Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 16363 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 16363 Anno 2025
Presidente: IMPERIALI NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 07/03/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto nell’interesse di: NOME COGNOME nato a Sorgono il 07/04/1980, avverso la ordinanza emessa in data 14 novembre 2024 dal Tribunale di Cagliari, visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni scritte trasmesse dal Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale dott. NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità della impugnazione.
Con ordinanza emessa a seguito della udienza camerale del 14 novembre 2024, il Tribunale di Cagliari, adito ex art. 324 cod. proc. pen., ha dichiarato inammissibile, per difetto di concreto interesse alla restituzione dell’immobile e dei conti correnti in sequestro, l’impugnazione proposta dal difensore dell’indagato ed ha per l’effetto confermato il decreto di sequestro preventivo emesso dal G.i.p. del medesimo Tribunale in data 3 ottobre 2024.
Ricorre per cassazione avverso la richiamata ordinanza il difensore dell’indagato NOME COGNOME soggetto cui le cose sono state sequestrate, deducendo:
2.1. Inosservanza della norma processuale (artt. 324 comma 3, 568, 591, 373, 357 cod. proc. pen., 110 disp. att. cod. proc. pen.) e mancanza di motivazione in ordine alla sussistenza dei presupposti per l’impugnazione svolta con la richiesta di riesame, essendo la motivazione adottata in sede di riesame del tutto apparente e in evidente violazione della legge processuale che tutela l’interesse alla impugnazione.
In particolare, il Tribunale della revisione cautelare reale ha ipotizzato erroneamente che i conti correnti dell’indagato non fossero ancora in sequestro, mentre questi erano certamente già stati di fatto sottratti alla disponibilità dell’istante; l’omessa risposta alla domanda di giustizia costituisce violazione di legge (art. 125, comma 3, cod. proc. pen.), deducibile con ricorso per cassazione ex art. 325 cod. proc. pen.
2.2. Ancora, la violazione di legge è dedotta per l’omessa motivazione in ordine al periculum in mora che deve sostenere anche il sequestro preventivo finalizzato alla confisca;
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile, perché manifestamente infondato in diritto e per difetto di allegazione del concreto interesse alla impugnazione.
1.1. L’art. 324, comma 1, cod. proc. pen., così testualmente dispone: “La richiesta di riesame è presentata, nella cancelleria del tribunale indicato nel comma 5, entro dieci giorni dalla data di esecuzione del provvedimento che ha disposto il sequestro o dalla diversa data in cui l’interessato ha avuto conoscenza dell’avvenuto sequestro”.
Di tenore altrettale la disposizione che si legge all’art. 322 cod. proc. pen., che così recita: –
“1. Contro il decreto di sequestro emesso dal giudice l’imputato e il suo difensore, la persona alla quale le cose sono state sequestrate e quella che avrebbe diritto alla loro restituzione possono proporre richiesta di riesame, anche nel merito, a norma dell’articolo 324.
La richiesta di riesame non sospende l’esecuzione del provvedimento.”
Al dato testuale può pure aggiungersi che, mentre l’art. 309, comma 2, cod. proc. pen., dettato in materia di misure cautelari personali, disciplina l’eventualità della richiesta di riesame nel caso (per il latitante) di un provvedimento emesso e notificato al domiciliatario del latitante (art. 165 cod. proc. pen.), ma non ancora eseguito, una previsione dagli effetti similari, qualora il destinatario del sequestro preventivo venga comunque a conoscenza dell’esistenza del provvedimento cautelare, non è contemplata dall’art. 324 del codice di rito.
Si è pure osservato che l’indicazione testuale del dies a quo del termine per impugnare (art. 324, comma 1, cod. proc. pen. “…dalla data di esecuzione o dalla diversa data in cui l’interessato ha avuto conoscenza dell’avvenuto sequestro.”) oltre a disciplinare i tempi dell’impugnazione, ne delimita anche la concreta proponibilità, giacché “con l’individuazione di tale termine iniziale, il legislatore h inteso evidenziare come soltanto a partire da tale momento possano validamente attivarsi gli strumenti di reazione previsti dall’ordinamento avverso il provvedimento ablativo assunto dall’A.G.” (Sez. 6, del 26/01/2017, Habour, Rv. 269875). La questione è stata menzionata, seppure in via indiretta, dalle Sezioni Unite “Marseglia” (Sez. U, n. 27777 del 11/07/2006, Rv. 234213 – 01) chiamate a valutare diverse questioni tra le quali «da quale momento decorra per il difensore il termine per presentare la richiesta di riesame della misura cautelare reale», quesito al quale si è data la seguente risposta: «ai fini della decorrenza del termine per la presentazione della richiesta di riesame (che è unico per il difensore e per l’indagato) occorre fare riferimento al momento dell’esecuzione del sequestro,. Si legge, peraltro, in un inciso della predetta sentenza: «Insomma in un sistema nel quale viene valorizzato il rapporto sostanziale o fattuale di un soggetto con la cosa, ai fini dell’attribuzione del diritto all’impugnazione, è coerente che questo diritto possa farsi valere, da tutti i soggetti cui è attribuito, con una decorrenza riferita all’apprensione materiale della cosa (o alla conoscenza di questa situazione fattuale) e non alla conoscenza formale». Corte di Cassazione – copia non ufficiale
1.2. Difetta, inoltre, l’allegazione documentale dell’interesse a ricorrere sul punto della dichiarata inammissibilità dell’istanza di riesame reale.
1.2.1. Sul punto si registrano “in astratto” alcune oscillazioni nella giurisprudenza della Corte. Con un primo filone di decisioni, si è ritenuto che sia
inammissibile la richiesta di riesame avverso il decreto di sequestro preventivo che non sia stato ancora eseguito, in quanto, in tale situazione, non è ravvisabile un interesse concreto ed attuale a proporre impugnazione (Sez. 6, n. 16535 del 26/01/2017, COGNOME, Rv. 269875-01; Sez. 3, n. 16352 del 11/01/2021, COGNOME, Rv. 281098; Sez. 3, n. 13283 del 25/02/2021, Albano, Rv. 281241; Sez. 5, n. 2747 del 06/10/2021, dep. 2022, COGNOME, Rv. 282542 – 01; Sez. 3, n. 17839 del 05/12/2018, COGNOME, Rv. 275598-01; meno recentemente Sez. 2, n. 29022 del 30/06/2010; Sez. 3, n. 1664 del 15/07/1993, Gatto, Rv. 194681). Ciò in quanto è proprio la morfologia delle misure cautelari reali -che impongono un vincolo giuridico sul bene- a rendere indispensabile l’effetto di restituzione, quale connotato essenziale ed imprescindibile dell’interesse ad impugnare, da cui la sussistenza della relazione con la cosa sottoposta a vincolo. In questo senso, Sez. 3, n. 17839/2029 (cit.) ha chiarito, ancora una volta, che l’interesse ad impugnare non può consistere nel mero fine di ottenere una pronuncia di illegittimità di un provvedimento, che non ha ancora inciso nella sfera patrimoniale del ricorrente, poiché il mezzo di impugnazione è volto a rimuovere il vincolo reale e ad ottenere la restituzione della cosa sequestrata.
Di contrario avviso Sez. 3, n. 31958/24, in data 7/5/2024, RAGIONE_SOCIALE non massimata, in conformità a Sez. 3, n. 40069 del 22/09/2021, COGNOME, Rv. 282339, sostiene che il sequestro preventivo di somme di danaro giacenti su conto corrente bancario, ancorché formalmente non ancora eseguito, può ugualmente produrre l’effetto dell’indisponibilità dei beni alla cui apprensione il provvedimento cautelare è diretto già nel momento in cui l’istituto bancario proceda autonomamente al “blocco” dell’operatività del conto stesso, con conseguente contestuale insorgenza, in capo al destinatario del provvedimento, dell’interesse alla sua impugnazione. Ciò è legato al fatto che, allorquando l’indisponibilità delle somme derivi dalla condotta dell’istituto bancario che, messo sull’avviso dalla polizia giudiziaria, attraverso la richiesta relativa all’esistenza di rapporti di credito riconducibili all’indagato, dia esecuzione anticipata al sequestro, non ancora formalmente eseguito, attraverso il blocco dell’operatività dei conti correnti allo stesso riconducibili, gli effetti siano in concreto parificabili a quelli deriva dall’esecuzione del provvedimento giudiziario, risultando le somme in giacenza, ancorché presenti, non più disponibili da parte dell’indagato che ne era il titolare. In tal senso si collocano anche Sez. 2, n. 14772 del 16/03/2018, COGNOME, Rv. 272657 – 01 che ha affermato che «In tema di sequestro preventivo di somme di danaro su conti correnti bancari, il termine per la proposizione dell’istanza di riesame decorre o dal momento di comunicazione dei c.d. “blocchi” effettuati dall’istituto bancario o dal momento, anche precedente, in cui l’interessato abbia
avuto conoscenza del provvedimento di sequestro» e Sez. 1, n. 6551 del
29/11/1999, dep. 2000, COGNOME, Rv. 215210 – 01. –
In posizione intermedia (facendo dipendere la ricorrenza dell’interesse da ciò
che è oggetto di sequestro) Sez. 6, n. 45869, del 14/10/2022, COGNOME non mass., che ha approfondito le diverse caratteristiche dei sequestri, a seconda della loro
natura e da quanto oggetto di apprensione.
1.3. Nella presente fattispecie processuale non è dubbio, tuttavia, che il ricorrente, al di là delle affermazioni assertive contenute nel corpo argomentativo
del ricorso, non è riuscito ancor oggi ad allegare dati documentali attestanti l’intervenuta esecuzione del decreto di sequestro in data antecedente la
proposizione dell’istanza di riesame ovvero il disposto “blocco” atipico dei conti correnti.
Consegue il difetto di interesse concreto all’impugnazione.
2. La declaratoria d’inammissibilità del ricorso comporta, ai sensi dell’art. 616
cod. proc. pen., la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché – apparendo evidente dal contenuto dei motivi che ella ha proposto il
ricorso determinando la causa d’inammissibilità per colpa (Corte cost., sentenza
13 giugno 2000, n. 186) e tenuto conto dell’entità della predetta colpa, desumibile dal tenore delle rilevate cause d’inammissibilità – della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende a titolo di sanzione pecuniaria.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso il 7 marzo 2025.