Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 12238 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 12238 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 23/02/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: RAGIONE_SOCIALE
COGNOME avverso l’ordinanza in data 17/11/2023 del TRIBUNALE DI AGRIGENTO;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
sentita la requisitoria del Pubblico ministero, nella persona del AVV_NOTAIO, che ha concluso per l’inammissibilità dei ricorsi; sentito l’AVV_NOTAIO, che ha illustrato i motivi d’impugnazione e nel ha chiesto l’accoglimento.
RITENUTO IN FATTO
La società RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, per il tramite del comune difensore e con ricorsi congiunti, impugnano l’ordinanza in data 17/11/2023 (dep. il 22/12/2023) del Tribunale di Agrigento che, in accoglimento dell’appello del pubblico ministero, ha ampliato ai capi 1), 3), 5), 7), 9 e 11) il sequestro preventivo già disposto con decreto in data 20/10/2023 dal G.i.p. del Tribunale di Agrigento, sulla somma di euro 137.158,62 in relazione ai capi 2), 4), 6), 8), 10), 12) e 13).
I reati per cui si procede sono stati qualificati come estorsioni aggravate dall’abuso delle prestazioni d’opera (capi 1), 3), 5), 7), 9 e 11)) e truffa aggravata (capi 2), 4), 6), 8), 10), 12) e 13)), con la precisazione che il sequestro è già stato
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disposto in relazione alle truffe e per l’intero importo indicato dal pubblico ministero, che con l’ordinanza oggi impugnata ha ottenuto dal tribunale la riferibilità del medesimo sequestro -così come già disposto- anche alle estorsioni aggravate.
Deducono:
Violazione degli artt. 322-bis, 591, comma 1, lett. a) e 568, comma 4, cod. proc. pen..
I ricorrenti denunciano l’erroneità dell’ordinanza impugnata nella parte in cui ha disatteso l’eccezione difensiva, con cui si obiettava che in questo caso l’appello non è ammissibile, in quanto il provvedimento era in realtà di accoglimento dell’istanza di sequestro, rigettata solo in parte e non rientrando tale ipotesi tra quelle tassativamente previste dall’ art. 322-bis cod. proc. pen. per la presentazione dell’impugnazione.
Aggiunge che il pubblico ministero non aveva neanche interesse all’impugnazione, atteso che aveva già ottenuto il sequestro nella misura richiesta al G.i.p. che, pertanto, risultava completamente soddisfatta.
Violazione dell’art. 321, comma 2, cod. proc. pen.. Carente motivazione in ordine al periculum in mora.
Sotto tale profilo i ricorrenti si dolgono dell’assoluta mancanza di motivazione in relazione al periculum in mora, che si risolve in un’apodittica proposizione che non rispetta i principi dettati in materia dalla sentenza Ellade delle sezioni unite (Sez. U – , Sentenza n. 36959 del 24/06/2021, Rv. 281848 – 01).
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato nei termini di seguito specificati.
1.1. Va affrontato in via prioritaria il tema della sussistenza dell’interesse a impugnare che, costituendo una condizione di ammissibilità dell’impugnazione, precede in via logica le ulteriori questioni sollevate dalla difesa.
Ciò premesso, il ricorso risulta fondato proprio nella parte in cui i ricorrenti eccepiscono che l’appello del pubblico ministero davanti al tribunale era inammissibile per carenza d’interesse.
1.1.1. Questa Corte, proprio con riguardo alla posizione del pubblico ministero, si è già occupata dei criteri di accertamento da seguire al fine di verificare la sussistenza dell’interesse a impugnare, e ha spiegato che a tal fine «non è sufficiente la mera pretesa preordinata all’astratta osservanza della legge e alla correttezza giuridica della decisione, essendo invece necessario che sia comunque dedotto un pregiudizio concreto e suscettibile di essere eliminato dalla riforma o dall’annullamento della decisione impugnata. (In applicazione del principio la Corte ha escluso la sussistenza dell’interesse del pubblico ministero ad impugnare l’ordinanza del Tribunale del riesame di annullamento del sequestro preventivo finalizzato alla confisca a fronte della contestuale intervenuta conferma del
sequestro impeditivo avente ad oggetto i medesimi beni)», (Sez. 3 – , Sentenza n. 30547 del 06/03/2019, COGNOME, Rv. 276274 – 01).
In tale occasione, questa Corte ha osservato che l’interesse all’impugnazione «si identifica con l’interesse al risultato del giudizio sull’impugnazione; ne consegue che, nella valutazione della sussistenza o meno dell’interesse della parte ad impugnare, è necessario prendere in esame i due aspetti di tale interesse e cioè quello processuale e quello sostanziale. Quest’ultimo deve risolversi in un “vantaggio”, in una “utilità” in senso obiettivo, per la parte impugnante. Se dunque, l’impugnazione proposta non può portare ad una modificazione degli effetti del provvedimento impugnato, non vi è interesse (cfr. Sez. 6, n. 1473 del 02/04/1997 Rv. 207488 – 01 Pacifico). Le Sezioni unite hanno ribadito questo concetto, laddove hanno rappresentato che l’interesse richiesto dall’art.568, comma 4, cod. proc. pen., quale condizione di ammissibilità di qualsiasi impugnazione, deve essere correlato agli effetti primari e diretti del provvedimento da impugnare e sussiste solo se il mezzo di impugnazione proposto sia idoneo a costituire, attraverso l’eliminazione di un provvedimento pregiudizievole, una situazione pratica più vantaggiosa per l’impugnante rispetto a quella esistente (Sez. U, n. 29529 del 25/06/2009 Rv. 244110 – 01 COGNOME; in tal senso, da ultimo, Sez. 6, n. 17686 del 07/04/2016 Rv. 267172 – 01 Conte). Si è ulteriormente precisato che l’interesse ad impugnare deve essere colto nella finalità, perseguita dal soggetto legittimato, di rimuovere lo svantaggio processuale e, quindi, il pregiudizio derivante da una decisione giudiziale ovvero deve essere individuato, il che non muta il risultato, facendo leva sul concetto positivo di utilità che la parte mira a conseguire, attraverso l’esercizio del diritto di impugnazione e in coerenza logicamente con il sistema legislativo. Sono questi gli elementi qualificanti dell’interesse ad impugnare, e il criterio di misurazione dello stesso, visto sia in negativo (rimozione di un pregiudizio) che in positivo (conseguimento di una utilità), è un criterio comparativo tra dati processuali concretamente individuabili: il provvedimento impugnato e quello che il giudice ad quem potrebbe emanare in accoglimento dell’impugnazione (cfr. Sez. U, n. 6624 del 27/10/2011 (dep. 17/02/2012) Rv. 251693 – 01 Marinaj). Sulla base di tali principi, questa Suprema Corte ha precisato, con riferimento al ricorso proposto dal Pubblico Ministero, che non è sufficiente ai fini dell’interesse ad impugnare, la mera pretesa teorica preordinata all’astratta osservanza della legge e alla correttezza giuridica della decisione, essendo invece necessario che sia comunque dedotto un pregiudizio concreto e suscettibile di essere eliminato dalla riforma o dall’annullamento della decisione impugnata (cfr. Sez. 5, n. 35785 del 04/05/2018 Rv. 273630 – 01 COGNOME; Sez. U, n. 29529 del 25/06/2009 Rv. 244110 – 01 COGNOME;). Costituiscono il portato dei predetti principi le pronunzie con cui la giurisprudenza di legittimità, in materia cautelare, seppur con riguardo alle misure Corte di Cassazione – copia non ufficiale
di tipo personale, ha stabilito che quando il giudice ha fondato la misura su più di una delle esigenze previste dall’art. 274 cod. proc. pen., i motivi di gravame che investono una sola di esse, nell’accertata sussistenza di un’altra, sono inammissibili per mancanza di interesse, in quanto l’eventuale apprezzamento favorevole della doglianza non condurrebbe comunque ad un effetto liberatorio (cfr. Sez. 6, n. 7200 del 08/02/2013 Rv. 254506 – 01 Koci). Dal dibattito giurisprudenziale emerge altresì l’impossibilità di valorizzare – ai fini del rilievo della sussistenza dell’interes all’impugnazione – la diversità di effetti tra il provvedimento impugnato e quello che potrebbe essere adottato in ragione dell’accoglimento del ricorso, sulla base della possibile configurazione di mere ed eventuali situazioni future. Evidenziandosi in tal modo la necessità che l’interesse in esame sia connotato dell’ineludibile requisito dell’attualità”. ».
1.1.2. Tali requisiti, avendo portata AVV_NOTAIO, si riferiscono anche all’impugnazione in sede di provvedimenti di sequestro, rispetto ai quali l’interesse a impugnare può ritenersi sussistente quando emerga l’esigenza concreta e pratica di rimuovere un pregiudizio e di conseguire un’utilità, con l’ulteriore precisazione che l’utilità deve essere specificamente dedotta da chi proponga l’impugnazione e che essa deve essere caratterizzata dall’attualità, non potendosi prospettare situazioni future e astratte, in quanto meramente eventuali.
1.1.3. Tali requisiti mancavano nell’appello proposto dal pubblico ministero che oggi viene in esame.
Va osservato, infatti, che il G.i.p. aveva già disposto il sequestro nella misura e sui beni richiesti dal pubblico ministero e che l’appello -conseguentemente- non era inteso a ottenere un ampliamento del vincolo reale su altri beni, ovvero su altro denaro o su altre utilità, così che non è dato rinvenire né il pregiudizio subito in forza del provvedimento impugnato davanti al tribunale né, tantomeno, l’eventuale vantaggio conseguibile con l’accoglimento dell’appello presentato contro di esso.
A tale ultimo proposito, infatti, occorre rimarcare che -al fine di ritenere sussistente l’interesse a impugnare- il risultato che si intende perseguire con l’impugnazione deve identificarsi con una situazione pratica più vantaggiosa per l’impugnante rispetto a quella esistente, la qual condizione non si verifica nel caso in esame, visto che il pubblico ministero ha già ottenuto il vincolo reale richiesto, oltretutto nella misura richiesta.
A ciò si aggiunga che il pubblico ministero non ha neanche soddisfatto l’onere di dedurre l’interesse sotteso all’impugnazione, visto che non indica quale utilità avrebbe conseguito correlando a ulteriori titoli di reato un sequestro già ottenuto nella sua interezza.
Con l’ulteriore precisazione che tale utilità non può rinvenirsi nelle eventuali e future dinamiche processuali, attesa la loro dimensione meramente ipotetica e
astratta, là dove l’interesse all’impugnazione deve essere attuale e concreto.
In mancanza di tutto ciò, nel caso in esame, l’impugnazione del pubblico ministero si presenta come una mera richiesta di validazione dell’ipotesi accusatoria che, in quanto tale, non identifica l’interesse a impugnare siccome descritto.
Da quanto esposto discende la fondatezza della deduzione difensiva e il conseguente annullamento senza rinvio dell’ordinanza impugnata, in quanto pronunciata in violazione di legge.
Tale esito produce la rimozione del vincolo reale nella parte in cui è stato apposto in relazione ai capi 1), 3), 5), 7), 9) e 11), al cui riguardo va disposta la restituzione dei beni agli aventi diritto,
Tale restituzione, tuttavia, ha una portata meramente nominale, atteso che i beni restano assoggettati al sequestro disposto con decreto in data 20/10/2023 dal G.i.p. del Tribunale di Agrigento.
I restanti motivi di ricorso restano assorbiti.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata e dispone la formale restituzione agli aventi diritto dei beni in sequestro, i quali restankséquestr0 per altra causa.
Così deciso il 23 febbraio 2024 Il Consigliere estensore COGNOME
Il Pr sidente