Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 12267 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 12267 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 05/02/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE
contro
:
NOME COGNOME avverso l’ordinanza del 10/10/2024 della Corte d’appello di Reggio Calabria;
udita la relazione del Consigliere NOME COGNOME
letta la memoria depositata dal Procuratore Generale che ha concluso per l’annullamento con rinvio del provvedimento impugnato
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza resa in data 25 ottobre 2024, la Corte di appello di Reggio Calabria ha accolto la domanda proposta da NOME COGNOME per la riparazione dell’ingiusta detenzione dallo stesso subita nel periodo dal 12 novembre 2018 al 7 gennaio 2020, in relazione ai reati di rapina aggravata in concorso e lesioni personali aggravate; imputazioni dalle quali il COGNOME era stato definitivamente assolto nel merito.
Avverso il provvedimento della Corte di appello di Reggio Calabria, ha proposto ricorso per cassazione il Ministero dell’Economia e Finanze per vizio di motivazione e violazione di legge.
Il ricorrente ha premesso che il COGNOME era stato sottoposto a custodia cautelare in carcere dal 12 novembre 2018 al 7 agosto 2019, giorno in cui il Tribunale di Reggio Calabria, ritenendo affievolite le esigenze cautelari, aveva sostituito tale misura con quella meno afflittiva d arresti domiciliari. In data 11 agosto 2019, il COGNOME veniva tratto in arresto per il rea evasione dagli arresti domiciliari. Riguardo al procedimento per i reati di rapina e lesioni seguito dell’evasione dal luogo degli arresti domiciliari, il cautelato subiva l’aggravamento de misura, con il ripristino della custodia in carcere dal 12 agosto 2019 sino alla sentenza assoluzione intervenuta il 7 gennaio 2020.
Il Ministero si duole che la Corte territoriale abbia erroneamente escluso la rilevanz causale della condotta gravemente colpevole del Musa in relazione al periodo intercorso tra il 12 agosto 2019 e il 7 gennaio 2020, nel quale veniva ripristinata la custodia cautelare i carcere, in aggravamento degli arresti domiciliari, a causa del reato di evasione posto in essere dal cautelato.
La Corte, nel liquidare l’indennizzo in relazione al predetto periodo, avrebbe dovuto tener conto che l’aggravamento della misura in regime carcerario era stata determinata dalla condotta dolosa o colposa del Musa, evaso dagli arresti domiciliari. Di conseguenza, l’indennizzo avrebbe dovuto essere significativamente ridotto, atteso che il “surplus d afflizione”, che caratterizza la custodia in carcere rispetto a quella domiciliare, rimproverabile esclusivamente al soggetto sottoposto a misura.
Ha depositato memoria il Procuratore Generale, che ha concluso per l’annullamento con rinvio del provvedimento impugnato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato per le ragioni di seguito esposte.
La questione sottoposta al vaglio di questa Corte attiene alla determinazione dell’indennizzo per ingiusta detenzione nel particolare caso in cui, durante il periodo detenti rivelatosi ingiusto, si sia verificato un aggravamento della misura cautelare – da arre domiciliari a custodia carceraria – a seguito di una condotta dolosa dell’istante, consist nell’evasione dal regime degli arresti domiciliari.
Rileva il Collegio come l’ordinanza impugnata sia incorsa in violazione di legge, segnatamente dell’art. 314 cod. proc. pen., nella parte in cui non ha considerato il dolo o colpa grave del COGNOME nell’aver violato la misura degli arresti domiciliari, mediante la condott di evasione.
La Corte territoriale, infatti, anche per il suddetto periodo di custodia in carcere, a seg dell’aggravamento per l’evasione, ha liquidato l’indennizzo secondo gli stessi parametri adottat per il primo periodo di detenzione in carcere, omettendo così di operare una necessaria differenziazione in relazione alle diverse cause generatrici delle restrizioni patite.
Osserva questa Corte come il giudice a quo abbia del tutto omesso di procedere a un’adeguata valutazione della condotta del Musa, al fine di rinvenirvi eventuali profili di gr colpevolezza causalmente idonei a determinare l’aggravamento degli arresti domiciliari.
A tale riguardo, mette conto di evidenziare come la misura della custodia in carcere, in aggravamento a seguito di evasione dagli arresti domiciliari, fosse da ritenere legalmente adottata, ossia sostenuta dall’emissione di un provvedimento giurisdizionale dotato di piena efficacia, fondato sulla riscontrata sussistenza dei relativi presupposti di legge e riconduci causalmente alla condotta dolosa del Musa.
Nel momento in cui il ricorrente si è allontanato dal luogo degli arresti domiciliari, egli sottoposto alla stessa misura cautelare sulla base di un provvedimento legalmente emesso e pienamente valido.
Egli pertanto era sottoposto all’obbligo di non allontanarsi e di attenersi alle prescriz dettate nel provvedimento dispositivo della misura cautelare, al fine di non incorrere, non sol nella sanzione prevista dalla norma incriminatrice di cui all’art. 385 cod. pen., comma 3, la c ratio risiede nella necessità che l’imputato agli arresti domiciliari non si sottragga alla costa possibilità di controllo della polizia giudiziaria, ma anche nelle conseguenze legate alla possib valutazione di detto comportamento alla stregua dei canoni di pericolosità che legittimano l’inasprimento della originaria misura cautelare con quella della custodia in carcere.
5. In tema di riparazione per ingiusta detenzione, l’equità che deve guidare la determinazione dell’indennizzo non può prescindere da una valutazione circa il contributo del soggetto alla causazione o all’aggravamento dello stato detentivo. Il principio di causalità ch governa l’an della riparazione deve necessariamente riflettersi anche sul quantum, con la conseguenza che, laddove sussista un concorso causale tra la condotta dell’istante e l’aggravamento del provvedimento restrittivo, l’indennizzo dovrà essere proporzionalmente ridotto.
Nel caso di specie, occorre considerare che l’aggravamento della misura cautelare dagli arresti donniciliari alla custodia in carcere è stato determinato dal comportamento doloso dell’istante, il quale si è volontariamente sottratto al regime degli arresti domiciliari, integ la fattispecie di evasione.
È principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte che la dolosa trasgressione, da parte dell’imputato, delle prescrizioni inerenti alla misura cautelare degli arresti domicil ancorché successivamente rivelatasi illegittima, renda giustificato l’inasprimento della misur con quella della custodia cautelare in carcere. L’adozione della misura e il relati mantenimento devono ritenersi, fino al momento della relativa formale rimozione per via giudiziale, disposti nel pieno rispetto delle norme di legge (cfr. Cass., n. 24197/2013, COGNOME).
Presupposto del delitto di evasione (art. 385 cod. pen.) è, infatti, che l’arresto detenzione alla quale l’evaso si sottrae siano stati disposti “legalmente”. È bensì vero che giurisprudenza di questa Suprema Corte interpreta il requisito in questione in termini rigorosi ritenendo che il soggetto debba trovarsi in uno stato di arresto o di detenzione del tut conforme alle norme dettate dall’ordinamento in tema di misure cautelari personali o di pene detentive (v. Sez. 6, n. 10282 del 13/02/2001, COGNOME, Rv. 219158; ma v. anche, in senso meno rigoroso, in un caso particolare, Sez. 6, n. 1364 del 11/10/2006, dep. 19/01/2007, Barone, Rv. 235718; Sez. 6, n. 18733 del 09/01/2008, COGNOME, Rv. 239930).
Si è tuttavia precisato che la responsabilità dell’agente non è esclusa quando, dopo il fatto, intervenga sentenza di proscioglimento in ordine al reato per il quale era stata dispos la custodia cautelare (Sez. 6, n. 14250 del 22/03/2005, COGNOME, Rv. 231195).
Dunque, il fatto che l’imputato sia stato assolto dalla imputazione che ha dato causa all’originaria misura personale, non elide la circostanza che la condotta di evasion dell’accusato sia da ritenere penalmente illecita, secondo una valutazione da condurre alla stregua delle condizioni esistenti all’atto dell’indebito allontanamento e della vanificazione controllo della polizia giudiziaria (v. Cass., Sez. 6, n. 15208/2009, Rv. 243939).
Va altresì ricordato che nella determinazione dell’indennizzo dovuto a colui che abbia subito una detenzione ingiusta si deve far riferimento ad alcuni principi fondamentali, enucleat da due pronunce rese dalle Sezioni Unite di questa Corte (Sez. U, n. 1 del 13/01/1995, COGNOME, Rv. 201035 e Sez. U, n. 24287 del 09/05/2001, COGNOME, Rv. 218975).
Come puntualizzato da queste sentenze: – la liquidazione deve essere effettuata con criteri equitativi che postulano, ai fini dell’entità della riparazione, la valutazione congiunta dei c della durata della custodia cautelare sofferta e delle conseguenze derivanti dalla privazion della libertà; – la liquidazione va effettuata tenendo conto del parametro aritmetico costit dal rapporto tra il tetto massimo dell’indennizzo fissato dall’art. 315, 3 rud comma 2, co proc. pen. e il termine massimo della custodia cautelare pari a sei anni ex art. 303, comma 4, lett. c) espresso in giorni, moltiplicato per il periodo, anch’esso espresso in giorni, di ing detenzione subita che deve essere opportunamente integrato dal giudice, innalzando o riducendo il risultato di tale calcolo numerico, nei limiti dell’importo massimo indennizzabi per rendere la decisione più equa possibile e rispondente alla specificità, positiva o negativ della situazione concreta.
Il differente grado di afflittività delle diverse forme di restrizione della libertà pe costituisce un parametro ineludibile nella determinazione dell’equa riparazione. Non può infatt essere revocato in dubbio che la detenzione in carcere comporti un carico afflittivo nettamente superiore rispetto alla restrizione domiciliare, tanto che per quest’ultima si ritiene congruo coefficiente di ragguaglio di riduzione ad un mezzo.
Tuttavia, con specifico riferimento all’ipotesi in cui la detenzione carceraria, in sostituz di quella domiciliare, sia stata determinata dal comportamento doloso dell’istante, uti riferimenti, ai fini della quantificazione, possono trarsi dalla rilevanza ostativa della cau tra la condotta dolosa o colposa del soggetto cautelato e l’adozione del provvedimento restrittivo, più volte affermato da questa Sezione (ex multis, Sez. 4, Sentenza n. 39726 del 27/09/2023, Rv. 285069-01).
Infatti, tale principio, con le dovute precisazioni, è applicabile anche all’ipotesi in discuta non dell’esclusione totale del diritto all’indennizzo, ma di una sua riduzione in relazi al periodo in cui l’aggravamento della misura sia riconducibile alla condotta del cautelato. entrambi i casi, infatti, il nucleo della valutazione del giudice della riparazione r nell’accertamento del nesso di causalità tra il comportamento del soggetto e il provvedimento restrittivo della libertà personale.
Ne consegue che, qualora l’aggravamento della misura cautelare, dagli arresti domiciliari alla custodia in carcere, sia stato provocato dal comportamento doloso del soggetto che è evaso dagli arresti domiciliari, la maggiore afflittività del carcere rispetto alla pregressa m non può essere considerata per maggiorare l’indennizzo, essendo riconducibile alla scelta consapevole dell’istante di violare le prescrizioni della misura cautelare cui era sottoposto.
Il principio di equità che permea l’intero istituto della riparazione per l’ingiusta detenz richiede che l’indennizzo rappresenti un giusto ristoro del pregiudizio subito, senza per tradursi in un indebito arricchimento per il beneficiario, specialmente quando quest’ultim abbia concorso, con il proprio comportamento, ad aggravare lo stato di privazione della libertà.
Il giudice del rinvio, nel quantificare l’indennizzo, dovrà pertanto valutare l’incidenza condotta dolosa del Musa che ha determinato l’inasprimento della misura degli arresti domiciliari nella custodia in carcere dal 12 agosto 2019 al 7 gennaio 2020, applicando i princip sopra enunciati e procedendo ad una modulazione dell’indennizzo che tenga adeguatamente conto della diversa genesi dei periodi di privazione della libertà personale patiti dall’ista del contributo arrecato dal cautelato all’aggravamento della misura.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di appello di Reggio Calabria.
Così deciso il 5 febbraio 2025 Il consigliere estensore COGNOME9>
Il Presidente