Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 9425 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 9425 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 24/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOMECOGNOME nato a Palermo il 09/02/1973
avverso l’ordinanza della Corte d’appello di Palermo del 31/05/2024
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME sentite le conclusioni del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME che ha chiesto l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.A seguito dell’assoluzione per il reato di partecipazione in associazione mafiosa, la Corte d’appello di Palermo, adita da COGNOME per la riparazione per la misura cautelare carceraria sofferta per complessivi 966 giorni in forza dell’ordinanza emessa dal Tribunale del Riesame di Palermo del 12/09/2016, con ordinanza del 4/07/2023, accoglieva in parte il ricorso, stabilendo in suo favore un ristoro indennitario liquidato in euro 227.802,12.
Su impugnazione del Procuratore Generale presso la Corte d’appello di Palermo e del Ministero dell’Economia e delle Finanze, la Quarta Sezione di questa Corte, con sentenza n. 6303 del 24/10/2023, annullava la suddetta
ordinanza disponendo la trasmissione degli atti ad altra Sezione della Corte d’appello di Palermo.
In sede di rinvio la Corte di appello rigettava la domanda.
2.Avverso tale ultimo provvedimento, il ricorrente, tramite difensore, ha presentato ricorso per cassazione censurando, con un unico motivo, il vizio di violazione di legge in relazione agli artt. 43 cod. pen. e 314 cod. proc. pen.
La Corte d’appello avrebbe erroneamente considerato ostative alla concessione dell’indennizzo le frequentazioni del ricorrente, ignorando che lo stesso giudice della cognizione aveva espressamente escluso: che dagli incontri del COGNOME con gli COGNOME potessero trarsi elementi dimostrativi di contiguità del primo con la consorteria mafiosa; che le telefonate intercorse con COGNOME NOME avessero ad oggetto condotte o traffici illeciti; che l’accompagnamento del COGNOME di COGNOME NOME a Palermo fosse sorretto da finalità illecite.
Si deduce, altresì, il totale disancoramento dalla realtà processuale dell’affermazione contenuta nell’ordinanza secondo la quale il COGNOME sarebbe stato reticente in ordine alle sue frequentazioni, posto che costui, per quanto pertinente alle domande rivoltegli, aveva, invece, fatto riferimento a tali frequentazioni nel verbale d’interrogatorio reso al PM in data 27/02/2027.
Da ultimo, si censura l’omessa motivazione dell’ordinanza sul punto concernente il nesso eziologico tra la condotta e l’idoneità della stessa a determinare la detenzione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è fondato.
2.In premessa va osservato che la Quarta Sezione di questa Corte, con la già citata sentenza n. 6305 del 2023, aveva annullato la pronuncia della Corte d’appello rilevando in essa un “incompleto giudizio di esclusione della colpa grave ostativa”.
A fondamento della decisione si evidenziava, da un lato, l’omessa valutazione del compendio probatorio esistente.
In particolare si evidenziava che la Corte d’appello non aveva tenuto conto della valenza della captazione ambientale del 23/12/2012 in cui il COGNOME, insieme al fratello ed allo COGNOME, faceva riferimento a dinamiche associative; delle conversazioni relative al contributo offerto dal COGNOME nella preparazione del summit svoltosi in data 11/2/2013 nell’agro di San Mauro Castelverde tra gli
esponenti di spicco della consorteria mafiosa; della conversazione con NOME COGNOME, da cui si evince il ricorso a metodi mafiosi per la soluzione di una questione civilistica.
Dall’altro, l’omessa valutazione del tenore delle dichiarazioni ambigue rese dallo stesso COGNOME, posto che tra le condotte gravemente colpose suscettibili di costituire presupposto negativo per la riparazione per l’ingiusta detenzione, se in rapporto sinergico con l’intervento dell’autorità, escluso il mero silenzio, vi sono appunto anche quelle caratterizzate da dichiarazioni false ovvero reticenti o comunque ambigue.
3.La Corte d’appello di Palermo, in sede di rinvio, dopo aver riportato nel corpo della motivazione ampi stralci della decisione assolutoria relativi ai temi evidenziati dalla Suprema Corte ( pag. 6-10), ha ritenuto sussistente la condotta ostativa al riconoscimento del diritto alla riparazione per ingiusta detenzione per avere COGNOME intrattenuto «una significativa attività di comunicazione e frequentazione con vari esponenti della mafia locale allo stesso noti per la qualità rivestita», anche in ragione della di lui pregressa appartenenza al sodalizio e storia familiare in quanto figlio del locale capo mafia COGNOME NOME, e per aver negato, in sede di interrogatorio, dette frequentazioni.
Nello specifico, a pag. 10 della decisione impugnata, la Corte d’appello ha evidenziato che dalle conversazioni intercettate (progressivi n.14-106-15771578 dei giorni 17.7.2012 – 24.7.2012 e 13.8.2012) era emerso che COGNOME NOME intratteneva “brevi e sospette conversazioni” con COGNOME NOME, associato mafioso del mandamento di San Mauro, definitivamente condannato per l’attività criminosa, figlio di COGNOME NOME, a capo del clan COGNOME, finalizzate a prendere appuntamenti per parlare in presenza; che aveva accompagnato COGNOME NOME COGNOME, associato mafioso dl mandamento di San Mauro Castelverde, definitivamente condannato ex art. 416 bis cod. pen., discorrendo con costui del tema della “pericolosa e inopportuna concorrenza” con l’esercizio di pompe funebri del congiunto del locale capo mafia COGNOME e delle modalità di realizzazione di un’attività commerciale non lecita; che il ricorrente ebbe ad accompagnare a Palermo il noto capomafia COGNOME NOMECOGNOME “sebbene solo per chiedere in Prefettura il nulla osta per l’ottenimento della patente di guida”.
Quanto alla di lui condotta processuale, la Corte d’appello aveva sottolineato che, in sede di interrogatorio del Pubblico ministem il COGNOME aveva riferito che negli ultimi anni aveva frequentato solo sua moglie e i suoi figli e di avere una diuturna conoscenza con COGNOME e COGNOME senza chiarire gli scopi degli apputamenti e il significato delle specifiche conversazioni indicate.
4.Tanto chiarito, entrando nel merito delle deduzioni defensive, va osservato che questa Corte ha più volte ribadito che la frequentazione ambigua di soggetti coinvolti in traffici illeciti si presta oggettivamente and essere interpretata come indizio di complicità e può, dunque, integrare la colpa grave ostativa al diritto alla riparazione (Sez. 4, n. 8914 del 18/12/2014, dep. 2015: Q: COGNOME, Rv. 262436; Sez. 4, n. 1235 del 26/11/2013, dep. 2014, COGNOME, 25861001; Sez. 4, n. 9212 del 13/11/2013, dep. 2014, COGNOME, Rv. 259082; Sez. 4, n. 51722 del 16/10/2013, COGNOME, Rv. 257878); nella maggior parte dei casi, si trattava di detenzione cautelare disposta nei confronti di persone indagate quali partecipi di associazioni per delinquere, in un ambito investigativo in cui gli intrecci, gli interessi e le connivenze tra sodali assumono valore altamente indiziario proprio in rapporto ai tratti tipici del delitto associativo.
5.Ribadito quanto sopra, va però anche precisato che la stessa conformazione dell’art. 314 cod. proc. pen., secondo cui è ostativo alla riparazione il comportamento che per dolo o colpa grave abbia dato o concorso a dare causa alla custodia cautelare subita, richiede, evidentemente, che non tutte le frequentazioni siano tali da integrare la colpa ma solo quelle che, appunto siano da porre in relazione quanto meno di concausalità con il provvedimento restrittivo adottato (cfr., Sez. 4, n. 1921 del 20/12/2013, dep. 2014, COGNOME, Rv. 258486); sotto tale profilo, non possono, allora, non rilevare il tipo e la “qualità” di dette frequentazioni la cui verifica è dunque rimessa al giudice della riparazione nel contesto della necessaria e specifica motivazione in ordine alla incidenza del comportamento tenuto sulla determinazione della detenzione (cfr. Sez. 4, n. 850 del 28/09/2021, dep. 2022, COGNOME, Rv. 282565; Sez. 4, n. 53361 del 21/11/2018, COGNOME, Rv. 274498; Sez. 3, n. 39199 del 01/07/2014, COGNOME, Rv. 26039701; Sez. 4, n. 34656 del 03/06/2010, COGNOME, Rv. 24807401; Sez. 4, n. 8163 del 12/12/2001, COGNOME, Rv. 22098401).
6. Nella specie, la motivazione con cui la Corte d’Appello di Palermo ha rigettato la richiesta di riparazione non ha fatto corretta applicazione dei principi di cui sopra, non avendo esplicitato le ragioni per le quali le frequentazioni indicate avessero concorso nel determinare la detenzione. Le argomentazioni in precedenza richiamate, che rivelano piuttosto la generica imprudenza propria di chi, commettendo reati, sia attiguo ad ambienti criminali, non danno conto del, pur necessario, aggancio della condotta del soggetto al quale l’imprudenza sia ascrivibile ai delitti che hanno giustificato la privazione della libertà personale.
Non è, infatti, di immediata evidenza l’incidenza causale di tali comportamenti sull’evento «detenzione».
L’ordinanza impugnata, dunque, presenta una motivazione carente e non in linea con i principi di diritto elaborati dalla Corte di legittimità; il provvedimento impugnato deve essere, pertanto, annullato con rinvio alla Corte d’Appello di Palermo, che vorrà dare conto dell’incidenza causale delle condotte ritenute gravemente colpose sull’applicazione e sul mantenimento del provvedimento restrittivo. Spese al definitivo.
PQM
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per il nuovo giudizio alla Corte d’appello di Palermo. Spese al definitivo.
Così deciso in Roma, in data 24/01/2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente