del fermato, salvo che questi non abbia potuto o si sia rifiutato di comparire; sente in ogni caso il suo difensore. Quando risulta che l’arresto o il fermo è stato legittimamente eseguito e sono stati osservati i termini previsti dagli articoli 386 comma 3 e 390 comma 1, il giudice provvede alla convalida con ordinanza. Se ricorrono le condizioni di applicabilità previste dall’articolo 273 e taluna delle esigenze cautelari previste dall’articolo 274, il giudice dispone l’applicazione di una misura coercitiva a norma dell’articolo 291».
Dunque, l’art. 391 cod. proc. pen. non subordina alla sussistenza delle condizioni di cui all’art. 291, comma 1 -quater , cod. proc. pen. l’adozione della misura cautelare, prevedendo, nel caso del fermo o dell’arresto, un distinto iter in cui risulta, comunque, garantito il diritto di difesa, in ragione della possibilità, per l’indagato, di essere sottoposto a interrogatorio dal giudice.
Tanto, peraltro, è stato già affermato da questa Corte (si veda Sez. 6, n. 23350 del 4/4/2025, non massimata).
Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen. , alla declaratoria di rigetto segue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento.
Trattandosi di provvedimento da cui non consegue la rimessione in libertà dei detenuti, una sua copia va trasmessa al direttore dell’istituto penitenziario perché provveda a quanto stabilito dal comma 1bis dell’art. 94 disp. att. cod.
proc. pen. (ai sensi del comma 1ter del medesimo articolo).
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1ter , disp. att. cod. proc. pen.
Così è deciso, 25/06/2025
Il Consigliere estensore
NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME