Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 13323 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 13323 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 12/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a GALATINA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 16/03/2023 del TRIB. SORVEGLIANZA di LECCE
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del PG, COGNOME, che ha concluso chiedendo declaratoria di inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con il provvedimento impugnato, il Tribunale di sorveglianza di Lecce ha confermato il provvedimento emesso in via provvisoria de plano ex art. 678 comma 1 ter cod. proc. pen. dal Magistrato di sorveglianza, di concessione a NOME COGNOME della misura della detenzione domiciliare ex art. 47 ter comma 1 bis ord. pen., in relazione alla pena di cui al cumulo emesso dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Lecce il 21/04/2020.
Il Tribunale ha in particolare osservato come detta ordinanza, debitamente notificata, non fosse stata opposta e che, nelle more, era stato emesso altro cumulo dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Lecce, in data 13/03/2023, che aveva assorbito il precedente del 21/04/2020.
NOME COGNOME GLYPH propone, tramite il proprio difensore, ricorso per cassazione, lamentando, con un unico motivo, la violazione dell’art. 606 lett. b) cod. proc. pen. in relazione agli artt. 678 e 666 cod. proc. pen.
Il ricorrente si duole che il Tribunale di sorveglianza abbia emesso l’impugnata ordinanza senza aver previamente fissato udienza partecipata ex art. 666 cod. proc. pen., come avrebbe imposto l’emissione, da parte della Procura della Repubblica, di un nuovo ordine di esecuzione in data 13/03/2023.
Il Sostituto Procuratore generale presso questa Corte, AVV_NOTAIO. NOME COGNOME, ha fatto pervenire requisitoria scritta con la quale ha l’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile perché proposto in carenza di interesse.
Il ricorrente non ha infatti un concreto interesse a dedurre la violazione della norma di cui all’art. 666 cod. proc. pen. , non derivando dall’asserita violazione della norma alcun effetto sulla impugnata decisione
Come noto, l’interesse richiesto dall’art. 568 cod. proc. pen., comma 4, quale condizione di ammissibilità dell’impugnazione, deve essere collegato agli effetti primari e diretti dell’atto da impugnare, e sussiste solo se il gravame è idoneo ad eliminare una decisione pregiudizievole, determinando per l’impugnante una situazione pratica più vantaggiosa di quella esistente.
Per evidenti ragioni di economia processuale il legislatore ha difatti subordinato l’attivazione dello strumento di controllo all’esistenza in capo al soggetto legittimato di un concreto e attuale interesse, inteso, nell’elaborazione della giurisprudenza di
legittimità, non già quale pretesa dell’esattezza teorica della decisione, bensì come misura della utilità pratica derivante dall’impugnazione, sussistente ogni qualvolta dal raffronto fra la decisione oggetto di gravame e quella che potrebbe essere emessa, se il gravame fosse accolto, emerge per l’impugnante una situazione di vantaggio meritevole di tutela giuridica.
Si vedano, in tal senso, tra le tante: Sez. U, n. 10372 del 27/09/1995, COGNOME, Rv.202269, per cui la facoltà di attivare i procedimenti di gravame è «subordinata alla presenza di una situazione in forza della quale il provvedimento del giudice risulta idoneo a produrre la lesione della sfera giuridica dell’impugnante e l’eliminazione o la riforma della decisione gravata rende possibile il conseguimento di un risultato vantaggioso», e più di recente, Sez. U, n. 28911 del 28/03/2019, COGNOME, Rv. 275953, in tema di legittimazione della parte civile a impugnare la sentenza di primo grado che abbia dichiarato l’estinzione del reato per intervenuta prescrizione, così come nei confronti della sentenza di appello che tale decisione abbia confermato (si vedano, altresì, con riferimento all’interesse dell’imputato a impugnare sentenze di proscioglimento, anche in termini di necessario interesse a evitare conseguenze extrapenali pregiudizievoli ovvero a assicurarsi effetti extrapenali più favorevoli, Sez. 4 n. 19623 del 21/04/2022, COGNOME, Rv. 283213 e Sez. 3, n. 45560 del 15/03/2018, C., Rv. 274089, Sez. 2, n. 46149 del 10/10/2019, COGNOME, Rv. 277592, Sez. 4, n. 12175 del 03/11/2016, dep. 2015, Bordogna, Rv. 270385, in motivazione).
Peraltro, l’interesse ad impugnare, previsto in via generale dall’art. 568, comma quarto, cod. proc. pen., non può risolversi in una pretesa, meramente teorica e formale, all’esattezza giuridica della decisione, senza riflessi in punto di utilità concreta, dovendo l’impugnazione essere sempre diretta al conseguimento di un risultato favorevole, che sia anche indirettamente utile al proponente (Sez. 7, Ordinanza n. 21809 del 18/12/2014, dep. 2015, Letorri, Rv. 263538).
2. Venendo ora alla ricaduta di tali principi in merito alla fattispecie oggetto di ricorso, va osservato come, nel caso di specie, l’ordinanza provvisoria emessa dal Magistrato di sorveglianza (sull’istanza di affidamento in prova o detenzione domiciliare relativamente al cumulo 21/04/2020), che aveva concesso al COGNOME la detenzione domiciliare ex art. 47 ter comma 1 bis ord. pen., non era stata opposta: correttamente, ai sensi dell’art. 678 comma 1 ter cod. proc. pen. il Tribunale di sorveglianza, preso atto della mancata opposizione, non ha fissato udienza, limitandosi, come normativamente previsto, a «confermare senza formalità la decisione del magistrato».
Il ricorrente, in sostanza, si duole del fatto che, essendo nelle more (il 13/03/2023) stato emesso un altro cumulo e ordine di esecuzione, il Tribunale con l’ordinanza impugnata abbia confermato il provvedimento provvisorio del Magistrato
di sorveglianza in relazione alla pena di cui al cumulo 21/04/2020, assorbita nel cumulo 13/03/2023, estendendo il beneficio concesso della detenzione domiciliare alla pena di cui al cumulo da ultimo emesso.
Va tuttavia osservato che COGNOME, non opponente rispetto al provvedimento provvisorio del Magistrato di sorveglianza, non ha, in ricorso, deAVV_NOTAIOo motivi di doglianza specifici in ordine al mancato accoglimento dell’istanza volta ad ottenere l’affidamento in prova al servizio sociale; del pari in ricorso non viene rappresentato concretamente alcun vantaggio che sarebbe derivato al condannato dall’espletamento del contraddittorio, a seguito dell’emissione di un nuovo cumulo
Non essendosi quindi doluto il COGNOME del provvedimento del Magistrato di sorveglianza che aveva concesso la detenzione domiciliare in via interinale, non avendo proposto opposizione, deve rilevarsi l’assenza di interesse concreto ad impugnare sotto il solo ed esclusivo profilo dell’assenza di contraddittorio, il provvedimento del Tribunale di sorveglianza che ha esteso il beneficio in relazione ad una più ampia pena, in quanto dall’eventuale accoglimento del ricorso non potrebbe derivare alcun concreto e pratico vantaggio.
Alla dichiarazione d’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost., sentenza n. 186 del 2000), anche la condanna al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende nella misura che si stima equo determinare in euro tremila.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 12/01/2024