Interesse all’Impugnazione: No se l’Atto Impugnato non Esiste Più
Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 2088 del 2024, ribadisce un principio fondamentale del nostro sistema processuale: per poter impugnare una decisione, non basta avere ragione in astratto, ma è necessario avere un interesse all’impugnazione che sia attuale e concreto. Se l’atto contro cui si ricorre viene meno nel corso del giudizio, il ricorso diventa inammissibile per carenza di interesse. Analizziamo insieme questa interessante pronuncia.
I Fatti del Caso
La vicenda ha origine da un’ordinanza del Tribunale, in funzione di giudice dell’esecuzione, che aveva dichiarato nullo un ordine di esecuzione di una pena detentiva. Secondo il Tribunale, il condannato aveva già scontato interamente quella pena attraverso un periodo di arresti domiciliari, nonostante nel frattempo fosse stata erroneamente disposta un’altra misura (l’affidamento in prova) per altre condanne.
Contro questa decisione, il Pubblico Ministero proponeva ricorso in Cassazione, sostenendo che il Tribunale avesse errato nel suo ragionamento. Secondo l’accusa, in presenza di più pene, si applica il principio del cumulo, per cui i periodi di detenzione già sofferti vanno detratti dal totale della pena unificata, e non imputati a una singola condanna.
Tuttavia, un fatto cruciale si era verificato medio tempore, ovvero mentre il procedimento era in corso: lo stesso ufficio del Pubblico Ministero aveva revocato l’ordine di esecuzione oggetto della controversia, sostituendolo con un nuovo provvedimento di cumulo delle pene. Di conseguenza, l’atto che il Tribunale aveva annullato non esisteva più al momento della decisione della Cassazione.
Il Principio dell’Interesse all’Impugnazione
Il cuore della decisione della Suprema Corte non risiede nella questione del cumulo delle pene, sollevata dal ricorrente, ma in un aspetto puramente procedurale. L’interesse all’impugnazione è un presupposto essenziale di qualsiasi ricorso. Significa che la parte che impugna deve poter ottenere un vantaggio pratico e reale dall’accoglimento della sua richiesta.
Nel caso di specie, la Corte si è chiesta: quale vantaggio concreto otterrebbe il Pubblico Ministero dall’annullamento di un’ordinanza che, a sua volta, aveva annullato un ordine di esecuzione ormai revocato e sostituito? La risposta è stata: nessuno.
Le Motivazioni della Cassazione
La Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile con una motivazione tanto semplice quanto ineccepibile. Come affermato dallo stesso ricorrente, il provvedimento impugnato si era pronunciato su un ordine di esecuzione che, nel frattempo, era stato revocato e sostituito con un altro.
La Corte ha sottolineato che non può esistere un interesse della parte pubblica all’annullamento di un provvedimento il cui contenuto decisorio è limitato a un ordine di esecuzione che non esiste più. Il nuovo provvedimento di cumulo, emesso successivamente, stava già producendo i suoi effetti in modo del tutto autonomo, senza che la vecchia decisione potesse in alcun modo inciderci.
In sostanza, il ricorso era diventato un’azione priva di scopo pratico. Annullare la decisione del Tribunale sarebbe stato un esercizio puramente teorico, senza alcuna conseguenza concreta sulla posizione del condannato o sull’esecuzione della pena, ormai regolata da un titolo esecutivo diverso.
Conclusioni
Questa sentenza ci insegna che il processo non è un’arena per dibattiti accademici, ma uno strumento per risolvere controversie reali. L’interesse all’impugnazione funge da filtro, impedendo che le risorse della giustizia vengano impiegate per questioni che hanno perso la loro rilevanza pratica. Prima di impugnare un provvedimento, è quindi fondamentale verificare non solo la fondatezza delle proprie ragioni, ma anche e soprattutto che esista un interesse concreto e attuale alla riforma della decisione, interesse che viene meno se l’oggetto della disputa cessa di esistere.
Quando un ricorso viene dichiarato inammissibile per carenza di interesse?
Un ricorso viene dichiarato inammissibile per carenza di interesse quando la parte che lo propone non otterrebbe alcun vantaggio pratico, concreto e attuale dall’eventuale accoglimento della sua richiesta. Questo accade, come nel caso esaminato, se l’atto giudiziario oggetto della controversia è stato nel frattempo revocato e sostituito.
Cosa significa che un provvedimento è stato revocato ‘medio tempore’?
Significa che il provvedimento è stato annullato e rimosso dall’ordinamento giuridico mentre era in corso il giudizio di impugnazione. Di conseguenza, la controversia su quel provvedimento specifico perde il suo oggetto e, con esso, l’interesse delle parti a una decisione nel merito.
Perché il Pubblico Ministero non aveva più un interesse all’impugnazione?
Il Pubblico Ministero non aveva più interesse perché l’ordinanza del Tribunale, da lui impugnata, riguardava un ordine di esecuzione che lo stesso ufficio del PM aveva già revocato. Annullare l’ordinanza non avrebbe avuto alcun effetto pratico, dato che l’esecuzione della pena era ormai regolata da un nuovo e diverso provvedimento di cumulo.
Testo del provvedimento
Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 2088 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 2088 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 12/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da: PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE TRIBUNALE DI MILANO nel procedimento a carico di: COGNOME NOME nato a RHO il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 22/05/2023 del TRIBUNALE di MILANO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del PG, dott.ssa NOME COGNOME, che ha chiesto l’annullamento con rinvio.
Ritenuto in fatto
Il Tribunale di Milano, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha dichiarato la nullità, per inefficacia originaria, dell’ordine di esecuzione della pena di mesi 4 e giorni 11 di reclusione emesso in data 27 febbraio 2023 nei confronti di NOME COGNOME. Il titolo esecutivo è illegittimo per la parte in cui comporta l’esecuzione di una pena residua per la condanna irrogata con sentenza n. 2687 del 2022 alla pena di un anno di reclusione, rispetto alla quale il condannato si trovava agli arresti domiciliari. A tale condanna, infatti, è stata data integrale esecuzione attraverso l’applicazione della misura degli arresti domiciliari per tutto il periodo di un anno.
Dal 9 febbraio 2022, ossia da quando fu sottoposto agli arresti domiciliari, il condannato ha espiato la pena inflittagli per quel reato dalla menzionata sentenza n. 2687 del 2022, giacché tale misura restrittiva non fu revocata e non subì sospensione alcuna per la sopravvenuta, e indebita, esecuzione dell’affidamento in prova ai servizi sociali concessa in relazione ad altre due condanne, irrogate con sentenze n. 8330 del 2016 e n. 3241 del 2019.
Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Milano, che ha dedotto vizio di violazione di legge. Premesso che il Tribunale ha dichiarato la nullità di un ordine dì esecuzione che era stato già revocato e sostituito dal provvedimento di cumulo emesso il 12 maggio 2023, l’ordinanza è errata. La disposizione dell’art. 298, comma 2, cod. proc. pen. disciplina la possibile coesistenza di un provvedimento cautelare e di un ordine di esecuzione nei confronti del medesimo soggetto in relazione ai diversi titoli, definitivi e no. Non disciplina, invece, il procedimento di determinazione della pena nella fase esecutiva, regolato dal principio di unicità della pena di cui all’art. 76 cod. pen. Detto principio impone di determinare la pena unica da eseguire in presenza di più titoli esecutivi, detraendo in modo unitario e globale i periodi di detenzione e/o espiazione già sofferti, senza possibilità di imputare distintamente a ciascuna delle pene cumulate il medesimo periodo di espiazione/presofferto.
Il Procuratore generale, intervenuto con requisitoria scritta, ha chiesto l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata.
Considerato in diritto
Il ricorso è inammissibile per difetto di un interesse attuale e concreto all’impugnazione.
Come affermato dallo stesso ricorrente, il provvedimento da questi impugnato si è pronunciato sul ricorso del condannato diretto nei confronti di un ordine di esecuzione che, medio tempore, è stato revocato e sostituito con altro.
Non vi può allora essere interesse della parte pubblica all’annullamento di un provvedimento il cui contenuto decisorio è limitato e specificamente riferito ad un ordine di esecuzione che non è più, perché sostituito da altro che nel frattempo esplica i suoi effetti senza che il provvedimento sottoposto ora a scrutino possa in qualche modo incidere su di esso, che è stato successivamente emesso.
Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile per carenza di interesse.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso per mancanza di interesse.
Così deciso, il 12 dicembre 2023.