Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 34072 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 34072 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 04/07/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOME COGNOME nato in TUNISIA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 5/04/2024 del TRIBUNALE di FIRENZE
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; letta la requisitoria del Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza in data 15 marzo 2024 il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Livorno aveva applicato a NOME COGNOME la misura della custodia cautelare in carcere avendo ravvisato a suo carico sia i gravi indizi di colpevolezza in ordine al reato di cui agli artt. 110 e 584 cod. pen., perché, in concorso con NOME COGNOME, aggrediva NOME COGNOME colpendolo con un pugno e provocandone la morte a seguito della defenestrazione dal quarto piano di uno stabile, in Livorno il 22 agosto 2022; sia le esigenze cautelari di cui all’art. 274, comma 1, lett. b) e c), cod. proc. pen.
1.1. Con successiva ordinanza in data 23 marzo 2024, lo stesso Giudice per le indagini preliminari aveva dichiarato la perdita di efficacia della custodia cautelare in carcere ai sensi degli artt. 297 e 306 cod. proc. pen. Ciò in quanto tra il fatto oggetto di imputazione e le condotte di violazione dell’art. 73 d.P.R. n. 309 del 1990, oggetto della precedente ordinanza di custodia cautelare emessa dal Giudice per le indagini preliminari in data 13 novembre 2022, vi era connessione, sicché gli effetti della seconda misura dovevano essere retrodatati alla data di emissione della prima, e i termini di fase risultavano decorsi. Tuttavia, l’indagato non era stato scarcerato, essendo sottoposto alla custodia cautelare in forza dell’altra ordinanza, emessa nell’ambito del procedimento in materia di droga.
1.2. Avverso l’ordinanza genetica, in data 29 marzo 2024 la difesa dell’indagato propose ricorso per riesame ai sensi dell’art. 309 cod. proc. pen., chiedendo la dichiarazione di nullità dell’ordinanza, che non avrebbe potuto essere adottata in quanto al momento della sua emissione era già decorso il termine di fase ai sensi dell’art. 297 cod. proc. pen. In pari data, NOME fu comunque scarcerato dal Giudice per le indagini preliminari, che sostituì la misura della custodia cautelare in carcere con quella dell’obbligo di dimora nel comune di Livorno.
1.3. Con ordinanza in data 5 aprile 2024, il Tribunale di Firenze ha dichiarato inammissibile il riesame proposto nell’interesse di COGNOME, ritenendo insussistente l’interesse a impugnare in quanto l’ordinanza genetica era stata dichiarata inefficace ai sensi degli artt. 297 e 306 cod. proc. pen. Ciò in quanto NOME non aveva esplicitato di voler far valere interessi di carattere risarcitorio per ingiusta detenzione e in quanto, in ogni caso, nel momento in cui erano state emesse sia l’ordinanza oggetto di impugnazione, sia quella dichiarativa dell’inefficacia della misura, egli era detenuto per altra causa in forza di altra ordinanza.
NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione avverso il predetto provvedimento per mezzo del difensore di fiducia, AVV_NOTAIO, deducendo, con un unico motivo di impugnazione, di seguito enunciato nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen., la inosservanza
o erronea applicazione della legge penale, nonché la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in relazione alla declaratoria di inammissibilità dei motivi di riesame. In particolare, il ricorso lamenta, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., che l’affermazione del Tribunale secondo cui COGNOME non avrebbe avuto un interesse a impugnare l’ordinanza genetica sarebbe contraddetta dalla circostanza che contro il provvedimento che ha dichiarato inefficace la misura ai sensi degli artt. 297 e 306 cod. proc. pen. sarebbe stato proposto appello ex art. 310 cod. proc. pen. dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Livorno, sicché in caso di accoglimento dell’impugnazione, il ricorrente tornerebbe in carcere.
Sotto altro profilo, il Tribunale di Firenze non avrebbe offerto alcuna motivazione in relazione al motivo con cui si chiedeva di dichiarare la nullità dell’ordinanza genetica avendo il Giudice per le indagini preliminari esercitato, con la richiesta di ulteriori accertamenti rivolta al Pubblico ministero, autonomi poteri di iniziativa probatoria, che l’ordinamento processuale non gli riconoscerebbe.
In data 19 giugno 2024 è pervenuta in Cancelleria la requisitoria scritta del Procuratore generale presso questa Corte, con la quale è stata chiesta la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
Il primo profilo dell’unico motivo di ricorso, concernente l’asserita sussistenza di un interesse a impugnare l’ordinanza genetica, è manifestamente infondato.
Il provvedimento impugnato, nel dichiarare l’inammissibilità dell’istanza di riesame, ha condivisibilmente evidenziato come la misura cautelare, cui si rivolgeva l’impugnazione, fosse stata dichiarata inefficace e revocata dopo l’interrogatorio di garanzia; e come non vi fosse alcun interesse a impugnare rispetto all’eventuale denuncia di risarcimento dei danni per una ingiusta detenzione in quanto nel breve periodo in cui la misura era stata eseguita (fino all’interrogatorio di garanzia) NOME era detenuto anche per altra causa e in quanto, in ogni caso, l’eventuale intenzione di proporre una siffatta istanza non era stata esplicitata nel corso della discussione o nei motivi di impugnazione davanti al Tribunale del riesame (cfr. Sez. U, n. 7931 del 16/12/2010, dep. 2011, Rv. 249002 – 01; Sez. 6, n. 48583 del 15/10/2019, Rv. 277567 – 01).
Sul punto, non appare rilevante la circostanza che il Pubblico ministero abbia appellato l’ordinanza dichiarativa di inefficacia della misura, chiedendone il
ripristino. Tale impugnazione, infatti, ha determinato l’instaurazione di un distinto procedimento cautelare, nel corso del quale NOME potrà svolgere compiutamente le proprie facoltà difensive e impugnare un eventuale provvedimento sfavorevole. Escluso che la parte possa vantare, in via generale, un interesse alla esattezza teorica della decisione o alla correttezza formale del procedimento, non può nemmeno prefigurarsi un generico interesse ad impugnare un provvedimento dichiarato inefficace soltanto per conseguire una pronuncia favorevole volta a incidere sulle eventuali e distinte fasi procedimento, atteso che l’interesse a impugnare previsto dall’art. 568, comma 4, cod. proc. pen., non è riconoscibile con riferimento al perseguimento di effetti diversi da quelli ai quali è preordinata la procedura incidentale de hbertate cui si riferisce l’impugnazione.
In ogni caso, va evidenziato che non risulta che la situazione di interesse oggi dedotta fosse stata esplicitata in sede di riesame, tenuto conto che l’ordinanza non vi fa alcun cenno e che l’odierno ricorso non specifica che la circostanza in parola fosse stata prospettata in sede di impugnazione. Va, dunque, ribadito che in tema di riesame del provvedimento di applicazione di una misura cautelare custodiale successivamente revocata o divenuta inefficace l’omessa specifica e motivata deduzione dell’interesse a coltivare l’impugnazione comporta l’inammissibilità della stessa e preclude alla parte interessata di prospettare detto interesse, per la prima volta, con il ricorso per cassazione avverso l’ordinanza del tribunale (in questi termini Sez. 1 n. 19649 del 12/01/2017, Rv. 270009 – 01).
Quanto, poi, alle richieste di acquisizione probatoria formulate dal Giudice per le indagini preliminari, asseritamente formulate in violazione dei relativi poteri, la doglianza difensiva appare interamente assorbita dalle considerazioni che precedono in ordine all’assenza di un interesse rilevante nella fase cautelare in ragione del venire meno del titolo genetico, salva la possibilità di riproporre le relative questioni nelle successive fasi processuali di merito.
Sulla base delle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. Alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione GLYPH della GLYPH causa GLYPH di GLYPH inammissibilità», GLYPH alla GLYPH declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della cassa delle ammende, equitativamente fissata in 3.000,00 euro.
4.1. Non comportando la presente decisione la rimessione in libertà del ricorrente, la Cancelleria provvederà agli adempimenti di cui all’art. 94, comma Iter, disp. att. cod. proc. pen.
PER QUESTI MOTIVI
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma Iter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso in data 4 luglio 2024
Il Consigliere estensore
Il Presidente