Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 35029 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 35029 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 08/10/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOME, nato a Platì il DATA_NASCITA, avverso l’ordinanza in data 13/02/2025 della Corte di appello di Reggio Calabria;
letti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni scritte con cui il Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore NOME AVV_NOTAIO, ha chiesto che il ricorso sia dichiarato inammissibile.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza in data 13/02/2025, la Corte di appello di Reggio Calabria ha rigettato la richiesta di riparazione per l’ingiusta detenzione presentata nell’interesse di COGNOME NOME, sottoposto alla misura cautelare della custodia in carcere dal 25/05/2017 al 16/12/2019, in relazione al delitto di omicidio aggravato e dallo stesso assolto con sentenza della medesima Corte di appello di Reggio Calabria del 16/12/2019, in seguito divenuta irrevocabile.
Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il difensore del COGNOME, AVV_NOTAIO, che ha articolato due motivi di ricorso, di seguito sintetizzati conformemente al disposto dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo motivo del ricorso lamenta, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., vizio di motivazione per travisamento della prova in punto di ritenuta sussistenza di profili di dolo o di colpa nell’agire del richiedente
Rileva, in specie, che, nell’ordinanza oggetto d’impugnativa, sarebbero stati rilevati profili di dolo o di colpa connotanti l’agire del richiedente, in e all’ingiustificata valorizzazione del comportamento, in tesi ambiguo, da questi tenuto in concomitanza con l’adozione di un secondo vincolo cautelare, sebbene il predetto, diversamente da COGNOME NOME, fosse stato sottoposto a misura cautelare personale in una sola occasione.
2.2. Con il secondo motivo del ricorso si duole, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. c) ed e), cod. proc. pen., dell’inosservanza della norma processuale di cui all’art. 314 cod. proc. pen. e del vizio di motivazione per carenza in punto di ritenuta sussistenza di profili di dolo o di colpa nell’agire del richiedente.
Sostiene, in particolare, che, nella decisione della Corte territoriale, s sarebbe genericamente stigmatizzata la presenza di COGNOME NOME NOME‘incontro con altri elementi di spicco del contesto ‘ndranghetistico, in cui era avvenuta la messa in stato d’accusa di tale COGNOME NOME, poi assassinato, senza specificare, in alcun modo, in cosa si sostanziassero, di fatto, i richiesti profili di dolo o di colpa.
Il procedimento è stato trattato in udienza camerale non partecipata, in assenza di richiesta di trattazione orale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso presentato nell’interesse di NOME è infondato per le ragioni che, di seguito, si espongono.
Del tutto infondato è il primo motivo del ricorso, con cui si lamenta vizio di motivazione per travisamento della prova in punto di ritenuta sussistenza di profili di dolo o di colpa nell’agire del richiedente, rilevando che, nell’ordinanz impugnata, si sarebbe pervenuti a tale conclusione per effetto dell’ingiustificata valorizzazione del comportamento asseritamente ambiguo tenuto dal predetto in occasione dell’adozione, nei suoi confronti, di un secondo titolo cautelare, che, in realtà, non sarebbe mai stato emesso.
Ritiene, in proposito, il Collegio, diversamente opinando, che l’ordito argomentativo a corredo dell’ordinanza impugnata non sia inficiato dal vizio in concreto dedotto, che, secondo l’autorevole insegnamento della Suprema Corte, può essere fatto valere in sede di legittimità, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., solo nel caso in cui sia introdotta in motivazion un’informazione rilevante non rinvenibile nell’incarto processuale o, per converso, in quello in cui sia omessa la valutazione di una prova decisiva ai fini del decidere (così, ex multis, Sez. 2, n. 27929 del 12/06/2019, RAGIONE_SOCIALE. RAGIONE_SOCIALE, Rv. 276567-01, nonché Sez. 2, n. 47035 del 03/10/2013, COGNOME, Rv. 257499-01), evenienze all’evidenza non ricorrenti nella vicenda di cui trattasi.
E invero, non può non rilevarsi che il riferimento all’adozione, nei confronti di COGNOME NOME, di una seconda misura cautelare, contenuto nell’ordinanza di cui trattasi, pur se errato, per essere stato assoggettato il predetto a vincolo personale in una sola occasione, costituisce, in sostanza, un mero refuso, dovuto al fatto che il contenuto di tale provvedimento reiettivo coincide, in buona parte, con quello (prodotto dalla difesa), di analogo tenore, emesso, il precedente 14/11/2024, nei confronti di COGNOME NOMENOME fratello e illo tempore coimputato del richiedente, attestandolo con chiarezza il raffronto tra di essi.
Né si rinvengono nell’ordinanza de qua altre parti caratterizzate da criticità di rilevanza tale da indurre a concludere che il rigetto della richiesta di riparazione sia scaturito – come sostenuto – da un travisamento della prova per invenzione o per soppressione, escludendolo radicalmente l’esistenza di un apparato motivazionale congruo nel suo complesso, oltre che lineare e tutt’altro che illogico.
Destituito di fondamento è anche il secondo motivo del ricorso, con cui ci si duole dell’inosservanza della norma processuale di cui all’art. 314 cod. proc. pen. e del vizio di motivazione per carenza in punto di ritenuta sussistenza di profili di dolo o di colpa nell’agire del richiedente, sostenendo che, nella decisione della Corte territoriale, sarebbe stata genericamente stigmatizzata la presenza del predetto al summit in cui era avvenuta la messa in stato d’accusa di COGNOME NOME, individuo poi assassinato, in quanto non si sarebbe specificato in cosa si sostanziasse l’anzidetto profilo di colpa.
Ritiene il Collegio che le doglianze fatte valere con il motivo in disamina siano prive di pregio, in quanto l’ordinanza reiettiva del giudice della riparazione risulta corredata da un impianto argomentativo congruo, lineare e tutt’altro che illogico, oltre che pienamente rispettoso del disposto dell’art. 314 cod. proc. pen., nell’ermeneusi offertane dalla giurisprudenza di legittimità.
Ciò perché il giudice della riparazione ha correttamente ritenuto che il richiedente avesse concorso, con comportamento gravemente colposo, a dar causa all’emissione del provvedimento restrittivo di cui era stato destinatario, individuando, poi, la condotta connotata da profili di colpa nella sua partecipazione all’incontro con altri elementi apicali del contesto ‘ndranghetistico di riferimento, finalizzato alla messa in stato d’accusa di COGNOME NOME, soggetto appartenente a una contrapposta famiglia criminosa, ucciso nel corso del summit da uno degli individui che vi partecipavano.
Risulta, quindi, ritualmente individuato un comportamento del richiedente che ha illo tempore esplicato una funzione sinergica rispetto all’adozione della misura cautelare e che, purtuttavia, in esito alla valutazione del giudice di merito, non è risultato idoneo, di per sé solo, a giustificare una pronunzia di condanna.
E invero, è di tutta evidenza che COGNOME NOME, partecipando al menzionato “incontro di chiarimento”, ha palesato un atteggiamento connotato da grave superficialità, in quanto gli era nota la risalente contrapposizione che caratterizzava i rapporti tra la propria famiglia e quella dell’individu nell’occasione soppresso.
Alla stregua delle considerazioni che precedono, risultando insussistente il vizio denunziato, il ricorso dev’essere rigettato, con conseguente onere per il ricorrente di sostenere, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., le spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso 1’08/10/2025