Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 23736 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 23736 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 03/04/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a Offenbach (Germania) il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 07/01/2025 RAGIONE_SOCIALEa Corte di appello di Catania;
Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME, che ho chiesto il rigetto del ricorso;
letta la memoria depositata dal RAGIONE_SOCIALE, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
letta la memoria RAGIONE_SOCIALE‘AVV_NOTAIO, del foro di Ragusa, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 7 gennaio 2025 la Corte di appello di Catania ha rigettato la domanda formulata da NOME COGNOME per la riparazione dovuta ad ingiusta sottoposizione alla misura cautelare degli arresti domiciliari dal 18 maggio 2018 (data in cui fu tratto in arresto) al giorno 11 ottobre 2018 (data in cui la misura fu revocata) per poi essere definitivamente assolto dall’addebito con sentenza emessa dal Tribunale di Ragusa in data 16 maggio 2023 (irrev. 17 ottobre 2023).
La misura cautelare nei confronti di NOME COGNOME fu disposta in quanto gravemente indiziato di aver ceduto sostanza stupefacente del tipo marijuana in concorso con la sorella NOME COGNOME (capo E) e con il suo compagno NOME COGNOME (capo F).
1.1. Più in particolare, l’ordinanza impugnata ha ritenuto sussistente la colpa grave di cui all’art. 3.14, comma 1, cod. proc. pen., osservando che il ricorrente, assuntore di cocaina e marijuana, intrattenne conversazioni dal tenore criptico con la sorella NOME COGNOME e NOME COGNOME, il cui coinvolgimento del traffico degli stupefacenti gli era noto; che questi ha ammesso, con riguardo ad un dialogo in cui si discute di “mattonelle”, di aver potuto usare un linguaggio “paludato nelle conversazioni, proprio perché non voleva fare esplicito riferimento allo stupefacente” (p. 4 ordinanza); che deponevano per la colpa ostativa anche le conversazioni in cui si discuteva dei “cento metri” richiesti da una signora e di “venti giorni” di lavoro richiesti al ricorrente dal COGNOME: dialoghi la cui interpretazione in chiave lecita, da parte dei giudici RAGIONE_SOCIALEa imputazione, è stata semplicemente affermata, senza spiegare le ragioni per cui sia stata ritenuta preferibile rispetto a quella formulata in sede cautelare.
I giudici RAGIONE_SOCIALEa riparazione, infine, hanno valorizzato i dialoghi registrati subito dopo il rinvenimento, da parte dei carabinieri, RAGIONE_SOCIALEo stupefacente nei pressi RAGIONE_SOCIALE‘abitazione di NOME NOME, dove si trovava il ricorrente, il quale contattò il COGNOME, che gli disse di “accollarsi” la responsabilità per quel fatto.
Avverso l’ordinanza propone ricorso per cassazione NOME COGNOME, a mezzo del proprio difensore, lamentando in sintesi, ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen., guanto segue.
2.1. Con un unico motivo deduce violazione di legge e vizio RAGIONE_SOCIALEa motivazione.
Secondo il ricorrente i giudici RAGIONE_SOCIALEa riparazione sono incorsi in errore nel procedere ad una non consentita reinterpretazione dei dialoghi intercettati,
attribuendogli una connotazione illecita invece esclusa dai giudici RAGIONE_SOCIALEa imputazione.
D’altra parte, dall’analisi RAGIONE_SOCIALEe conversazioni emerge con chiarezza che i termini ritenuti criptici dai giudici RAGIONE_SOCIALEa riparazione furono in realtà utilizzati dal COGNOME, non dal COGNOME
In ogni caso NOME aveva intrattenuto rapporti di sola natura lavorativa con iI COGNOME.
Il giudizio di cassazione si è svolto con trattazione scritta, e le parti hanno formulato, per iscritto, le conclusioni come in epigrafe indicate.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1 Il ricorso è fondato.
2. Essendo stata dedotta una ipotesi di c.d. ingiustizia sostanziale, è compito del giudice RAGIONE_SOCIALEa riparazione valutare se l’imputato, con una condotta gravemente negligente o imprudente, abbia tenuto una condotta dolosa o gravemente colposa, che abbia anche solo concorso ad indurre in inganno l’autorità giudiziaria in relazione alla sussistenza dei presupposti per l’adozione di una misura cautelare.
In tal modo la connotazione solidaristica RAGIONE_SOCIALE‘istituto viene quindi ad essere contemperata con il dovere di responsabilità gravante su tutti i consociati (cfr., Sez. U, n. 32383 del 27/05/2010, COGNOME, in motivazione; Sez. U, n. 43 del 13/12/1995, dep. 1996, COGNOME, in motivazione; Sez. 4, n. 18446 del 06/05/2025, COGNOME, non mass.; Sez. 4, n. 6628 del 23/1/2009, COGNOME, non mass. sul punto).
2.1. Questa Corte, nella sua più autorevole composizione, ha più volte ribadito che il giudice RAGIONE_SOCIALEa riparazione deve procedere ad una autonoma valutazione RAGIONE_SOCIALEe risultanze processuali rispetto al giudice penale.
Ciò in quanto è suo compito stabilire non se determinate condotte costituiscano o meno reato, ma se queste si sono poste come fattore condizionante (anche nel concorso RAGIONE_SOCIALE‘altrui errore) alla produzione RAGIONE_SOCIALE‘evento “detenzione” (Sez. U, n. 34559 del 26/06/2002, COGNOME Benedictis, Rv. 222263 – 01; Sez. U, COGNOME, cit.).
La valutazione deve essere effettuata ex ante, e ricalca quella eseguita al momento RAGIONE_SOCIALE‘emissione del provvedimento restrittivo, ed è volta a verificare, seppur in presenza di un errore RAGIONE_SOCIALE‘autorità procedente: in primo luogo, se dal quadro indiziario a disposizione del giudice RAGIONE_SOCIALEa cautela potesse desumersi l’apparenza RAGIONE_SOCIALEa fondatezza RAGIONE_SOCIALEe accuse, pur successivamente smentita dall’esito
del giudizio; in secondo luogo, se a questa apparenza abbia contribuito il comportamento extraprocessuale e processuale tenuto dal ricorrente (Sez. U, n. 32383 del 27/05/2010, COGNOME, Rv. 247663).
Inoltre, il giudizio per la riparazione RAGIONE_SOCIALE‘ingiusta detenzione è del tutto autonomo rispetto al giudizio penale di cognizione, impegnando piani di indagine diversi e che possono portare a conclusioni del tutto differenti sulla base RAGIONE_SOCIALEo stesso materiale probatorio.
L’autonomia tra i due giudizi riguarda la valutazione dei fatti, ma non l’accertamento degli stessi, irrevocabilmente compiuto nel giudizio di cognizione.
Per tale ragione, la sussistenza del dolo o RAGIONE_SOCIALEa colpa grave ostativi al riconoscimento del diritto all’indennizzo non può essere desunta da condotte che la sentenza di assoluzione abbia ritenuto non sussistenti o non sufficientemente provate (cfr., Sez. U n. 43 del 13/12/1995, dep. 1996, COGNOME, in motivazione, secondo cui il giudice RAGIONE_SOCIALE‘equa riparazione, deve valutare se certi comportamenti “accertati o non negati”, e pur sempre riferibili alla condotta cosciente e volontaria del soggetto, possano avere svolto un ruolo almeno sinergico nel trarre in errore l’autorità giudiziaria; Sez. 4, n. 46469 del 14/09/2018, COGNOME, Rv. 274350 01; Sez. 4, n. 12228 del 10/01/2017, Quaresima, Rv. 270039 – 01; Sez. 4, n. 11150 del 19/12/2014, dep. 2015, COGNOME, Rv. 262957 – 01; Sez. 3, n. 19998 del 20/04/2011, COGNOME, Rv. 250385 – 01).
2.2. Nel caso in esame la Corte RAGIONE_SOCIALEa riparazione ha ritenuto ostativo al riconoscimento RAGIONE_SOCIALE‘indennizzo il rapporto del ricorrente con persone imputate nel medesimo procedimento, con le quali intratteneva conversazioni caratterizzate dall’utilizzo simulato di alcuni termini propri RAGIONE_SOCIALE‘edilizia.
In tal modo ha inteso richiamare il principio, costantemente affermato, secondo il quale la condizione ostativa può essere integrata da comportamenti quali l’utilizzo da parte RAGIONE_SOCIALE‘indagato di frasi in “codice”, effettivamente destinate a occultare un’attività illecita, anche se diversa da quella oggetto RAGIONE_SOCIALE‘accusa e per la quale fu disposta la custodia cautelare (Sez. 4, n. 44997 del 19/11/2024, COGNOME, non mass.; Sez. 4, n. 46584 del 12/11/2024, COGNOME, non mass.; Sez. 4, n. 3374 del 20/10/2016, dep. 2017, Aga, Rv. 268954 – 01, con conferma RAGIONE_SOCIALEa decisione di rigetto in un caso in cui “l’allusività RAGIONE_SOCIALEe conversazioni, l’uso di lermin fuori contesto e lo stesso riferimento a pagamenti privi di causale apparente rimandavano a rapporti opachi se non a traffici illeciti”; Sez. 4, n. 48029 del 18/09/2009, COGNOME, Rv. 245794 – 01).
Nell’applicare questo principio, tuttavia, la Corte RAGIONE_SOCIALEa riparazione non ha considerato che, a quanto consta dallo stesso provvedimento impugnato (pp. 3, 5 e 6), il carattere criptico del linguaggio è stato escluso dai giudici di merito, i quali hanno accertato che i dialoghi in questione erano effettivamente relativi ai rapporti
di natura lavorativa, intrattenuti dal ricorrente con soggetti escussi in dibattimento; rapporti ai quali realmente si riferivano i termini adoperati (“cento
metri” “venti giorni” ecc.), quindi usati nel loro senso comune, peraltro non dal ricorrente ma dai suoi interlocutori.
La Corte territoriale, su questo profilo, ha invece sovvertito la valutazione compiuta dai giudico di merito, affermandone la inverosimiglianza e proponendo
la propria interpretazione dei dialoghi intercettati e RAGIONE_SOCIALEe prove acquisite in dibattimento (pp. 5 e 6), finendo così per desumere la condotta ostativa da fatti –
l’occultamento del reale contenuto di un dialogo attraverso un linguaggio criptico
– che sono stati esclusi o ritenuti non sufficientemente provati dal giudice RAGIONE_SOCIALEa cognizione, così integrando il vizio denunciato dal ricorrente.
La Corte RAGIONE_SOCIALEa riparazione, pur dovendo valutare la condotta del Corto ponendosi in una prospettiva
ex ante, avrebbe invece dovuto muovere dal
comportamento del ricorrente per come emerso dalla ricostruzione RAGIONE_SOCIALEa vicenda culminata nel giudizio assolutorio.
Né in senso contrario depongono le dichiarazioni del Corto in sede di interrogatorio, che nulla ricordava di quei dialoghi, e si è limitato a formulare RAGIONE_SOCIALEe ipotesi (pp. 3 e 4 ordinanza ricorsa), fermo restando che quanto dichiarato nell’interrogatorio non potrebbe assumere valenza sinergica rispetto alla emissione RAGIONE_SOCIALEa misura cautelare, ma semmai al mantenimento.
Tali considerazioni impongono l’annullamento del provvedimento impugnato, con rinvio alla Corte di appello di Catania, cui si demanda anche il governo RAGIONE_SOCIALEe spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di appello di Catania, cui demanda anche la regolamentazione RAGIONE_SOCIALEe spese tra le parti per questo giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, 3 aprile 2025