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Ingiusta detenzione: la bugia costa il risarcimento

Un uomo, detenuto per oltre un anno con le accuse di tentato omicidio e rapina e poi assolto con formula piena, si è visto negare la riparazione per ingiusta detenzione. La Corte di Cassazione ha confermato il diniego, ritenendo che le sue dichiarazioni mendaci durante l’interrogatorio costituissero una colpa grave che ha contribuito al mantenimento della misura cautelare.

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Pubblicato il 7 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

La bugia in interrogatorio nega il risarcimento per ingiusta detenzione

Il diritto alla riparazione per ingiusta detenzione rappresenta un principio di civiltà giuridica, volto a compensare chi ha subito una privazione della libertà personale per poi essere riconosciuto innocente. Tuttavia, questo diritto non è assoluto. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha ribadito un concetto fondamentale: la condotta dell’imputato, anche se finalizzata alla difesa, può precludere l’accesso a tale risarcimento. Il caso in esame dimostra come una bugia, detta in sede di interrogatorio, possa essere qualificata come ‘colpa grave’ e costare caro.

I fatti del caso

La vicenda riguarda un uomo arrestato e posto in custodia cautelare in carcere per oltre un anno con le pesanti accuse di concorso in tentato omicidio e rapina aggravata. Già nella fase cautelare, il Tribunale del Riesame aveva annullato l’ordinanza per quanto riguarda il tentato omicidio, ma aveva mantenuto la misura per il reato di rapina.

Anni dopo, all’esito del processo di primo grado, l’uomo veniva assolto con formula piena da entrambe le accuse: per non aver commesso il fatto riguardo al tentato omicidio e per insussistenza del fatto per la rapina. Una volta divenuta irrevocabile la sentenza di assoluzione, l’interessato ha presentato istanza per ottenere la riparazione per l’ingiusta detenzione subita.

La Corte di Appello, però, ha respinto la richiesta, una decisione poi confermata dalla Corte di Cassazione a seguito del ricorso presentato dalla difesa.

La decisione della Corte di Cassazione sulla ingiusta detenzione

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, confermando la decisione dei giudici di merito. Il fulcro della questione non era la successiva assoluzione, ma la condotta tenuta dall’indagato durante le prime fasi del procedimento. Secondo i giudici, il suo comportamento ha contribuito in maniera determinante al mantenimento della misura cautelare, integrando quella ‘colpa grave’ che, ai sensi dell’art. 314 del codice di procedura penale, esclude il diritto al risarcimento.

Le motivazioni: perché la menzogna costituisce colpa grave?

La Corte di Cassazione ha fondato la sua decisione sull’analisi del comportamento tenuto dall’imputato durante l’interrogatorio di garanzia. In quella sede, per discolparsi, egli aveva fornito una versione dei fatti palesemente inveritiera, affermando che la persona offesa si fosse gettata volontariamente dalla finestra. Questa dichiarazione è stata qualificata come un ‘mendacio’.

I giudici hanno spiegato che, sebbene mentire possa rientrare in una strategia difensiva, tale condotta non è priva di conseguenze. Nel procedimento per la riparazione, il comportamento dell’interessato viene valutato con un metro diverso. La bugia, in questo contesto, è stata vista come un comportamento attivo, fortemente equivoco e volto a fornire una falsa rappresentazione della realtà agli inquirenti.

Questa falsa versione dei fatti ha contribuito a rafforzare il quadro indiziario a suo carico per il residuo reato di rapina, rendendo la sua posizione complessivamente meno credibile e giustificando, agli occhi degli inquirenti di allora, il mantenimento della custodia in carcere. In sostanza, la sua condotta negligente ha creato una situazione di ‘allarme sociale’ e ha reso necessario l’intervento dell’autorità giudiziaria, anche se poi le accuse si sono rivelate infondate. La Corte ha sottolineato che tale condotta ha avuto un’efficacia causale nel conservare lo stato detentivo fino alla sentenza assolutoria, quando il quadro indiziario è stato definitivamente smontato.

Le conclusioni: implicazioni pratiche della sentenza

Questa sentenza offre un importante monito: le strategie difensive adottate durante il procedimento penale possono avere ripercussioni significative in una eventuale, successiva, richiesta di riparazione per ingiusta detenzione. L’assoluzione non cancella la valutazione sulla condotta pregressa dell’imputato. Una dichiarazione falsa, anche se percepita come un mezzo per difendersi, può essere interpretata come una colpa grave che preclude il diritto al risarcimento. La decisione evidenzia come il diritto alla riparazione sia strettamente legato non solo all’esito del processo, ma anche a un comportamento leale e non fuorviante da parte dell’indagato, il cui mendacio può contribuire a creare o a mantenere quelle condizioni che giustificano la privazione della sua libertà.

Una bugia detta durante l’interrogatorio può impedire di ottenere la riparazione per ingiusta detenzione?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, se una dichiarazione falsa (mendacio), fornita anche per ragioni difensive, viene valutata come una condotta con colpa grave che contribuisce a creare o a mantenere il quadro indiziario che giustifica la custodia cautelare, essa può escludere il diritto al risarcimento.

Il diritto di difesa permette all’imputato di mentire senza alcuna conseguenza?
Sebbene mentire possa essere considerato parte di una strategia difensiva, non è una condotta priva di conseguenze. Come dimostra questa sentenza, in un separato giudizio per la riparazione, una bugia può essere valutata come un fattore ostativo, perdendo la sua ‘copertura’ legata al diritto di difesa e diventando un elemento di colpa grave.

Cosa si intende per ‘colpa grave’ che esclude il diritto alla riparazione per ingiusta detenzione?
Per ‘colpa grave’ si intende una condotta caratterizzata da macroscopica negligenza, imprudenza o trascuratezza che, pur non essendo intenzionale, crea una situazione tale da rendere prevedibile un intervento restrittivo dell’autorità giudiziaria. Nel caso specifico, fornire una versione dei fatti inverosimile e falsa è stato ritenuto un comportamento gravemente colposo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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