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Interrogatorio preventivo: la regola dell’attrazione

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 26916/2025, chiarisce le regole per l’applicazione delle misure cautelari in presenza di più reati. Se un indagato è accusato di reati comuni e di almeno un reato “ostativo” (per cui è esclusa la necessità dell’interrogatorio preventivo), la procedura speciale prevista per quest’ultimo si estende a tutti gli altri, a condizione che esista una connessione qualificata o probatoria. La Corte ha stabilito il “principio di attrazione”, annullando la decisione del Tribunale del Riesame che aveva annullato un’ordinanza di custodia cautelare per l’omissione dell’interrogatorio.

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Pubblicato il 26 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Interrogatorio preventivo e reati connessi: la Cassazione stabilisce la regola dell’attrazione

Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 26916 del 2025, ha affrontato un tema cruciale della procedura penale: la gestione delle misure cautelari quando un indagato è accusato di una pluralità di reati, alcuni dei quali escludono la necessità dell’interrogatorio preventivo. Questa pronuncia introduce e consolida il “principio di attrazione”, secondo cui la disciplina più rigorosa prevista per i reati cosiddetti “ostativi” si estende anche a quelli comuni, a patto che sussista un legame qualificato tra di essi.

I Fatti del Caso

Il caso nasce da un ricorso del Pubblico Ministero contro una decisione del Tribunale del Riesame di Salerno. Quest’ultimo aveva annullato un’ordinanza di arresti domiciliari nei confronti di un indagato, ritenendo che fosse stata illegittimamente omessa la garanzia dell’interrogatorio preventivo. L’indagato era accusato di vari reati, tra cui concorso esterno in associazione di tipo mafioso (poi riqualificato dal GIP) e truffa aggravata. Il Tribunale aveva sostenuto che, a seguito della riqualificazione del reato associativo, non sussistevano più le condizioni per derogare all’interrogatorio. Il Pubblico Ministero, invece, ha sostenuto che la valutazione dovesse basarsi sulla sua richiesta originaria e sulla presenza, nel medesimo procedimento, di altri reati ostativi contestati anche a coindagati, come il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.

La decisione della Corte di Cassazione e l’interrogatorio preventivo

La Suprema Corte ha accolto il ricorso del PM, annullando l’ordinanza del Tribunale del Riesame. Il punto centrale della decisione è l’affermazione del “principio di attrazione”: in procedimenti complessi con più indagati e più imputazioni, non è possibile né pratico segmentare il procedimento cautelare. Se tra i reati contestati ve n’è almeno uno “ostativo” (per il quale la legge esclude l’interrogatorio preventivo per ragioni di efficacia investigativa e prevenzione), la sua disciplina procedurale “attrae” e si applica a tutti gli altri reati connessi.

Il criterio della connessione qualificata

La Corte chiarisce però un punto fondamentale: questa attrazione non è automatica. Opera solo se tra il reato ostativo e gli altri reati non ostativi esiste una connessione qualificata ai sensi dell’art. 12 del codice di procedura penale (ad esempio, reati commessi in concorso, o con un unico disegno criminoso) oppure un collegamento probatorio ai sensi dell’art. 371, comma 2, lett. b) e c). Se i reati sono collegati solo occasionalmente o per mere ragioni di opportunità, devono essere trattati separatamente ai fini cautelari.

Le Motivazioni della Sentenza

Le motivazioni della Cassazione si fondano su un’esigenza di coerenza e unitarietà del sistema processuale. I giudici hanno spiegato che frammentare la richiesta cautelare in base ai singoli titoli di reato sarebbe irragionevole e impraticabile. Tale approccio comprometterebbe l’efficacia delle indagini, specialmente in contesti complessi, poiché la discovery anticipata degli atti per i reati non ostativi vanificherebbe la segretezza necessaria per quelli ostativi. La Corte sottolinea come l’esigenza di una gestione unitaria della vicenda processuale, soprattutto per i reati che impongono di mantenere riservata l’iniziativa cautelare, debba prevalere. La disciplina speciale derogatoria, quindi, espande la sua portata ai reati comuni connessi, attraendoli nella propria area di applicazione per preservare l’efficacia della misura e la genuinità della prova. Nel caso di specie, il reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, considerato ostativo e probatoriamente collegato alle altre attività illecite, giustificava l’omissione dell’interrogatorio preventivo per tutte le accuse mosse all’indagato.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche

La sentenza n. 26916/2025 ha importanti implicazioni pratiche. Innanzitutto, fornisce un criterio chiaro ai giudici per gestire le richieste di misure cautelari in procedimenti complessi, evitando decisioni contraddittorie. In secondo luogo, bilancia le garanzie difensive con le esigenze investigative: pur limitando il contraddittorio anticipato in determinate circostanze, lo fa sulla base di un presupposto oggettivo (la connessione qualificata tra i reati) e non su una mera discrezionalità. Per gli avvocati, ciò significa che, in presenza di un’accusa per un reato ostativo, la strategia difensiva dovrà tenere conto della possibile estensione del rito speciale anche ad altre imputazioni, concentrandosi eventualmente sulla dimostrazione della mancanza di una reale connessione tra i reati.

Quando un individuo è accusato di più reati, è sempre richiesto l’interrogatorio preventivo se almeno una delle accuse non è per un reato ‘ostativo’?
No. Secondo la sentenza, se tra le accuse figura almeno un reato ‘ostativo’ (per il quale non è previsto l’interrogatorio preventivo) e questo è legato agli altri da una connessione qualificata o da un collegamento probatorio, la procedura speciale si estende a tutti i reati, escludendo l’interrogatorio per l’intero compendio accusatorio.

Cosa si intende per ‘principio di attrazione’ in questo contesto?
È il principio giuridico per cui la disciplina procedurale più rigorosa, prevista per il reato ostativo, ‘attrae’ e si applica anche ai reati comuni contestati nello stesso procedimento, a condizione che siano connessi. Questo assicura una gestione unitaria e coerente del procedimento cautelare, salvaguardando l’efficacia delle indagini.

Quale tipo di legame deve esistere tra i reati affinché operi il principio di attrazione?
Il legame non può essere occasionale. Deve trattarsi di una ‘connessione qualificata’ ai sensi dell’art. 12 del codice di procedura penale (es. concorso di persone nel reato, continuazione) o di un ‘collegamento probatorio’ ai sensi dell’art. 371 c.p.p. (quando le prove di un reato sono rilevanti anche per gli altri). In assenza di tale legame, i reati devono essere trattati separatamente ai fini cautelari.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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