Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 34214 Anno 2025
REPUBBLICA ITALIANA Relatore: COGNOME NOME
Penale Sent. Sez. 2   Num. 34214  Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Data Udienza: 16/09/2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Composta da
– Presidente –
NOME COGNOME COGNOME NOME COGNOME
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO
NOME COGNOME
SENTENZA
Sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA avverso l’ordinanza del 27/05/2025 del TRIB. LIBERTA’ di ROMA udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; sentite le conclusioni del AVV_NOTAIO Procuratore generale AVV_NOTAIO, che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso; udito il difensore del ricorrente, AVV_NOTAIO, il quale ha insistito per l’accoglimento del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
1.Con ordinanza del 27 maggio 2025 il Tribunale di Rona, in accoglimento dell’appello proposto da COGNOME NOME, disponeva la revoca deli sequestro preventivo dei saldi attivi dei rapporti bancari già intestati a COGNOME NOME e la loro restituzione ai legittimi eredi; avverso l’ordinanza propone ricorso il difensore di NOME, eccependo che:
1.1 il ricorso aveva ad oggetto la parte in cui implicitamente la restituzione agli eredi era stata fatta sulla base del ritenuto cessato periculum in mora anzichØ sul presupposto della inconfiscabilità dei beni; il tribunale aveva omesso di pronunciarsi (o si era pronunciato implicitamente) sulla confiscabilità dei beni che, pertanto, era rimasta inesplorata dalla motivazione in spregio dei motivi di appello e in palese violazione di legge circa i presupposti normativi che presiedono alla confisca dei beni, laddove la morte di COGNOME non doveva essere assunta come mero parametro per il periculum in mora, ma doveva costituire il presupposto per dichiarare la inconfiscabilità dei beni, da cui far discendere il dovuto dissequestro dei medesimi; il tribunale aveva sostenuto che l’intervenuta sentenza di condanna a carico di COGNOME, avendo disposto la confisca dei beni, avrebbe precluso la valutazione della confiscabilità per equivalente dei beni, con motivazione illogica e contraddittoria rispetto alla normativa di riferimento; non Ł infatti applicabile la confisca nei confronti di beni di titolarità di imputato deceduto, che non aveva avito la possibilità di rifendersi dalle accuse rivolte, nØ era opponibile il sequestro al terzo estraneo sul mero presupposto della sussistenza di vincolo di solidarietà tra il deceduto ed altro coimputato; era quindi interesse della ricorrente impugnare l’ordinanza nella parte in cui non si era pronunciata sulla doglianza relativa alla inconfiscabilità dei beni e per essere la ricorrente terza ed estranea ad ogni procedimento
penale; il tribunale aveva sostenuto che l’intervenuta sentenza di condanna a carico del coimputato COGNOME avrebbe precluso di valutare la confiscabilità per equivalente dei beni, ma il tema non era ridecidere su quanto deciso in merito a COGNOME, ma decidere in sede di appello cautelare sul sequestro preventivo sui beni di COGNOME se tale sequestro fosse ‘intoccabile’ in merito al tema della confiscabilità dei beni ovvero, alla luce del decesso di NOME e dell’assenza di una sentenza di condanna e della appartenenza dei beni a terzi estranei ad ogni vicenda processuale, difettassero i requisiti per la confiscabilità degli stessi; il sequestro andava revocato quindi non per l’assenza del periculum in mora , ma per la incofiscabilità dei beni. 
CONSIDERATO IN DIRITTO
. Il ricorso Ł inammissibile.
1.1 Al riguardo, va evidenziato che l’art. 591, comma 1, lett. a), cod. proc. pen., la cui lettura non può essere disgiunta dall’art. 568, comma 4, cod. proc. pen., sancisce l’inammissibilità dell’impugnazione proposta “da chi non Ł legittimato o non ha interesse”: l’art. 322 cod. proc. pen. individua le categorie astrattamente legittimate all’impugnazione ‘reale’, mentre gli artt. 568, comma 4, e 591, comma 1, lett. a), cod. proc. pen. impongono un vaglio di ammissibilità fondato sulla verifica della concreta legittimazione in ragione della sussistenza di un interesse concreto e attuale;pertanto, perchØ sia ammissibile una domanda giudiziale, deve sussistere l’interesse all’impugnazione, interesse che si deve ravvisare tutte le volte in cui sia stato emesso un provvedimento idoneo a produrre una lesione nella sfera giuridica dell’impugnante e questi solleciti la eliminazione o la riforma dello stesso per la realizzazione di un risultato giuridicamente apprezzabile; in altri termini, il gravame deve essere funzionale ad un risultato immediatamente produttivo di effetti nella sfera giuridica dell’impugnante.
Nel caso in esame il ricorso tratta in modo ampio il tema della confiscabilità o meno dei beni, ma non individua alcun interesse della ricorrente ad ottenere una pronuncia positiva, posto che nessun risultato vantaggioso potrebbe trarre la stessa dall’accoglimento del ricorso, visto che ha già ottenuto la restituzione dei beni in sequestro.
Il ricorso deve essere pertanto dichiarato inammissibile. Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere condannata al pagamento delle spese del procedimento, nonchØ ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore  della  Cassa  delle  ammende  della  somma  di  €  3.000,00  così equitativamente  fissata  in  ragione  dei  motivi  dedotti.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende. Così Ł deciso, 16/09/2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente NOME COGNOME
NOME COGNOME