Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 21555 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 21555 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 04/04/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a ROMA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 09/06/2023 RAGIONE_SOCIALEa CORTE APPELLO di ROMA udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del PG, con le quali è stato chiesto il rigetto del ricorso; letta la memoria depositata dal RAGIONE_SOCIALE.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza indicata in epigrafe, la Corte di appello di Roma ha rigettato la domanda di riparazione per ingiusta detenzione avanzata da NOME COGNOME, relativa all’applicazione RAGIONE_SOCIALEa custodia cautelare in carcere dall’Il novembre 2008 al 9 novembre 2009, nel corso del procedimento relativo ai reati di cui agli artt. 73 e 74 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, contestati allo stesso COGNOME, in concorso con altri.
2. Il COGNOME era stato accusato di aver fatto parte, quale promotore ed organizzatore, RAGIONE_SOCIALE‘associazione dedita al traffico di sostanze stupefacenti operativa in Roma sin dal 2002, oltre che di una serie di episodi di violazione RAGIONE_SOCIALEa legge sugli stupefacenti. In data 11 novembre 2008, era stato tratto in arresto, in esecuzione RAGIONE_SOCIALE‘ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal GIP del Tribunale di Roma il 28 ottobre 2008.
Nel corso RAGIONE_SOCIALE‘interrogatorio di garanzia del 12 novembre 2008, l’indagato si era avvalso RAGIONE_SOCIALEa facoltà di non rispondere. Il 9 novembre 2009 il GIP dichiarava l’inefficacia RAGIONE_SOCIALEa misura custodiale per decorso del termine di fase dall’Il novembre 2009, con consequenziale scarcerazione del COGNOME e con sostituzione RAGIONE_SOCIALEa custodia cautelare in carcere con misure meno gravose.
Il ricorrente veniva definitivamente assolto con sentenza RAGIONE_SOCIALEa Corte d’appello di Roma del 26 febbraio 2020, divenuta irrevocabile il 14 ottobre 2020.
Il Giudice RAGIONE_SOCIALEa riparazione ha rigettato la richiesta, osservando che, dalla lettura RAGIONE_SOCIALE‘ordinanza genetica, si evinceva che i gravi indizi di colpevolezza erano stati ravvisati, oltre che negli esiti di pregresse indagini di P.G. e di un precedente specifico, nelle molteplici intercettazioni telefoniche in cui gli indagati utilizzavan per loro consuetudine un linguaggio criptico, chiaramente alludente al traffico di stupefacenti (utilizzazione di un “codice minimo”, fatto di termini prefissati in relazione al tipo di sostanza ed alla quantità, reiterazione dei rapporti e presenza di clientela fissa). A fronte di tali specifiche circostanze, l’indagato si era avvalso RAGIONE_SOCIALEa facoltà di non rispondere. La sentenza di primo grado aveva pure dato atto che l’unica prova dei reati contestati era costituita dalle stesse intercettazioni, parte RAGIONE_SOCIALEe quali era pure stata dichiarata inutilizzabile, sicché il compendio probatorio si era ridotto. Su tale materiale probatorio era stato effettuato l’accertamento per ciascun reato contestato, concludendo che non si poteva affermare con certezza che in talune conversazioni (in dettaglio indicate alle pagine 5 e 6 RAGIONE_SOCIALE‘ordinanza ora impugnata) si parlasse effettivamente di droga, mentre in altre non era certa la destinazione allo spaccio.
Sulla base di tali premesse in fatto, la Corte di appello ha richiamato i principi fondamentali elaborati dalla giurisprudenza di legittimità in materia di riparazione per ingiusta detenzione; in particolare, si è rimarcato l’ambito RAGIONE_SOCIALEa
verifica autonoma e completa, rispetto al giudizio sulla responsabilità, che in sede di riparazione occorre realizzare relativamente al fatto che il richiedente non abbia concorso con dolo o colpa grave alla adozione RAGIONE_SOCIALEa misura cautelare, ed ha concluso nel senso che tali ragioni ostative, valutate ex ante, erano presenti nel caso di specie. In particolare, la Corte territoriale ha richiamato la giurisprudenza di legittimità che ha rinvenuto la colpa grave, nella condotta di chi, nel corso di intercettazioni telefoniche, utilizzi un linguaggio in codice, effettivamente destinato ad occultare una attività illecita, anche diversa da quella oggetto RAGIONE_SOCIALE‘accusa e per la quale fu disposta la misura cautelare. Allo stesso modo, viene richiamata la giurisprudenza di questa Corte di legittimità che ha ritenuto le frequentazioni ambigue con chi è dedito a traffici illeciti, condotta idonea ad essere interpretata come complicità, soprattutto nel caso di concorso di persone nel reato, e quindi costituente colpa grave, ai fini del giudizio di riparazione.
Nel caso di specie, proprio i contenuti RAGIONE_SOCIALEe conversazioni intercettate e specificamente indicate, ben potevano essere ritenute, interpretate e lette come concretizzanti, in apparenza ed ex ante, il contributo personale nei reati in effetti commessi da altra persona (NOMENOME, come giudizialnnente era stato definitivamente accertato; tale quadro aveva di certo determinato l’induzione in errore RAGIONE_SOCIALE‘ufficio inquirente e del Gip.
Avverso tale ordinanza, ricorre NOME COGNOME, mediante il proprio difensore, il quale deduce:
inosservanza o erronea applicazione RAGIONE_SOCIALEa legge penale (art. 314 cod.pen), nonché illogicità e contraddittorietà RAGIONE_SOCIALEa motivazione, in ragione RAGIONE_SOCIALEa esclusione RAGIONE_SOCIALEa riparazione per effetto del contenuto RAGIONE_SOCIALEe conversazioni telefoniche, ritenute dalle sentenze assolutorie conformi, inidonee a sostenere il provvedimento cautelare.
La Corte territoriale non avrebbe tenuto conto dei criteri ermeneutici indicati dalla Corte Suprema in tema di contiguità, atteso che nel provvedimento impugnato non vi è traccia dei connotati tipici di tale condotta, tali da assurgere ad elemento sintomatico RAGIONE_SOCIALEa colpa grave in capo al ricorrente ed il nesso causale tra tale condotta e la misura cautelare in carcere; né, tanto meno, risulterebbe argomentata l’eventualità che lo stesso, con il proprio comportamento, possa aver rafforzato l’altrui volontà criminosa o che fosse in grado di impedire la consumazione o la prosecuzione RAGIONE_SOCIALE‘attività criminosa di altri.
La decisione impugnata violerebbe anche i principi fissati in sede sovranazionale dalla Corte Europea dei Diritti RAGIONE_SOCIALE‘Uomo, in tema di riparazione per ingiusta detenzione anche considerando che la previsione di cause ostative al suo riconoscimento non trova riscontro nella previsione di cui all’art. 5 CEDU, non condividendosi l’assunto RAGIONE_SOCIALEa giurisprudenza di legittimità sul punto, anche in
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considerazione dei contenuti RAGIONE_SOCIALEa Direttiva UE 2016/343 e del d.lgs. n. 188/2021 in tema di garanzie RAGIONE_SOCIALEa persona e RAGIONE_SOCIALEa presunzione di innocenza nel procedimento penale.
Il COGNOME era stato assolto proprio in ragione RAGIONE_SOCIALE‘irrilevanza RAGIONE_SOCIALEa sua posizione. Né potrebbe essere accettato il percorso argomentativo del Giudice RAGIONE_SOCIALEa riparazione, in punto di esercizio RAGIONE_SOCIALEa facoltà di non rispondere in sede di interrogatorio;
inosservanza o erronea applicazione RAGIONE_SOCIALEa legge penale (art. 314 cod.pen), nonché illogicità e contraddittorietà RAGIONE_SOCIALEa motivazione, in ragione RAGIONE_SOCIALEa esclusione RAGIONE_SOCIALEa riparazione per effetto RAGIONE_SOCIALEa frequentazione con NOME COGNOME; la Corte non aveva considerato che NOME era fratello del padre del COGNOME, né aveva motivato in ordine alla sussistenza del nesso causale tra quei comportamenti ed il mantenimento RAGIONE_SOCIALE‘ingiusto provvedimento restrittivo, posto che si era assegnata al COGNOME una illogica e priva di base normativa posizione di garanzia, relativa al controllo sull’attività esercitata dal familiare. Difetterebbe la motivazione in ordine al rilievo e al grado di significatività RAGIONE_SOCIALE‘avere trattenuto qualche colloquio con il soggetto.
Con requisitoria scritta, il Procuratore generale ha chiesto che il ricorso sia rigettato. Il RAGIONE_SOCIALE ha depositato memoria, con la quale ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità o il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I motivi di ricorso vanno trattati congiuntamente, stante la loro connessione, e sono infondati.
La Corte di cassazione ha affermato che, in tema di equa riparazione per ingiusta detenzione, costituisce causa impeditiva all’affermazione del diritto RAGIONE_SOCIALE‘interessato alla riparazione l’aver dato causa, per dolo o per colpa grave, all’instaurazione o al mantenimento RAGIONE_SOCIALEa custodia cautelare (art. 314, comma 1, ultima parte, cod. proc. pen.); l’assenza di tale causa, costituendo condizione necessaria al sorgere del diritto all’equa riparazione, deve essere accertata d’ufficio dal giudice, indipendentemente dalla deduzione RAGIONE_SOCIALEa parte (Sez. 4, n. 4106 del 13/01/2021, M., Rv. 280390- 01; Sez. 4, n. 34181 del 05/11/2002, Guadagno, Rv. 226004-01).
Secondo la costante giurisprudenza di legittimità, poi, il giudice, per valutare se chi ha patito la detenzione vi abbia dato o abbia concorso a darvi causa con dolo o colpa grave, deve apprezzare, in modo autonomo e completo, tutti gli elementi probatori disponibili, con particolare riferimento alla sussistenza di condotte che rivelino eclatante o macroscopica negligenza, imprudenza o
violazione di leggi o regolamenti, fornendo del convincimento conseguito una motivazione che, se adeguata e congrua, è incensurabile in sede di legittimità.
Al riguardo, il giudice deve fondare la sua deliberazione su fatti concreti e precisi, esaminando la condotta tenuta dal richiedente sia prima che dopo la perdita RAGIONE_SOCIALEa libertà personale, al fine di stabilire, con valutazione “ex ante” – e secondo un iter logico motivazionale del tutto autonomo rispetto a quello seguito nel processo di merito – non se tale condotta integri estremi di reato ma solo se sia stata il presupposto che abbia ingenerato, ancorché in presenza di errore RAGIONE_SOCIALE‘autorità procedente, la falsa apparenza RAGIONE_SOCIALEa sua configurabilità come illecito penale, dando luogo alla detenzione con rapporto di “causa ad effetto” (Sez. U, n. 34559 del 26/06/2002, COGNOME, Rv. 222263; Sez. 4, n. 14000 del 15/01/2014, COGNOME, Rv. 259151).
Nel provvedimento impugnato è stato congruamente e logicamente posto in evidenza come la sentenza di assoluzione contenga una ricostruzione del fatto dalla quale emerge in modo significativo, alla stregua RAGIONE_SOCIALEe intercettazioni utilizzabili, che il COGNOME, nonostante la dichiarata estraneità al contesto descritto, ha in realtà intrattenuto plurimi contatti telefonici e sì è incontrato con NOME COGNOME, uno dei principali imputati condannati per associazione finalizzata al traffico di stupefacenti e per gli episodi di detenzione a fine di spaccio, discutendo effettivamente con linguaggio criptico di modalità e quantità di forniture, anche se, in taluni casi, era risultato “incerto l’oggetto RAGIONE_SOCIALE conversazione intercettata, non potendosi ritenere con sicurezza che si trattasse di sostanza stupefacente; in altri che, nonostante potesse ritenersi che l’oggetto RAGIONE_SOCIALEa conversazione fosse effettivamente droga, non era però certa la sua destinazione allo spaccio” (cfr. pagg. 4 e 5 del provvedimento impugnato), tanto che il Tribunale di primo grado non aveva negato la materialità del fatto, ma il raggiungimento RAGIONE_SOCIALEa soglia del rilievo penale.
L’ordinanza impugnata opera un buon governo RAGIONE_SOCIALEa costante giurisprudenza RAGIONE_SOCIALEa Corte di legittimità richiamata, secondo cui costituisce colpa grave, idonea a impedire il riconoscimento RAGIONE_SOCIALE‘equo indennizzo, l’utilizzo, nel corso di conversazioni telefoniche, da parte RAGIONE_SOCIALE‘indagato di frasi in “codice”, effettivamente destinate a occultare un’attività illecita, anche se diversa da quella oggetto RAGIONE_SOCIALE‘accusa e per la quale fu disposta la custodia cautelare (cfr. ex multis Sez. 4, n. 48029 del 18/9/2009, COGNOME ed altri, Rv. 245794). E, ancora, più recentemente, si è ribadito che, in tema di riparazione per ingiusta detenzione, costituisce colpa grave, idonea a impedire il riconoscimento RAGIONE_SOCIALE‘equo indennizzo, l’utilizzo, nel corso di conversazioni telefoniche, da parte RAGIONE_SOCIALE‘indagato di frasi in “codice”, effettivamente destinate a occultare un’attività illecita, anche se diversa
da quella oggetto RAGIONE_SOCIALE‘accusa e per la quale fu disposta la custodia cautelare. (Sez. 4, n. 3374 del 20/10/2016, Aga, Rv. 268954).
Per il giudice RAGIONE_SOCIALEa riparazione, ostativo al chiesto indennizzo è stato considerato il fatto che il COGNOME ha tenuto molteplici contatti con soggetto pregiudicato e comunque orbitante nell’ambito RAGIONE_SOCIALEa criminalità organizzata per finalità chiaramente illecite. È evidente, dunque, che un’importanza non di poco conto riveste per il giudice RAGIONE_SOCIALE‘equa riparazione la natura RAGIONE_SOCIALEe frequentazioni, quanto meno ambigue, intrattenute dall’odierno ricorrente. Ebbene, proprio sul punto RAGIONE_SOCIALEa rilevanza RAGIONE_SOCIALEe frequentazioni intrattenute, va rilevato che tali condotte, certamente causali rispetto all’applicazione RAGIONE_SOCIALEa misura, siano caratterizzate da grave imprudenza e siano perciò ostative al riconoscimento del diritto all’indennizzo. Il rapporto di parentela con l’NOME, che il ricorrente allega ma di cui non vi è traccia nell’ordinanza impugnata, dunque, non modifica in nulla il giudizio sulla colpa grave del medesimo ricorrente nel determinare la misura cautelare, posta la natura criptíca del linguaggio utilizzato dai due nelle conversazioni captate e la certezza del riferimento a stupefacenti.
La Corte territoriale si è, pertanto, correttamente allineata agli insegnamenti RAGIONE_SOCIALEa Corte di legittimità sulla valutazione RAGIONE_SOCIALE‘ambiguità RAGIONE_SOCIALEe condotte emerse in fase di indagini preliminari, quale fattore condizionante l’errore RAGIONE_SOCIALE‘autorità giudiziaria. In generale, infatti, le frequentazioni ambigue con coloro che fanno parte di una consorteria dedita a traffici illeciti, che siano idonee ad essere oggettivamente interpretate come complicità, sono segni certamente sufficienti a creare la falsa rappresentazione del reato posta a fondamento del provvedimento cautelare. Si tratta, invero, di condotte che, per la loro prossimità all’ambiente criminale, possono facilmente indurre l’apparenza RAGIONE_SOCIALEa partecipazione al reato (nel caso di specie, al reato associativo) e dunque di condotte che, in quanto macroscopicamente imprudenti e causalmente connesse con la decisione adottata nei confronti RAGIONE_SOCIALE‘interessato, ben possono essere inquadrate nella colpa grave (cfr. Cass., n. 31224 del 2023; v. inoltre Sez. 4, n. 1235 del 26/11/2013 dep, 2014, COGNOME, Rv. 258610; conf. Sez. 3, n. 363 del 30/11/2007 dep. 2008, COGNOME, Rv. 238782). Le frequentazioni ambigue con soggetti condannati nel medesimo o in diverso procedimento sono ostative al risarcimento, quale comportamento gravemente colposo del richiedente ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 314 cod. proc. pen. “a condizione che emerga, quanto meno, una concausalità rispetto all’adozione, nei suoi confronti, del provvedimento applicativo RAGIONE_SOCIALEa custodia cautelare” (così questa Sez. 4, n. 850 del 28/09/2021 dep. 2022, Rv. 282565 in relazione ad un caso, analogo a quello in esame, in cui l’indagine per traffico di stupefacenti riguardò anche i coindagati, poi condannati, sicché non può negarsi la riconducibilità eziologica RAGIONE_SOCIALEa misura cautelare a dette
emergenze captative. Le argomentazioni RAGIONE_SOCIALEa Corte territoriale sul punto appaiono pienamente conformi al principio di autoresponsabilità, più volte richiamato in materia dalla giurisprudenza di legittimità, in ragione del quale la regola solidaristica sottesa al diritto all’equa riparazione, non può essere invocata in presenza di una condotta volta alla realizzazione di un evento voluto e confliggente con una prescrizione di legge, ma neppure a fronte di una condotta consapevole che – valutata dal giudice RAGIONE_SOCIALEa riparazione secondo le ordinarie regole di esperienza – sia tale da creare una situazione di allarme sociale che imponga l’intervento RAGIONE_SOCIALE‘autorità giudiziaria. È pertanto, in questo senso, gravemente colposo quel comportamento che, pur non integrando il reato, ponga in essere per grave negligenza, imprudenza, trascuratezza, inosservanza di leggi, regolamenti o norme disciplinari – una situazione tale da costituire una non voluta, ma prevedibile, ragione di intervento RAGIONE_SOCIALE‘autorità giudiziaria che si sostanzi nell’adozione di un provvedimento restrittivo RAGIONE_SOCIALEa libertà personale o nella mancata revoca di uno già emesso (cfr. Sez. U, n. 43 del 13/12/1995, dep. 1996, Sarnataro, Rv. 203637).
5. E’ pure infondato il profilo con il quale si evidenzia la possibile violazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 5 RAGIONE_SOCIALEa CEDU, per effetto RAGIONE_SOCIALEa rilevanza ostativa RAGIONE_SOCIALEa colpa grave in ordine al riconoscimento RAGIONE_SOCIALEa riparazione, dovendosi richiamare l’orientamento di legittimità, cui si intende dare continuità, secondo il quale, in tema di riparazione per l’ingiusta detenzione, la previsione RAGIONE_SOCIALE‘art. 314, comma 1, cod. proc. pen. che esclude dall’equa riparazione colui che abbia dato causa, per colpa grave, alla custodia cautelare subita, in caso di detenzione preventiva formalmente legittima ma sostanzialmente ingiusta – non si pone in contrasto con l’art. 5 RAGIONE_SOCIALEa Convenzione europea dei diritti RAGIONE_SOCIALE‘uomo perché quest’ultima norma impone il riconoscimento RAGIONE_SOCIALE‘indennizzo soltanto per la detenzione preventiva formalmente illegittima (Sez. 4, n. 6903 del 02/02/2021, Rv. 280929 – 01; Sez. 4, n. 35689 del 09/07/2009, Rv. 245311 – 01).
Ugualmente fuori centro è l’ulteriore profilo di illegittimità che il ricorrente solleva riguardo ai contenuti RAGIONE_SOCIALEa Direttiva UE 2016/343 e del d.lgs. n. 188/2021. Con riferimento al tema RAGIONE_SOCIALEa riparazione, tali norme hanno determinato l’introduzione di una aggiunta al primo comma RAGIONE_SOCIALE‘art. 314, secondo cui “L’esercizio da parte RAGIONE_SOCIALE‘imputato RAGIONE_SOCIALEa facoltà di cui all’articolo 64, comma 3, lettera b), non incide sul diritto alla riparazione di cui al primo periodo.” Dunque, non si è modificata la rilevanza RAGIONE_SOCIALEe condotte, diverse dall’esercizio RAGIONE_SOCIALEa facoltà di non rispondere all’interrogatorio, che il giudice RAGIONE_SOCIALEa riparazione giudichi integrare la colpa grave o addirittura il dolo.
La Corte di appello ha, dunque, fatto corretta applicazione dei principi di cui sopra, in particolare avendo esplicitato le condotte aventi valenza sinergica rispetto all’applicazione RAGIONE_SOCIALEa misura cautelare, essendo state le stesse oggettivamente idonee a indurre in errore l’A.G. in ordine alla sua non estraneità ai reati contestati.
Come evidenziato dall’ordinanza, all’epoca di adozione RAGIONE_SOCIALEa misura cautelare, emergevano dei comportamenti, quali appunto l’accertata contiguità del COGNOME all’COGNOME e i colloqui oggetto RAGIONE_SOCIALEe intercettazioni utilizzabili, tali (di per soli) da contribuire ad ingenerare nel giudice RAGIONE_SOCIALEa cautela l’erroneo convincimento circa il suo coinvolgimento nei reati oggetto del provvedimento restrittivo, costitutivi RAGIONE_SOCIALEa colpa grave ostativa al riconoscimento del richiesto indennizzo.
Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALEe spese processuali. Va precisato che non sussistono i presupposti per disporre che l’imputato provveda al rimborso RAGIONE_SOCIALEe spese processuali in favore del RAGIONE_SOCIALE resistente, in quanto la memoria non conteneva argomentazioni rilevanti ai fini RAGIONE_SOCIALE‘esito del ricorso (vedi, per riferimenti, Sez. 2, n. 36512 del 16/07/2019, Serio, Rv. 277011; Sez. 5, n. 29481 del 07/05/2018, Titton, Rv. 273332).
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALEe spese processuali. Nulla sulle spese in favore del RAGIONE_SOCIALE resistente.
Così deciso in Roma, il 4 aprile 2024.