Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 3316 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 3316 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 25/10/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a BAGHERIA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 21/02/2023 del GIUD. SORVEGLIANZA di UDINE udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del procuratore generale, nella persona del sostituto NOME COGNOME, che ha chiesto, con requisitoria scritta, l’annullamento con rinvio del provvedimento impugnato.
RITENUTO IN FATTO
Con decreto emesso in data 21 febbraio 2023 il Magistrato di sorveglianza di Udine ha dichiarato inammissibile l’appello proposto da NOME COGNOME avverso l’ordinanza emessa in data 30 dicembre 2022 dal medesimo ufficio, che dichiarava non cessato lo stato di pericolosità sociale dell’istante e disponeva la prosecuzione per un anno RAGIONE_SOCIALE misura di sicurezza RAGIONE_SOCIALE casa di lavoro.
Il giudice ha rilevato che l’appello è stato depositato mediante invio all’indirizzo PEC dell’ufficio di sorveglianza di Udine e, una volta trasmesso al Tribunale di sorveglianza di Trieste, è stato da questo restituito all’ufficio di provenienza per la verifica dell’ammissibilità ai sensi dell’art. 87-bis, comma 1, lett. c), d.lgs. n. 150/2022, che stabilisce, in via transitoria, che gli atti vengano depositati mediante invio all’indirizzo PEC pubblicato del portale dei servizi telematici del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, che corrisponde alla diversa dizione “depositoattipenali”. Esso deve, pertanto, essere dichiarato inammissibile dallo stesso magistrato di sorveglianza.
Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso NOME COGNOME, per mezzo del difensore AVV_NOTAIO, articolando un unico motivo con il quale deduce la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b) cod.proc.pen., con riferimento all’art. 591 cod.proc.pen. e al d.lgs. n. 150/2022
Egli afferma che le misure previste dal decreto legislativo n. 150/2022 entravano in vigore solo a partire dal 31 dicembre 2022, stante la disposizione RAGIONE_SOCIALE legge n. 199 del 30/12/2022, e comunque gli artt. 87 e 87-bis legge n. 150/2022 prevedono come solo facoltativo il deposito degli atti penali a mezzo EMAIL, permanendo la possibilità del deposito presso la cancelleria, con il mezzo tradizionale e analogico. Tale disciplina, peraltro transitoria, è quindi solo integrativa RAGIONE_SOCIALE generale previsione codicistica e comunque, durante tutto il periodo dell’emergenza pandemica, è stato ritenuto valido il deposito di un atto inviato all’indirizzo PEC dell’Ufficio giudiziario destinatario, anche se non inserito nell’elenco redatto dal DGSIA. La Corte di cassazione, poi, in un’ottica di interpretazione sostanziale delle cause di inammissibilità, ha ritenuto non inammissibile una impugnazione trasmessa ad un indirizzo PEC diverso da quello indicato dal provvedimento organizzativo del presidente del tribunale, ma compreso nell’elenco del DGSIA del RAGIONE_SOCIALE.
Il Procuratore generale, con requisitoria scritta, ha chiesto l’accoglimento del ricorso, avendo l’atto raggiunto il suo scopo in quanto comunque pervenuto al giudice competente per la decisione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile per carenza di interesse, sin dalla sua proposizione, in quanto non suscettibile di produrre un effetto favorevole per il ricorrente.
Non vi è dubbio che l’appello, proposto ai sensi dell’art. 680 cod.proc.pen., è stato inviato al Tribunale di sorveglianza competente tramite il suo deposito presso l’ufficio che ha emesso il provvedimento impugnato, come attualmente stabilito dall’art. 87-bis, comma 4, d.lgs. n. 150/2022, ma utilizzando un indirizzo PEC non compreso nell’elenco pubblicato nel portale dei servizi telematici del RAGIONE_SOCIALE. Ai sensi dell’art. 87-bis, comma 7, lett. c), d.lgs. n. 150/2022, ciò comporta l’inammissibilità dell’impugnazione, trattandosi del caso in cui l’atto risulta trasmesso «a un indirizzo di posta elettronica certificata non riferibile, secondo quanto indicato dal provvedimento del Direttore generale per i sistemi informativi automatizzati … all’ufficio che ha emesso il provvedimento impugnato».
Le obiezioni avanzate dal ricorrente non sono fondate, in quanto la predetta disciplina è integrativa RAGIONE_SOCIALE normativa codicistica solo nel senso di integrare le ipotesi di inammissibilità delle impugnazioni previste dall’art. 591 cod.proc.pen. Inoltre non è vero che, durante il periodo emergenziale e nella vigenza RAGIONE_SOCIALE normativa allora appositamente varata, il deposito di un atto sia stato ritenuto valido anche se inviato ad un indirizzo EMAIL se non inserito nell’elenco redatto dal DGSIA, perché, al contrario, pronunce di questa Corte quali Sez. 6, n. 46119 del 09/11/2021, Rv. 282346, Sez. 3, n. 26009 del 29/04/2021, Rv. 281734, Sez. 1, n. 17052 del 02/03/2021, Rv. 281386 hanno stabilito che «è inammissibile la richiesta di riesame trasmessa ad un indirizzo di posta elettronica certificata non compreso nell’elenco allegato al provvedimento del 9 novembre 2020 del direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE». Le ulteriori obiezioni, circa l’epoca di entrata in vigore RAGIONE_SOCIALE disposizione transitoria sopra indicata e circa la mera facoltatività, allo stato, del deposito in via telematica, sono irrilevanti, avendo il ricorrente stesso scelto tale forma di deposito dell’atto di impugnazione, essendo pertanto tenuto al rispetto delle formalità per esso previste.
La normativa transitoria indicata, peraltro, deve essere applicata in termini costituzionalmente orientati, e deve perciò essere coordinata con il principio stabilito dall’art. 568, comma 5, cod.proc.pen. e con il principio del favor impugnationis, codificato da questa Corte. Questi principi stabiliscono che l’impugnazione deve essere ritenuta ammissibile, anche se erroneamente
qualificata, quando l’atto manifesta in modo chiaro la volontà del proponente di impugnare il provvedimento indicato; se essa viene inviata ad un giudice non competente, questi è tenuto a trasmetterla al giudice competente.
Nel presente caso il magistrato di sorveglianza di Udine ha, inizialmente, applicato detta norma in quanto, pur rilevando che l’atto di appello era stato inviato ad un indirizzo PEC non compreso nell’elenco redatto dal DGSIA e pubblicato sul sito del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, lo ha trasmesso al giudice competente per la decisione, il Tribunale di sorveglianza di Trieste. Il principio del favor impugnationis imponeva, in tal caso, di ritenere che l’atto aveva comunque raggiunto il suo effetto, essendo stato preso in esame dal giudice a cui era stato inviato, e da questi trasmesso al giudice competente.
L’art. 568, comma 5, cod.proc.pen., peraltro, attribuisce al giudice incompetente che ha ricevuto l’atto il solo compito di trasmetterlo al giudice competente, senza compiere su di esso alcuna valutazione di ammissibilità: come già stabilito dall’ordinanza Sez. U. n. 45371 del 31/10/2001, COGNOME, Rv. 220221, «In tema di impugnazioni, allorché un provvedimento giurisdizionale sia impugnato dalla parte interessata con un mezzo di gravame diverso da quello legislativamente prescritto, il giudice che riceve l’atto deve limitarsi, a norma dell’art. 568, comma 5, cod. proc. pen., a verificare l’oggettiva impugnabilità del provvedimento, nonché l’esistenza di una “voluntas impugnationis”, consistente nell’intento di sottoporre l’atto impugnato a sindacato giurisdizionale, e quindi trasmettere gli atti, non necessariamente previa adozione di un atto giurisdizionale, al giudice competente» (vedi anche Sez. 5, n. 35796 del 13/07/2023, Rv. 285134). E’ quindi solo il giudice competente che deve valutare l’ammissibilità dell’impugnazione proposta, essendo il precedente passaggio del tutto privo di rilevanza giuridica.
Nel presente caso, peraltro, il giudice competente, cioè il Tribunale di sorveglianza di Trieste, avrebbe potuto solo dichiarare l’inammissibilità dell’appello proposto, perché pervenuto a tale ufficio oltre il termine di quindici giorni stabilito dall’art. 585, comma 1, lett. a), cod.proc.pen.: il provvedimento impugnato è stato emesso in data 14 dicembre 2022 e notificato all’interessato e al suo difensore nelle date del 30 e 31 dicembre 2022, ma l’appello, depositato irritualmente in data 13 gennaio 2023, alle ore 22.32, presso l’ufficio che lo aveva emesso, è pervenuto all’ufficio competente solo in data successiva al 18 gennaio 2023, in quanto spedito in quella data dall’Ufficio di sorveglianza di Udine, quando il termine per l’impugnazione era ampiamente decorso.
L’accoglimento del ricorso proposto, ritenendo non inammissibile, per il principio del favor impugnationis, la procedura seguita dall’odierno ricorrente,
non potrebbe quindi produrre un effetto per lui favorevole, perché la sua impugnazione dovrebbe essere ugualmente dichiarata inammissibile, anche se per un motivo diverso.
Il ricorrente non ha quindi, di fatto, alcun concreto interesse all’accoglimento del suo ricorso. Questa Corte, infatti, ha affermato da tempo che la nozione di interesse ad impugnare deve essere individuata in una prospettiva utilitaristica, ossia nella finalità negativa, perseguita dal soggetto legittimato, di rimuovere una situazione di svantaggio processuale derivante da una decisione giudiziale, e in quella, positiva, del conseguimento di un’utilità, ossia di una decisione più vantaggiosa rispetto a quella oggetto del gravarne, e che risulti logicamente coerente con il sistema normativo. (vedi Sez. U. n. 6624 del 27/10/2011, dep. 2012, Rv. 251693; Sez. 4, n. 16029 del 28/02/2019, Rv. 275651).
Pertanto il ricorso proposto deve essere dichiarato inammissibile per carenza di interesse, stante la sua impossibilità di far conseguire al ricorrente un risultato concretamente favorevole.
Alla dichiarazione di inammissibilità segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, alla luce RAGIONE_SOCIALE sentenza 13 giugno 2000, n. 186 RAGIONE_SOCIALE Corte costituzionale e in mancanza di elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione RAGIONE_SOCIALE causa di inammissibilità», al versamento di una somma in favore RAGIONE_SOCIALE Cassa delle ammende nella misura che si stima equo determinare in euro 3.000,00. La carenza di interesse non può essere ritenuta sopravvenuta, perché è conseguente alla errata modalità di proposizione dell’appello e alla scelta di depositare l’atto nell’ultimo o penultimo giorno utile, correndo così consapevolmente il rischio dell’impossibilità di una sua trasmissione al giudice competente entro il termine di legge.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e RAGIONE_SOCIALE somma di euro tremila in favore RAGIONE_SOCIALE Cassa delle ammende.
Così deciso il 25 ottobre 2023
Il Consigliere estensore
Il Presidente