Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 3008 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 3008 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 11/12/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato il 24/02/2002
avverso l’ordinanza del 23/09/2024 della CORTE APPELLO di FIRENZE Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria del Procuratore generale, che ha concluso per il rigetto
RITENUTO IN FATTO
1. La Corte di appello di Firenze, con l’ordinanza indicata in epigrafe, ha rigettato l’istanza di riparazione per ingiusta detenzione proposta nell’interesse di Chetouany COGNOME in relazione a un procedimento nel quale è stato sottoposto a custodia cautelare in carcere per 257 giorni essendo indagato per i delitti di rapina aggravata in concorso e lesioni aggravate. Tale procedimento si è concluso con sentenza irrevocabile di assoluzione «perché il fatto non sussiste» del Tribunale di Firenze in relazione al reato di rapina aggravata e con trasmissione degli atti al pubblico ministero ai sensi dell’art.
521 cod. proc. pen. con riferimento alle contestate lesioni aggravate, avendo il tribunale ritenuto che fosse emerso un fatto diverso, ossia la rissa aggravata.
Avverso tale provvedimento NOME COGNOME ricorre per cassazione censurando l’ordinanza, con unico, articolato motivo, in primo luogo perché l’istruttoria ha evidenziato la falsità delle dichiarazioni delle due presunte persone offese; sulla base di un filmato registrato da telecamere di sicurezza, è stato, infatti, appurato che le stesse hanno preso attivamente parte a una rissa tra peruviani e magrebini. La Corte territoriale non ha spiegato quali siano stati i comportamenti del ricorrente tali da incidere sull’adozione della misura cautelare, non essendo sufficiente il mero richiamo al compendio indiziario sul quale il giudice della cautela ha fondato l’applicazione della misura. In secondo luogo, la partecipazione del COGNOME all’aggressione deve essere ancora vagliata da un giudice di primo grado. Con riferimento alla condotta endoprocessuale, la difesa lamenta la violazione dell’art. 314 cod. proc. pen. per avere il giudice della riparazione attribuito rilievo alla scelta dell’imputato di difendersi tacendo. La Corte territoriale non ha spiegato in cosa consista la condotta menzognera dell’istante e in che modo eventuali dichiarazioni menzognere abbiano concorso al mantenimento della misura cautelare, attribuendo in maniera apodittica rilievo all’affermazione del COGNOME della sua innocenza e a una ricostruzione asseritamente confusa e illogica. Al contrario, COGNOME ha sovrapposto due episodi avvenuti nella stessa mattina, riferendo dell’unico episodio per il quale riteneva possibile l’arresto, ossia il furto di un telefono cellulare, realmente accaduto.
Il Procuratore generale, con requisitoria scritta, ha concluso per il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato.
La Corte territoriale, contrariamente a quanto sostiene il ricorrente, ha valorizzato il comportamento del COGNOME emergente dalla sentenza, in cui si dà atto di un’aggressione a cui hanno preso parte vari soggetti, tra i quali lo stesso richiedente; ha, inoltre, attribuito rilievo al fatto che in sede di convalida il COGNOME ha dichiarato di aver fatto uso sia di alcol che di cocaina, ammettendo esservi stata una colluttazione, pur attribuendo ad altri l’aggressione.
La ricostruzione dei fatti fornita al giudice della convalida, si legge nell’ordinanza, è stata confusa e illogica nonchè piena di contraddizioni e sovrapposizione di episodi, peraltro smentiti dai filmati acquisiti e visionati anche da personale di polizia giudiziaria
Anche per quanto riguarda la condotta endo-processuale il giudice della riparazione ha fatto riferimento a elementi istruttori non smentiti dalla sentenza assolutoria, specificamente attinenti alla partecipazione a una colluttazione emergente dalle videoriprese di telecamere di sicurezza; in merito a tali elementi istruttori è stata registrata la condotta mendace dell’indagato.
3. Il ricorso risulta, sul punto, generico in quanto vi si sostiene che la responsabilità di COGNOME in relazione alla rissa deve essere ancora accertata a fronte di una precisa indicazione, desumibile dal provvedimento impugnato, circa un’aggressione alla quale il ricorrente ha preso parte. Con riguardo alla condotta endoprocessuale il ricorso è ugualmente generico, allegando un errore percettivo dell’indagato sulle ragioni dell’arresto e lamentando la valorizzazione del silenzio senza confrontarsi con il mendacio rilevato dal giudice della riparazione.
Non è, infatti, dirimente se il comportamento ritenuto ostativo all’accoglimento della domanda costituisca o meno condotta penalmente rilevante, posto che nel giudizio di riparazione assumono rilievo quei comportamenti dolosi o gravemente colposi che, pur non dando luogo a responsabilità penale, possono aver indotto in errore l’autorità giudiziaria in merito alla sussistenza di gravi indizi di reato al momento dell’applicazione della misura cautelare; inoltre, la colpa grave, ostativa alla riparazione della detenzione subita, non deve consistere necessariamente in una condotta che sia idonea a indurre in errore l’autorità giudiziaria in relazione al reato per il quale si è patita la detenzion sempre che la trasgressione sia stata giuridicamente idonea a sostenere una misura cautelare detentiva (Sez. 4, n. 48311 del 26/09/2017, COGNOME, Rv. 271039 – 01).
Il provvedimento, per tale profilo, risulta esente da vizi, avendo incentrato la motivazione sul fatto che il COGNOME abbia dato colposamente adito al sospetto del suo diretto coinvolgimento in una aggressione nel luogo e nel momento in cui vi si trovavano anche le persone che lo avevano denunciato e che in merito a tale circostanza abbia tenuto una condotta non silente ma mendace in sede di interrogatorio (Sez. 4, n. 24608 del 21/05/2024, F., Rv. 286587 – 01).
4. Per tali ragioni il ricorso non può essere accolto. Al rigetto del ricorso segue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così è deciso, 11/12/2024