Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 1002 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 1002 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 09/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a CERIGNOLA il 27/08/1987
avverso l’ordinanza del 02/05/2024 della CORTE APPELLO di BARI
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del PG e le conclusioni del ministero resistente.
Esaminata la memoria difensiva di replica del ricorrente.
RITENUTO IN FATTO
1.La Corte di Appello di Bari, con ordinanza assunta in data 2 maggio 2024, ha rigettato la domanda di riparazione per ingiusta detenzione avanzata dall’odierno ricorrente COGNOME NOME in relazione alla detenzione custodiale, dapprima in carcere e successivamente agli arresti domiciliari, da questi sofferta in relazione ad ipotesi di concorso in episodi di furto pluriaggravato ai danni di sportelli bancomat, detenzione e porto di armi da sparo, ricettazione di autovetture provento di furto e resistenza a pubblico ufficiale nell’ambito di indagini volte alla individuazione degli autori di alcuni furti con esplosivo ai danni di istituti di credito in provincia di Foggia che, nella notte del 16 giugno 2017, a seguito di un ennesimo episodio predatorio, avevano condotto all’arresto in flagranza di reato del COGNOME e di altri indagati che erano confluiti, a bordo di diverse autovetture, in un casolare nella campagna di Cerignola.
Il COGNOME, dopo essere stato riconosciuto colpevole dal giudice di primo grado per avere concorso nei reati, attraverso una condotta di agevolazione, che si era sostanziata in un’azione di supporto e di staffetta, era stato definitivamente assolto in quanto lo stesso non aveva partecipato alle singole azioni predatorie e che il supporto eventualmente fornito non era idoneo a integrare un contributo sinergico alla realizzazione del reato, ma sostanzialmente diretto a fornire assistenza ad uno dei correi, COGNOME NOMECOGNOME
La Corte territoriale, adita per la riparazione, assume che ricorreva la condizione impeditiva alla riparazione costituita dalla colpa grave del ricorrente, il quale aveva concorso sinergicamente all’adozione della cautela creando un’apparenza di complicità con la banda impegnata nei furti seriali con esplosivo agli sportelli bancomat, in quanto si era intrattenuto con i loro componenti nel corso della serata, prestandosi ad accompagnare uno dei correi (De Feudis) presso il casale, che costituiva la base operativa del sodalizio e prestandosi a ritornare a tarda notte presso il casale con l’autovettura del COGNOME, verosimilmente per agevolarne i successivi spostamenti. Richiamata la giurisprudenza del giudice di legittimità sulla rilevanza ostativa alla riparazione riconosciuta alle frequentazioni ambigue e malavitose, il giudice distrettuale evidenziava come nella specie il COGNOME avesse disatteso qualsiasi regola di prudenza e di precauzione per avere serbato una condotta che non poteva che essere percepita dagli investigatori quale adesione al progetto criminoso, in ragione delle circostanze di tempo e di luogo in cui la stessa
veniva realizzata (nottetempo presso un casale in aperta campagna), della caratura criminale degli asseriti complici, della natura degli accordi assunti con il COGNOME (tornare a riprenderlo alle 4 di notte), dalla conoscenza diretta con gli altri complici (che al loro rientro dalla spedizione predatoria lo chiamavano a gran voce per nome) e della circostanza che gli stessi, al momento dell’arresto, erano ancora travestiti con passamontagna e guanti, portando con loro armi da fuoco che utilizzavano contro le forze dell’ordine e impiegavano un’autovettura schermata a prova di proiettile. Richiamata la natura del giudizio prognostico riservato al giudice della riparazione, del tutto autonomo rispetto a quello volto ad accertare la responsabilità penale, riconosceva che la contiguità del COGNOME con gli autori degli atti criminosi e l’apparente adesione al proposito delinquenziale che traspariva dai contatti serbati, anche nel passato, con gli autori degli atti predatori, travalicavano il profilo della connivenza non punibile ed escludevano che potesse trovare accoglimento la richiesta riparativa.
Avverso tale provvedimento ha proposto ricorso per Cassazione, a mezzo del proprio difensore di fiducia e procuratore speciale, COGNOME NOME / deducendo violazione di legge e vizio motivazionale, per contraddittorietà della motivazione in relazione all’accertamento della colpa ostativa e comunque per la irrilevanza eziologica dei profili di colpa allo stesso riconosciuti, evidenziando come fosse del tutto mancata una analisi delle specifiche condotte, caratterizzate da inescusabile negligenza da attribuire al COGNOME che avessero concorso a dare causa alla detenzione.
Il Ministero dell’Economia e delle Finanze concludeva chiedendo il rigetto del ricorso. La difesa della ricorrente ha depositato memoria difensiva di replica.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.Nel procedimento per la riparazione dell’ingiusta detenzione, il sindacato del giudice di legittimità sull’ordinanza che definisce il procedimento per la riparazione dell’ingiusta detenzione è limitato alla correttezza del procedimento logico giuridico con cui il giudice è pervenuto ad accertare o negare i presupposti per l’ottenimento del beneficio. Resta invece nelle esclusive attribuzioni del giudice di merito, che è tenuto a motivare adeguatamente e logicamente il suo convincimento, la valutazione sull’esistenza e la gravità della colpa o sull’esistenza del dolo (v. da ultimo, Sezioni unite, 28 novembre 2013, n. 51779, Nicosia).
L’art.314 comma I c.p.p. prevede al primo comma che “chi è stato prosciolto con sentenza irrevocabile perché il fatto non sussiste, per non aver commesso il fatto, perché il fatto non costituisce reato o non è previsto dalla legge come reato, ha diritto a un’equa riparazione per la custodia cautelare subita, qualora non vi abbia dato o concorso a darvi causa per dolo o colpa grave”.
Poiché inoltre, la nozione di colpa è data dall’art. 43 cod. pen., deve ritenersi ostativa al riconoscimento del diritto alla riparazione, ai sensi del predetto primo comma dell’art. 314 cod. proc. pen., quella condotta che, pur tesa ad altri risultati, ponga in essere, per evidente, macroscopica negligenza, imprudenza, trascuratezza, inosservanza di leggi, regolamenti o norme disciplinari, una situazione tale da costituire una non voluta, ma prevedibile, ragione di intervento dell’autorità giudiziaria che si sostanzi nell’adozione di un provvedimento restrittivo della libertà personale o nella mancata revoca di uno già emesso (ez. 4, n. 43302 del 23/10/2008, COGNOME, rv. 242034). ‘E stato ancora affermato che in tema di riparazione per l’ingiusta detenzione, la condotta gravemente colposa, per essere ostativa al riconoscimento dell’indennizzo, deve essere potenzialmente idonea ad indurre in errore l’autorità giudiziaria in ordine alla sussistenza dei gravi indizi di reità con specifico riguardo al reato che ha fondato il vincolo cautelare ez.4, n.33830 del 23/04/2015, COGNOME, Rv.264318) e che la frequentazione di soggetti dediti al reato in contesti temporali e ambientali compatibili con la compartecipazione alla commissione del reato onera l’interessato di fornire con assoluta tempestività i chiarimenti discolpanti (sez.4, n.21575 del 29/01/2014, COGNOME, Rv.259213) e più in generale che lei frequentazioni malavitose, se poste in essere con la consapevolezza che trattasi di soggetti coinvolti in traffici illeciti, possono dare luogo ad un comportamento gravemente colposo idoneo ad escludere la stessa riparazione (ez.4, n.9212 del 13/11/2013, Maltese Rv. 259082; sez.3, n.39199 del 1/7/2014, COGNOME, 260397; sez.4, n.27458 del 5/02/2019, COGNOME, Rv.276459).
Ciò premesso f il giudice territoriale si è del tutto uniformato a tali principi, con una motivazione assolutamente resistente alle censure mosse dal ricorrente. Coerentemente alle risultanze del giudizio assolutorio ha provveduto a valutare, ai fini di accertare la ricorrenza della condizione impeditiva di cui all’art.314 comma 1 ultima parte cod.proc.pen., tutti gli aspetti della condotta extraprocessuale tenuta dal COGNOME nel contesto investigativo che ha originato l’adozione del provvedimento restrittivo nei suoi confronti in sede di indagine, considerando la portata
gravemente indiziante costituita dalla disponibilità fornita agli altri indagati nell’agevolarne gli spostamenti, nottetempo, da e verso un casale in aperta campagna che rappresentava la base operativa degli illeciti propositi criminali, nella consapevolezza-o, quantomeno, non chiedendo spiegazioni, pur rappresentandosi la caratura criminale degli stessi,-degli intenti che li determinavano a spostarsi in piena notte, con armi, travisamenti e speciali accorgimenti per agevolarne la fuga pure nell’eventualità di conflitti armati.
3.1 Se è vero che tale apparente compenetrazione nelle dinamiche criminali degli altri indagati è stata riconosciuta inidonea a integrare un concorso del COGNOME nei delitti ascritti, essendo risultato escluso un contributo sia pure agevolativo, la stessa assume rilievo quale ipotesi di colpa grave influente nel giudizio prognostico sotteso al giudice della riparazione in termini di condotta idonea a essere percepita come in grado di rafforzare il proposito delinquenziale del reo e di contribuire all’azione criminosa nel suo complesso, dovendosi pertanto escludere in tal modo qualsiasi profilo di connivenza incolpevole.
3.2. Del tutto pertinente è altresì il richiamo operato dal giudice della riparazione alle frequentazioni ambigue e malavitose laddove la disponibilità offerta ad operare in ausilio di un gruppo di persone, di cui il COGNOME conosceva la personalità trasgressiva e l’abitudine a commettere gravi delitti contro il patrimonio, integra una condotta gravemente imprudente e improntata a inescusabile leggerezza, a fronte di un contesto ambientale che chiaramente preludeva al compimento di gravi atti predatori in concorso (spedizione notturna con più autovetture equipaggiate con strumenti di effrazione e di armi, con rientro simultaneo alla base operativa alle ore 4 di mattina ove era richiesta la presenza del COGNOME).
3.2.1. In tale prospettiva va ribadito che la frequentazione di persone coinvolte in attività illecite integra una condotta idonea a concretare il comportamento ostativo al diritto alla riparazione, in quanto da porsi in relazione, quanto meno, di concausalità con il provvedimento restrittivo adottato (Sez. 4, n. 1921 del 20/12/2013, COGNOME, Rv. 258486.01; sez.4 n.53361 del 21/11/2018 COGNOME Pasquale, Rv.274498). Al giudice della riparazione spetta, dunque, il compito di rilevare il tipo e la qualità di dette frequentazioni, con lo scopo di evidenziare l’incidenza del comportamento tenuto sulla determinazione della detenzione (Sez. 3, n. 39199 del 01 Luglio 2014, COGNOME, Rv. 26039701; Sez. 4, n. 34656 del 3 Giugno 2010, COGNOME, Rv. 2480740).
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Il giudice distrettuale ha chiaramente e logicamente evidenziato le ragioni per cui l’azione del COGNOME poteva essere percepita quale adesione alle dinamiche predatorie della banda criminale dal giudice della cautela al momento dell’adozione della misura cautelare. I comportamenti sopra evidenziati, pure ritenuti neutri sotto il profilo penale, sono stati considerati dal giudice della riparazione come improntati a colpa grave, senza peraltro incorrere in alcuna contraddizione con le conclusioni dello stesso giudice del processo di merito, che pure aveva sottolineato l’assoluta equivocità dell’azione.
Orbene, a fronte di argomentazioni del tutto logiche sviluppate dal giudice distrettuale nell’individuare plurimi profili di colpa grave in capo al COGNOME, tali da precludergli la tutela riparatoria in ipotesi di detenzione ingiusta, i motivi articolati dal COGNOME risultano infondati in quanto privi di confronto con la decisione impugnata, non scanditi da necessaria critica alle argomentazioni poste a fondamento della decisione e sprovvisti di analisi censoria degli argomenti posti a fondamento del giudizio del giudice della riparazione e, conseguentemente vanno dichiarati inammissibili.
4.1 A tale proposito non coglie nel segno il denunciato vizio dedotto dalla difesa del ricorrente secondo cui violerebbe la regola di effettività della tutela riparatoria la circostanza che al COGNOME siano contestati come addebiti colposi le medesime condotte già valutate dal giudice dell’assoluzione per escludere la sua responsabilità.
Invero è stato affermato dal S.C. che la valutazione del comportamento del richiedente la riparazione, integrante la colpa grave ostativa alla liquidazione della indennità per la ingiusta detenzione, va effettuata ex ante a prescindere dall’esito del giudizio di merito, atteso che, se il giudizio riparatorio si limitasse a tale accertamento, si stempererebbe in una valutazione paragonabile a quella del giudice del riesame, sulla ricorrenza dei gravi indizi di colpevolezza, senza considerare che i fatti posti all’esame del giudice della cautela, potrebbero risultare incompleti, erronei, contraddittori, smentiti da emergenze di senso contrario o anche falsi.
4.2. La condotta da cui scaturisce il rimprovero di colpa, e quindi il fatto preclusivo al riconoscimento dell’indennizzo, può infatti consistere nel fatto già esaminato dal giudice penale dell’assoluzione e da questi ritenuta penalmente irrilevante, stante il diverso accertamento demandato al giudice della riparazione (lo afferma la sentenza D’RAGIONE_SOCIALE del 2010). Conseguentemente anche la stessa condotta che integra
l’imputazione ascritta, COGNOME ritenuta penalmente irrilevante dal giudice dell’assoluzione, può giustificare l’esclusione della riparazione in quanto connotata dai richiesti profili di inescusabile leggerezza e macroscopica imprudenza come nella specie (da ultimo sez.4, n.34438 del 2/07/2019, COGNOME Maria, Rv.276859; n.2145 del 13/01/2021, COGNOME, Rv.280246 per ipotesi di collegamenti, nel primo caso personali e nel secondo caso economici, con realtà criminose associative) soprattutto allorquando le conclusioni del giudice dell’assoluzione si fondino sull’ermeneusi, come nella specie, dell’oltre ogni ragionevole dubbio che lascia pertanto spazio ad un diverso criterio valutativo da parte del giudice della riparazione.
I motivi di ricorso vanno pertanto disattesi e il ricorrente va condannato alle spese processuali. Nulla sulle spese in favore del Ministero ricorrente le cui argomentazioni non hanno offerto alcun contributo utile alla definizione del giudizio.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Nulla sulle spese in favore del Ministero resistente.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 9 ottobre 2024.