Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 22302 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 22302 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: PAZIENZA VITTORIO
Data Udienza: 07/03/2024
SENTENZA
Sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME, nata in Moldavia il DATA_NASCITA avverso l’ordinanza emessa il 19/04/2023 dalla Corte d’Appello di Roma visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza n. 44577 del 28/10/2022, la Quarta Sezione di questa Suprema Corte annullava con rinvio l’ordinanza, emessa in data 24/05/2021, con cui la Corte di Appello di Roma aveva rigettato la domanda di riparazione per ingiusta detenzione formulata da COGNOME NOME NOME relazione al periodo trascorso in regime di arresti domiciliari nell’ambito del procedimento a suo carico per il delitto di tentato omicidio di COGNOME NOME (all’epoca convivente della propria madre COGNOME NOME): procedimento definito con decreto di archiviazione dal G.i.p
del Tribunale di Roma, il quale – su conforme richiesta del P.M. – ha ritenuto applicabile la scriminante della legittima difesa.
In sede di rinvio, la Corte d’Appello ha nuovamente rigettato la domanda di riparazione, osservando tra l’altro che gli elementi a carico della COGNOME fossero di consistenza tale da giustificare ex ante l’applicazione degli arresti domiciliari, e che la mancanza di dichiarazioni della ricorrente non aveva “consentito di valutare i fatti occorsi alla luce di elementi del tutto successivi, la cui sussistenza er indubbiamente necessaria ai fini del corretto inquadramento giuridico della fattispecie”.
Anche avverso tale decisione, propone ricorso per cassazione la COGNOME, deducendo: 3.1. Violazione di legge e vizio di motivazione, anche per travisamento delle dichiarazioni di COGNOME NOME con riferimento alla ritenuta sussistenza della colpa grave, ostativa all’accoglimento della domanda, per essersi la ricorrente avvalsa della facoltà di non rispondere. Si censura il mancato rispetto delle indicazioni della sentenza rescindente, e la contraddittorietà della decisione rispetto al passaggio motivazionale in cui la Corte territoriale aveva riconosciuto la legittimità dell’esercizio della facoltà di non rispondere. Quanto alle dichiarazioni di COGNOME NOME, si evidenzia che quest’ultima aveva nell’immediatezza ricostruito i fatti in termini successivamente recepiti dal giudice della cautela e dallo stesso P.M. in sede di richiesta di archiviazione: in particolare, la madre della ricorrente aveva descritto una dinamica del tutto diversa dal “volontario accoltellamento” evocato dalla Corte territoriale, avendo anzi dichiarato di aver cercato di trattenere il suo compagno (intenzionato a raggiungere NOME, che alla fine si era avvicinata come per spingerlo) e di non aver visto in quella fase la figlia prendere il coltello. riguardo, si evidenzia da un lato che lo stesso GRAGIONE_SOCIALEpRAGIONE_SOCIALE, nell’emettere la misura domiciliare (più lieve di quella richiesta), aveva invitato il P.M. a vagliare ipote alternative (come poi accaduto con il riconoscimento della legittima difesa); d’altro lato, la difesa sottolinea che, anche nell’immediatezza, la ricorrente aveva palesato agli operanti intervenuti di aver colpito il COGNOME per difendere la madre, sentendosi anche lei minacciata. Sempre con riferimento alle dichiarazioni rese da COGNOME NOME, si sottolinea che la donna aveva riferito di condotte gravemente violente e minatorie poste in essere dal COGNOME prima dell’intervento della figlia (come sottolineato anche in sede di applicazione degli arresti domiciliari). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Con specifico riferimento alla pretesa sussistenza di cause ostative (dolo o colpa grave), si sottolineano le connotazioni al contrario collaborative e serene della condotta della ricorrente, che si era poi sottoposta ad interrogatorio.
2.2. Violazione di legge con riferimento alla mancata individuazione delle condotte commissive od omissive della COGNOME, ritenute ostative all’accoglimento
della domanda di riparazione. Si censura l’assoluta carenza motivazionale sul punto.
2.3. Violazione di legge con riferimento alla mancata ottemperanza alle indicazioni del giudice di rinvio, essendo anche in questa occasione il rigetto della domanda fondato essenzialmente sull’esercizio della facoltà di non rispondere da parte della COGNOME.
2.4. Violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento alla disposta compensazione delle spese di lite. Si censura l’ordinanza per la totale mancanza di ragioni di eccezionale gravità idonee a fondare la compensazione, nonostante la soccombenza della controparte nel primo giudizio di merito.
2.5. Violazione di legge con riferimento alla mancata liquidazione delle spese, prescindendo dalla soccombenza, essendo la COGNOME stata ammessa al patrocinio a spese dello Stato.
3 Con requisitoria ritualmente trasmessa, il AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO sollecita l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata, condividendo i rilievi difensivi.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato.
Come già in precedenza ricordato, la Quarta Sezione di questa Suprema Corte, con la sentenza n. 44577 del 2022, annullava una prima ordinanza con cui la Corte d’Appello aveva rigettato la domanda di riparazione per ingiusta detenzione presentata da COGNOME NOMENOME NOME relazione al periodo trascorso agli arresti domiciliari nell’ambito del procedimento a suo carico per il delitto di tentat omicidio di COGNOME NOME NOMEconvivente della propria madre COGNOME NOMENOME: procedimento definito con decreto di archiviazione per avere COGNOME NOME NOME in stato di legittima difesa.
È opportuno prendere le mosse da tale sentenza rescindente.
2.1. La Corte territoriale aveva rigettato la domanda di riparazione definendo “gravemente imprudente” il comportamento di COGNOME NOME la quale, avvalendosi della facoltà di non rispondere, aveva mantenuto il silenzio su elementi essenziali per la ricostruzione della vicenda, in particolare non specificando le ragioni dell’accoltellamento del COGNOME, e concorrendo così a mantenere un quadro di gravità indiziaria a suo carico.
Nel censurare tale percorso argomentativo – ormai non più sostenibilyche alla luce della modifica dell’art. 314 cod. proc. pen. – la Quarta Sezione anney da un lato posto l’accento sulla necessaria sussistenza, per addivenire ad una decisione di rigetto della domanda, di condotte improntate a dolo o colpa grave dell’interessato, ovvero di “comportamenti specifici che abbiano ‘dato causa’ all’instaurazione dello stato privativo della libertà o abbiano ‘concorso a darvi causa’, sicchè è ineludibile l’accertamento del rapporto causale, eziologico, tra tali
condotte ed il provvedimento restrittivo della libertà personale” (cfr. pag. 4 della sentenza rescindente).
D’altro lato, con specifico riferimento alla concreta fattispecie, la Quarta Sezione escludeva che l’ordinanza avesse operato tale necessaria verifica, avendo ancorato la condotta colposa di COGNOME NOME al solo silenzio serbato nell’interrogatorio di garanzia (solo in un successivo interrogatorio, infatti, l donna aveva reso dichiarazioni utili a ricostruire la vicenda nel senso poi accolto nel decreto di archiviazione). In particolare, la sentenza rescindente evidenziava (pag. 5) che “a fronte della ricostruzione dei fatti fornita dalla madre della COGNOME, le cui dichiarazioni avevano già palesato il comportamento offensivo e prevaricatore del suo compagno, vittima del reato contestato, il percorso argomentativo seguito dal giudice della riparazione non appare coerente con i principi giuridici precedentemente richiamati, essendo stata data valorizzazione ad un elemento, quello del silenzio, che tende ad avere valore neutrale, inidoneo di per sé a giustificare l’esclusione della riparazione”.
2.2. È dunque ben chiaro il compito cui era stato chiamato il giudice di rinvio, alla luce di quanto ricostruito da COGNOME NOME in ordine alle condotte prevaricatrici e minacciose del COGNOME.
L’individuazione di condotte dolose o gravemente colpose di COGNOME NOME, come tali ostative al riconoscimento del suo diritto alla riparazione, avrebbe dovuto sostanziarsi nella ricerca e nella valorizzazione di circostanze concrete, effettivamente accertate, idonee a far ritenere che l’odierna ricorrente avesse dato “occasioni di fraintendimento” quanto alle ragioni della propria presenza insieme alla madre e al COGNOME, in occasione del ferimento di quest’ultimo, e del proprio coinvolgimento nella vicenda: circostanze diverse, si ripete, dal mero silenzio serbato in sede di convalida dell’arresto, che ai sensi del nuovo testo dell’art. 314 cod. proc. pen. “non può più rilevare quale comportamento ostativo alla insorgenza del diritto alla riparazione né di per sé assumere rilevanza etiologica rispetto alla condizione negativa di che trattasi” (cfr. pag. 5 della sentenza rescindente).
L’ordinanza impugnata non si è attenuta ai principi fin qui richiamati.
3.1. Dopo aver ricordato la giurisprudenza che sottolinea l’autonomia del giudice della riparazione nell’apprezzamento delle risultanze processuali, la Corte d’Appello ha valorizzato, quali elementi a carico, il “volontario accoltellamento di COGNOME NOME, come dichiarato dalla stessa madre dell’indagata, con dolo del reato di cui agli artt. 56, 575 cod. pen., come ricostruito dal P.M. in sede di richiesta di custodia cautelare”.
Con tale affermazione, peraltro, la Corte territoriale si è esposta ai fondati rilievi di travisamento della prova formulati nell’odierno ricorso, avendo la difesa evidenziato – richiamando specifici passaggi delle dichiarazioni in questa sede allegate – che la deposizione di COGNOME NOME non consentiva affatto di parlare di “volontario accoltellamento”. Ella aveva infatti riferito: che aveva tentato di
trattenere il COGNOME, intenzionato a raggiungere NOME; che quest’ultima si era avvicinata “come se volesse spingere NOME dandomi man forte gli ha messo le mani sul corpo”; che neppure si era accorta che la figlia aveva preso un coltello in cucina, alle sue spalle, “mentre ero impegnata a impedire al mio compagno di raggiungerla” (cfr. pag. 6 del ricorso e il verbale di s.i.t. di COGNOME NOME, la quale ha tra l’altro dettagliatamente descritto le fasi della violenta lite, soffermandosi s propri tentativi di frapporsi tra gli altri due per impedire che il COGNOME raggiungesse NOME in cucina).
3.2. La Corte d’Appello ha inoltre ritenuto “che, giusta la irrilevanza causale del comportamento della COGNOME sancita nella sentenza di annullamento che ha dato origine al giudizio di rinvio, che ha legittimamente valutato di non rispondere in sede di convalida dell’arresto, la mancanza di dichiarazioni non abbia consentito di valutare i fatti occorsi alla luce di elementi del tutto soggettivi, la cui sussiste era indubbiamente necessaria ai fini del corretto inquadramento giuridico della fattispecie”.
Si tratta di un passaggio motivazionale non del tutto chiaro, che per un verso sembra condividere il principio affermato dalla sentenza rescindente (ed ormai trasfuso nel testo del novellato art. 314 del codice di rito), ma che subito dopo per altro verso – finisce per attribuire una decisiva rilevanza causale, nel senso e ai fini che qui interessano, alla decisione di COGNOME NOME di avvalersi della facoltà di non rispondere nel corso del primo interrogatorio: così ponendosi, all’evidenza, in linea di collisione con le statuizioni della sentenza di annullamento con rinvio (cfr. supra, § 2.1).
4. Le considerazioni fin qui svolte impongono l’annullamento dell’ordinanza impugnata, con rinvio per nuovo esame ad altra Sezione della Corte d’Appello di Roma, la quale provvederà anche alla liquidazione delle spese sostenute nel presente grado dalla ricorrente, ammessa al patrocinio a spese dello Stato.
P.Q.M.
Annulla la ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte di Appello di Roma.
Così deciso il 7 marzo 2024