Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 35443 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6   Num. 35443  Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 25/09/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME NOME, nato a Locri il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 24/04/2025 del Tribunale di Brescia; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette conclusioni del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME, che ha concluso per la inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Brescia – adito in sede di riesame- annullava l’ordinanza emessa dal giudice per le indagini preliminari presso il medesimo Tribunale e revocava la misura della custodia cautelare in carcere nei confronti di NOME COGNOME, indagato per il reato di cui all’art. 73, comma 1, d.P.R. del 9 ottobre 1990 n. 309 per avere importato 35 chilogrammi di sostanza stupefacente del tipo
cocaina dalla Colombia, non ravvisando le esigenze cautelari del pericolo di inquinamento probatorio e del pericolo di recidiva.
2.Avverso il provvedimento NOME COGNOME, per il tramite del difensore di fiducia, ha proposto ricorso deducendo il vizio di motivazione in relazione alla gravità indiziaria. Il Tribunale del riesame avrebbe ricondotto lo User ID al ricorrente sulla base di mere asserzioni, vieppiù in ragione dell’omesso deposito del documento all. 14) da cui sarebbero stati desunti gli elementi per pervenire alla identificazione del ricorrente.
3.Alla odierna udienza – che si è svolta in forma scritta- il Pg ha concluso come da memorie scritte richiamate in epigrafe.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
1.1. NOME COGNOME sollecita l’intervento correttivo di questa Corte benchè il Tribunale del riesame – prima della proposizione del ricorso – avesse già annullato l’ordinanza genetica emessa nei suoi confronti per mancanza di attualità delle esigenze cautelari e avesse disposto la revoca della misura cautelare disponendone la immediata rimessione in libertà. Più nel dettaglio, dal tenore del ricorso emerge come NOME COGNOME abbia agito al solo ed esclusivo fine di chiedere ed ottenere la verifica in ordine gi correttezza o meno della decisione dei giudici della cautela in punto di gravità indiziaria ex art. 273 cod. proc. pen.
1.2. Ebbene, ad avviso del Collegio, il ricorso -così come prospettato- difetta di carenza di interesse concreto ed attuale.
E’ il caso di rammentare che, nel sistema processuale penale, la nozione d’interesse a impugnare, richiesto dall’art. 568, comma 4, cod. proc. pen., quale condizione della impugnazione e requisito soggettivo del relativo diritto, non è basata sul concetto di soccombenza, posto a base delle impugnazioni civili, che presuppongono un processo di tipo contenzioso e, quindi, una lite intesa come conflitto di interessi contrapposti. L’interesse ad impugnare è, per un verso, volto a rimuovere una situazione di svantaggio processuale derivante da una decisione giudiziale e, per altro verso, a conseguire una decisione più vantaggiosa rispetto a quella oggetto del gravame (cfr Sez. U, n. 6624 del 27/10/2011, COGNOME, Rv. 251693). Esso deve, dunque, configurarsi in maniera immediata, concreta e attuale, e sussistere sia al momento della proposizione del gravame sia al momento della decisione: solo in tal modo la decisione del giudice può incidere, se favorevole, positivamente sulla situazione giuridica facente capo al ricorrente.
In tal senso si sono pronunciate le Sezioni Unite già nel lontano 1997 (cfr sent a n. 7 del 25/06/1997, COGNOME ed altri, Rv. 208165), con cui venne dichiarata l’inammissibilità del ricorso per cassazione contro il provvedimento del Tribunale del riesame di conferma della misura coercitiva personale per intervenuta rimessione in libertà, nelle more del giudizio, dell’imputato. Ciò in ragione del fatto che l’eventuale accoglimento dell’impugnazione verrebbe in ogni caso a cadere su un provvedimento ormai privo di efficacia. Il principio è stato ribadito anche successivamente dalla citata sentenza “COGNOME“, che ha parlato di “carenza d’interesse sopraggiunta” in caso di mutata situazione di fatto o di diritto intervenuta medio tempore, per cui la finalità perseguita dall’impugnante abbia già trovato concreta attuazione ovvero abbia perso ogni rilevanza.
1.3. Si è poi precisato i nei successivi interventi di questa Corte i che è nondimeno apprezzabile l’interesse a far valere la mancanza, originaria o sopravvenuta, dei presupposti -titolo del reato e gravità indiziaria- di cui agli artt. 273 e 280 cod. proc. pen., nonostante la misura sia stata revocata per carenza delle esigenze cautelari, e ciò in vista dell’esercizio del diritto alla riparazione per ingiusta detenzione. In tal senso si è pronunciata questa stessa Sezione (cfr Sez. 6, n. 37894 del 26/05/2004, Torriglia, Rv. 230235) 1 ritenendo inammissibile, per carenza dì interesse, il ricorso avverso l’ordinanza del Tribunale del riesame confermativa della misura cautelare degli arresti domiciliari, fondato esclusivamente sul punto delle esigenze cautelari benchè, nelle more del procedimento, la misura era stata revocata e l’imputato rimesso in libertà: l’interesse alla pronuncia è ravvisabile, anche nel caso di liberazione, ai limitati fini della equa riparazione per l’ingiusta detenzione, soltanto in relazione all’accertamento della sussistenza delle condizioni di applicabilità della misura previste dagli artt. 273 e 280 cod. proc. pen.
1.4. Alla luce di questi principi, costantemente affermati da questa Corte, ne deriva che, al cospetto della revoca del provvedimento de libertate e quindi della rimessione in libertà del soggetto indagato, il mero ed esclusivo interesse ad ottenere, in sede di legittimità, la verifica della corretta valutazione del quadro indiziario da parte del Giudice della cautela non è qualificabile come interesse concreto nell’accezione di cui all’art. 568 cod. proc. pen., perchè non volto a rimuovere alcun pregiudizio.
Diversa conclusione si imporrebbe là dove, nonostante la sopravvenuta caducazione dell’ordinanza genetica per mancanza delle esigenze cautelari, la parte solleciti la verifica dell’ulteriore profilo della gravità indiziaria avendo posto e sollevato la questione di ingiusta detenzione. In tal caso è stato dedotto uno specifico, concreto e attuale interesse a coltivare l’impugnazione in punto di gravità indiziaria.
In relazione al caso in esame, allora, deve essere espressa una valutazione negativa r avendo la parte sollecitato la Corte di cassazione a verificare la sola correttezza della decisione e non anche prospettato la finalità di ottenere l’eventuale risarcimento del danno per ingiusta detenzione.
Ne consegue l’inammissibilità del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma che si stima equo fissare nell’importo di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE delle ammende non ravvisandosi una sua assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (vedi Corte cost., sent. n 186 del 2000).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE delle ammende. Così deciso, 25/09/2025