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Insolvenza fraudolenta: la garanzia del fideiussore

La Cassazione conferma la condanna per insolvenza fraudolenta a carico del legale rappresentante di una società che aveva prestato fideiussione personale per un debito aziendale, dissimulando il proprio stato di insolvenza al momento della stipula della garanzia. Il reato si configura anche per il fideiussore solidale.

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Pubblicato il 7 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Insolvenza Fraudolenta e Fideiussione: la Responsabilità Penale del Garante

La recente sentenza della Corte di Cassazione, n. 11114 del 2024, offre un importante chiarimento sulla configurabilità del reato di insolvenza fraudolenta a carico di chi presta una garanzia personale (fideiussione) per un debito altrui. Il caso analizza la posizione del legale rappresentante di una società che, agendo come fideiussore, ha contratto un’obbligazione dissimulando il proprio stato di insolvenza, con il proposito di non adempiere. Questa decisione ribadisce principi fondamentali sulla responsabilità penale del garante e sulla consumazione del reato.

I Fatti di Causa: la Garanzia Personale a Fronte del Debito Aziendale

Una società fornitrice di bevande aveva stipulato un contratto con una società cliente. A garanzia del pagamento delle forniture, il legale rappresentante della società cliente aveva firmato un contratto di fideiussione, impegnandosi personalmente a saldare eventuali debiti della sua azienda.

Quando la società cliente è diventata inadempiente, la fornitrice ha richiesto il pagamento al garante, il quale, tuttavia, non ha onorato il suo impegno. A seguito di ciò, il fideiussore è stato processato e condannato in primo e secondo grado per il reato di insolvenza fraudolenta, previsto dall’art. 641 del codice penale. L’accusa si fondava sul fatto che egli avesse prestato la garanzia nascondendo la propria precaria condizione patrimoniale e con la premeditata intenzione di non pagare.

L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione, sostenendo principalmente due argomenti: primo, che il debitore principale fosse la società e non lui personalmente; secondo, che la motivazione della condanna fosse contraddittoria riguardo alla prova del suo stato di insolvenza.

La Decisione della Corte di Cassazione e l’insolvenza fraudolenta del fideiussore

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando integralmente la condanna. I giudici hanno chiarito punti cruciali per la corretta applicazione della norma sull’insolvenza fraudolenta nel contesto delle garanzie personali.

La Natura Solidale dell’Obbligazione del Fideiussore

Il primo punto affrontato dalla Corte riguarda la natura dell’obbligazione del garante. Il ricorrente sosteneva di essere un soggetto diverso dal debitore principale (la società). La Cassazione ha specificato che l’oggetto della contestazione penale non era l’inadempimento del contratto di fornitura, bensì l’inadempimento del contratto di fideiussione.

Il contratto di garanzia non prevedeva il ‘beneficio di escussione’, ovvero l’obbligo per il creditore di agire prima contro il debitore principale. Di conseguenza, l’obbligazione del fideiussore era ‘solidale’ con quella della società: il creditore poteva richiedere il pagamento indifferentemente all’uno o all’altro. L’inadempimento del garante, quindi, si è verificato contestualmente a quello della società debitrice, e con esso si è consumato il reato.

La Dissimulazione dello Stato di Insolvenza

Per quanto riguarda il secondo motivo di ricorso, la Corte non ha riscontrato alcuna contraddizione. La condotta dissimulatoria contestata riguardava lo stato di insolvenza del patrimonio personale dell’imputato, non quello della sua società. Anzi, proprio perché la situazione finanziaria della società era precaria, il fornitore aveva richiesto una garanzia personale, confidando nella solidità patrimoniale del garante.

La Corte ha ribadito che la prova dell’insolvenza fraudolenta e del proposito di non adempiere può essere desunta dal comportamento complessivo dell’agente, prima e dopo la stipula del contratto. Anche il semplice silenzio sulla propria reale condizione economica può integrare la ‘dissimulazione’ richiesta dalla norma, quando si contrae un’obbligazione che si sa già di non poter o voler onorare.

Le Motivazioni della Sentenza

La motivazione della Corte si fonda su una distinzione netta tra i due rapporti contrattuali: quello di fornitura (tra le due società) e quello di garanzia (tra la fornitrice e la persona fisica). Il reato di insolvenza fraudolenta si radica nel secondo rapporto. L’imputato, firmando la fideiussione, ha contratto una nuova e autonoma obbligazione. È in relazione a quest’ultima che va valutata la sua condotta: ha nascosto la sua incapacità di pagare (stato di insolvenza) con il piano di non adempiere.

La solidarietà dell’obbligazione, ai sensi dell’art. 1944 c.c., rende il fideiussore e il debitore principale responsabili sullo stesso piano. Il mancato pagamento alla scadenza, senza necessità di ulteriori solleciti (in base al principio dies interpellat pro homine), ha segnato il momento consumativo del reato. La Corte ha sottolineato che la prova della dissimulazione non richiede atti complessi, ma può consistere anche in un comportamento omissivo, come tacere una condizione di insolvibilità che, se conosciuta, avrebbe dissuaso la controparte dal concludere il contratto.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

La sentenza consolida un principio di notevole importanza pratica: chi presta una fideiussione personale non può sottrarsi a responsabilità penale per insolvenza fraudolenta sostenendo che il debito originario appartenga a un altro soggetto (come una società). Il contratto di garanzia costituisce un’obbligazione autonoma, e chi la assume deve farlo con la capacità e l’intenzione di adempierla. Dissimulare la propria insolvibilità al momento della firma integra una condotta penalmente rilevante. Questa decisione serve da monito per amministratori e soci che intendano utilizzare garanzie personali in modo strumentale, senza avere la reale capacità di farvi fronte, inducendo i creditori a fare affidamento su una solidità patrimoniale inesistente.

Un fideiussore può essere condannato per insolvenza fraudolenta se il debitore principale è una società?
Sì. La Corte di Cassazione ha chiarito che il reato si contesta in relazione all’obbligazione personale assunta con il contratto di fideiussione, non a quella del debitore principale. Se il fideiussore contrae tale obbligo dissimulando il proprio stato di insolvenza con il proposito di non adempiere, commette il reato.

Quando si consuma il reato di insolvenza fraudolenta per il fideiussore?
Il reato si consuma con il mancato adempimento della prestazione garantita. Se la fideiussione è solidale e non prevede il beneficio di escussione, l’inadempimento del fideiussore si verifica contestualmente a quello del debitore principale, alla scadenza del termine pattuito.

Come si prova la dissimulazione dello stato di insolvenza?
La prova può essere desunta dal comportamento complessivo dell’agente, precedente e successivo all’assunzione dell’obbligazione. Secondo la sentenza, anche il mero silenzio sulla propria reale condizione patrimoniale può costituire dissimulazione, se tenuto con il preordinato proposito di non adempiere al contratto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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