Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 26916 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 26916 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 12/06/2025
SENTENZA
Sul ricorso proposto dal
Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Salerno
avverso l’ordinanza del Tribunale di Salerno in data 27/3/2025 nei confronti di NOME NOMECOGNOME n.a Torre del Greco 1’1/9/1964
dato atto che si è proceduto a trattazione con contraddittorio cartolare a norma dell’art. 611, comma 1-bis, cod.proc.pen.
visti gli atti, l’ordinanza impugnata e il ricorso; udita la relazione del Cons. NOME COGNOME letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sost. Proc.Gen., NOME
COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso
RITENUTO IN FATTO
1.Con l’impugnata ordinanza il Tribunale di Salerno, in accoglimento della richiesta di riesame proposta nell’interesse di NOME NOME avverso il provvedimento del Giudice per le indagini preliminari che, in data 21/2/25, aveva applicato nei suoi confronti la misura degli arresti domiciliari in relazione ai capi 1 bis, 44 e 54 della rubrica provvisoria, annullava integralmente l’ordinanza genetica, disponendo l’immediata liberazione dell’indagato se non detenuto per
altro titolo. I giudici cautelari ritenevano, infatti, che l’ordinanza applicativa dell misura cautelare nei confronti del COGNOME fosse affetta da nullità in conseguenza dell’omesso interrogatorio preventivo dell’indagato, attinto da incolpazioni per reati non ostativi.
2. Ha proposto ricorso per Cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Salerno deducendo l’erronea applicazione dell’art. 291, comma 1 quater, cod.proc.pen. e la contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione. Dopo aver rammentato che il Gip, nel provvedere sulla domanda cautelare del P.M., aveva riqualificato l’ipotesi di concorso esterno in associazione mafiosa, contestata all’indagato unitamente ai delitti di truffa aggravata ai danni dello Stato (capi 44 e 54), nel delitto ex artt. 110,416 cod.pen., il P.m. evidenzia che il giudice emittente, a fronte delle eccezioni sollevate dalle difese di alcuni coindagati in sede di interrogatorio di garanzia, aveva segnalato che -al fine dell’individuazione delle modalità di svolgimento del procedimento cautelare, in presenza di plurime contestazioni di fattispecie a realizzazione plurisoggettivadeve farsi riferimento alla domanda cautelare del P.m., prescindendo dalla successiva riqualificazione, in quanto diversamente opinando verrebbe imposta la discovery di atti di indagine per reati di cui all’art. 407, comma 2, lett. a) cod.proc.pen. e si farebbe luogo a un rigetto implicito della domanda cautelare per tutti i reati connessi a quelli oggetto di interrogatorio preventivo. Il Tribunale del riesame ha, al contrario, ritenuto che la valutazione circa la sussistenza delle condizioni derogatorie alla regola dell’interrogatorio preventivo dovesse essere effettuata dal giudice non in relazione alla prospettazione della pubblica accusa ma alla luce delle determinazioni del giudice stesso in ordine alla gravità indiziaria e alle esigenze cautelari, escludendo qualsiasi rilevanza dell’istituto della connessione. Il ricorrente segnala le non perspicue applicazioni dell’enunziato principio fatte dal collegio cautelare in relazione alle posizioni di alcuni coindagati e lamenta che simile interpretazione cristallizza, anticipandole in forma pubblica, le determinazioni del Gip che, a fronte di una richiesta cautelare avente ad oggetto reati originariamente ostativi, in sede di interrogatorio preventivo dovrebbe propalare la natura della richiesta del P.m. e le valutazioni fatte in punto di qualificazione giuridica ed esigenze cautelari. Aggiunge che l’ordinanza impugnata non si è fatta carico di detto profilo come pure di altri parimenti critici, come quello del perimetro dell’interrogatorio preventivo ovvero della sorte di eventuali appelli cautelari proposti nei confronti di coindagati e destinati ad essere travolti dall’annullamento del provvedimento genetico. Secondo il ricorrente l’interpretazione normativa adottata dal Tribunale cautelare non pare rispondente allo spirito della legge anche in relazione all’incidenza inibitoria rispetto all’opzione per l’interrogatorio preventivo del rischio di reiterazione che, secondo il ricorrente, Corte di Cassazione – copia non ufficiale
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deve essere inteso quale nesso relazionale prognostico rispetto a futuri e probabili reati che l’indagato potrebbe commettere e che deve estendersi anche alle fattispecie rientranti nel catalogo dell’art. 407, comma 2 lett. a) cod.proc.pen., pur se l’indagato risulta iscritto nel registro notizie di reato per un titolo che non rientra nelle categorie in deroga. Aggiunge che, nella specie, le emergenze acquisite a carico del COGNOME consentivano di ritenere un pericolo concreto di recidiva in relazione alla tipologia dei reati che legittimano la deroga procedimentale.
Dopo aver segnalato l’oggettiva difficoltà di scindere in procedimenti complessi con pluralità di indagati e di incolpazioni le singole posizioni e l’impraticabilità di un’applicazione a scaglioni delle misure cautelari richieste, il ricorrente ritiene che in presenza di reati comuni e di altri ostativi, come nella specie quello contestato al capo 60, deve ritenersi conforme al sistema la postergazione per tutti i titoli e tutti gli indagati dell’interrogatorio di garanz sicché l’ordinanza impugnata deve essere annullata in quanto resa in violazione di legge.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 Tribunale cautelare ha annullato nei confronti di COGNOME NOME ( e dei plurimi coindagati) il provvedimento del Giudice per le indagini preliminari di Salerno che applicava nei confronti del predetto la misura degli arresti donniciliari in relazione ai capi ibis (riqualificato ai sensi dell’art. 110, 416 cod.pen.) 44 ( artt 110, 640 bis cod.pen.) e 54 ( artt. 110, 56, 640 bis cod.pen.), ritenendo integrata la nullità a regime intermedio prevista dall’art. 292, comma 3 bis, in ragione dell’omesso espletamento dell’interrogatorio preventivo di cui all’art. 291, comma 1 quater, cod.proc.pen. come novellato dalla L. 114/2024, applicabile nella specie ratione temporis.
L’ordinanza impugnata, dopo aver chiarito in aderenza alla giurisprudenza di questa Corte e a confutazione del diverso avviso del giudice per le indagini preliminari emittente, che la valutazione circa la ricorrenza delle condizioni che derogano alla regola dell’interrogatorio preventivo debba essere fatta dal giudice non in relazione alla domanda cautelare ma in ragione delle determinazioni dello stesso Gip in punto di gravità indiziaria ed esigenze cautelari, ha ritenuto che il giudice non possa estendere in pregiudizio delle garanzie difensive i casi di deroga neanche valorizzando l’istituto della connessione, al quale la disposizione non fa alcun riferimento, sicché non è possibile in presenza di reati non ostativi contestati ad un indagato richiamare, al fine di evitare il contraddittorio anticipato, ipotesi a contenuto derogatorio ascritte ad altri coindagati. Aggiungeva che, nella specie, a seguito della riqualificazione del reato associativo operata dal Gip e avuto riguardo al tenore dell’art. 407, comma 2 lett. a) cod.proc.pen., doveva escludersi la natura
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ostativa dell’addebito sub ibis con conseguente originaria e strutturale nullità dell’ordinanza impugnata.
Ferma l’impossibilità di dedurre in questa sede i vizi di motivazione indicati dall’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen. con riferimento alle questioni di diritto, come autorevolmente ribadito da Sez. U, n. 29541 del 16/07/2020, COGNOME, Rv. 280027 – 05, osserva il Collegio che il ricorso è fondato seppure per ragioni diverse da quelle enunziate dal ricorrente.
o del modulo procedimentale da seguire, rispetto ad una seconda fase riservata alla valutazione funditus dei gravi indizi e delle esigenze cautelari ai fini della adozione della misura», per cui «una volta ricevuti gli atti, il giudice è tenuto a svolgere una valutazione unitaria, ispirata ad un criterio uniforme, nel verificare la sussistenza di un adeguato compendio indiziario ovvero il ricorso di esigenze cautelari normativamente in grado di derogare alla regola generale dell’interrogatorio preventivo e, al contempo, di giustificare la adozione del provvedimento restrittivo della libertà personale» (Sez. 2, n. 12034/2025, cit.).
2.1 E’ opportuno, inoltre, precisare che l’eventuale nullità dell’ordinanza genetica, prevista dall’art. 292, comma 3-bis, cod. proc. pen., qualora non sia preceduta dall’interrogatorio preventivo nei casi in cui è previsto, è di ordine generale a regime intermedio, ex art. 178, lett. c), cod. proc. pen., riguardando la violazione del diritto di difesa, con la conseguenza che deve essere dedotta con l’interrogatorio di garanzia postumo, nel frattempo svolto, che rappresenta il primo momento utile, ai sensi dell’art. 182 cod. proc. pen., restando altrimenti sanata. Ne consegue che la relativa eccezione è proponibile in sede di riesame, ovvero la nullità è rilevabile d’ufficio dal tribunale, solo se sia stata previamente proposta in sede di interrogatorio e respinta dal giudice.
Il secondo e fondamentale versante delle censure del ricorrente concerne la disciplina applicabile nelle ipotesi di imputazioni oggettivamente complesse in presenza di una pluralità di reati ascritti allo stesso indagato, per alcuni dei quali soltanto sia prevista la deroga alla regola dell’interrogatorio preventivo ovvero nelle situazioni in cui appaiano frazionate le esigenze cautelari in relazione ai diversi titoli di reato o, infine, nei casi di imputazioni soggettivamente complesse, laddove il procedimento riguardi più indagati destinatari di contestazioni per reati diversi, per alcuni dei quali soltanto è prevista la deroga all’espletamento dell’interrogatorio preventivo.
Si tratta di casi frequenti nella pratica, che non risultano espressamente disciplinati dal legislatore della riforma e che presentano le identiche criticità interpretative, da risolvere sulla base di un’esegesi unitaria.
3.1 La L. 9 agosto 2024, n. 114 ha inciso esclusivamente sull’art. 291 cod. proc. pen., inserendo il comma 1-quater, che prevede l’interrogatorio preventivo, lasciando inalterata l’architettura complessiva delle misure cautelari, che non prevede specifiche norme che autorizzino la separazione o il frazionamento del procedimento sulla base dei diversi titoli cautelari o delle esigenze in concreto ravvisate. Infatti, l’art. 18 cod. proc. pen., che consente la separazione dei processi nelle ipotesi ivi elencate, riguarda la fase del giudizio né, attese le caratteristiche proprie del procedimento cautelare, può ipotizzarsi una separazione sull’accordo delle parti, sulla falsariga della previsione dell’art. 18, comma 2, cod. proc. pen.
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La giurisprudenza di legittimità ha già avuto modo di affermare che la separazione dei processi è istituto tipicamente processuale, governato da precise regole di rito anche al fine di consentire alle parti di avanzare le loro ragioni e che, dunque, può scaturire solo da un vero e proprio provvedimento giurisdizionale adottato dal giudice, nella forma dell’ordinanza e nel rispetto del contraddittorio, che, per sua natura, non può riferirsi alla fase delle indagini preliminari (Sez. 6, n. 12729 del 17/10/1994, COGNOME, Rv. 199980 – 01). L’art. 130 disp. att. cod.proc.pen. riconosce solo al P.m. quando procede nei confronti di più persone o per più imputazioni, la facoltà di separare talune posizioni in vista dell’esercizio dell’azione penale con la richiesta di rinvio a giudizio, di fatto operando una separazione del procedimento sulla base della progressione investigativa. Si tratta di una previsione, espressione del generale principio del favor separationis, cui è ispirato il codice di rito, finalizzata a favorire, una pronta instaurazione del giudizio in relazione a segmenti del procedimento adeguatamente investigati, solo apparentemente assimilabile all’istituto disciplinato dall’art. 18 cod.proc.pen.
3.2 Dalle considerazioni svolte consegue che il giudice per le indagini preliminari, a fronte di una richiesta cautelare che contempli imputazioni soggettivamente o oggettivamente complesse, non può separare singoli reati o singole posizioni al fine di effettuare l’interrogatorio preventivo laddove previsto, in difetto di strumenti che lo consentano, per cui dovrà far riferimento alla disciplina derogatoria per il reato ostativo, posticipando l’interrogatorio di garanzia all’esito dell’emissione della misura cautelare.
3.2.1 II panorama giurisprudenziale offre una ricca casistica di situazioni caratterizzate dalla coesistenza di disposizioni che disciplinano in maniera differenziata alcuni momenti procedimentali o processuali in relazione a specifiche e differenti categorie di reato o di soggetti e in dette evenienze si è costantemente ritenuto che debba trovare applicazione il principio della prevalenza della normativa riguardante il reato più grave. A mero titolo esemplificativo può farsi riferimento alla materia delle intercettazioni disposte nell’ambito di un procedimento con più indagati, in relazione alla quale la giurisprudenza di legittimità ritiene che la individuazione del reato da cui dipende l’applicazione della disciplina ordinaria ovvero di quella speciale per la criminalità organizzata debba avvenire tenendo conto dell’indagine nel suo complesso e non degli addebiti mossi ai singoli indagati (Sez. 2, n. 31440 del 24/07/2020, COGNOME, Rv. 280062 – 01; Sez. 6, n. 28252 del 06/04/2017, COGNOME, Rv. 270565 – 01); analogamente in tema di retrodatazione nell’ipotesi di “contestazioni a catena”, l’art. 273, comma 3, cod. proc. pen. stabilisce che “i termini decorrono dal giorno in cui è stata eseguita o notificata la prima ordinanza e sono commisurati all’imputazione più grave”; con riferimento alla proroga del termine delle indagini preliminari per reati ricompresi
nelle ipotesi di cui all’articolo 406, comma 5-bis, cod. proc. pen., per i quali non occorre la notifica della richiesta all’indagato, né la fissazione dell’udienza camerale con la conseguente instaurazione del contraddittorio, si ritiene pacificamente che tale disciplina si estenda anche ai reati “comuni” contestati nello stesso procedimento. Quanto alla fase dibattimentale, questa Corte ha affermato che la regola dettata dall’art. 190-bis cod. proc. pen., secondo cui, nei procedimenti per i reati previsti dall’art. 51, comma 3-bis, cod. proc. pen., la rinnovazione dell’assunzione della testimonianza è consentita solo qualora sia necessaria sulla base di specifiche esigenze, si applica a tutti i reati oggetto del medesimo procedimento, anche se non ricompresi nell’ambito dell’art. 51 cod. proc. pen. (Sez. 6, n. 3609 del 03/10/2018, dep. 2019, COGNOME, Rv. 275880 – 01; Sez. 1, n. 48710 del 14/06/2016, COGNOME, Rv. 268455 – 01, in motivazione). In tutte le situazioni richiamate le norme speciali a contenuto derogatorio della regola generale mostrano una capacità espansiva rispetto ai reati soggetti allo schema procedimentale ordinario, attraendoli nell’area della specialità che diventa un predicato dell’intero procedimento o processo. Come già sottolineato da Sez. 2, n. 12034/2025, Melis,cit., siffatta opzione ermeneutica trova un logico corollario nell’osservazione che, nel caso a giudizio, la frammentazione dell’unitaria richiesta cautelare in moduli procedimentali differenziati, rispondenti a scansioni non omogene, sottese da finalità contrastanti ( nel caso di interrogatorio preventivo l’ostensione dell’accusa e delle fonti prima dell’adozione della misura, in caso di delitti ostativi la posticipazione del contraddittorio a fini di salvaguardia dell’effettività della misura adottanda e della genuinità della prova) paleserebbe nel sistema un’irragionevole eterogenesi dei fini rispetto alla voluntas legis.
3.3 Deve essere, pertanto, esclusa la possibilità di segmentare il procedimento cautelare, differenziando i reati per i quali è imposto dalla legge l’interrogatorio preventivo da quelli per i quali è posta la disciplina in deroga (Sez. 2, n. 12034/2025, cit.; Sez. 3, n. 19068 del 15/01/2025, V., n. m.), dovendo ritenersi attratti i reati non ostativi nella disciplina derogatoria, che inibisce l’espletamento dell’interrogatorio preventivo. Simile conclusione appare in linea con l’esigenza di una gestione unitaria della regiudicanda, alla luce della peculiare tipologia dei reati ostativi che impone di mantenere riservata l’iniziativa cautelare complessivamente considerata, sì da preservarne l’efficacia, e neutralizza le pregiudizievoli ricadute pratiche di un frazionamento del procedimento in base ai singoli titoli cautelari, con la sostanziale impossibilità, in presenza di fattispecie connesse, di garantire la riservatezza degli atti in relazione alle ipotesi di reato ostative e la preclusione per il giudice di una valutazione unitaria dei materiali investigativi, essenziale ai fini dell’apprezzamento della loro complessiva gravità in relazione alle dedotte esigenze cautelari. Né l’interpretazione del perimetro derogatorio nel senso sopra
illustrato risulta lesiva dei diritti dell’indagato in quanto, come già chiarito d questa Corte, in piena consonanza con la giurisprudenza costituzionale, “la garanzia costituzionale del diritto di difesa non esclude che il legislatore possa darvi attuazione in modo diverso, tenuto conto dei diversi contesti procedimentali” (Sez. 2, n. 5548/2025, cit.; Sez. U, n. 17274 del 26/03/2020, COGNOME, Rv. 279281 – 01; Sez. U, n. 3 del 28/01/1998, COGNOME, Rv. 210258 – 01 nonché Sez. U, n. 44895 del 17/07/2014, COGNOME, Rv. 260926 – 01).
4. La regola dell’attrazione del reato non ostativo nella disciplina speciale prevista per il reato ostativo, tuttavia, non può tradursi in una interpretabo abrogans della novella legislativa, per cui è necessario pervenire ad una opzione ermeneutica che riesca a contemperare l’intervento cautelare “a sorpresa” con quello garantito dal “contraddittorio anticipato”.
Osserva al riguardo il Collegio che il criterio sistematico utile a comporre le esigenze investigative con quelle della difesa deve essere individuato nei casi di connessione tra i reati, predeterminati e dotati di oggettiva capacità unificante, di talché solo qualora i reati contestati siano avvinti da una connessione qualificata ai sensi dell’art. 12 cod. proc. pen., ovvero siano probatoriamente collegati ai sensi dell’art. 371, comma 2, lett. b) e c), cod. proc. pen., la disciplina prevista per i reato ostativo si applicherà anche ai reati non ostativi, mentre, laddove i reati siano collegati in maniera del tutto occasionale o in forza di mere ragioni di opportunità, dovranno essere trattati in modo differente ai fini cautelari, sfuggendo i reati “comuni” alla forza attrattiva del titolo ostativo.
4.1 Nel caso di specie, dal provvedimento impugnato risulta che il Tribunale del riesame ha confermato la gravità indiziaria in relazione alla posizione di vari coindagati in ordine al reato ostativo di cui agli artt. 110,112 n. 2 cod.pen, 12, comma 3 lett. a e d, e bis e 3 ter lett. b d.lgs 286/98 8 (capo 60) concernente l’attività diretta a procurare l’ingresso illegale di cittadini stranieri sul territ nazionale attraverso l’inoltro alla competente autorità prefettizia di oltre 550 istanze finalizzate alla costituzione di rapporti di lavoro dipendente rivelatisi fittizi Il delitto in questione risulta probatorianiente collegato a quelli ascritti a COGNOME NOME, ai sensi dell’art. 371, comma 2, lett. b) e c), cod. proc. pen., in quanto il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, seppur estraneo al programma associativo, veniva effettuato anche attraverso società compiacenti facenti capo al sodalizio di cui al capo 1) secondo quanto emerge dall’attività di captazione autorizzata nel presente procedimento. Si tratta, inoltre, di titolo ricompreso nel catalogo di cui all’art. 407, comma 2 lett. a) al n. 7bis, secondo periodo, in relazione al quale opera la deroga al regime ordinario del contraddittorio preventivo destinata ad attrarre anche gli ulteriori reati non ostativi oggetto della medesima domanda cautelare. Pertanto, i reati ritenuti dal giudice per le indagini b
preliminari nei confronti del COGNOME pur non avendo carattere ostativo, in ragione delle considerazioni sopra svolte non erano assoggettati alla regola
dell’interrogatorio preventivo come, invece, ritenuto dal Tribunale cautelare.
5. Alla luce delle considerazioni che precedono, e assorbite le residue censure, l’ordinanza impugnata deve essere annullata con rinvio per nuovo giudizio al
Tribunale del riesame di Salerno. Va in proposito chiarito che la presente decisione diventerà esecutiva solo all’esito del giudizio di rinvio e nel caso di conferma del
titolo cautelare, secondo la generale previsione di cui all’art. 588, comma 2, cod.
proc. pen., in applicazione del principio più volte autorevolmente affermato da questa Corte secondo cui l’ordinanza del tribunale del riesame che, a seguito di
annullamento con rinvio disposto su ricorso del pubblico ministero, confermi l’originaria ordinanza di custodia cautelare, in un primo tempo annullata dal
medesimo tribunale, è immediatamente esecutiva e determina il ripristino dello stato di custodia, anche in caso di nuova proposizione di ricorso per cassazione
(Sez. U, n. 19214 del 23/04/2020, Giacobbe, Rv. 279092, in motivazione; Sez. 2, n. 12431 del 11/02/2021, COGNOME, Rv. 280769-01; n. 21826 del 27/04/2022,
Diana, Rv. 283365-01; Sez. 2, n. 12883 del 15/01/2016, Macrì,n.m.).
P. Q. M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Salerno competente ai sensi dell’art. 309, comma 7, cod. proc. pen.
Così deciso in Roma il 12 giugno 2025.