Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 38549 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 38549 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME NOME
Data Udienza: 23/10/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto dal Procuratore della Repubblica di Terni nel procedimento a carico di NOME, nato il DATA_NASCITA in Marocco avverso l’ordinanza del 29/07/2025 del Tribunale di Perugia; visti gli atti, l’ordinanza impugnata e i motivi del ricorso; udita la relazione svolta dalla Consigliera NOME COGNOME; letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME, che ha concluso per il rigetto del ricorso; letta la memoria dell’Avvocato NOME, difensore di RAGIONE_SOCIALE, nella quale ha concluso per il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 29 luglio 2025 il Tribunale di Perugia, Sezione per il riesame, ha annullato l’ordinanza cautelare emessa dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Terni in data 17 giugno 2025 nei confronti di NOME COGNOME,
con conseguente revoca della misura della custodia in carcere applicata nei suoi confronti, ritenendo operante il meccanismo della retrodatazione ex art. 297, comma 3, cod. proc. pen.
Il Tribunale ha riconosciuto la sussistenza di connessione qualificata ex art. 12, comma 1, lett. b) e c), cod. proc. pen. tra i fatti contestati nell’ordinanza cautelare del 17 giugno 2025 (numerosi episodi di spaccio di sostanza stupefacente commessi tra il 30 novembre 2022 e il 15 febbraio 2023) e quelli per cui NOME era stato arrestato in flagranza il 15 febbraio 2023 (violazioni in tema di stupefacenti, armi e resistenza a pubblico ufficiale), per i quali era stata emessa ordinanza di custodia cautelare in carcere a seguito di convalida e pronunciata sentenza di condanna irrevocabile dal Giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Terni n. 170/2023 del 28 giugno 2023, irrevocabile il 15 luglio 2023.
Il provvedimento impugnato, richiamando un passaggio della motivazione della sentenza della Corte Costituzionale n. 233/2011, ha ritenuto che il meccanismo della retrodatazione operi a prescindere dalla sussistenza del requisito della “desumibilità dagli atti”, in quanto tale requisito sarebbe stato escluso dal Giudice dele leggi per i casi in cui, per i fatti contestati con la prima ordinanza, l’imputato sia stato condannato con sentenza passata in giudicato anteriormente all’adozione della seconda misura.
Il Tribunale del riesame ha dato atto che, nella specie, il requisito della “desumibilità dagli atti” non sussisteva, in quanto l’informativa di polizia giudiziaria contenente le conversazioni telefoniche dalle quali emergevano i reati oggetto della seconda ordinanza era stata depositata al Pubblico ministero di Terni in data 13 novembre 2023, quindi successivamente al rinvio a giudizio per i fatti del 15 febbraio 2023.
Il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Terni ha proposto ricorso per cassazione con il seguente motivo.
Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’art. 297, comma 3, cod. proc. pen., secondo periodo in quanto il Tribunale del Riesame ha fondato la propria decisione su un un obiter dictum della sentenza n. 233/2011 della Corte Costituzionale secondo cui il meccanismo della retrodatazione opererebbe “a prescindere dalla sussistenza del requisito della c.d. desumibilità dagli atti” con un’interpretazione abrogativa della norma, che la Corte non ha operato, e che contrasta sia con il suo tenore letterale, sia con la sua stessa ratio, sia con la giurisprudenza di legittimità successiva alla sentenza della Corte costituzionale citata. Il ricorso richiama, in particolare, il principio di diritto secondo cui: «Quando nei confronti di un imputato siano emesse più ordinanze cautelari per fatti diversi
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in relazione ai quali esiste una connessione qualificata (concorso formale, continuazione o connessione teleologica), opera la retrodatazione prevista dall’art. 297, comma terzo, cod. proc. pen. anche rispetto ai fatti oggetto di un “diverso” procedimento, se questi erano desumibili dagli atti prima del rinvio a giudizio per il fatto o i fatti oggetto della prima ordinanza» (Sez. 1, n. 26093 del 15/02/2018, Bruzzese,.Rv. 273132 – 01) e, con specifico riferimento ad ordinanze sequenziali aventi ad oggetto fatti diversi e connessi, si veda Sez. 4, n. 16343 del 29/03/2023, COGNOME, Rv. 284464 – 01
Con memoria difensiva del 9 ottobre 2025 il difensore dell’indagato ha chiesto di rigettare il ricorso richiamando gli argomenti contenuti nella requisitoria del Procuratore generale e nella sentenza di questa Corte della Sez. 3, n. 14535 del 2025.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile per carenza di interesse.
Come risulta dall’esposizione che precede, il ricorso del Pubblico ministero, senza richiamare l’originaria domanda cautelare, ha ad oggetto esclusivamente il profilo dell’erronea lettura, da parte del provvedimento impugnato, della sentenza della Corte costituzionale n. 233 del 2011 che conduce ad un’interpretazione abrogativa dell’art. 297, comma 3, secondo periodo, cod. proc. pen., che il giudice delle leggi non ha dichiarato, con riferimento al requisito della «desumibilità dagli atti».
Non vi è dubbio che il Tribunale di Perugia non abbia fatto buon governo dei principi di diritto consolidatisi da tempo nella giurisprudenza di legittimità in ordine ai presupposti della retrodatazione anche nel suo massimo consesso (da ultimo, Sez. U, n. 23166 del 28/05/2020, COGNOME, Rv. 279347- 02) . ciononostante, secondo i principi più volte ribaditi dalla giurisprudenza di questa Corte, anche nella materia delle impugnazioni relative ai procedimenti incidentali in materia cautelare, vige il principio, previsto pena di inammissibilità (artt. 568, comma 4, e 591, comma 1, lett. a), cod. proc. pen.) del necessario interesse della parte che propone l’impugnazione.
Nelle ipotesi in cui si tratti del pubblico ministero, l’interesse non potrà coincidere esclusivamente con quello astratto all’esatta applicazione della legge (Sez. 2, n. 37876 del 12/09/2023, PG c/Gagliardi, Rv.285026), ma dovrà essere parametrato all’obiettivo del raggiungimento di un risultato concreto che, nella materia cautelare, è costituito dall’adozione (o dal ripristino) della misura originariamente richiesta di cui deve altresì fornire gli elementi idonei a suffragarne i presupposti (Sez. 2, Sez. 2, n. 6027 del 10/01/2024, PMT c/Mazza, Rv. 285867).
Nel caso di specie, invece, il Pubblico ministero si è limitato a censurare gli aspetti relativi alla erronea interpretazione dell’istituto della retrodatazione nei termini sopraindicati: a) senza fornire dati specifici e concreti in ordine alla retrodatazione della decorrenza del termine di custodia cautelare (non sono indicati, ad esempio, il termine di scadenza della misura cautelare della prima ordinanza e quale pena sia stata inflitta dalla sentenza passata in giudicato con riferimento a quei delitti); b) senza replicare agli argomenti posti dal Tribunale in ordine alla continuazione tra i reati; c) senza spiegare, al di là della mera conoscibilità storica di determinati fatti, se la «desumibilità dagli atti», derivata da uno specifico compendio probatorio, fosse tale da consentire al pubblico ministero di esprimere un meditato apprezzamento prognostico della concludenza e gravità degli indizi, suscettibile di dare luogo, in presenza di concrete esigenze cautelari, alla richiesta, e dunque alla adozione, di una nuova misura cautelare (Sez. 3, n. 48034 del 25/10/2019, COGNOME, Rv. 277351).
A ciò si aggiunge che costituisce principio consolidato della giurisprudenza di legittimità quello secondo il quale il pubblico ministero deve fornire elementi idonei a suffragare l’attualità del suo interesse, in relazione ai presupposti per l’adozione della misura, anche se il provvedimento impugnato non li abbia esaminati (Sez. 2, n. 6027 del 10/01/2024, PMT c/Mazza, cit.; Sez. 6, n. 46129 del 25/11/2021, PM NOME COGNOME, Rv. 282355).
Sulla base di dette considerazioni, si è affermata l’ inammissibilità, per difetto di interesse, del ricorso per cassazione del pubblico ministero, proposto nei confronti dell’ordinanza di reiezione dell’appello avverso l’ordinanza di rigetto della richiesta di misura cautelare con cui lo stesso si limiti a contestare unicamente il mancato riconoscimento della sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, atteso che l’accoglimento del ricorso in ordine a tale profilo non potrebbe comunque condurre al ripristino della misura, quale unico oggetto dell’interesse giuridicamente tutelato del pubblico ministero (Sez. 6, n. 13284 del 25/02/2021, Acanfora, Rv.281010) e ciò vale, a maggior ragione, quando la misura, come nella specie, era stata richiesta per reati per i quali non opera la presunzione di cui
all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen. (Sez. 6, n. 43948 del 21/09/2023, PMT c/Manna, Rv. 285400).
Alla stregua di tali rilievi, il ricorso è inammissibile per carenza di interesse.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso per carenza di interesse.
Così deciso il 23/10/2025