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Interesse ad impugnare: quando il ricorso è inutile

Un ricorso, sebbene astrattamente fondato su un errore procedurale del giudice, viene dichiarato inammissibile per carenza di interesse ad impugnare. La Corte di Cassazione ha stabilito che se l’accoglimento del ricorso non può portare alcun vantaggio concreto al ricorrente, in quanto l’atto di appello sarebbe comunque inammissibile per un altro motivo (in questo caso, il superamento dei termini), l’impugnazione è priva di utilità e deve essere respinta.

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Pubblicato il 27 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Interesse ad impugnare: quando il ricorso è inutile

Nel complesso mondo della procedura penale, non basta avere ragione su un singolo punto per vincere una battaglia legale. Un principio fondamentale, spesso decisivo, è l’interesse ad impugnare: la necessità che un ricorso possa portare un vantaggio concreto e reale a chi lo propone. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 3316/2024) illumina perfettamente questo concetto, chiarendo che un’impugnazione, anche se formalmente corretta su un punto, viene dichiarata inammissibile se il suo accoglimento non può produrre alcun effetto favorevole per il ricorrente.

I Fatti del Caso: Un Appello Inviato all’Indirizzo Sbagliato

La vicenda ha origine da un appello presentato avverso un’ordinanza del Magistrato di Sorveglianza, che aveva confermato la pericolosità sociale di un soggetto e la prosecuzione di una misura di sicurezza. L’atto di appello, tuttavia, veniva depositato telematicamente a un indirizzo PEC non corretto, diverso da quello ufficialmente indicato dal Ministero della Giustizia per il deposito degli atti penali.

Di conseguenza, il Magistrato di Sorveglianza dichiarava l’appello inammissibile per questo vizio formale, in applicazione della nuova normativa sul processo penale telematico (D.Lgs. 150/2022). Il difensore del soggetto proponeva quindi ricorso in Cassazione, sostenendo che l’atto era comunque pervenuto all’ufficio giudiziario e che, in base al principio del favor impugnationis, avrebbe dovuto essere trasmesso al giudice competente per la decisione.

L’Analisi della Corte: la Carenza di Interesse ad Impugnare

La Corte di Cassazione, pur riconoscendo la validità del principio secondo cui l’atto pervenuto a un giudice incompetente deve essere trasmesso a quello competente, ha spostato il focus della sua analisi su un aspetto più sostanziale: l’utilità pratica del ricorso.

I giudici hanno esaminato cosa sarebbe successo se il primo giudice avesse agito correttamente, trasmettendo l’appello al Tribunale di Sorveglianza competente. Hanno scoperto un vizio ben più grave e insanabile: l’appello era stato depositato tardivamente. L’atto, infatti, era giunto all’ufficio competente ben oltre il termine di quindici giorni previsto dalla legge. Di conseguenza, anche se il primo errore procedurale (l’invio alla PEC sbagliata) fosse stato superato, il Tribunale competente non avrebbe potuto fare altro che dichiarare a sua volta l’inammissibilità dell’appello per tardività.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte ha basato la sua decisione sul concetto di interesse ad impugnare, inteso come prospettiva utilitaristica. Un’impugnazione è ammissibile solo se può portare a una decisione più vantaggiosa per il ricorrente. In questo caso, l’eventuale annullamento della prima dichiarazione di inammissibilità (per l’errore PEC) sarebbe stato inutile, perché avrebbe semplicemente portato a una seconda, e inevitabile, dichiarazione di inammissibilità (per tardività) da parte del giudice competente.

L’accoglimento del ricorso, quindi, non avrebbe rimosso lo svantaggio processuale, ma lo avrebbe solo posticipato e cambiato di motivazione. L’impossibilità di ottenere un risultato favorevole concreto ha reso il ricorso privo di interesse e, come tale, inammissibile. La scelta di depositare l’appello l’ultimo giorno utile, con una modalità peraltro errata, ha fatto ricadere sul ricorrente il rischio che l’atto non pervenisse in tempo utile al giudice corretto.

Le Conclusioni

La sentenza ribadisce un principio cruciale: nel processo non si agisce per mere questioni di principio, ma per ottenere risultati concreti. La mancanza di un interesse ad impugnare, ossia di una reale e tangibile utilità derivante dall’accoglimento del ricorso, è una causa di inammissibilità autonoma e insuperabile. Questa decisione serve da monito sull’importanza non solo del rispetto delle forme, ma anche della tempestività e della valutazione strategica dell’utilità di ogni azione processuale. Un ricorso destinato a non portare alcun beneficio è un esercizio sterile, che il sistema giudiziario non può ammettere.

Cosa succede se un appello viene inviato a un indirizzo PEC errato?
Secondo i principi generali, il giudice che riceve l’atto, se incompetente, non dovrebbe dichiararlo inammissibile ma trasmetterlo al giudice competente per la decisione. Tuttavia, questo non sana altri vizi, come il mancato rispetto dei termini per l’impugnazione.

Cos’è l’interesse ad impugnare e perché è fondamentale?
È il vantaggio pratico e concreto che una parte può ottenere dalla modifica o dall’annullamento di una decisione giudiziaria. Se l’accoglimento del ricorso non può portare alcun beneficio reale, l’impugnazione è considerata inutile e quindi inammissibile.

Un appello può essere dichiarato inammissibile anche se un primo errore procedurale viene superato?
Sì. Nel caso specifico, anche se si fosse superato l’errore dell’invio a una PEC sbagliata, l’appello sarebbe stato comunque dichiarato inammissibile dal giudice competente perché presentato fuori termine. La mancanza di qualsiasi possibilità di successo ha reso il ricorso in Cassazione inammissibile per carenza di interesse.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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