Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 1443 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 1443 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 28/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME DOMENICO
GLYPH
nato il 22/08/1968 a MILETO
avverso la ordinanza del 31/05/2023 del TRIBUNALE DI CATANZARO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME COGNOME; lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto la inammissibilità del ricorso; lette le conclusioni del difensore avv. NOME COGNOME che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 31 maggio 2023, in parziale accoglimento della richiesta di riesame presentata nell’interesse di NOME COGNOME avverso l’ordinanza con la quale il G.i.p. del Tribunale di Vibo Valentia gli aveva applicato la misura cautelare della custodia in carcere (per i reati di partecipazione ad un’associazione di tipo mafioso, con le aggravanti previste dall’art. 416-bis,
commi quarto e sesto, cod. pen., e di concorso in estorsione pluriaggravata), il Tribunale di Catanzaro disponeva la sostituzione di detta misura con quella degli arresti domiciliari, previo annullamento dell’ordinanza limitatamente al reato associativo, in difetto dei gravi indizi di colpevolezza.
Ha proposto ricorso l’indagato, a mezzo del proprio difensore, chiedendo l’annullamento dell’ordinanza per violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla omessa considerazione degli elementi forniti dalla difesa e alla ritenuta sussistenza della gravità indiziaria per il delitto di estorsione.
Si è proceduto alla trattazione scritta del procedimento in cassazione, ai sensi dell’art. 23, comma 8, del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, convertito nella legge 18 dicembre 2020, n. 176 (applicabile in forza di quanto disposto dall’art. 94, comma 2, del decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150, come modificato dal decreto-legge 22 giugno 2023, n. 75, convertito nella legge 10 agosto 2023, n. 112), in mancanza di alcuna richiesta di discussione orale, nei termini ivi previsti; il Procuratore generale ha depositato conclusioni scritte alle quali ha replicato il difensore con memoria depositata il 22 novembre 2023.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile perché proposto in carenza di interesse.
L’ordinanza impugnata avanti il Tribunale del riesame era stata emessa all’esito dell’udienza di convalida del fermo dal G.i.p. del Tribunale di Vibo Valentia, che contestualmente aveva dichiarato la propria incompetenza funzionale, trattandosi di reati previsti dall’art. 51, comma 3 -bis, cod. proc. pen., attribuiti al giudice distrettuale, che ha poi adottato nuova ordinanza ai sensi dell’art. 27 del codice di rito già prima della decisione del Tribunale.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte, in caso di ordinanza cautelare emessa da giudice che si dichiara contestualmente incompetente, l’interesse dell’indagato a impugnare, qualora il giudice competente abbia emesso nel termine di cui all’art. 27 cod. proc. pen. altra analoga ordinanza, va ravvisato nella possibilità di presentare istanza per la riparazione dell’ingiusta detenzione (Sez. 2, n. 37015 del 30/06/2016, Salvatore, Rv. 267909; Sez. 2, n. 19718 del 23/04/2008, COGNOME, Rv. 239800).
Le Sezioni Unite di questa Corte hanno poi statuito che «l’interesse a coltivare il ricorso in materia de libertate in riferimento a una futura utilizzazione della pronuncia in sede di riparazione per ingiusta detenzione dovrà essere
oggetto di una specifica e motivata deduzione, idonea ad evidenziare in termini concreti il pregiudizio che deriverebbe dalla omissione della pronuncia medesima. Considerato poi che la domanda di riparazione – come si evince dal coordinato disposto dell’art. 315, comma 3, cod. proc. pen. e dell’art. 645, comma 1, cod. proc. pen. – è atto riservato personalmente alla parte, occorre che l’intenzione della sua futura presentazione sia con certezza riconducibile alla sua volontà» (Sez. U, n. 7931 del 16/12/2010, dep. 2021, COGNOME, Rv.249002), occorrendo, pertanto, che la manifestazione di tale volontà sia espressa personalmente o a mezzo di difensore munito di procura speciale (Sez. 6, n. 48583 del 15/10/2019, COGNOME, Rv. 277567).
Inoltre, l’omessa specifica e motivata deduzione dell’interesse a coltivare l’impugnazione in sede di riesame comporta la inammissibilità della stessa e preclude alla parte di prospettare detto interesse, per la prima volta, con il ricorso per cassazione avverso l’ordinanza del tribunale (Sez. 1, n. 19649 del 12/01/2017, Cei, Rv. 270009).
Nel caso di specie è mancata detta deduzione davanti al Tribunale; inoltre, il difensore, nel ricorso, ha manifestato l’interesse a impugnare la decisione dello stesso Tribunale “anche ai fini del futuro riconoscimento dell’ingiusta detenzione subita” da COGNOME in assenza della necessaria procura speciale.
All’inammissibilità dell’impugnazione proposta segue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento in favore della cassa delle ammende della somma di euro tremila, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 28 novembre 2023.