Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 29189 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 29189 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 27/06/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da NOME nato in Albania il 10/5/1997
avverso l’ordinanza del 28/2/2025 del Tribunale di Venezia
Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udito il Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’annullamento senza rinvio del provvedimento impugnato e dell’ordinanza genetica; udito l’Avv. NOME COGNOME in sostituzione dell’Avv. NOME COGNOME difensore del ricorrente, che si è associato alla richiesta del Sostituto Procuratore Generale.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 28 febbraio 2025 il Tribunale di Venezia ha confermato in sede di riesame quella del Giudice per le indagini preliminari dello stesso
Tribunale, con cui a NOME COGNOME è stata applicata la misura cautelare della custodia in carcere in relazione al delitto di cui all’art. 73 d.P.R. n. 309/1990.
2. L’indagato – tramite il suo difensore – ha proposto ricorso per cassazione, deducendo la violazione dell’art. 291, comma 1-quater, e dell’art. 292, comma 3bis, cod. proc. pen. Il Giudice per le indagini preliminari aveva omesso di effettuare l’interrogatorio preventivo dell’indagato, avendo ravvisato la connessione tra il reato ascritto al ricorrente e quelli contestati ad altri coindagati, ma lo spaccio di sostanza stupefacente da parte del ricorrente non sarebbe in alcun modo collegato ai reati estorsivi commessi dagli altri. Si sarebbe, quindi, potuta disporre la notifica dell’avviso dell’interrogatorio preventivo solamente in relazione al reato contestato al ricorrente, con la facoltà di consultare gli atti appositamente selezionati dalla Procura, stralciando quelli riguardanti i coindagati, o, in alternativa, notificare l’avviso dell’interrogatorio preventivo nel momento di esecuzione della misura cautelare per i coindagati.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato.
2. Il Tribunale di Venezia ha condiviso l’impostazione del Giudice per le indagini preliminari in base alla quale, nel silenzio della legge, laddove vi siano diverse imputazioni e plurimi indagati nell’ambito di un procedimento che possa essere considerato unitario (non già GLYPH sulla base del presupposto formale dell’identità del numero di iscrizione, ma sulla scorta della ricorrenza dei requisiti sostanziali), la disciplina speciale, che deroga all’obbligo dell’interrogatorio preventivo per taluni delitti contestati, trova applicazione anche nei confronti di chi è indagato per reati che, invece, prevederebbero il predetto incombente.
Il menzionato Tribunale ha ritenuto che i reati, contestati al ricorrente, fossero probatoriamente collegati a quelli di carattere estorsivo e alle ulteriori condotte ex art. 73 d.P.R. n. 309/1990, contestati a soggetti in capo ai quali sono stati riconosciuti pericoli ostativi all’interrogatorio preventivo.
2.1. Siffatta conclusione non può essere condivisa.
Non si ignora che, secondo un recente orientamento interpretativo, ove ricorra un’eccezione alla regola del previo interrogatorio con riguardo a taluno dei reati contestati, la stessa eccezione deve valere per tutti i reati alla base della misura cautelare (Sez. 3, n. 19068 del 15/01/2025, V., Rv. 28844 – 01).
Sviluppando tale ragionamento, si è affermato (v. notizia di decisione della Sez. 2, udienza del 12 giugno 2025, relativa ai ricorsi n. 12215/2025, 12223/2025,
12246/2025, 12265/2025) che l’eccezione alla regola può scattare anche in caso di misura applicata nei confronti di più soggetti per reati tra loro connessi, ove per taluno di essi siano configurabili le esigenze di cui all’art. 274, comma 1, lett. a) o b), oppure se uno o più di essi rientrino nell’elenco dei reati per i quali assume rilievo, al fine di escludere il previo interrogatorio, anche il solo pericolo di c all’art. 274, comma 1, lett. c), cod. proc. pen.
A tal fine si assume che l’unitario procedimento non potrebbe essere soggetto a separazione, operata dal giudice in sede di adozione della misura richiesta, per effetto dell’applicazione di un diverso regime. Inoltre, si fa rilevare che, in generale, nel caso di reati connessi, le esigenze devono essere valutate complessivamente, in relazione ai reati più gravi o, comunque, maggiormente significativi sotto il profilo cautelare.
Si tratta di un assunto che non si espone a censure con riguardo all’ipotesi in cui a un determinato soggetto sia applicata una misura cautelare per più reati, solo per alcuni dei quali operi l’eccezione alla regola del previo interrogatorio, dovendosi in tal caso ritenere che le esigenze di tutela possano essere valutate complessivamente, dandosi prevalente rilievo al reato che giustifica l’eccezione.
Non altrettanto pare possibile affermare con riguardo alle ipotesi di reati connessi o magari solo tra loro collegati, contestati a soggetti diversi.
In questo caso non può trascurarsi che la regola del previo interrogatorio è volta alla tutela del singolo indagato, il quale non può essere pregiudicato dalla posizione di altri indagati, che debbano rispondere di reati più gravi o nei cui confronti siano specificamente ravvisabili esigenze che impongono un intervento a sorpresa.
Ciò non implica affatto che il giudice debba procedere a una separazione delle posizioni, restando unico il procedimento, ma essendo differenziato il rispettivo regime cautelare.
Del resto, a fronte di una richiesta unitaria, il giudice può emettere autonome ordinanze cautelari, fermo restando che nulla impedisce che, in presenza di esigenze cogenti nei confronti di taluni indagati, si utilizzino prassi virtuose, volte ad evitare che il previo interrogatorio di un indagato possa compromettere le esigenze di immediata tutela, ravvisate nei confronti di altro indagato, facendo coincidere l’esecuzione dell’ordinanza applicativa di misura cautelare con l’avviso finalizzato al previo interrogatorio di coloro nei cui confronti non operano le ragioni di eccezione alla regola.
In tal modo si realizza il risultato di contemperare tutte le esigenze sottese alla richiesta cautelare, senza pregiudicare, tuttavia, il diritto al prev interrogatorio riconosciuto ai singoli indagati che non siano chiamati a rispondere
di reati rientranti nello specifico elenco, o nei cui confronti non siano ravvisabil cogenti esigenze legate ai pericoli di inquinamento probatorio o fuga.
Né possono valere in senso contrario rilievi di carattere generale sulla prevalenza accordata a fini di indagine al reato più grave, in quanto la misura cautelare si rivolge al singolo ed è, dunque, la posizione del singolo indagato, di fronte al rischio di sottoposizione a misura cautelare, che va prioritariamente tutelata secondo il disegno normativo.
In concreto, dunque, contrariamente a quanto sostenuto dal Tribunale, non può assumere rilievo, nel caso di specie, il tipo di reato contestato ad altri indagati o la configurabilità nei confronti di costoro delle esigenze di cui alla lett. a) o dell’art. 274 cod. proc. pen..
Da ciò discende che deve essere dichiarata la nullità di cui all’art. 292, comma 3-bis, cod. proc. pen., destinata a travolgere non solo l’ordinanza impugnata ma primariamente l’ordinanza genetica.
2.2. Tale conclusione non è inficiata neanche dalla mancata proposizione dell’eccezione di nullità dinanzi al Giudice dell’interrogatorio di garanzia.
La descritta nullità è soggetta, quale nullità generale, ai termini di rilevabilità di cui all’art. 180 cod. proc. pen.
Quanto alle regole di deducibilità e di preclusione di cui all’art. 182 cod. proc. pen., le stesse devono essere valutate alla luce della peculiarità dello schema procedimentale: il secondo comma presuppone, infatti, che all’atto assista la parte, ciò che non è ravvisabile con riguardo all’adozione di un atto a sorpresa, quale l’ordinanza applicativa di una misura cautelare, non preceduta da interrogatorio.
Per giunta, l’assistenza della parte va correlata alla possibilità di immediato esercizio delle facoltà difensive e, dunque, all’effettiva presenza della parte tecnicamente assistita da un difensore (sul punto Sez. U, n. 5396 del 29/01/2015, Bianchi, Rv. 263024 – 01, che ha inoltre precisato che «nel caso in cui la nullità dell’atto derivi da un mancato avviso di una garanzia difensiva, alla cui conoscenza l’avviso stesso è preordinato, la sua deducibilità, da parte dell’indagato o dell’imputato che vi abbia assistito, non è soggetta ai limiti previsti dall’art. 182 comma 2, cod. proc. pen.»; Rv. 263026 – 01).
Non diverse indicazioni si traggono dalle pronunce concernenti peculiari ipotesi di nullità a regime intermedio, correlate alla mancata notifica dell’avviso di udienza al secondo difensore o a vizi della notifica, che hanno contemplato uno sbarramento alla loro deducibilità (Sez. U, n. 39060 del 16/07/2009, Aprea, Rv. 244188 – 01; Sez. U, n. 119 del 27/10/2004, COGNOME, Rv. 229504 – 01): in tali casi, infatti, si presuppone comunque che il vizio si consolidi alla presenza di una , /
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parte assistita, al momento della verifica della sua regolare costituzione, situazione non riproducibile nel caso dell’ordinanza applicativa di misura cautelare e della sua esecuzione.
In tale prospettiva non è necessario individuare uno specifico atto, cui correlare un effetto preclusivo, ma è sufficiente aver riguardo alle fasi procedimentali volte alla verifica della legittimità del titolo genetico, superate le quali la questione della nullità dovrebbe ritenersi preclusa, con definitivo consolidamento della validità di quel titolo.
Questa Corte (Sez. 6, n. 17916/2025 cit.) ha già affermato che, non vertendosi, invero, in materia di inefficacia della misura ma di invalidità del provvedimento cautelare, non sono applicabili le disposizioni di cui agli artt. 306 e 310 cod. proc. pen., ma il mezzo tipico di deduzione della nullità è rappresentato dalla richiesta di riesame, che costituisce il rimedio preordinato alla verifica dei presupposti legittimanti l’adozione del provvedimento cautelare e che consente all’indagato di ottenere un pieno controllo giurisdizionale sulla legittimità del provvedimento e, quindi, la verifica ex post della sussistenza di tutti i presupposti richiesti dalla legge per l’applicazione della misura, costituiti non solo dai gravi indizi e dalle esigenze cautelari ma anche dalla necessità (o meno) dell’interrogatorio preventivo. Non rileva a pena di decadenza, trattandosi di vizio genetico del titolo, la mancata deduzione della nullità nel corso dell’interrogatorio di garanzia, a prescindere dalle sue modalità e, cioè, sia nel caso in cui l’indagato abbia accettato il contraddittorio, rispondendo alle domande ed esponendo quanto ritenuto utile alla sua difesa, sia nel caso in cui si sia avvalso del diritto al silenz L’interrogatorio preventivo non è, infatti, surrogabile e l’indagato ha interesse, a prescindere dal concreto iter processuale, all’osservanza della disposizione che è parte integrante del potere coercitivo del giudice. Tutto ciò significa non che la questione non possa essere fin da quel momento dedotta, ma solo che la mancata formulazione di un’eccezione di nullità in quella sede non possa assumere rilievo preclusivo. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Siffatta opzione ermeneutica va preferita all’altra adottata da questa Corte (v. ancora notizia di decisione della Sez. 2, udienza del 12 giugno 2025, relativa ai ricorsi n. 12215/2025, 12223/2025, 12246/2025, 12265/2025) secondo cui l’omissione del previo interrogatorio, nei casi in cui esso sia dovuto, integra una nullità a regime intermedio, che non può essere rilevata di ufficio dal tribunale del riesame nel caso in cui non sia stata eccepita dall’interessato in sede di interrogatorio postumo di garanzia, nelle more svolto.
Non pare superfluo ricordare al riguardo che l’intervento normativo del 2024 ha lasciato integro (tra gli altri, e per quel che nella specie più direttamente interessa), in tema di riesame delle ordinanze che dispongono una misura
coercitiva, l’assetto normativo delineato dall’art. 309 cod. proc. pen., che, come noto, al comma 9, dispone che il tribunale, se non deve dichiarare l’inammissibilità della richiesta, annulla, riforma e conferma l’ordinanza oggetto del riesame, decidendo anche sulla base degli elementi addotti dalle parti nel corso dell’udienza. Il tribunale può sia annullare il provvedimento impugnato, sia riformarlo in senso favorevole all’imputato, anche per motivi diversi da quelli enunciati, ovvero può confermarlo per ragioni diverse da quelle indicate nella motivazione del provvedimento stesso. Inoltre, il Tribunale del riesame ha il potere/dovere di integrazione delle insufficienze motivazionali del provvedimento impugnato, salvo il caso di ordinanza che si sia limitata ad una sterile rassegna delle fonti di prova a carico dell’indagato e che manchi totalmente di qualsiasi riferimento contenutistico e di enucleazione degli specifici elementi, reputati indizianti (Sez. 3, n. 3038 del 14/11/2023, dep. 2024, NOME RAGIONE_SOCIALE, Rv. 285747 – 01; Sez. 6, n. 10590 del 13/12/2017, dep. 2018, COGNOME, Rv. 272596 – 01; Sez. 6, n. 25631 del 24/05/2012, COGNOME, Rv. 254161 – 01).
Con l’unico limite del divieto di reformatio in peius, il tribunale, in sede di riesame, ha, quindi, la stessa cognizione piena del giudice che ha emesso la misura restrittiva.
Tale assetto è stato costantemente e uniformemente interpretato dalla giurisprudenza nel senso del controllo demandato al giudice del riesame sulla sussistenza degli elementi giustificativi della misura cautelare imposta. Il riesame è diretto al controllo dei presupposti formali e sostanziali della misura cautelare e con esso, quindi, sono deducibili e rilevabili d’ufficio i vizi genetici d provvedimento coercitivo (così, tra le altre, Sez. 3, n. 37608 del 9/6/2021, COGNOME, Rv. 282023 – 01).
Alla luce di quanto precede, spettando al tribunale il controllo sui vizi genetici del titolo cautelare, deve ritenersi che a tale organo va rimessa la verifica sulla sussistenza di un elemento costitutivo dell’ordinanza impositiva della misura cautelare, qual è, sulla base delle ragioni innanzi esposte, la presenza dell’interrogatorio o di una causa che ne consente la mancata effettuazione.
Tale verifica, come si è rilevato, non può essere preclusa dalla mancata proposizione dell’eccezione di nullità dinanzi al giudice che effettua l’interrogatorio di garanzia.
Manca una espressa previsione in questo senso e, del resto, tale giudice, come disposto dall’art. 294 cod. proc. pen., accerta la permanenza delle condizioni legittimanti l’applicabilità della misura e le esigenze cautelari previste dagli artt 273, 274 e 275 dello stesso codice, così che il suo sindacato non necessariamente investe i vizi genetici del titolo cautelare, ma si focalizza sulla persistenza dell’efficacia del titolo cautelare alla luce delle dichiarazioni rese dall’interrogato.
Può aggiungersi che, soprattutto in casi peculiari, pur considerando che all’interrogatorio di garanzia partecipa il difensore dell’indagato o dell’imputato, i tempi di svolgimento dello stesso, rispetto all’adozione della misura cautelare, sono ristrettissimi, così che, onerando la difesa della proposizione in quella sede dell’eccezione di nullità per la mancata effettuazione dell’interrogatorio preventivo – che può implicare l’esame puntuale del tema della sussistenza o meno delle condizioni che rendono obbligatorio tale incombente e l’indicazione di elementi utili a conforto della propria prospettazione – potrebbero sorgere dubbi sull’effettiva possibilità per l’indagato di svolgere appieno la sua difesa, salvo che non si debba optare per un’eccezione sollevata al solo fine di non vedersi precludere la riproposizione dinanzi al Tribunale del riesame.
Circostanza, questa, che stride con il diritto di esercitare in modo consapevole ed effettivo la propria difesa.
In definitiva, non possono trarsi elementi significativi dalla causa di preclusione prevista dall’art. 182 cod. proc. pen., venendo invece in rilievo il diverso tema del consolidamento della misura, a fronte di vizi genetici, che può discendere solo dal passaggio procedimentale deputato a quella verifica, costituito dal giudizio di riesame.
La reiezione definitiva dell’eccezione o la mancata proposizione della relativa istanza vale a rendere non più deducibile il vizio in esame, non diversamente da quanto affermato con riguardo alla nullità discendente dalla mancanza di autonoma valutazione (Sez. 3, n. 41786 del 26/10/2021, COGNOME, Rv. 282460 – 01); ipotesi nella quale, a fronte di un vizio genetico del titolo cautelare, non si è prospettata la necessità di investire della questione il giudice che svolge l’interrogatorio di garanzia prima di adire il tribunale.
A decisivo riscontro di tale analisi può invocarsi quanto rilevato dalle Sezioni Unite con riguardo al vizio rappresentato dalla mancata traduzione del titolo cautelare in lingua conosciuta dall’indagato. Nel condividere l’orientamento giurisprudenziale secondo cui le ipotesi di mancata o tardiva traduzione dei provvedimenti, che dispongono una misura cautelare personale nei confronti di un cittadino straniero che, non conosce la lingua italiana, concretizzano un vizio dell’atto (Sez. U, n. 15069 del 26/10/2023, dep. 2024, COGNOME, Rv. 286356 – 01), le Sezioni Unite hanno, in particolare, affermato che, nel caso in cui la mancata conoscenza della lingua italiana da parte del cittadino straniero emerga già prima dell’emissione del provvedimento che disponga una misura cautelare personale, quest’ultima deve ritenersi adottata, ove la traduzione non sia eseguita in termini congrui, così come previsto dall’art. 143, comma 2, cod. proc. pen., in assenza di uno dei suoi elementi costitutivi, rappresentato dalla comprensione da parte del cittadino straniero delle ragioni che giustificano la privazione della sua libertà. Da
questo inquadramento si è tratta la conclusione che il vizio derivante dalla mancata traduzione dell’ordinanza cautelare, laddove la mancata conoscenza della lingua
italiana emerga prima dell’adozione del provvedimento, non può essere dedotto per la prima volta in sede di legittimità, riguardando un’ipotesi di nullità che, in
quanto, appunto, generale a regime intermedio, deve «essere eccepita con l’impugnazione dell’ordinanza applicativa dinanzi al tribunale del riesame,
restando altrimenti preclusa la sua deducibilità e la sua rilevabilità».
Va aggiunto che l’opzione ermeneutica prescelta consente di tenere conto che l’incidenza diretta delle misure cautelari sulla libertà personale, da cui traggono
origine le garanzie previste dell’art. 24, secondo comma, Cost., e 6, par. 3, lett.
a), CEDU, impone di riconoscere la massima forza espansiva al diritto di difesa dell’indagato, assicurandogli di potere far valere il vizio dinanzi al Tribunale senza
il rischio di incorrere in preclusioni processuali.
Di qui la conclusione che l’eccezione di nullità derivante dal mancato previo
interrogatorio non è preclusa ove la stessa non sia sollevata in sede di interrogatorio di garanzia postumo, essendo demandata alla valutazione del
Tribunale in sede di riesame e non essendo per contro deducibile per la prima volta oltre tale fase procedimentale.
Sulla scorta di tale analisi si impone l’accoglimento del ricorso, dovendosi quindi annullare senza rinvio l’ordinanza impugnata e quella genetica con conseguente immediata liberazione del ricorrente, ove non detenuto per altra causa.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata e l’ordinanza del GIP del Tribunale di Venezia in data 2 dicembre 2024. Ordina la liberazione di NOME COGNOME se non detenuto per altra causa. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 626 cod. proc. pen.
Così deciso il 27 giugno 2025
Il Consigliere estensore
Il Preside e