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Interesse a impugnare: appello nullo senza pregiudizio

Un indagato per usura ed estorsione, pur non avendo subito alcuna misura cautelare, ha presentato ricorso in Cassazione contro l’ordinanza del Tribunale che, pur confermando la sussistenza di gravi indizi, rigettava l’appello del PM contro il diniego della custodia in carcere. La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile per mancanza di un concreto interesse a impugnare, non essendoci alcun pregiudizio attuale per il ricorrente.

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Pubblicato il 1 dicembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Interesse a impugnare: perché un ricorso può essere inutile anche se si ha ragione?

Nel mondo del diritto, non basta avere una motivazione per contestare una decisione del giudice; è necessario avere un interesse a impugnare che sia concreto e attuale. Questo principio fondamentale della procedura penale stabilisce che si può presentare un ricorso solo se il provvedimento contestato produce un effetto negativo, un “pregiudizio”, per chi lo propone. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (Sent. n. 25973/2024) offre un chiarimento esemplare su questo concetto, dichiarando inammissibile il ricorso di un indagato che, paradossalmente, si lamentava di una decisione a lui favorevole.

Il caso: un ricorso contro una decisione favorevole

La vicenda processuale ha origine da una richiesta di misura cautelare della custodia in carcere avanzata dalla Procura nei confronti di un soggetto, gravemente indiziato per i reati di usura ed estorsione continuata, aggravati dal metodo mafioso.

La decisione dei giudici di merito

Sia il Giudice per le Indagini Preliminari (G.i.p.) che, in un secondo momento, il Tribunale del Riesame, hanno rigettato la richiesta del Pubblico Ministero. Pur riconoscendo la sussistenza di “gravi indizi di colpevolezza” a carico dell’indagato, entrambi i giudici hanno ritenuto insussistenti le “esigenze cautelari” (cioè il pericolo di fuga, di inquinamento delle prove o di reiterazione del reato), che sono un requisito indispensabile per applicare una misura restrittiva della libertà personale. Di fatto, l’indagato non è mai stato sottoposto ad alcuna misura cautelare.

L’appello dell’indagato e la mancanza di interesse a impugnare

Nonostante l’esito a lui favorevole, l’indagato ha deciso di presentare ricorso per Cassazione contro la decisione del Tribunale. Il motivo? Contestare la parte della motivazione in cui il Tribunale confermava la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza a suo carico. L’indagato, in sostanza, voleva una pronuncia che negasse anche quel presupposto, pur non avendo subito alcun pregiudizio pratico. Ed è qui che emerge il principio cardine dell’interesse a impugnare.

La decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, senza neppure entrare nel merito delle doglianze. La decisione si fonda su un ragionamento logico-giuridico impeccabile.

Le motivazioni: perché manca l’interesse a impugnare?

La Corte ha spiegato che l’interesse a impugnare, come previsto dall’art. 568, comma 4, del codice di procedura penale, deve essere concreto e attuale. L’impugnazione deve servire a rimuovere un effetto giuridico sfavorevole per il ricorrente. Nel caso di specie, questo effetto non esisteva.
Il provvedimento impugnato aveva rigettato l’appello del Pubblico Ministero, confermando una decisione favorevole all’indagato (il diniego della custodia in carcere). Pertanto, la posizione del ricorrente non era stata in alcun modo pregiudicata.

La Cassazione ha inoltre chiarito un punto cruciale: la valutazione sui gravi indizi di colpevolezza effettuata in sede cautelare non ha alcun valore vincolante per il successivo giudizio di merito. Il giudice del dibattimento sarà chiamato a valutare le prove in modo del tutto autonomo, senza essere condizionato da quanto stabilito nella fase delle indagini. Di conseguenza, anche una pronuncia favorevole all’indagato sul punto degli indizi non gli avrebbe portato alcun vantaggio concreto nel processo principale. In assenza di un pregiudizio reale e di un’utilità pratica derivante dall’accoglimento del ricorso, l’impugnazione è stata ritenuta un’azione processualmente superflua e, quindi, inammissibile.

Le conclusioni

La sentenza ribadisce un principio fondamentale: le aule di giustizia non servono a discutere questioni di principio o puramente teoriche, ma a risolvere controversie che hanno un impatto concreto sui diritti delle parti. Un’impugnazione è ammissibile solo se mira a eliminare un “vulnus”, una ferita giuridica inflitta dal provvedimento contestato. Quando, come in questo caso, il provvedimento è interamente favorevole, non c’è alcuna ferita da sanare e, di conseguenza, manca l’interesse a impugnare. La Corte ha quindi condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende, a causa della palese infondatezza del ricorso.

È possibile impugnare un provvedimento del giudice anche se è, nel suo esito finale, favorevole?
No. Secondo la Corte di Cassazione, per poter impugnare una decisione è necessario avere un “interesse” concreto e attuale. Questo significa che il provvedimento deve causare un pregiudizio giuridico. Se la decisione finale è favorevole (come il rigetto di una richiesta di arresto), non c’è alcun pregiudizio e quindi manca l’interesse a impugnare, anche se non si è d’accordo con alcune parti della motivazione.

La valutazione sulla sussistenza dei “gravi indizi di colpevolezza” fatta nella fase delle misure cautelari è vincolante per il giudice del processo?
No, la valutazione compiuta in sede cautelare non ha alcun effetto vincolante per il giudice del dibattimento. Quest’ultimo dovrà riesaminare tutte le prove in modo libero e autonomo per giungere alla sua decisione finale, senza essere condizionato dalle valutazioni preliminari.

Cosa succede se si presenta un ricorso senza avere un concreto interesse a impugnare?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile. Ciò significa che il giudice non esamina neppure il merito della questione. Inoltre, come stabilito nel caso di specie, chi propone un ricorso inammissibile può essere condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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