Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 12724 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 12724 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 28/02/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME NOME nato a CASTROVILLARI il 17/01/1987 nei riguardi del Ministero dell’Economia e finanze, in persona del Ministro p.t. avverso l’ordinanza del 26/02/2024 della Corte d’appello di Catanzaro; udita la relazione della Consigliera NOME COGNOME letta la memoria depositata dalla Procura generale, in persona del Sostituto Proc. Gen. COGNOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso; letta la memoria depositata dall’Avvocatura dello Stato nell’interesse del Ministero dell’Economia e delle Finanze, con la quale si è insistito per il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 9 giugno 2023, la Corte di appello di Catanzaro ha rigettato l’istanza ex art. 314 cod. proc. pen. proposta da NOME COGNOME in relazione all’ ingiusta sottoposizione agli arresti domiciliari dall’8 maggio 2015 al 2 ottobre 2015, in esecuzione dell’ordinanza datata 7 maggio 2015, emessa dal Gip del Tribunale di Castrovillari per il reato di cui all’art. 81 cod. pen. e all’ art. 73 d.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309. Quanto al merito, con sentenza della Corte d’appello di Catanzaro del 25 novembre 2019, divenuta irrevocabile il 13 giugno 2020, NOME COGNOME era stato assolto, ai sensi dell’art. 530, comma 2, cod.proc.pen., dal reato a lui ascritto perché il fatto non sussiste. Il giudice dell riparazione, dopo avere ripercorso la vicenda processuale dell’odierno istante e avere richiamato i principi informatori della materia, ha rigettato la richiesta individuando, nei comportamenti serbati dal ricorrente una colpa grave ostativa al riconoscimento dell’indennizzo.
Avverso la predetta ordinanza, NOME COGNOME a mezzo del suo difensore, ha proposto ricorso per cassazione, articolando, in modo contestuale, due motivi.
Lamenta, ai sensi dell’art. 606 lett. b) , cod. proc. pen. l’erronea applicazione dell’art. 314, commi 1 e 2 cod. proc. pen. e, ai sensi della lett. e) del medesimo articolo, la contraddittorietà della motivazione desumibile dagli atti processuali e dal provvedimento impugnato. Si assume che la Corte di merito, nel ritenere la condotta ostativa, si è riportata a quanto affermato dal Gip in sede di applicazione della misura cautelare, senza considerare le conclusioni cui sono pervenuti i giudici del merito. Inoltre sarebbe incorsa in errore nel fondare la decisione sui fugaci accessi dell’istante nell’abitazione oggetto di intercettazioni e captazioni, in quanto tale frequentazione non sarebbe stata assidua e, quindi, non avrebbe potuto essere considerata come sinergica rispetto alla scelta di adottare la misura cautelare.
Il Procuratore Generale presso la Corte di cassazione, con requisitoria scritta, ha chiesto il rigetto del ricorso.
Il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha depositato memoria con cui ha chiesto il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso é nel suo complesso infondato.
Va premesso che in tema di riparazione per ingiusta detenzione il giudice di merito, per stabilire se chi l’ha patita vi abbia dato causa o abbia concorso a darvi causa con dolo o colpa grave, deve valutare tutti gli elementi probatori disponibili, al fine di stabilire, con valutazione “ex ante” – e secondo un iter logico-motivazionale del tutto autonomo rispetto a quello seguito nel processo di merito – non se tale condotta integri gli estremi di reato, ma solo se essa sia stata il presupposto che abbia ingenerato, ancorché in presenza di un errore dell’autorità procedente, la falsa apparenza della sua configurabilità come illecito penale (Sez. 4, n. 9212 del 13/11/2013, dep. 2014, Maltese, Rv. 25908201).
La valutazione del giudice della riparazione, pertanto, si svolge su un piano diverso ed autonomo rispetto a quello del giudice del processo penale, ed in relazione a tale aspetto della decisione, egli ha piena ed ampia libertà di considerare il materiale acquisito nel processo, non già per rivalutarlo, bensì al fine di controllare la ricorrenza o meno delle condizioni dell’azione (di natura civilistica), sia in senso positivo che negativo, compresa l’eventuale sussistenza di una causa di esclusione del diritto alla riparazione (Sez. U, n. 43 del 13/12/1995, dep. 1996, COGNOME ed altri). L’unico limite incidente su tale valutazione è rappresentato dall’accertamento effettuato dal giudice della cognizione. Invero, per consolidato orientamento della Corte di legittimità, il giudice della riparazione non può mai ritenere provati fatti che tali non siano stati considerati dal giudice della cognizione ovvero non provate circostanze che quest’ultimo abbia valutato come dimostrate (così, Sez. 4, n. 12228 del 10/01/2017, Rv. 270039; conforme Sez. 4, n. 11150 del 19/12/2014, dep. 2015, Rv. 262957).
Fatte queste premesse, il primo profilo del motivo di ricorso è infondato. Invero, il giudice della riparazione nella interpretazione degli elementi a sua disposizione, si è attenuto ai principi dianzi esposti / esaminando il compendio istruttorio già vagliato dal giudice della cautela e valutando altresì che gli elementi posti a base dell’emissione della misura non fossero stati successivamente neutralizzati dalla sentenza assolutoria.
A fondare il rigetto del richiesto indennizzo, ad avviso della Corte di appello è stata la accertata sussistenza di una condotta ostativa fondata sugli esiti dei servizi di o.c.p., secondo i quali il Cannpilongo si era recato nel luogo di spaccio, l’abitazione occupata da NOME COGNOME, in diverse e numerose occasioni, anche accompagnando in quattro diverse circostanze soggetti terzi, attendendoli e poi riaccompagnandoli. Si richiamano le specifiche descrizioni contenute nei resoconti dell’attività di osservazione svolta tra il 17 giugno 2014 e il 10 luglio 2014 riportate nell’ordinanza cautelare, relativi agli episodi: del 17 giugno, in cui era rimasto nell’abitazione dalle 15,13 alle 15,28 insieme ai coimputati COGNOME e COGNOME; nonché a quello del 18 giugno 2014, in cui giunge insieme ad un giovane per poi uscire dopo 9 minuti da solo; del 20 giugno 2014, in cui rimase per soli 3 minuti, accompagnando una persona; del 23 giugno 2014, in cui accompagnò alla casa un soggetto/ aspettandolo fuori per 5 minuti; del 24 giugno 2014, in cui aveva accompagnato un giovane già notato il 18 giugno e con il quale si era poi allontanato; del 25 giugno 2014, in cui si era recato presso la casa unitamente ad un ragazzo; del 26 giugno 2014, in cui, dopo una prima visita, era tornato alla casa alle ore 15,35 per uscire alle 15,41; del 27 giugno in cui si era recato presso l’abitazione solo per pochi minuti. 4«
L’ordinanza ha precisato che tali elementi, pur accertati, erano stati ritenuti insufficienti dalla sentenza assolutoria a fondare la responsabilità GLYPH penale, ma disvelavano pienamente la condotta gravemente colposa dell’istante e la loro idoneità a ingenerare nell’autorità giudiziaria una apparenza di colpevolezza. Il Campilongo si era infatti recato nell’immobile in cui avveniva lo spaccio, accompagnandovi terze persone, per cui si era in presenza di condotte che potevano configurare una ipotesi di reato riconducibile alla fattispecie oggetto di contestazione, con valutazione ex ante.
Così argomentando, l’ordinanza de qua si pone nel solco dei principi elaborati dalla giurisprudenza di legittimità secondo cui le “frequentazioni ambigue” con soggetti condannati nel medesimo o in diverso procedimento sono ostative al risarcimento, quale comportamento gravemente colposo del richiedente ai sensi dell’art. 314 cod. proc. pen., a condizione che emerga, quanto meno, una concausalità rispetto all’adozione, nei suoi confronti, del provvedimento applicativo della custodia cautelare. (Sez. 4, n. 850 del 28/09/2021 Cc. Dep. 2022, Rv. 282565). Del pari costituisce colpa grave, idonea a impedire il riconoscimento dell’equo indennizzo, l’utilizzo, nel corso di conversazioni telefoniche, da parte
dell’indagato di frasi in “codice”, effettivamente destinate a occultare un’attività illecita, anche se diversa da quella oggetto dell’accusa e per la quale fu disposta la custodia cautelare (Sez. 4, n. 3374 del 20/10/2016 dep.2017, Rv. 268954).
Gli elementi riportati, posti a base del titolo cautelare ed aventi efficacia sinergica nell’adozione della misura, non sono stati neutralizzati dalla sentenza assolutoria di merito che ha valutato il compendio probatorio, limitandosi a ritenere solo che dette risultanze non fossero da sole idonee a fondare una sentenza di condanna.
In conclusione il ricorso va rigettato. Segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché alla rifusione delle spese sostenute dal Ministero resistente.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché alla rifusione delle spese di giudizio sostenute dal Ministero resistente che liquida in euro mille.
Così deciso, il 28 febbraio 2025.