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Ingiusta detenzione: niente risarcimento per ritardo REMS

La Corte di Cassazione ha stabilito che la permanenza in carcere di un soggetto, in attesa di un posto disponibile in una REMS (Residenza per l’Esecuzione delle Misure di Sicurezza), non dà diritto alla riparazione per ingiusta detenzione. La sentenza chiarisce che tale istituto si applica solo quando la misura cautelare è illegittima sin dall’origine, e non per i ritardi nell’esecuzione dovuti a carenze strutturali dello Stato. Il danno lamentato non deriva da un errore giudiziario, ma dalle modalità con cui la privazione della libertà è stata attuata.

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Pubblicato il 18 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ingiusta detenzione: Niente risarcimento per la permanenza in carcere in attesa di un posto in REMS

La recente sentenza della Corte di Cassazione, Sezione IV Penale, affronta un tema delicato e di grande attualità: la possibilità di ottenere un risarcimento per ingiusta detenzione per il periodo trascorso in carcere in attesa di un trasferimento in una REMS. La Corte ha fornito una risposta negativa, tracciando una netta linea di demarcazione tra la detenzione illegittima all’origine e le problematiche esecutive legate a carenze strutturali dello Stato.

Il Caso: Detenzione in Carcere Nonostante l’Ordine di Ricovero in REMS

Un individuo, prosciolto per infermità di mente, veniva destinatario di una misura di sicurezza detentiva da eseguirsi presso una REMS. Tuttavia, a causa della cronica mancanza di posti disponibili in tali strutture, l’uomo rimaneva recluso in carcere per un periodo di oltre sei mesi, dal settembre 2020 al marzo 2021. Ritenendo tale permanenza in carcere illegittima, l’interessato presentava istanza per ottenere l’equa riparazione per ingiusta detenzione.

La Corte d’Appello di Bari rigettava la domanda, sostenendo che le norme sulla riparazione (art. 314 e 315 c.p.p.) non fossero applicabili al caso di specie. La questione giungeva così all’attenzione della Corte di Cassazione a seguito del ricorso presentato dal difensore.

La Decisione della Cassazione sulla ingiusta detenzione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la decisione dei giudici di merito. Il punto centrale della pronuncia risiede nella distinzione fondamentale tra il concetto di “detenzione ingiusta” e quello di “modalità di esecuzione illegittima” della privazione della libertà.

L’ambito di applicazione dell’art. 314 c.p.p.

I giudici di legittimità hanno ribadito un principio consolidato: l’istituto della riparazione per ingiusta detenzione è stato concepito per risarcire chi ha subito una privazione della libertà personale a causa di un provvedimento cautelare emesso o mantenuto in assenza delle condizioni di legge e successivamente revocato o non convalidato. In altre parole, il rimedio si applica quando l’errore è “a monte”, cioè nel momento in cui l’autorità giudiziaria dispone la misura.

Nel caso in esame, il danno lamentato non derivava da un errore giudiziario nell’applicazione della misura, ma dalla mancata esecuzione del provvedimento che disponeva il trasferimento in una struttura adeguata (la REMS). Questa problematica è riconducibile a ritardi burocratici e a carenze organizzative e logistiche del sistema statale, non imputabili all’autorità giudiziaria che ha emesso l’ordine.

La Responsabilità dello Stato per le Carenze Strutturali

La Corte, pur riconoscendo la gravità della situazione e richiamando anche una sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (causa SY c./Italia), che ha evidenziato come la detenzione in carcere e il ricovero in REMS siano misure diverse per finalità e modalità esecutive, ha concluso che tali criticità non possono essere sanate attraverso lo strumento della riparazione per ingiusta detenzione.

La responsabilità per l’illegale mantenimento di un cittadino in carcere a causa dell’indisponibilità di posti in REMS ricade sullo Stato e sulle sue carenze organizzative. Tuttavia, tale responsabilità non può essere fatta valere attraverso le procedure previste dagli artt. 314 e 315 c.p.p., che hanno un perimetro di applicazione differente e specifico.

Le Motivazioni della Corte

La Corte di Cassazione ha motivato la propria decisione di inammissibilità basandosi sulla stretta interpretazione dell’art. 314 del codice di procedura penale. La norma è finalizzata a fornire una tutela adeguata nei casi di indebita privazione della libertà personale in via cautelare, cioè quando si accerta con decisione irrevocabile che le condizioni per l’adozione della misura difettavano sin dall’inizio. Il pregiudizio lamentato dal ricorrente, al contrario, non è dipeso dal ‘mantenimento’ di una misura cautelare ingiusta, ma dalla ‘mancata esecuzione’ di un provvedimento che disponeva il trasferimento in REMS. Questo ritardo, imputabile a problemi logistici e finanziari non attribuibili all’Autorità giudiziaria, non rientra nell’ambito applicativo della norma invocata. La ‘ratio’ della disposizione è proteggere da errori giudiziari nell’applicazione della cautela, non da disfunzioni amministrative nella fase esecutiva di una misura di sicurezza.

Conclusioni

In conclusione, la sentenza ribadisce che il rimedio della riparazione per ingiusta detenzione non è utilizzabile per ottenere un indennizzo per la permanenza in carcere dovuta all’attesa di un posto in REMS. Sebbene la situazione rappresenti una grave violazione dei diritti del singolo e una chiara inadempienza dello Stato, la soluzione non risiede nell’applicazione di norme procedurali nate per scopi diversi. La decisione sottolinea la necessità di affrontare le carenze strutturali del sistema di esecuzione delle misure di sicurezza, ma chiude la porta alla possibilità di un risarcimento attraverso la specifica via dell’ingiusta detenzione, lasciando aperte altre eventuali, ma più complesse, vie di tutela.

La permanenza in carcere in attesa di un posto in una REMS può essere considerata ‘ingiusta detenzione’ ai fini del risarcimento?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che l’art. 314 c.p.p. sull’ingiusta detenzione si applica solo quando il provvedimento cautelare è viziato all’origine, non quando il danno deriva da ritardi o problemi nell’esecuzione di una misura successiva, come il trasferimento in una REMS.

A chi è imputabile il danno subito da chi resta in carcere per mancanza di posti in REMS?
Secondo la sentenza, il ritardo è imputabile a problemi burocratici, logistici o finanziari dello Stato e non a un errore dell’Autorità giudiziaria. Pertanto, le conseguenze dannose non possono essere poste a carico del Ministero dell’Economia e delle Finanze attraverso l’istituto della riparazione per ingiusta detenzione.

Qual è la differenza tra detenzione in carcere e ricovero in REMS secondo la giurisprudenza?
La sentenza, richiamando una pronuncia della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, afferma che la detenzione in ambiente penitenziario e il ricovero in REMS sono misure diverse per condizioni di applicazione, modalità di esecuzione e scopo. Pur avendo entrambe natura detentiva, il ritardo nel passaggio dall’una all’altra non legittima l’applicazione delle norme sulla riparazione per ingiusta detenzione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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