Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 14636 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 14636 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 14/02/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOME, nato a Parma il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 02/03/2023 della Corte d’appello di Bologna visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo l’annullamento senza rinvio per prescrizione.
RITENUTO IN FATTO
1.Con il provvedimento indicato in epigrafe, la Corte di Appello di Bologna ha dichiarato la nullità della sentenza di condanna, emessa dal Giudice dell’udienza preliminare presso il Tribunale di Parma, in data 01/02/2022, nei confronti di COGNOME NOME per il reato di cui all’art. 10 – quater d.lgs 10 marzo 2000, n. 74, come diversamente qualificata l’originaria imputazione di cui all’art. 3 d.lgs 10 marzo 2000, n. 74, per violazione dell’art. 521 cod. proc. pen. e ha disposto la trasmissione degli atti al primo giudice.
La Corte d’appello ha ritenuto che, a fronte di una imputazione che contestava il reato dichiarativo di cui all’art. 3 d.lgs 10 marzo 2000, n. 74, per avere, quale legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE, indicato nella dichiarazione Iva un credito non spettante di € 70.000,00, sulla base di una falsa rappresentazione nelle scritture contabili e avvalendosi di mezzi fraudolenti, il Giudice di primo grado avesse condannato l’imputato per il diverso reato di cui all’art. 10 – quater d.lgs 10 marzo 2000, n. 74, con immutazione del fatto in violazione dell’art. 521 cod.proc.pen.
Avverso la sentenza ha presentato ricorso per cassazione l’AVV_NOTAIO e ne ha chiesto l’annullamento deducendo con un unico motivo di ricorso la violazione dell’art. 606, comma 1 lett. b) e c) cod.proc.pen. in relazione agli artt. 516, 518, 521, 522 e 604 cod.proc.pen.
In sintesi, argomenta il ricorrente che la Corte d’appello avrebbe erroneamente dichiarato la nullità della sentenza di primo grado, per violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza, ai sensi dell’art. 601 comma 1 cod.proc.pen., disponendo la restituzione degli atti al Pubblico Ministero, stante la diversità del fatto, ai sensi dell’art. 604 comma 1 cod.proc.pen., laddove invece t5 -areT5èi sussisterebbe «un fatto nuovo» che avrebbe dovuto comportare l’annullamento senza rinvio ai sensi dell’art. 604 comma 3 cod.proc.pen.
A fronte di un fatto completamente nuovo, l’illecita compensazione che ha struttura tutt’affatto diversa ed anche un diverso momento consumativo rispetto al reato dichiarativo di cui all’art. 3 d.lvo n. 74 del 2000, e non solo “diverso”, la Cort d’appello avrebbe dovuto applicare il disposto di cui all’art. 604 comma 3 cod.proc.pen. con conseguente annullamento senza rinvio e trasmissione atti al Pubblico Ministero. Sussisterebbe, alla luce della corretta individuazione del profilo di annullamento, l’interesse ad impugnare in capo al ricorrente per le maggiori garanzie che l’ordinamento giuridico accorda nel caso di emersione di un «fatto nuovo» rispetto a un «fatto diverso».
Il AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO ha concluso chiedendo l’annullamento senza rinvio per prescrizione del reato maturata in data 27/08/2022.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso va dichiarato inammissibile per mancanza di concreto interesse ad impugnare.
In linea AVV_NOTAIO va rilevato che l’art. 568 comma 4 cod.proc.pen., applicabile a tutte le impugnazioni, richiede, in capo al soggetto legittimato all’impugnazione, l’esistenza di un concreto interesse ad impugnare.
All’elaborazione del concetto di interesse ad impugnare hanno contribuito le
Sezioni Unite della Corte di cassazione che, in adesione ad una nozione “utilitaristica”, hanno affermato che la facoltà di attivare i procedimenti di gravame non è assoluta e indiscriminata, ma è subordinata alla presenza di una situazione in forza della quale il provvedimento del giudice risulti idoneo a produrre la lesione della sfera giuridica dell’impugnante e l’eliminazione, o la riforma della decisione gravata, renda possibile il conseguimento di un risultato vantaggioso. Dunque, la legge processuale non ammette l’esercizio del diritto di impugnazione avente di mira la sola esattezza teorica della decisione o la correttezza formale del procedimento. Non ammette, in RAGIONE_SOCIALE termini, un’impugnazione che non produca alcun effetto pratico favorevole alla posizione giuridica del soggetto, nel senso che miri a soddisfare una posizione oggettiva giuridicamente rilevante e non un mero interesse di fatto (S.U., n. 12234 del 23/11/1985, Di Trapani, Rv. 171394; Sez. U, n. 6563 del 16/03/1994, COGNOME, Rv. 197536; Sez. U, n. 42 del 13/12/1995, P.M. in proc. Timpani, Rv. 203093; Sez. U, n. 10372 del 27/09/1995, COGNOME, Rv. 202269; Sez. U, n. 40049 del 29/05/2008, P.C. in proc. Guerra, Rv. 240815 39; Sez. U, n. 29529 del 25/06/2009, P.G. in proc. De RAGIONE_SOCIALE, Rv. 244108 40; Sez. U, n. 7931 del 16/12/2010, Testini, Rv. 249002) .
L’interesse richiesto dall’art. 568, comma 4 cod. proc. pen. come condizione di ammissibilità di qualsiasi impugnazione, deve essere concreto, e cioè mirare a rimuovere l’effettivo pregiudizio che la parte asserisce di aver subito con il provvedimento impugnato. Esso, pertanto, deve persistere sino al momento della decisione e sussiste soltanto se il gravame sia idoneo a costituire, attraverso l’eliminazione di un provvedimento pregiudizievole, una situazione immediata più vantaggiosa per l’impugnante rispetto a quella esistente.
5. Con riferimento, in particolare, all’impugnazione della sentenza di appello che ha dichiarato la nullità della sentenza di primo grado, per la violazione dell’art. 521 cod.proc.pen., le Sezioni Unite di questa Corte hanno statuito l’ammissibilità del ricorso per cassazione proposto avverso la sentenza con la quale il giudice d’appello abbia dichiarato la nullità di quella di primo grado e rinviato gli atti al Tribunale pe il nuovo giudizio. Infatti, la natura meramente processuale di tale pronuncia non osta alla sua impugnabilità in sede di legittimità, ferma restando la necessità che ricorra un interesse concreto all’eliminazione del provvedimento, interesse che va verificato e misurato in relazione alla situazione determinatasi a seguito della pronuncia annullata (Sez. U, n. 29529 del 25/06/2009, P.G. in proc. De RAGIONE_SOCIALE, Rv. 244108).
Nell’occasione le Sezioni Unite hanno, in primo luogo, escluso che il principio di tassatività dei mezzi di impugnazione possa giustificare l’inammissibilità del ricorso per cassazione avverso la sentenza del giudice di appello che abbia annullato, a norma dell’art. 604 cod. proc. pen., la pronuncia di primo grado per vizio processuale;
quindi, hanno affermato che l’interesse concreto ed attuale alla eliminazione del provvedimento mediante impugnazione non va colto alla luce della possibilità o meno della parte di esercitare nella loro completezza le facoltà difensionali, ma tenendo presente “il diritto a non veder vanificati ingiustamente ed irrimediabilmente i risultati (in ipotesi favorevoli) scaturiti dalla sentenza di primo grado”.
La sentenza di appello, infatti, produce la eliminazione della prima decisione, che era suscettibile di passaggio in giudicato, così realizzando un effetto novativo che azzera i risultati già raggiunti nel processo, ai quali vanno commisurati i contrapposti interessi RAGIONE_SOCIALE parti al relativo mantenimento o caducazione.
Ciò premesso, rileva, il Collegio, che dopo la pronuncia RAGIONE_SOCIALE citate Sezioni Unite si sono registrati due divergenti orientamenti in relazione all’individuazione del concreto interesse ad impugnare.
Secondo un primo orientamento è inammissibile per difetto di interesse, ex art. 568, comma quarto, cod. proc. pen., il ricorso per cassazione proposto dall’imputato avverso la sentenza con cui il giudice di appello, ritenuta la sussistenza di un fatto diverso rispetto a quello contestato, annulli la pronuncia di primo grado e trasmetta gli atti al pubblico ministero. Secondo questo indirizzo la decisione di annullamento si reputa inidonea a determinare un qualche pregiudizio per l’imputato, il quale – si afferma – ha ampia ed inalterata facoltà di difesa nell’instaurando procedimento per la diversa ipotesi di reato (Sez. 1, n. 9665 del 03/10/2013, COGNOME, Rv. 259697 – 01, Sez. 1, n. 22066 del 12/02/2013, COGNOME Rv. 255945 – 01; Sez. 5, n. 14366 del 27/01/2012, COGNOME e altro, Rv. 252474).
Un diverso orientamento, all’inverso, sviluppatosi in tempi più recenti, ritiene che il ricorso sia ammissibile quando sussista un concreto interesse della parte ad impugnare (Sez. 2, n. 31574 del 09/05/2023, Rv. 284954 – 01, Sez. 2, n. 455 del 03/12/2021, COGNOME, Rv. 282514 – 01, Sez. 2, n. 2069 del 17/10/2018, COGNOME, Rv. 274735 – 01; Sez. 2, n. 17879 del 13/03/2014, COGNOME ed RAGIONE_SOCIALE, Rv. 260006; Sez. 6, n. 26284 del 26/03/2013, COGNOME, Rv.256860).
Tale indirizzo interpretativo ritiene sussistente l’interesse ad impugnare la sentenza del giudice dell’impugnazione che ha dichiarato la nullità della sentenza di primo grado di assoluzione. Secondo il citato orientamento l’interesse ad impugnare sussiste quando la sentenza di annullamento è di assoluzione stante l’interesse a stabilizzare il giudicato sulla assoluzione.
Diverso è il caso, come quello in esame, nel quale l’annullamento ha riguardato una pronuncia di condanna, seppure per fatto diverso, per la violazione dell’art. 521 cod.proc.pen.
In tale caso, la pronuncia di annullamento ha fatto venir meno la precedente condanna cosicchè non può ravvisarsi alcun interesse concreto in quanto l’imputato ha ampia ed inalterata facoltà di difesa nell’instaurando procedimento per la diversa ipotesi di reato.
La sentenza di appello, infatti, produce la eliminazione della prima decisione, che era suscettibile di passaggio in giudicato, così realizzando un effetto novativo che azzera i risultati già raggiunti nel processo, ai quali vanno commisurati i contrapposti interessi RAGIONE_SOCIALE parti al relativo mantenimento o caducazione.
Ritiene questo Collegio che i ricordati principi posti dalle RAGIONE_SOCIALE debbano trovare applicazione nel caso in esame, nel quale il ricorrente ha impugnato la sentenza della Corte d’appello che ha dichiarato la nullità della sentenza di primo grado di condanna per violazione dell’art. 521 cod.proc.pen., in un contesto nel quale l’interesse ad impugnare non può ritenersi sussistente, come allega il ricorrente, in ragione della dedotta erronea applicazione dell’art. 604 comma 1, cod.proc.pen. in luogo dell’applicazione dell’art. 604 comma 3 cod.proc.pen., in un contesto nel quale, non è neppure ravvisabile un “fatto nuovo” che si intende un fatto ulteriore ed autonomo rispetto a quello contestato, ossia un episodio storico che non si sostituisce ad esso, ma che eventualmente vi si aggiunge, affiancandolo quale autonomo “thema decidendum” (Sez. 4, n. 10149 del 15/12/2020, COGNOME, Rv. 280938 – 01; Sez. 6, n. 26284 del 26/03/2013, COGNOME, Rv. 256861; Sez. 3, n. 8965 del 16/01/2019, COGNOME, Rv. 275928 – 01).
Conclusivamente deve affermarsi che la sentenza della Corte di Appello con la quale si dichiara la nullità della decisione di primo grado ritenuta viziata per violazione dell’art. 521 cod. proc. pen. possa essere fatta oggetto di ricorso per cassazione dalla parte che sia titolare di un interesse concreto ed attuale alla sua eliminazione che corrisponde al “diritto a non veder vanificati ingiustamente ed irrimediabilmente i risultati (in ipotesi favorevoli) scaturiti dalla sentenza di prim grado” (S.U. cit.).
L’inammissibilità del ricorso per cassazione del COGNOME per carenza di interesse ad impugnare, non consente l’istaurazione del rapporto processuale e non consente di rilevare le cause di improcedibilità, tra cui l’estinzione del reato per prescrizione al 27/08/2022 già maturata davanti alla Corte d’appello e non dichiarata in quella sede.
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e il ricorrente deve essere condannato al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali ai sensi dell’art. 616 cod.proc.pen. Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data 13 giugno 2000,
n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di euro 3.000,00 in favore della RAGIONE_SOCIALE.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della somma di € 3.000,00 in favore della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE.
Così deciso il 14/02/2024