Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 5921 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6   Num. 5921  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 09/11/2023
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
Sentite le conclusioni del Pubblico ministero in persona del Sostituto Procuratore Generale, NOME COGNOME che ha chiesto l’inammissibilità del ricorso. udito l’AVV_NOTAIO NOME COGNOME che ha insistito nei motivi del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza impugnata, il Tribunale del riesame di Bologna ha confermato l’ordinanza del 28 aprile 2023 con la quale il Giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Bologna rigettava l’istanza di declaratoria di perdita di efficacia della ordinanza cautelare emessa nei confronti di COGNOME in relazione al reato di cui all’art.74 d.P.R. 309/90.
Occorre premettere che La COGNOME si trova ristretto dal 12 novembre 2021, data di esecuzione del decreto di fermo emesso dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Napoli, seguito dalla applicazione della custodia in carcere e dalla contestuale declaratoria di incompetenza per territorio in favore dell’autorità giudiziaria di Napoli da parte del G.i.p., nel cui circondario era stato rintracciato prevenuto.
Il 30 novembre 2021 veniva emessa dal Giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Napoli ordinanza in rinnovazione ex art. 27 cod. proc. pen. nei confronti di COGNOME. Il predetto era, quindi, rinviato a giudizio e, nella pri udienza celebratasi in sede dibattimentale, sollevava eccezione di incompetenza per territorio.
Il Tribunale di Napoli accoglieva l’eccezione difensiva, dichiarava la propria incompetenza in favore dell’autorità giudiziaria bolognese e il G.i.p. del Tribunale di Bologna, il 13 gennaio 2023, provvedeva ai sensi dell’art. 27 cod. proc. pen.
Avverso quest’ultima ordinanza, RAGIONE_SOCIALE formulava richiesta di riesame, rigettata dal Tribunale del riesame di Napoli.
Il 12 aprile 2023 la difesa formulava istanza volta a ottenere la declaratoria di perdita di efficacia della misura cautelare per mancato interrogatorio ai sensi dell’art. 302 cod. pen.
Acquisito il parere contrario del Pubblico ministero, il G.i.p. rigettava detta istanza con provvedimento poi impugnato dalla difesa ex art. 310 cod. proc. pen.
Nell’ordinanza impugnata si sottolineava che non erano sopravvenuti fatti nuovi idonei a incidere significativamente sull’episodio addebitato rendendolo diverso o ulteriore.
 Avverso l’ordinanza ricorre per cassazione l’indagato, a mezzo del difensore di fiducia, deducendo la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione al mancato accoglimento dell’appello e alla precedente mancata dichiarazione di perdita di efficacia del titolo restrittivo ancora oggi in corso di esecuzione ne confronti di RAGIONE_SOCIALE.
Il G.i.p. del Tribunale di Bologna, al fine di vagliare il quadro indiziar concernente la posizione dell’odierno ricorrente, oltre a operare una rivisitazione dei gravi indizi di colpevolezza, già esistenti al 30 novembre 2021, prendeva in considerazione altri elementi indiziari sopravvenuti rispetto a tale data: in particolare, le chiamate in correità del La COGNOME operate da COGNOMECOGNOME COGNOME COGNOME COGNOME durante i loro interrogatori svoltisi, rispettivamente, in data 17 dicembre 2021, 20 dicembre 2021 e 22 giugno 2022, e le nuove dichiarazioni accusatorie rese da COGNOME, concernenti sempre la posizione del ricorrente, il 21 gennaio 2022.
Il G.i.p. riportava, inoltre, brani dell’interrogatorio reso dal COGNOME e specifica che, solo nei confronti di altro coindagato, tali dichiarazioni avevano incidenza marginale, precisando, invece, che, per RAGIONE_SOCIALE COGNOME, esse avevano pieno valore etero accusatorio.
Anche con riferimento all’interrogatorio di COGNOME, il G.i.p. si è soffermato sulle sue dichiarazioni, riportandole nel testo dell’ordinanza. Tali dichiarazioni, unitamente a quelle COGNOME consentivano di identificare COGNOME come colui che doveva procurare ad COGNOME l’aereo per il trasporto della droga.
Per quanto concerne la posizione di COGNOME, il RAGIONE_SOCIALE sottolineava che lo stesso aveva dichiarato che fu lui, unitamente a COGNOME, a presentare La COGNOME a COGNOME.
A differenza di quanto sostenuto dal Tribunale del riesame, Il nuovo interrogatorio di garanzia non è dovuto soltanto quando i nuovi elementi spesi nell’ordinanza emanata ex art. 27 cod. proc. pen. sono tali da modificare nella sua essenza la già ritenuta gravità indiziaria. Se così fosse, un nuovo interrogatorio ex art. 294 cod. proc. pen. sarebbe dovuto soltanto quando il giudice competente prescindesse totalmente dai dati probatori fondativi del provvedimento del giudice incompetente.
Le Sezioni Unite della Corte di cassazione hanno stabilito che è necessario procedere agli interrogatori di garanzia quando a base della seconda ordinanza siano posti elementi di prova nuovi, mentre può essere omesso quando giudice si limita ad effettuare una diversa valutazione di elementi già presenti in atti. L’obbligo di interrogatorio, in breve, non consegue soltanto quando il giudice competente modifica nella sua essenza il profilo della gravità indiziaria, ma anche quando il giudice, pur dando conto degli elementi già acquisiti e valutati dal giudice incompetente, sente la necessità di fare uso di nuovo materiale probatorio per rinforzare quel primo giudizio. Nel caso Oi specie, non può ritenersi che il compendio indiziario sia rimasto immutato e la motivazione del Tribunale di Bologna non ha valutato tale centrale profilo. 
CONSIDERATO IN DIRITTO
 Il ricorso è inammissibile per le ragioni di seguito illustrate.
2. Secondo il consolidato principio di diritto, richiamato anche dall’ordinanza impugnata, le misure cautelari disposte, a norma dell’art. 27 cod. proc. pen., da un giudice, dichiaratosi contestualmente o successivamente incompetente, non perdono efficacia per il mancato espletamento di un nuovo interrogatorio di garanzia da parte del giudice competente, il quale abbia emesso nel termine stabilito una propria ordinanza, sempre che non siano stati contestati all’indagato o all’imputato fatti nuovi ovvero il provvedimento non sia fondato su indizi o su esigenze cautelari in tutto o in parte diversi rispetto a quelli posti a fondamento dell’ordinanza emessa dal giudice incompetente (Sez. U, n. 39618 del 26/09/2001, COGNOME, Rv. 219975; vedi anche Sez. U, n. 28270 del 24/04/2014, COGNOME, Rv. 260016 – 01).
Con altro arresto di questa Corte (Sez. 6, n. 3169 del 23/11/2021 -dep. 27/01/2022 -, COGNOME, Rv. 282746 – 01), è stato, inoltre, specificato come per “fatti nuovi,” ai fini del sopra indicato principio, debbano intendersi quelli che siano idonei ad incidere significativamente sulla conformazione dell’episodio addebitato, perché diverso o ulteriore, tanto da necessitare l’esercizio del diritto di difesa da espletarsi tramite l’interrogatorio di garanzia.
Sotto questo aspetto, le dichiarazioni rese da altri soggetti indagati o imputati nello stesso procedimento, non si differenziano, quanto ad irrilevanza sul punto, dalle dichiarazioni rese dallo stesso indagato durante l’interrogatorio di garanzia; così come tali dichiarazioni, eventualmente contenute a conferma nella ordinanza emessa dal giudice competente, non modificano nella sua essenza la ordinanza cautelare (Sez. 4, n. 13251 del 22/01/2004, Hicham, Rv. 227953), analogamente è a dirsi rispetto alle dichiarazioni rese da altri soggetti meramente confermative del quadro indiziario già chiaramente delineato nella ordinanza.
La Suprema Corte ha significativamente osservato che, se fosse sufficiente una singola dichiarazione a conferma (ma anche a smentita) del quadro indiziario, per far venir meno la identità del fatto, si perverrebbe alla illogica conseguenza di ritenere rilevante ogni dichiarazione astrattamente (ma non concretamente) idonea a modificare circostanze inconferenti rispetto alla complessità del quadro i nd izia rio.
3.Rileva, in conclusione, il Collegio che, alla luce dell’analisi compiuta da parte del Tribunale della rilevanza delle dichiarazioni rese dai chiamanti in correità, in premessa sintetizzata, il ricorrente si è limitato a generiche censure, che
contrastano solo assertivamente il dato fondante della decisione impugnata, ovvero che le suddette dichiarazioni non avessero introdotto “nuovi” elementi di fatto a carico dell’appellante e che fossero meramente confermative di dati già acquisiti e contestati con la prima ordinanza cautelare, già ampiamente sufficienti a provare il coinvolgimento dei soggetti indicati nelle attività delittuose.
Alla stregua di tali rilievi il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e ricorrente deve, pertanto, essere condannato, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese del procedimento. Considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, deve, altresì, disporsi che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di tremila euro, in favore della Cassa delle ammende.
La Cancelleria provvederà alle comunicazioni di rito.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 9 novembre 2023
Il Consigli COGNOME eAensore  COGNOME
Il Presidente