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Interesse del PM: ricorso inammissibile per carenza

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un Pubblico Ministero contro un’ordinanza che annullava una misura cautelare. Nonostante il giudice di merito avesse commesso un errore nell’interpretare la legge, il ricorso è stato respinto perché non dimostrava un interesse concreto al ripristino della misura. La sentenza sottolinea che l’interesse del PM non può essere solo l’astratta corretta applicazione della legge, ma deve mirare a un risultato pratico, supportato da elementi specifici che nel caso di specie non erano stati forniti.

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Pubblicato il 27 dicembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Interesse del PM: il Ricorso è Inammissibile Senza un Obiettivo Concreto

Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 38549/2025, ha ribadito un principio fondamentale della procedura penale: l’impugnazione del Pubblico Ministero deve essere sorretta da un interesse del PM che sia concreto e specifico. Non è sufficiente lamentare una semplice violazione di legge da parte di un giudice se il ricorso non è finalizzato a ottenere un risultato pratico, come il ripristino di una misura cautelare. Analizziamo insieme questa importante decisione.

I Fatti del Caso: Due Misure Cautelari e il Nodo della Retrodatazione

Il caso riguarda un individuo sottoposto a due distinte ordinanze di custodia cautelare in carcere. La prima, emessa a seguito di un arresto in flagranza per reati legati a stupefacenti e armi, era diventata definitiva. Successivamente, veniva emessa una seconda ordinanza per altri episodi di spaccio, commessi in un periodo precedente ma connessi ai primi.

Il Tribunale del Riesame annullava la seconda ordinanza, applicando il meccanismo della “retrodatazione” previsto dall’art. 297, comma 3, c.p.p. Questo istituto permette di far decorrere i termini di durata della seconda misura dalla data di applicazione della prima. Il Tribunale, tuttavia, lo faceva basandosi su un’interpretazione errata di una sentenza della Corte Costituzionale, ritenendo irrilevante che gli elementi per la seconda ordinanza non fossero “desumibili dagli atti” del primo procedimento.

Contro questa decisione, il Procuratore della Repubblica proponeva ricorso in Cassazione, sostenendo la violazione di legge da parte del Tribunale del Riesame.

La Decisione della Cassazione e l’Interesse del PM

La Suprema Corte, pur riconoscendo implicitamente l’errore di diritto commesso dal Tribunale del Riesame, ha dichiarato il ricorso del Pubblico Ministero inammissibile. Il motivo? La carenza di interesse.

La Cassazione ha chiarito che l’interesse del PM a impugnare non può coincidere con il mero ripristino della legalità o con l’astratta affermazione della corretta interpretazione di una norma. L’obiettivo deve essere tangibile: nel contesto cautelare, questo si traduce nella richiesta di adozione o ripristino di una misura specifica.

Cosa Mancava nel Ricorso del Pubblico Ministero?

Il ricorso si limitava a criticare l’erronea interpretazione della legge da parte del Tribunale, senza però fornire gli elementi necessari a dimostrare l’esistenza di un interesse concreto al ripristino della custodia in carcere. Nello specifico, il PM non aveva:

1. Fornito dati specifici: Non erano stati indicati elementi concreti sulla decorrenza e scadenza dei termini di custodia cautelare.
2. Argomentato sulla “desumibilità dagli atti”: Non aveva contestato il fatto, accertato dal Tribunale, che le prove per la seconda ordinanza non fossero disponibili durante il primo procedimento.
3. Dimostrato l’attualità delle esigenze cautelari: Non aveva fornito elementi per suffragare la persistenza delle condizioni (gravi indizi, pericolo di fuga, inquinamento probatorio o reiterazione del reato) che giustificano l’applicazione della misura.

In sostanza, l’accoglimento del ricorso sul solo punto di diritto non avrebbe potuto automaticamente portare al ripristino della misura, mancando la dimostrazione dei presupposti sostanziali.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte ha motivato la sua decisione richiamando un principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità. L’interesse a impugnare deve essere concreto, personale e attuale. Per il Pubblico Ministero, questo significa che l’impugnazione deve essere lo strumento per raggiungere un risultato utile e giuridicamente rilevante nell’ambito del procedimento. Un ricorso che si esaurisce nella denuncia di un vizio di legittimità, senza prospettare un esito pratico favorevole per l’accusa, è privo di scopo e, quindi, inammissibile.

Il giudice non può sostituirsi al PM nel valutare l’attualità delle esigenze cautelari o la sussistenza dei gravi indizi. È onere della parte che impugna fornire tutti gli elementi necessari a sostenere la propria richiesta. Se questi elementi mancano, l’impugnazione si riduce a un esercizio teorico, non consentito nel processo penale.

Le Conclusioni

Questa sentenza offre una lezione cruciale per gli operatori del diritto. L’interesse del PM non è un concetto astratto, ma un requisito processuale con implicazioni pratiche significative. Un ricorso, per quanto fondato su una corretta critica giuridica, è destinato a fallire se non è accompagnato da una solida argomentazione finalizzata a un risultato concreto. La mera aspirazione alla corretta applicazione della legge, se disgiunta da un obiettivo processuale specifico, non è sufficiente a superare il vaglio di ammissibilità della Corte di Cassazione.

Quando il ricorso del Pubblico Ministero è considerato inammissibile per carenza di interesse?
Il ricorso del Pubblico Ministero è inammissibile per carenza di interesse quando non mira a un risultato concreto e pratico, come l’adozione o il ripristino di una misura cautelare, ma si limita a censurare un’astratta violazione di legge senza fornire gli elementi necessari a sostenere la richiesta pratica.

È sufficiente che il Pubblico Ministero lamenti un errore di diritto per rendere ammissibile il suo ricorso?
No, non è sufficiente. La Corte di Cassazione ha chiarito che l’interesse del PM non può coincidere esclusivamente con la richiesta di una corretta applicazione della legge. L’appello deve essere supportato da elementi che dimostrino come la correzione dell’errore porterebbe a un risultato concreto e favorevole per l’accusa.

Cosa deve dimostrare il Pubblico Ministero per provare il suo interesse concreto a impugnare un’ordinanza in materia cautelare?
Il Pubblico Ministero deve fornire elementi idonei a suffragare la sua richiesta pratica. Ad esempio, deve dimostrare l’attualità delle esigenze cautelari, la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza e fornire dati specifici (come quelli sui termini di custodia) che giustifichino la necessità di ripristinare la misura annullata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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