Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 11577 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 11577 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 20/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 21/03/2023 della CORTE APPELLO di ROMA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; sulle conclusioni del PG
1.La Corte di appello di Roma con ordinanza del 21 marzo – 18 maggio 2023 ha rigettato la richiesta di riparazione per ingiusta detenzione avanzata nell’interesse di NOME, che è stato ristretto in custodia cautelare in carcere dal 21 agosto 2018 all’8 luglio 2020 in relazione all’accusa di concorso in tentativo aggravato di rapina di uno zaino e di un telefono cellulare, con recidiva infraquinquennale, fatto contestato come commesso il 19 aprile 2018, accusa da cui, in riforma della decisione di condanna adottata all’esito del dibattimento dal Tribunale di Roma il 21 ottobre 2019, è stato irrevocabilmente assolto il 7 luglio 2020 dalla Corte di appello di Roma, per insussistenza del fatto.
Ricorre per la cassazione dell’ordinanza NOME NOME, tramite Difensore di fiducia, affidandosi a due motivi con i quali denunzia violazione di legge (il primo motivo) e difetto di motivazione (il secondo motivo).
2.1. Con il primo motivo censura la violazione dell’art. 314, comma 1, cod. proc. pen., avendo la Corte di appello ritenuto integrata la colpa grave nelle dichiarazioni rese dall’imputato in sede di convalida del fermo. In particolare, la Corte territoriale ha dato atto che l’imputato sin dall’interrogatorio ha risposto alle domande professando la propria innocenza ma ha ritenuto che la versione di essere stato presente sul posto, di avere assistito all’azione delittuosa senza però prendervi parte e di essersi poi allontanato con il cane (p. 3 dell’ordinanza) sia inverosimile, in quanto in contrasto con il riconoscimento fotografico operato dalla persona offesa e con il contenuto delle immagini riprese dalle telecamere.
Tale ragionamento sarebbe in contrasto, appunto, con l’art. 314 cod. proc. pen., non avendo l’imputato ricercato alibi fantasiosi o smentiti dalle emergenze processuali ma avendo solo affermato ciò che in effetti era accaduto, ossia di essere stato presente sul luogo e nel momento degli accadimenti; né si comprende quali potrebbero essere le prospettazioni alternative, ignote agli inquirenti, che la Corte non spiega, prospettazioni tali da impedire la privazione della libertà.
La Corte territoriale avrebbe solo ribadito l’orientamento “colpevolista” del Giudice della cautela, poi ampiamente superato – si sottolinea – dalla pronunzia assolutoria, fondata sul rigoroso esame delle dichiarazioni della persona offesa (non senza evidenziare la mancanza di significato delle immagini tratte dal circuito di sorveglianza).
In conseguenza, l’errore nell’applicazione della misura cautelare non è stato influenzato dalle dichiarazioni dell’imputato, che si è proclamato innocente.
Ad avviso del ricorrente, l’ipotesi di partecipazione ad una rapina ha legittimato l’adozione di una misura custodiale, mentre la contestazione di partecipazione ad una rissa senza lesioni ovvero di lesioni lievi o di percosse non avrebbe consentito nessuna misura cautelare.
2.2. Con il secondo motivo lamenta “illogicità e contrarietà della motivazione” (così alla p. 4 del ricorso), essendosi in presenza di una “motivazione apodittica e carente, attribuendo al ricorrente un comportamento equivoco, senza nemmeno specificare se mendace, silenziato o ispirato a favoreggiamento. La predetta motivazione è apparente ed illogica. La colpa grave è stata individuata in un comportamento innocente e lecito, quale il candido discolparsi dui una persona erroneamente coinvolta” (così alla p. 4)
Si chiede, dunque, l’annullamento dell’ordinanza impugnata.
Con memoria scritta del 17 novembre 2023 il Difensore ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
Il P.G. della Corte di cassazione nella requisitoria scritta del 29 novembre 2023 ha chiesto l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata.
L’Avvocatura erariale nella memoria del 29 novembre 2023 ha chiesto dichiararsi inammissibile o, in subordine, rigettarsi il ricorso; in ogni caso, con vittoria di spese.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è manifestamente infondato, per le seguenti ragioni.
I due motivi vanno trattati congiuntamente.
A ben vedere, la presenza fisica dell’imputato sul luogo e nel momento dell’aggressione non è contestata nemmeno dalla Difesa.
Partendo da tale dato, il Collegio prende atto che il ricorso non si confronta con il provvedimento impugnato sul punto decisivo, appunto, della presenza di COGNOME NOME. E, anzi, la portata dimostrativa di un contributo causale all’azione aggressiva determinato dalla presenza in loco non è erosa dalla versione concretamente fornita dall’imputato in interrogatorio.
L’impugnazione, per tali ragioni, è da ritenersi aspecifica, in quanto non si confronta effettivamente con il provvedimento impugnato, la cui ratio decisoria elude, non assolvendo, dunque, alla tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso (cfr., ex plurimis, Sez. 2, n. 42046 del
17/07/2019, NOME, Rv. 277710; Sez. 2, n. 11951 del 29/01/2014, Lavorato, Rv. 249425; Sez. 5, n. 28011 del 15/02/2013, NOME, Rv. 255568).
Il provvedimento impugnato (p. 3) non fonda il rigetto sul concreto esercizio del diritto di difendersi rendendo le dichiarazioni che si stimano più opportune a propria discolpa ma sul comportamento equivoco dell’imputato, comportamento tale, in uno con l’errore dell’Autorità Giudiziaria, da poter essere logicamente percepito dall’esterno – quantomeno – come contiguità (in tal senso cfr. Sez. 4, n. 45418 del 25/11/2010, COGNOME, Rv. 249237; in termini: Sez. 4, n. 37528 del 24/06/2008, COGNOME, Rv. 241218; v. anche, più recentemente, Sez. 4, n. 8914 del 18/12/2014, dep. 2015, COGNOME, Rv. 262436; Sez. 4, n. 1921 del 20/12/2013, dep. 2014, COGNOME, Rv. 258485; Sez. 4, n. 5628 del 13/11/2013, dep. 2014, COGNOME, Rv. 258425) e, dunque, stimato dai Giudici di merito, non illogicamente, come colpa grave concausativa della privazione della libertà.
Essendo, quindi, il ricorso inammissibile e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost., sentenza n. 186 del 7-13 giugno 2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue anche quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura, che si stima conforme a diritto ed equa, indicata in dispositivo.
Nulla per le spese al Ministero resistente, non avendo svolto temi utili a confutare le tesi di parte ricorrente ma essendosi, in sostanza, semplicemente limitato con generiche argomentazioni a richiedere il non accoglimento del ricorso (cfr. Sez. 4, n. 28811 del 10/05/2023, COGNOME, non mass., sub n. 7 del “considerato in diritto”, p. 3).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende. Nulla per le spese al Ministero resistente.
Così deciso il 20/12/2023.