Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 11175 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 11175 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 28/02/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOME, nata in Russia il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 16/06/2023 della Corte d’appello di Torino visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; lette le richieste del Pubblico RAGIONE_SOCIALE, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
NOME propone, a mezzo del difensore procuratore speciale, ricorso per cassazione avverso l’ordinanza, in data 16 giungo 2023, con la quale la Corte d’appello di Torino, pronunciandosi nel giudizio di rinvio a seguito della sentenza n. 601/2013 della Corte di Cassazione, ha rigettato l’istanza di riparazione di ingiusta detenzione.
Deduce la ricorrente la violazione di legge processuale in relazione all’art. 314 cod.proc.pen. e il vizio di motivazione sotto il profilo della illogicità de motivazione in relazione al pericolo di fuga.
Premette la ricorrente di avere chiesto la riparazione dell’ingiusta detenzione per aveva patito una custodia cautelare dal 16 giugno 2019 al 1 febbraio 2019, nell’ambito di una procedura di estradizione passiva, vicenda si era conclusa con
il rigetto dell’estradizione per mancato inoltro degli atti dalla Moldavia, e che a seguito dell’annullamento disposto dalla Corte di cassazione, la Corte d’appello di Torino aveva respinto l’istanza senza neppure verificare il titolo in forza del quale era stata applicata in via provvisoria la misura cautelare ex art. 715 cod.proc.pen., nonché il pericolo di fuga. Ciò premesso, argomenta il vizio di motivazione dell’ordinanza impugnata laddove ha ritenuto sussistente in termini di colpa grave la circostanza che la ricorrente non avesse mai richiesto l’iscrizione all’anagrafe nonostante fosse presente sul territorio da oltre cinque anni, avendo in tal modo concorso a determinare il convincimento del pericolo di fuga, e, quanto al mantenimento, non aveva documentato adeguatamente il suo stato sanitario né la sussistenza di un rapporto parentale della persona che si era offerta di ospitarla presso la propria abitazione. Chiede l’annullamento dell’ordinanza.
L’Avvocatura dello Stato, per il RAGIONE_SOCIALE, ha depositato memoria scritta con cui ha chiesto la conferma dell’ordinanza impugnata.
Il Procuratore generale ha depositato requisitoria scritta con cui ha chiesto l’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
4. Il ricorso è fondato.
Va premesso, come ricorda la sentenza rescindente, che in tema di ingiusta detenzione, in caso di privazione della libertà personale nell’ambito di una procedura di estradizione passiva conclusasi senza l’adozione di una sentenza irrevocabile favorevole all’estradizione, è configurabile il diritto alla riparazio non assumendo rilievo la mancanza di una RAGIONE_SOCIALE pronunce liberatorie di cui all’art. 314, commi 1 e 3, cod. proc. pen. (Sez. 4, n. 52813 del 19/09/2018, COGNOME, Rv. 275197).
La sentenza COGNOME, nell’analizzare le condizioni alle quali sussiste il diritto alla riparazione per ingiusta detenzione nella procedura di estradizione passiva ha chiarito: che il diritto alla riparazione non presuppone che la detenzione sia stata instaurata in violazione degli artt. 273 e 280 cod. proc. pen.; che le misure coercitive disposte nell’ambito di una procedura di estradizione passiva trovano nel pericolo di fuga il presupposto atto a giustificare l’applicazione de provvedimento limitativo della libertà personale; che con riferimento alle ipotesi di detenzione patita in via provvisoria ex art. 715 cod. proc. pen. o ex art. 716 cod. proc. pen., la ingiustizia non può essere data dalla insussistenza RAGIONE_SOCIALE condizioni per una sentenza favorevole alla estradizione; che il giudice della riparazione, chiamato a valutare l’ingiustizia della detenzione subita a fini estradizionali, dovrà accertare se ricorra o meno la condizione ostativa al
riconoscimento del diritto concretantesi nella condotta dolosa o gravemente colposa della persona che sia stata causa o concausa del vincolo (in tal senso sez. 4 n. 52813 del 19/09/2018, COGNOME, cit e, da ultimo Sez. 3, n. 554 del 27/09/2022, COGNOME, Rv. 283921).
Di rilievo per lo scrutinio del caso concreto, più recentemente, si è chiarito che in tema di riparazione per l’ingiusta detenzione, ove la privazione della libertà personale sia stata sofferta nell’ambito di una procedura di estradizione passiva conclusasi con il rigetto della richiesta, il comportamento ostativo doloso o gravemente colposo dell’estradando deve essere accertato, ai fini del riconoscimento del diritto, con riferimento al solo pericolo di fuga tanto nel caso in cui la misura cautelare coercitiva sia stata applicata in via provvisoria ai sensi degli artt. 715 e 716 cod. proc. pen., quanto in quello in cui sia stata disposta, in prosecuzione del vincolo, dopo la richiesta di estradizione, ai sensi dell’art. 714 cod. proc. pen. (Sez. 4, n. 22688 del 14/03/2023, Burca, Rv. 284647 – 01).
5. Essendo stata pronunciata sentenza irrevocabile di rigetto della richiesta di estradizione, sussisteva in astratto in capo alla NOME il diritto alla riparazio per la detenzione ingiustamente patita.
A seguito di annullamento della precedente ordinanza, la Corte della riparazione era tenuta, nel valutare la sussistenza o meno di una “giusta” detenzione – ivi compresa la preliminare verifica dell’esatta identificazione del titolo posto a base della richiesta di estradizione- (come indicato nella sentenza di annullamento), ad accertare l’esistenza o meno della condizione ostativa, ovvero se il soggetto istante avesse contribuito con una sua condotta dolosa o gravemente colposa all’adozione della misura ovvero al mantenimento della stessa.
Il giudice del rinvio, nel compiere tale accertamento, ha reso una motivazione manifestamente illogica là dove, oltre a non interrogarsi neppure sulla esatta identificazione del titolo posto a base della richiesta di estradizione, eludendo anche il devoluto indicato nella sentenza rescindente, ha argomentato il pericolo di fuga in ragione della circostanza che nonostante la sua presenza sul territorio dello Stato da oltre cinque anni, non si era adoperata per l’iscrizione all’anagrafe, motivazione manifestamente illogica, e, quanto al mantenimento della custodia in carcere non era stato indicato il rapporto di parentela con il soggetto che si era reso disponibili ad accoglierla agli arresti domiciliari, requisit quest’ultimo non richiesto.
Ribadito l’orientamento di questa Corte secondo cui, in tema di riparazione per ingiusta detenzione, il sindacato del giudice di legittimità sull’ordinanza che definisce il relativo procedimento è limitato alla correttezza del ragionamento logico giuridico con cui il giudice è pervenuto ad accertare o negare i presupposti
per l’ottenimento del beneficio, l’iter argomentativo della Corte d’appello risulta manifestamente illogico quanto ai criteri indicati dalla Corte di cassazione a cui doveva attenersi e, ancora una volta carente quanto alla verifica del titolo che a dato origine all’estradizione passiva.
L’ordinanza impugnata deve, pertanto essere annullata con rinvio per nuovo esame alla Corte di Appello di Torino, che nel nuovo giudizio dovrà attenersi ai principi su indicati e valutare la sussistenza in concreto di una condotta dolosa o gravemente colposa della richiedente incidente sul requisito d i applicazione della misura cautelare rappresentato dal pericolo di fuga, previa preliminare verifica del titolo posto a base della richiesta di estradizione, su cui è anche mancata la verifica da parte della Corte d’appello.
Alla Corte di Appello di Torino si demanda, altresì, la regolamentazione tra le parti RAGIONE_SOCIALE spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio alla Corte d’appello di Torino.
Così deciso il 28/02/2024