Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 1722 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 1722 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 16/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D’APPELLO DI CATANIA nel procedimento a carico di:
COGNOME NOME NOME a GRAMMICHELE il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 19/01/2023 della CORTE APPELLO di CATANIA
visti gli atti, il provvedimento impugNOME e il ricorso; svolta la relazione dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Procuratore generale, in persona del sostituto NOME COGNOME, con le quali si è chiesto dichiararsi l’estinzione del reato per intervenuta prescrizione; l’AVV_NOTAIO per COGNOME NOME, ha depositato una prima memoria difensiva, con la quale ha chiesto il rigetto del ricorso, con conferma della sentenza impugnata e una memoria integrativa, con la quale ha replicato alla richiesta del Procuratore generale, reiterando le proprie conclusioni per il rigetto del ricorso, opponendosi alla declaratoria di estinzione del reato per prescrizione.
Ritenuto in fatto
La Corte d’appello di Catania ha dichiarato inammissibile l’appello proposto dal pubblico ministero avverso la sentenza del GUP del Tribunale di Caltagirone, con la quale COGNOME NOME era stato assolto dal reato di cui all’art. 449, cod.pen., perché il fatto non sussiste, per rinuncia all’impugnazione della parte pubblica, ritenendo priva di effetti la revoca di detta rinuncia da parte del Procuratore generale.
Nella specie, la Corte territoriale ha dato atto dell’avvenuta instaurazione del contraddittorio, a seguito di interposto appello da parte del pubblico ministero e dell’intervento, nelle more dell’udienza di discussione (in data 7/1/2023), di un atto rinuncia del Procuratore generale al gravame proposto dal pubblico ministero, comunicato al difensore, il quale, a sua volta, faceva pervenire via PEC dichiarazione di presa d’atto, con contestuale rinuncia alla presenza e alla prosecuzione dell’udienza; in data successiva (per evidente refuso indicata in sentenza nel 17/1/2022, da intendersi come 17/1/2023) il rinunciante aveva però presentato dichiarazione, con la quale, assumendo l’errore sullo stadio del giudizio, chiedeva non tenersi conto dell’intervenuta rinuncia in precedenza formalizzata. Il giudice del gravame, pur rilevando che la rinuncia formale da parte del Procuratore generale era stata presentata dopo l’apertura della discussione e la formulazione delle conclusioni con le quali si era chiesta la riforma della sentenza assolutoria, ha cionostante ritenuto che la stessa, validamente esercitata nelle forme dell’art. 589, cod. proc. pen., avesse comunque determiNOME l’estinzione del rapporto processuale, con immediato passaggio in giudicato della sentenza e inefficacia della successiva revoca della rinuncia.
Avverso la sentenza d’appello, ha proposto ricorso il Procuratore generale presso la Corte d’appello di Catania, formulando un motivo unico, con il quale ha dedotto violazione di legge penale e processuale penale e vizio motivazionale, rilevando l’erroneità della ritenuta inefficacia della revoca della rinuncia all’impugnazione, p invalidità originaria di quest’ultima.
La Corte territoriale avrebbe statuito sull’erroneo presupposto che il mancato rispetto delle scansioni temporali stabilite dall’art. 589, cod. proc. pen. non sarebbe presidiat da alcuna sanzione processuale e che, anche in sede di replica, il pubblico ministero potrebbe aderire alle argomentazioni difensive, ritenendo che la rinuncia all’impugnazione sia un atto negoziale abdicativo e recettizio che, una volta pervenuto all’autorità competente, determina l’inammissibilità del gravame, cosicché l’atto di revoca sarebbe destiNOME a restare privo di effetti.
Secondo il deducente, la Corte di merito, nel rinviare ad alcuni precedenti aventi a oggetto rinunce provenienti dagli imputati, non avrebbe tenuto conto della peculiarità della rinuncia all’impugnazione da parte del pubblico ministero, appositamente disciplinata dall’art. 589, cod. proc. pen., essendosi limitata a rilevare che il mancat rispetto del termine indicato dalla norma non sarebbe previsto a pena di nullità, non
considerando che la norma disciplina la legittimazione a rinunciare, le modalità di presentazione e i termini della rinuncia. La previsione di una specifica disciplina implica, dunque, per il deducente il rispetto di una precisa sequenza temporale che fissa definitivamente al momento dell’inizio della discussione il venir meno di quella facoltà, secondo le modalità previste dall’art. 589, cod. proc. pen. (atto unilateral abdicativo idoneo a determinare il passaggio in giudicato della sentenza impugnata), cosicché, scaduto quel termine, eventuali scelte sostanzialmente abdicative (adesione alle conclusioni difensive e richiesta di rigetto dell’impugnazione) sarebbero riservate alla discussione finale avviata, anche in sede di repliche.
La Corte territoriale, peraltro, avrebbe errato nel ritenere assimilabili due situazi diverse, ricavando l’ammissibilità della rinuncia al gravame anche durante la discussione dalla possibilità per l’impugnante di accedere alle argomentazioni difensive in sede di repliche: la rinuncia alla impugnazione, infatti, deve intervenire prim dell’inizio della discussione, una volta avviata la quale varranno solo le conclusioni non assimilabili alla rinuncia (se non da un punto di vista meramente sostanziale).
Nella specie, peraltro, la rinuncia era avvenuta dopo le conclusioni delle parti, essendo stato il rinvio disposto solo per repliche eventuali, a nulla rilevando l’avvenuta comunicazione della rinuncia al difensore ed erroneamente la Corte ha operato un rinvio all’udienza cartolare dettata dalla normativa emergenziale (artt. 23 bis d. I. n. 137/2020, conv. nella legge n. 176/2020 e 94, d. Igs. n. 150 del 2022, con successive integrazioni e modifiche), omettendo di considerare l’avvenuta trasformazione del rito conseguente alla disposta rinnovazione dell’istruzione che imponeva al giudice di non tener conto delle conclusioni scritte eventualmente già depositate, dovendosi l’udienza svolgere in presenza.
Il Procuratore generale, in persona del sostituto NOME COGNOME, ha rassegNOME conclusioni scritte, con le quali ha chiesto dichiararsi l’estinzione del reato intervenuta prescrizione.
La difesa dell’imputato COGNOME NOME ha depositato una prima memoria difensiva, con la quale ha chiesto il rigetto del ricorso, con conferma della sentenza impugnata e una memoria integrativa, con la quale ha replicato alla richiesta del Procuratore generale, reiterando le proprie conclusioni per il rigetto del ricorso opponendosi alla declaratoria di estinzione del reato per prescrizione.
Considerato in diritto
Il ricorso è inammissibile per difetto di interesse in capo al ricorrente.
Sul punto, che assume carattere preliminare rispetto alla questione in diritto rassegnata con il motivo di ricorso, lo stesso ricorrente ha rilevato che il termin prescrizionale del reato ha subito una sospensione pari a 35 giorni (ricavabile
effettivamente dal verbale dell’udienza del 1 dicembre 2022, laddove la Corte territoriale aveva disposto il rinvio per repliche a quella del 15 successivo e la dife ne aveva chiesto un rinvio per propri impegni, con conseguente individuazione della data del 19 gennaio 2023, disponendo la sospensione dei termini di prescrizione per il periodo ricompreso tra il 15 dicembre 2022 e il 19 gennaio 2023). Pertanto, secondo la stessa prospettazione del ricorrente, il reato, posto in essere il 17 lugli 2015, si sarebbe prescritto il 21 febbraio 2023 (conclusione asseverata dagli atti, dai quali non emergono altre cause di sospensione rilevanti). Nell’evidenziare tale evenienza, il deducente ha, dunque, prospettato quale interesse a proporre la impugnazione, in ipotesi di reato per il quale sia decorso il termine di prescrizione quello di ottenere il ripristino di una corretta applicazione della legge, rinviando a precedente che, tuttavia, deve considerarsi isolato e rinvia a sua volta a un orientamento superato da quello che si è andato consolidando e al quale questa Corte intende dare continuità.
Deve, pertanto, ribadirsi in conformità ad esso che è inammissibile per difetto di interesse il ricorso per cassazione del pubblico ministero avverso la sentenza di assoluzione per insussistenza del fatto qualora, dopo la pronuncia della sentenza impugnata, sia maturata la causa estintiva del reato, salvo che emerga un interesse concreto del pubblico ministero alla decisione rispondente a una ragione esterna al processo obiettivamente riconoscibile (sez. 4, n. 44951 del 15/10/2021, COGNOME, Rv. 282243-01; sez. 6, n. 34069 del 29/9/2020, Cozzo/io, Rv. 279928-01, in cui, in motivazione, si è precisato che l’interesse – concreto ed attuale – ad impugnare deve sorreggere anche il ricorso che sia proposto dal pubblico ministero e può, pertanto, ravvisarsi soltanto qualora l’impugnazione sia presentata dall’organo dell’accusa per far valere l’illegittimità della situazione derivante dal provvedimento la cui rimozio o modifica sia tale da incidere in modo effettivo sulla posizione dell’imputato, cioè nella prospettiva accusatoria, della condanna del medesimo o, quantomeno, dell’aggravamento delle conseguenze sanzioNOMErie lato sensu intese; sez. 4, n. 16029 del 28/2/2019, COGNOME, Rv. 275651-01). Tale interesse non può consistere nel mero ripristino di una corretta applicazione della legge, atteso che il mezzo di impugnazione deve perseguire un risultato, non solo teoricamente corretto, ma anche praticamente favorevole (sez. 1, n. 2209 del 10/1/2018, COGNOME, Rv. 27236701). Trattasi di principio, peraltro, che fa corretta applicazione del diritto vivente, il quale nel sistema processuale penale, la nozione di interesse ad impugnare va individuata in una prospettiva utilitaristica, ossia nella finalità negativa, persegu dal soggetto legittimato, di rimuovere una situazione di svantaggio processuale derivante da una decisione giudiziale e in quella, positiva, del conseguimento di un’utilità, ossia di una decisione più vantaggiosa rispetto a quella del gravame che risulti logicamente coerente con il sistema normativo (Sez. U, n. 6624 del 27/10/2011, Marinaj, Rv. 251693-01). E tale interesse deve persistere sino al Corte di Cassazione – copia non ufficiale
momento della decisione (Sez. U. Marinai del 2011, cit., che, in motivazione, ha rinviato a Sez. U, n. 10372/1995, Serafino e n. 20/1996, Vitale).
Non è, dunque, possibile ipotizzare, come sembra prospettare il ricorrente, una impugnazione finalizzata alla mera affermazione di principi di diritto, svincolati dall concrete risultanze processuali, in considerazione del fatto che, come affermato dalle Sezioni unite nella pronuncia sopra richiamata, nelle ipotesi in cui il ricorso dichiarato inammissibile, la Corte di cassazione «non può enunciare d’ufficio il principio di diritto nell’interesse della legge, anche quando tale pronuncia non abbia alcun effetto sul provvedimento del giudice di merito, poiché nel sistema processuale penale non è applicabile per analogia la disposizione di cui all’art. 363 cod. proc. civ. che disciplina l’esercizio del corrispondente potere nell’ambito del processo civile» (Sez. U, n. 6624 del 27/10/2011, dep. 2012, Marinai, Rv. 251692; sez. 1, n. 2209/2018, COGNOME, cit, in motivazione).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
Deciso il 16 novembre 2023