Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 3153 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 3153 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 03/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA a CAVA DE’ TIRRENI avverso l’ordinanza in data 19/06/2023 del TRIBUNALE DI SALERNO;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria del Pubblico ministero, nella persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;
letta la nota dell’AVV_NOTAIO, che ha replicato alla requisitoria del Procuratore generale e ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Quinto NOME, a mezzo di procuratore speciale, impugna l’ordinanza in data 19/06/2023 del Tribunale di Salerno, che ha dichiarato l’inammissibilità dell’istanza di riesame presentata avverso il decreto di sequestro emesso ai sensi dell’art. 253 cod. proc. pen., in relazione al reato di cui all’art. 8 decreto legislativo n. 92/2017 e di quello di cui all’art. 648 cod. pen., avente a oggetto preziosi e argenteria. In particolare, il Tribunale ha dichiarato l’inammissibilità dell’istanza di riesame per carenza d’interesse, in quanto con esso il ricorrente non avrebbe potuto ottenere la richiesta restituzione dei beni, avendo sostenuto che i beni in sequestro erano di proprietà della società RAGIONE_SOCIALE.
Deduce:
“Violazione di legge: errata/omessa applicazione/interpretazione dell’art.
568, comma 4, cod. proc. pen. in ordine alla ritenuta insussistenza dell’interesse ad impugnare da parte del sig. Quinto NOME“.
Con il primo motivo di impugnazione la difesa rimarca come il ricorrente sia il socio di maggioranza (nella misura del 90%) della società RAGIONE_SOCIALE. Segnala ulteriormente come la società sia in liquidazione e come solo all’esito della restituzione del bene si potrà procedere fattivamente alla stessa liquidazione.
Da qui deduce l’esistenza dell’interesse a impugnare.
“Violazione di legge: errata/omessa applicazione/interpretazione dell’art. 253 cod. proc. pen. in ordine alla motivazione, ovvero alla necessaria connessione, in termini di pertinenzialità, tra i beni sequestrati in maniera indifferenziata e le ipotesi accusatorie”.
Con il secondo motivo il ricorrente si duole delle modalità del sequestro, che ha colpito una totalità di beni in maniera indifferenziata, senza la catalogazione di ogni singolo bene seguita dalla loro comparazione tra gli stessi e la notizia di reato già acquisita, così che risulta impossibile il loro collegamento alle singole ipotesi delittuose.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato.
1.1. Il ricorrente sostiene di avere la legittimazione a impugnare in quanto socio di maggioranza della società RAGIONE_SOCIALE, che nella sua istanza di riesame aveva indicato quale soggetto cui appartenevano i beni in sequestro.
Il convincimento del ricorrente, però, va in senso esattamente contrario a quanto già spiegato da questa Corte, che ha affermato che «Il singolo socio non è legittimato ad impugnare i provvedimenti in materia di sequestro preventivo di beni di proprietà di una società (nella specie, il rigetto dell’istanza di revoca della misura), attesa la carenza di un interesse concreto ed attuale, non vantando egli un diritto alla restituzione della cosa o di parte della somma equivalente al valore delle quote di sua proprietà, quale effetto immediato e diretto del dissequestro. (In motivazione la Corte ha precisato che, nel caso in cui il legale rappresentante sia rimasto inerte e la società possa subire un danno dal mancato dissequestro, il socio ha il potere di sollecitare gli organi sociali ad agire nell’interesse di quest’ultima)», (Sez. 2 – , Sentenza n. 29663 del 04/04/2019, COGNOME, Rv. 276735 – 01; Sez. 1 – , Sentenza n. 6779 del 08/01/2019, COGNOME, Rv. 274992 – 01).
A tali principi si è conformata l’ordinanza impugnata, che ha rilevato come l’indagato non avesse alcun interesse all’impugnazione, non potendo ottenere la restituzione dei beni, cui era specificamente finalizzata la presentazione dell’istanza di riesame.
Gli ulteriori motivi di ricorso sono assorbiti.
Quanto esposto porta alla declaratoria di inammissibilità dell’impugnazione,
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cui segue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento in favore della cassa delle ammende della somma di euro tremila, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 3 novembre 2023
Il Consigliere est.
GLYPH Il Presidente