Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 24406 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 4 Num. 24406 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 20/06/2025
QUARTA SEZIONE PENALE
Composta da
SALVATORE DOVERE
– Presidente –
Sent. n. sez. 656/2025
NOME COGNOME
CC – 20/06/2025
NOME
R.G.N. 11475/2025
NOME COGNOME
– Relatore –
NOME
ha pronunciato la seguente sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a Crotone il 09/03/1993, nei confronti di: Ministero dell’economia e delle finanze avverso l’ordinanza del 24/06/2024 della Corte di appello di Catanzaro; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME che ha concluso per lÕinammissibilitˆ del ricorso; letta la memoria del Ministero dell’economia e delle finanze, che ha concluso per il
rigetto del ricorso, con il favore delle spese;
Con ordinanza del 24 giugno 2024 la Corte di appello di Catanzaro ha respinto la domanda formulata da NOME COGNOME per la riparazione dovuta ad ingiusta sottoposizione alla misura cautelare della custodia in carcere dal 16 gennaio 2018 – data in cui veniva tratto in arresto – al 15 febbraio 2021 – data in cui veniva assolto dagli addebiti, per non aver commesso il fatto, con sentenza della Corte di assise di appello di Catanzaro (irrev. 3 febbraio 2022).
1.1. La misura cautelare fu disposta per la ritenuta sussistenza di gravi indizi di colpevolezza per i reati di cui agli artt. 575, 575, 416.1 cod. pen., e 61 n. 2, cod. pen., 2, 4, e 7 l. 2 ottobre 1967, n. 895, per aver preso parte allÕazione di fuoco conclusasi con lÕuccisione, con quattro colpi di pistola, di NOME COGNOME
L’ordinanza impugnata ha ritenuto sussistente la colpa grave di cui all’art. 314, comma 1, cod. proc. pen., osservando che nel giudizio di cognizione, pur conclusosi con pronuncia assolutoria, non sono state escluse (o comunque ritenute non provate) le frasi con cui il ricorrente, nel corso di alcune conversazioni intercettate, sollecit˜ i suoi interlocutori a compiere azioni di inquinamento delle prove.
Avverso lÕordinanza propone ricorso per cassazione NOME COGNOME a mezzo del proprio difensore, lamentando in sintesi, ai sensi dell’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen., quanto segue.
2.1. Con un unico complesso motivo il ricorrente deduce violazione della legge processuale e vizio della motivazione, in quanto la Corte della riparazione ha individuato la condotta ostativa nel compimento di un semplice gesto e non, invece, come avrebbe dovuto, in una condotta attiva cui riconoscere valenza sinergica rispetto allÕemissione del provvedimento cautelare.
Sottolinea inoltre che il contenuto della conversazione valorizzata dai giudici della riparazione deve in realtˆ ritenersi incerto, per come emerso nel corso del giudizio di appello, culminato nellÕesito liberatorio.
NŽ potrebbe individuarsi la condotta gravemente colposa in ci˜ che la Corte di appello definisce come il Ògravitare in ambienti criminaliÓ; circostanza, questa, della cui relazione concausale con lÕintervento dellÕautoritˆ giudiziaria nulla si dice.
Il giudizio di cassazione si è svolto con trattazione scritta, e le parti hanno formulato, per iscritto, le conclusioni come in epigrafe indicate.
Il ricorso è inammissibile.
1.1. Essendo stata dedotta una ipotesi di c.d. ingiustizia sostanziale, è compito del giudice della riparazione valutare se l’imputato, con una condotta gravemente negligente o imprudente, abbia tenuto una condotta dolosa o gravemente colposa, che abbia anche solo concorso ad indurre in inganno lÕautoritˆ giudiziaria in relazione alla sussistenza dei presupposti per l’adozione di una misura cautelare.
In tal modo la connotazione solidaristica dell’istituto viene quindi ad essere contemperata con il dovere di responsabilitˆ gravante su tutti i consociati (cfr., Sez. U, n. 32383 del 27/05/2010, DÕAmbrosio, in motivazione; Sez. U, n. 43 del 13/12/1995, dep. 1996, COGNOME, in motivazione; Sez. 4, n. 18446 del 06/05/2025, COGNOME, non mass.; Sez. 4, n. 6628 del 23/1/2009, COGNOME, non mass. sul punto).
1.2. Questa Corte, nella sua più autorevole composizione, ha più volte ribadito che il giudice della riparazione deve procedere ad una autonoma valutazione delle risultanze processuali rispetto al giudice penale.
Ci˜ in quanto è suo compito stabilire non se determinate condotte costituiscano o meno reato, ma se queste si sono poste come fattore condizionante (anche nel concorso dell’altrui errore) alla produzione dell’evento “detenzione” (Sez. U, n. 34559 del 26/06/2002, COGNOME, Rv. 222263 Ð 01; Sez. U, COGNOME, cit.).
La valutazione deve essere effettuata , e ricalca quella eseguita al momento dell’emissione del provvedimento restrittivo, ed è volta a verificare, seppur in presenza di un errore dell’autoritˆ procedente: in primo luogo, se dal quadro indiziario a disposizione del giudice della cautela potesse desumersi l’apparenza della fondatezza delle accuse, pur successivamente smentita dall’esito del giudizio; in secondo luogo, se a questa apparenza abbia contribuito il comportamento extraprocessuale e processuale tenuto dal ricorrente (Sez. U, n. 32383 del 27/05/2010, COGNOME, Rv. 247663).
Inoltre, il giudizio per la riparazione dell’ingiusta detenzione è del tutto autonomo rispetto al giudizio penale di cognizione, impegnando piani di indagine diversi e che possono portare a conclusioni del tutto differenti sulla base dello stesso materiale probatorio.
L’autonomia tra i due giudizi riguarda la valutazione dei fatti, ma non l’accertamento degli stessi, irrevocabilmente compiuto nel giudizio di cognizione.
Per tale ragione, la sussistenza del dolo o della colpa grave ostativi al riconoscimento del diritto all’indennizzo non pu˜ essere desunta da condotte che la sentenza di assoluzione abbia ritenuto non sussistenti o non sufficientemente provate (cfr., Sez. U n. 43 del 13/12/1995, dep. 1996, COGNOME, in motivazione, secondo cui il giudice dell’equa riparazione, deve valutare se certi comportamenti Òaccertati o non negatiÓ, e pur sempre riferibili alla condotta cosciente e volontaria
del soggetto, possano avere svolto un ruolo almeno sinergico nel trarre in errore l’autoritˆ giudiziaria; Sez. 4, n. 46469 del 14/09/2018, COGNOME, Rv. 274350 – 01; Sez. 4, n. 12228 del 10/01/2017, Quaresima, Rv. 270039 – 01; Sez. 4, n. 11150 del 19/12/2014, dep. 2015, COGNOME, Rv. 262957 Ð 01; Sez. 3, n. 19998 del 20/04/2011, COGNOME, Rv. 250385 Ð 01).
1.3. Nel caso in esame il ricorrente si duole del fatto che la Corte della riparazione ha individuato la condotta ostativa in un mero comportamento, ovvero nellÕaver annuito ad alcune domande fatte dai suoi interlocutori, a proposito del travisamento di coloro i quali presero parte allÕazione di fuoco (pp. 1, 3, 4, 5 ricorso).
Questo dato, si osserva, è stato tratto dallÕanalisi di un dialogo intercettato il cui contenuto, per come affermato dai giudici di merito, deve ritenersi incerto, non essendo stato possibile riferirlo allÕomicidio del Sarcone o a quello del Macr’.
Lamenta infine che i giudici della riparazione non hanno spiegato perchŽ il preteso inserimento del ricorrente in non meglio precisati ambienti criminali (p. 8 ordinanza) abbia avuto rilevanza sinergica rispetto allÕemissione del provvedimento.
Osserva il Collegio che il ricorrente, in tal modo, omette di confrontarsi con la motivazione del provvedimento impugnato.
LÕordinanza, infatti, individua chiaramente la condotta colposa del COGNOME nel ripetuto invito a suoi interlocutori Ð nel mentre si trovavano in Questura convocati per rendere dichiarazioni sugli omicidi del COGNOME e del Macr’ Ð ad attivarsi per inquinare le prove.
Più in particolare, gli investigatori, che ritenevano esistente un legame tra i due omicidi, rivolsero ai convocati delle domande proprio al fine di indurli, nellÕattesa in Questura, a commentare le azioni di fuoco.
In effetti, NOME COGNOME invit˜ NOME COGNOME a recarsi presso la sua abitazione per spostare una pistola dal suo nascondiglio (Òdigli a papˆ di cacciare la pistola, nel coso dellÕacquaÓ), e per cancellare una serie di dati contenuti sul suo telefono, di cui forn’ anche il codice di blocco (Òcancella tutto su WhatsappÉ il codice 8803 per aprire lÕIphoneÓ).
Lo invit˜, inoltre, a recarsi da uno ÒzioÓ per renderlo edotto di precedenti dichiarazioni relative ad un litigio avvenuto proprio con il nucleo familiare del Macr’ (Òvai dallo zio e glielo diciÉ che NOME… aveva messo a verbale che noi avevamo litigato con i Macr’ÉÓ).
Infine, discutendo del possibile rischio di essere arrestato e condannato, sottoline˜ che il mancato rinvenimento dell’arma avrebbe consentito loro di essere assolti (p. 8 ordinanza).
Secondo la Corte della riparazione, anche a seguito della rinnovazione disposta dalla Corte dÕassise di appello, pur essendo incerto il riferimento al travisamento dei killer (per la scarsa qualitˆ del segnale), non sono affatto state
escluse (o ritenute indimostrate) le ulteriori frasi chiaramente indicative di un tentativo di inquinamento probatorio.
Dal collegamento Ð che i giudici della riparazione hanno sottolineato essere logico e cronologico (p. 8) – tra tale tentativo di inquinamento ed i fatti di sangue per i quali il COGNOME fu convocato dagli investigatori, è stato quindi tratto argomento, non specificamente censurato, per affermarne la valenza sinergica rispetto allÕemissione del provvedimento restrittivo.
1.4. Osserva il Collegio che la Corte di cassazione, nella sua più autorevole composizione, ha da tempo evidenziato che i motivi di ricorso per cassazione sono inammissibili non solo quando risultino intrinsecamente indeterminati, ma altres’ quando difettino della necessaria correlazione con le ragioni poste a fondamento del provvedimento impugnato, le cui ragioni non possono essere ignorate da chi propone lÕimpugnazione.
Il motivo, quindi, è assistito dalla necessaria specificitˆ quando, contrariamente a quanto si rileva nel caso in esame, risultano esplicitamente enunciati e argomentati i rilievi critici rispetto alle ragioni di fatto o di diritto poste a fondamento della decisione impugnata, fermo restando che tale onere di specificitˆ, a carico dell’impugnante, è direttamente proporzionale alla specificitˆ con cui tali ragioni sono state esposte nel provvedimento impugnato (Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 268823 – 01).
L’impugnazione deve, in altri termini, esplicarsi attraverso una critica specifica, mirata e necessariamente puntuale della decisione impugnata, che nella specie, per quanto detto, è mancata.
Stante lÕinammissibilitˆ del ricorso, e non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilitˆ (Corte cost., sent. n. 186 del 7 giugno 2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria, che si stima equo quantificare in euro tremila.
2.1. Vanno inoltre liquidate le spese sostenute dal Ministero resistente.
La memoria depositata, infatti, non si limita a riportare principi giurisprudenziali in materia di riparazione per ingiusta detenzione ma offre un contributo alla dialettica processuale (sul punto, Sez. 4, n. 1856 del 16/11/2023, COGNOME non mass; in argomento anche Sez. U, n. 34559 del 26/6/2002, COGNOME, Rv. 222264; in riferimento alla costituzione della parte civile, ma con principi estensibili, Sez. U, n. 877 del 14/7/2022, dep. 2023, COGNOME, in motivazione).
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila alla Cassa delle ammende nonchŽ alla rifusione delle spese sostenute dal Ministero resistente, che liquida in complessivi euro 1.000,00.
Cos’ deciso in Roma, 20 giugno 2025
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME