Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 11114 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 11114 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 17/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto nell’interesse di COGNOME NOME nato a BARI il DATA_NASCITA avverso la sentenza del 06/04/2023 della CORTE APPELLO di TRIESTE visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le richieste del PG COGNOME, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
lette le conclusioni dell’AVV_NOTAIO, per la parte civile RAGIONE_SOCIALE, con allegata nota spese, che ha chiesto il rigetto del ricorso e la conferma delle statuizioni civili, nonché la rifusione delle spese del grado di giudizio;
lette le conclusioni dell’AVV_NOTAIO, per il ricorrente, che ha chiesto l’annullamento della sentenza e in subordine la declaratoria di prescrizione.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza impugnata, la Corte di appello di Trieste ha integralmente confermato la pronuncia di condanna emessa in data 2 luglio 2020 dal Tribunale
di Pordenone nei confronti di NOME COGNOME, per il reato di cui all’art. 641 cod. pen.
Ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME, a mezzo del proprio difensore, articolando due motivi di impugnazione, che qui si riassumono nei termini di cui all’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo motivo, si deduce l’erronea applicazione della legge penale in relazione all’art. 641 cod. pen., in ordine alla ritenuta sussistenza dell’elemento materiale del reato.
Il soggetto giuridico inadempiente dovrebbe infatti individuarsi nella RAGIONE_SOCIALE e non nel suo legale rappresentante (odierno ricorrente, mero fideiussore). Posto che la consumazione del reato si avrebbe soltanto al momento dell’inadempimento, da accertarsi secondo la disciplina civilistica, in difetto di escussione del garante e tenuto conto delle trattative comunque intercorse, non potrebbe dunque dirsi integrata la fattispecie.
2.2. Con il secondo motivo, la difesa eccepisce il vizio di motivazione, laddove da un lato si afferma che non è stata intrapresa nessuna iniziativa giudiziaria contro l’imputato, stante l’incapienza del suo patrimonio, e dall’altro si postula invece la dissimulazione di un ipotetico stato di insolvenza, pertanto sconosciuto alla controparte.
Si è proceduto con trattazione scritta, ai sensi dell’art. 23, comma 8, decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, convertito nella legge 18 dicembre 2020, n. 176 (applicabile in forza di quanto disposto dall’art. 94, comma 2, decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150, come modificato dall’art. 17, decreto-legge 22 giugno 2023, n. 75).
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato.
Oggetto della contestazione, in primo luogo, non è l’inadempimento del contratto di somministrazione di bevande tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, come suggerito dalla difesa, ma la stipula del correlato contratto di fideiussione tra la medesima fornitrice RAGIONE_SOCIALE e il ricorrente, legale rappresentante di RAGIONE_SOCIALE, che si è così obbligato all’adempimento della medesima prestazione pecuniaria del debitore principale. Il contratto non prevedeva il beneficio di escussione. L’obbligazione del fideiussore, pertanto, pur avendo carattere accessorio e pur essendo subordinata all’inadempimento del debitore principale, è solidale con quella di quest’ultimo e non può essere considerata, quindi, né sussidiaria né eventuale (Cass. Civ., Sez. 3, n. 26042 del 29/11/2005, Banca Roma/Pagano, Rv. 585736).
L’inadempimento del fideiussore NOME, obbligato solidalmente ex art. 1944 cod. civ., si verifica dunque contestualmente a quello del debitore principale RAGIONE_SOCIALE, nei termini di cui agli artt. 1182ss cod. civ.
Pertanto, trattandosi di obbligazione di consegnare una somma di denaro (cosiddetto debito portabile), essa doveva essere adempiuta entro il termine contrattualmente fissato, presso il domicilio del creditore o con le altre modalità concordate dalle parti. Ai sensi dell’art. 1219, secondo comma, n. 3, cod. civ., in ossequio al principio dies interpellat pro homine, i debitori solidali erano dunque costituiti in mora, già alla scadenza del termine. Oltretutto, risultano successivamente inviati anche specifici solleciti, mediante raccomandate del 27 marzo e 27 luglio 2017.
Con il mancato adempimento della prestazione dovuta, che costituisce l’ultima fase dell’iter criminoso, si è consumato il reato di insolvenza fraudolenta (Sez. 2, Sentenza n. 37909 del 28/10/2020 Sorrentino Rv. 280608; Sez. 6, n. 28117 del 26/03/2015 COGNOME Rv. 263930).
Non sussiste alcuna contraddittorietà nel passaggio argomentativo censurato con il secondo motivo di ricorso.
La condotta dissimulatoria ha avuto per oggetto lo stato di insolvenza del patrimonio personale dell’imputato. Dalle emergenze processuali, come richiamate nelle due sentenze di merito, nonché nell’atto di impugnazione, non emerge alcuna conoscenza in capo agli amministratori di RAGIONE_SOCIALE della claudicante situazione finanziaria di NOME, ma solo di RAGIONE_SOCIALE. Tant’è che, in sede di trattativa contrattuale, si impone di aggiungere anche la garanzia personale, evidentemente postulando la capienza del patrimonio del fideiussore.
Peraltro, la prova della condizione di insolvenza dell’agente, al momento dell’assunzione dell’obbligazione, può essere desunta dal comportamento precedente e successivo all’inadempimento, assumendo rilievo anche il mero silenzio, quale forma di dissimulazione del proprio stato, nel caso in cui tale condizione non sia stata manifestata all’altra parte contraente al momento della stipula del contratto, con il preordinato proposito di non adempiere alla prestazione scaturente dal rapporto contrattuale (Sez. 5, n. 30718 del 18/06/2021, COGNOME, Rv. 281868; Sez. 2, n. 8893 del 03/02/2017, COGNOME, Rv. 269682).
Avuto riguardo alla recidiva ex art. 99, quarto comma, cod. pen., il tempo necessario a prescrivere, ai sensi degli artt. 157 e 161 cod. proc. pen., è di dieci anni e dunque il termine non è evidentemente ancora spirato.
Il ricorso deve pertanto essere rigettato e il ricorrente condannato, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. peri., al pagamento delle spese processuali.
Consegue altresì la condanna dell’imputato alla rifusione delle spese di assistenza e rappresentanza sostenute dalla parte civile costituita nel presente grado di giudizio, liquidate come in dispositivo, in relazione all’attività svolta.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Condanna, inoltre, il ricorrente alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile RAGIONE_SOCIALE, che liquida in complessivi euro 3700,00, oltre accessori di legge.
Così deciso il 17 gennaio 2024
Il Consigliere estensore
La Presidente