Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 30568 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 30568 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 14/05/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME, nata a Trani il DATA_NASCITA NOME, nato a Trani il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 21/02/2024 del Tribunale di Trani visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME, il quale ha chiesto che i ricorsi siano dichiarati inammissibili;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 21/02/2024, il Tribunale di Trani dichiarava inammissibile l’appello che era stato proposto, ai sensi dell’art. 322-bis cod. proc. pen., da NOME COGNOME e da NOME COGNOME avverso l’ordinanza del 23/01/2024 del G.i.p. del Tribunale di Trani con la quale era stata rigettata la richiesta degl stessi NOME COGNOME e NOME COGNOME di revoca del sequestro preventivo dell’immobile di edilizia pubblica sito in Trani, INDIRIZZO, INDIRIZZO, INDIRIZZO, int. 9, di proprietà di RAGIONE_SOCIALE Puglia.
L’appello era stato dichiarato inammissibile per due autonome ragioni costituite dai fatti che: a) il decreto di sequestro preventivo non era stato ancora
eseguito; b) NOME COGNOME e NOME COGNOME, indagati non titolari dell’immobile, in quanto occupanti abusivi di esso, non potevano vantare un interesse alla restituzione della cosa come effetto del suo dissequestro.
Avverso la suddetta ordinanza del 21/02/2024 del Tribunale di Trani, hanno proposto ricorsi per cassazione, con un unico atto e per il tramite del proprio difensore, NOME COGNOME e NOME COGNOME, affidato a due motivi.
2.1. Con il primo motivo – che è relativo alla prima delle due menzionate ragioni di ritenuta inammissibilità dell’appello – i ricorrenti deducono la violazion degli artt. 111, 321, comma 3, 322-bis e 591, comma 1, lett. a), cod. proc. pen.
I ricorrenti premettono che il decreto di sequestro diviene efficace con il suo deposito nella cancelleria «ex art. 111 c.p.p.» – il che nella specie era avvenuto, essendone anche stata disposta l’esecuzione «con atto dell’Ufficio di Procura» -, indipendentemente dalla sua concreta esecuzione, con la conseguenza che, «pur non essendo stato dato concretamente corso all’ablazione, il relativo provvedimento già produce pregiudizio per gli interessati destinatari dell’apprensione materiale del bene».
Ciò premesso, i ricorrenti affermano la sussistenza di un proprio interesse concreto attuale e «palpabile» all’impugnazione, atteso che essi, «occupanti dell’immobile in sequestro, si trovano nella condizione di poter patire da un momento all’altro uno sgombero coatto dell’appartamento abitato in ragione della esecuzione del decreto pendente», sicché, mediante il proprio appello, essi avevano «inteso evitare conseguenze pregiudizievoli derivanti dall’esecuzione di un provvedimento che risulta giuridicamente già perfezionatosi e pertanto idoneo a esplicare effetti soggettivi preclusivi per gli interessati».
I ricorrenti sostengono poi l’erroneità della tesi del Tribunale di Trani secondo cui il principio affermato da Sez. 3, n. 17839 del 05/12/2018, dep. 2019, Di Guida, Rv. 275598-01, in base al quale è inammissibile la richiesta di riesame avverso il decreto di sequestro preventivo che non sia stato ancora eseguito, sarebbe «riferibile anche all’ipotesi dell’appello ex art. 322 bis c.p.p.».
I ricorrenti sostengono in senso contrario che «il riesame e l’appello cautelare afferiscono a situazioni giuridico-fattuali del tutto diverse».
Evidenziano in proposito anzitutto che, con l’appello cautelare, non si impugna il provvedimento genetico ma un provvedimento di rigetto di una richiesta avanzata ai sensi dell’art. 321, comma 3, cod. proc. pen.
In secondo luogo, che quest’ultima disposizione, nel disciplinare la proposizione della richiesta di dissequestro, «non circoscrive la legittimazione alla sola eventualità in cui il sequestro sia stato eseguito», mentre – il che proverebbe la «difformità di disciplina» rispetto al riesame – l’art. 324 cod. proc. pen. individu quale dies a quo per tale impugnazione la data di esecuzione del provvedimento
che ha disposto il sequestro o la diversa data in cui l’interessato ha avuto conoscenza dell’avvenuto sequestro.
In terzo luogo, i ricorrenti rappresentano che, nel testo dell’art. 322-bis cod. proc. pen., non è rinvenibile alcun riferimento all’esecuzione del sequestro «quale atto prodromico all’instaurazione del giudizio di impugnazione, potendosi censurare con l’appello cautelare ogni ordinanza in materia di sequestro preventivo proposta ai sensi dell’art. 321 co. 3 c.p.p.».
La COGNOME e il COGNOME lamentano che l’impostazione fatta propria dal Tribunale di Trani comporterebbe che il cittadino, anche se in possesso di elementi in grado di dimostrare l’illegittimità ab origine di un provvedimento di sequestro emesso ma non ancora eseguito, dovrebbe necessariamente subirne l’esecuzione, «aspettando l’udienza camerale di riesame, per fare valere le proprie ragioni, subendo la privazione del bene sequestrato in attesa di una pronuncia che potrebbe essere emessa dopo mesi dall’impugnazione».
2.2. Con il secondo motivo – che è relativo alla seconda delle due menzionate ragioni di ritenuta inammissibilità dell’appello – i ricorrenti deducono la violazion degli artt. 321, commi 1 e 3, 322-bis, 568, comma 4, e 591, comma 1, lett. a), cod. proc. pen., nonché degli artt. 1140 e 1141 cod. civ.
I ricorrenti premettono in primo luogo che essi rivestivano la qualifica sia di indagati sia di «soggetti nella cui disponibilità trovasi il bene sottoposto sequestro», con le conseguenze che essi avrebbero posseduto sia il «requisito giuridico-sostanziale» per avanzare una richiesta di dissequestro ai sensi dell’art. 321, comma 3, cod. proc. pen., sia la «posizione soggettiva» per proporre appello ai sensi dell’art. 322-bis cod. proc. pen.
Gli stessi ricorrenti premettono in secondo luogo che la propria richiesta di revoca del sequestro era fondata sull’asserita sopravvenuta carenza del requisito del periculum in mora, comprovata da una dichiarazione, «acquisita da un notaio», della legittima assegnataria dell’immobile di edilizia pubblica di volere ospitare il nucleo familiare COGNOME/COGNOME presso lo stesso immobile. La quale dichiarazione avrebbe costituito un sopravvenuto titolo che «li legittimava alla perduranza all’interno dell’immobile» e «sufficiente a convertire l’occupazione da abusiva in lecita».
Ciò premesso, i ricorrenti deducono anzitutto che il Tribunale di Trani «avrebbe dovuto censurare l’idoneità della dichiarazione di ospitalità a consentire la perduranza all’interno dell’immobile, scendendo nel merito giuridico-fattuale della vicenda».
In secondo luogo, i ricorrenti lamentano che il Tribunale di Trani, con l’affermare che, «el caso di specie, il bene in ogni caso non potrebbe certo essere “restituito” agli appellanti che, invero, occupavano l’alloggio abusivamente
e che, quindi, nessuna detenzione qualificata del bene possono vantare» (pag. 2 dell’ordinanza impugnata), si sarebbe concentrato esclusivamente sul fumus commissi delicti («occupavano l’alloggio abusivamente»), trascurando di «investigare il contenuto della dichiarazione di ospitalità» sopravvenuta, la quale poteva essere idonea a fare venire meno il secondo requisito necessario ai fini del mantenimento del sequestro, cioè quello del periculum in mora, in ordine alla cui sussistenza il Tribunale di Trani, col dichiarare l’inammissibilità dell’appello avrebbe privato i ricorrenti di una pronuncia nel merito.
I ricorrenti richiamano poi Sez. 2, n. 26624 del 14/06/2012, COGNOME, non massimata, in tema di «sussistenza di un consenso alla permanenza fornito dal legittimo assegnatario» (così il ricorso).
Ad avviso degli stessi ricorrenti, infine, Sez. 3, n. 16352 del 11/01/2021, COGNOME COGNOME, Rv. 281098-01, la cui massima è citata dal Tribunale di Trani, nella motivazione conterrebbe dei passaggi (nel secondo periodo del primo capoverso di pag. 4 e nel secondo periodo del primo capoverso di pag. 5) che dimostrerebbero la propria legittimazione a proporre l’appello cautelare, atteso che essi hanno: a) «reclamato la relazione con la res sostenendo che fosse lecita la perduranza nell’immobile in forza della dichiarazione di disponibilità, hanno dunque evidenziato i profili giuridici a sostegno della disponibilità del bene a titolo di detenzione»; b) «indicato le ragioni di diritto e di fatto a riprova del sussistenza della relazione con la res non soltanto commentando ma anche allegando la dichiarazione di disponibilità».
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il Collegio ritiene di esaminare per primo il secondo motivo, in quanto esso attiene alla sussistenza (o no) della concreta legittimazione dei due ricorrenti a proporre l’appello cautelare.
Tale motivo è manifestamente infondato.
1.1. La Corte di cassazione è ferma nel reputare che l’indagato non titolare del bene oggetto di sequestro preventivo, astrattamente legittimato a presentare richiesta di riesame del titolo cautelare ai sensi dell’art. 322 cod. proc. pen., può proporre il gravame solo se vanta un interesse concreto e attuale all’impugnazione, che deve corrispondere al risultato tipizzato dall’ordinamento per lo specifico schema procedimentale e che va individuato in quello alla restituzione della cosa come effetto del dissequestro (Sez. 3, n. 16352 del 11/01/2021, COGNOME, cit. In senso analogo, tra le tantissime: Sez. 5, n. 52060 del 30/10/2019, Angeli, Rv. 277753-04; Sez. 5, n. 35015 del 09/10/2020, COGNOME, Rv. 280005-01; Sez. 3, n. 3602 del 16/01/2019, COGNOME, Rv. 276545-01; Sez. 1, n.
6779 del 08/01/2019, COGNOME, Rv. 274992-01; Sez. 3, n. 9947 del 20/01/2016, Piances, Rv. 266713-01).
1.2. Richiamato tale principio – il quale è valido con riguardo a tutte le impugnazioni avverso i provvedimenti che dispongano una misura cautelare reale o che ne confermino l’applicazione (Sez. 5, n. 52060 del 30/10/2019, Angeli, cit.) -, si deve reputare che, nel caso in esame, il Tribunale di Trani abbia correttamente negato l’interesse a proporre l’appello cautelare in capo ai due ricorrenti.
Ciò in quanto la dichiarazione di disponibilità della legittima assegnataria a ospitare i ricorrenti presso l’immobile a lei assegnato non si può ritenere, in tutta evidenza, un titolo idoneo a costituire il fondamento di un interesse degli stessi ricorrenti alla restituzione del medesimo immobile come effetto del dissequestro di esso, atteso che, in caso di revoca del sequestro, la restituzione dell’immobile sarebbe dovuta comunque avvenire in favore della legittima assegnataria, e non in favore di soggetti che essa si era semplicemente dichiarata disposta a ospitare (ferma restando la facoltà della stessa assegnataria, una volta ottenuta tale restituzione, di dare eventualmente ospitalità ai ricorrenti; sempre che, evidentemente, ciò non si traduca in un’illegittima “cessione” dell’immobile ai medesimi).
Insomma, contrariamente a quanto è sostenuto dai ricorrenti, l’invocata dichiarazione di disponibilità all’ospitalità non si può evidentemente ritenere un titolo suscettibile di fondare una relazione dei promissari ospitati con l’immobile idoneo a consentire la restituzione di tale bene in favore degli stessi.
Poiché la manifesta infondatezza del secondo motivo comporta, in ogni caso, la correttezza della dichiarazione di inammissibilità dell’appello, in quanto proposto dai ricorrenti in difetto di concreta legittimazione a impugnare, l’esame del primo motivo, che attiene all’altra ragione di ritenuta inammissibilità dello stesso appello, resta assorbito.
Pertanto, i ricorsi devono essere dichiarati inammissibile, con la conseguente condanna dei ricorrenti, ai sensi dell’art. 616, comma 1, cod. proc. pen., al pagamento delle spese del procedimento, nonché, essendo ravvisabili profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento della somma di C 3.000,00 in favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 14/05/2024.