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Interesse a ricorrere: no all’impugnazione del sequestro

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 26926/2025, ha dichiarato inammissibile il ricorso contro un sequestro probatorio per carenza di interesse a ricorrere. L’indagato, trovato in possesso di una tessera sanitaria rubata, non aveva un interesse concreto e attuale alla restituzione del bene, condizione necessaria per poter impugnare il provvedimento. Anche in caso di annullamento del sequestro, il bene non gli sarebbe stato restituito, rendendo l’impugnazione priva di utilità pratica per il ricorrente.

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Pubblicato il 26 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Interesse a ricorrere: quando l’impugnazione di un sequestro è inammissibile

Nel processo penale, non basta subire un provvedimento sfavorevole per poterlo impugnare. È necessario avere un interesse a ricorrere, ovvero un vantaggio pratico e concreto che deriverebbe dall’accoglimento della propria istanza. La Corte di Cassazione, con la recente sentenza n. 26926/2025, ha ribadito questo principio fondamentale, dichiarando inammissibile il ricorso di un indagato contro il sequestro di una tessera sanitaria risultata rubata. Analizziamo insieme la vicenda e le importanti conclusioni della Suprema Corte.

I fatti del caso: il sequestro di una tessera sanitaria

La vicenda ha origine da un’operazione di polizia giudiziaria che porta al sequestro di una tessera sanitaria trovata in possesso di un soggetto. Il Pubblico Ministero convalida il sequestro, ritenendo la tessera pertinente al reato di ricettazione. Il Tribunale del riesame, successivamente adito dall’indagato, conferma la legittimità del provvedimento.

L’indagato, non rassegnandosi alla decisione, decide di presentare ricorso per cassazione, lamentando principalmente due vizi:
1. Mancanza di motivazione sulla sussistenza del fumus commissi delicti (ovvero il sospetto di reato) e sul legame tra il reato ipotizzato e l’oggetto sequestrato.
2. Carenza di motivazione riguardo alla necessità probatoria del sequestro, ritenuta insussistente.

La decisione della Corte e il principio dell’interesse a ricorrere

Nonostante le argomentazioni della difesa, la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile per una ragione pregiudiziale: la carenza di interesse a ricorrere. La Corte ha spiegato che, sebbene l’indagato sia la persona a cui il bene è stato sequestrato e quindi astrattamente legittimato a impugnare, nel caso specifico manca un interesse concreto e attuale.

L’obiettivo di un’impugnazione contro un sequestro è ottenere la restituzione del bene. Tuttavia, la Corte sottolinea che l’impugnazione può essere proposta solo da chi ha un interesse effettivo a tale restituzione. Questo interesse non è un generico desiderio di veder annullato un atto, ma deve corrispondere a un risultato giuridicamente apprezzabile.

Le motivazioni

La Suprema Corte ha chiarito che, per avere diritto alla restituzione, non basta un qualsiasi legame con la cosa sequestrata. È necessario essere titolari di una posizione giuridica protetta, come un diritto di proprietà, o quantomeno di un rapporto di fatto tutelato dalla legge.

Nel caso in esame, era pacifico che la tessera sanitaria fosse provento di furto. Di conseguenza, anche se il ricorso fosse stato accolto e il decreto di sequestro annullato, la tessera non sarebbe mai potuta essere restituita all’indagato, che non ne era il legittimo titolare. Il bene, infatti, dovrebbe essere restituito all’avente diritto, ovvero la persona a cui è stato sottratto.

Poiché l’accoglimento del ricorso non avrebbe prodotto alcun effetto positivo nella sfera giuridica del ricorrente, la sua impugnazione è stata ritenuta priva di scopo e, quindi, inammissibile. L’atto processuale deve essere funzionale a un risultato utile per chi lo compie, e in questo caso tale utilità mancava del tutto.

Le conclusioni

La sentenza in commento offre un’importante lezione sul principio dell’interesse ad agire nel processo penale. Non si può impugnare un provvedimento solo per una questione di principio o per contestarne astrattamente la legittimità. È indispensabile dimostrare che dall’annullamento dell’atto deriverebbe un vantaggio tangibile. Nel contesto dei sequestri, questo si traduce nella possibilità concreta di ottenere la restituzione del bene. Se questa possibilità è esclusa in radice, come nel caso di un bene di provenienza illecita, l’impugnazione è destinata a essere dichiarata inammissibile, con conseguente condanna al pagamento delle spese processuali.

È possibile impugnare un provvedimento di sequestro se non si è il proprietario del bene?
Sì, la persona a cui le cose sono state sequestrate è legittimata a proporre impugnazione. Tuttavia, come chiarisce la sentenza, è necessario dimostrare di avere un interesse concreto alla restituzione, che va oltre la semplice detenzione materiale del bene al momento del sequestro.

Cosa significa avere “interesse a ricorrere” nel caso di un sequestro?
Significa che l’annullamento del sequestro deve portare un vantaggio pratico e giuridicamente rilevante per chi impugna. Questo vantaggio si identifica principalmente con la possibilità di ottenere la restituzione del bene. Se la restituzione è impossibile perché il bene è rubato, l’interesse a ricorrere viene a mancare.

Cosa succede se si impugna un sequestro senza avere un interesse concreto alla restituzione del bene?
Come stabilito dalla Corte di Cassazione in questo caso, il ricorso viene dichiarato inammissibile. Ciò comporta non solo la conferma del provvedimento impugnato, ma anche la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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