Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 8051 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 8051 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 01/02/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a CASTELVETRANO il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 04/07/2022 della CORTE APPELLO di BARI
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del PG, NOME COGNOME: “Rigetto del ricorso”.
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Bari, in sede di rinvio per l’annullamento del precedente provvedimento con sentenza della Corte di Cassazione del 19 ottobre 2019, n. 24937, Sez. 4, con ordinanza del 4 luglio 2022, rigettava l’istanza di NOME COGNOME, per il diritto ad un’equa riparazione per l’ingiusta detenzione subita (dal 24 maggio 2013 al 27 ottobre 2015), in relazione al reato di cui all’art. 270 bis cod. pen.
Ricorre in cassazione NOME COGNOME, deducendo i motivi di seguito enunciati, nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’art. 173, comma 1, disp. att., c.p.p.
1. Violazione di legge (art. 314, cod. proc. pen.); mancanza di motivazione. La Corte di appello evidenzia, per rigettare l’istanza del ricorrente, come gli accertamenti in fatto, seppure non idonei alla condanna per il delitto di cui all’art. 270 bis cod. pen., sarebbero sufficienti per una misura di prevenzione. Comunque, la misura di prevenzione non risulta limitativa della libertà personale al pari della custodia cautelare ingiustamente subita dal ricorrente. Risulta, pertanto evidente l’omessa motivazione, nella parte in cui “riterrebbe integrata la colpa grave per effetto di condotte giustificative in astratto di una misura di prevenzione ma non di una misura cautelare personale”. L’ordinanza non motiva anche su quanto ritenuto dalla sentenza della Corte di Cassazione n. 24937 / 2019 nella parte in cui evidenzia l’assenza, nella precedente ordinanza annullata, di una compiuta analisi degli specifici comportamenti tenuti dal ricorrente ritenuti gravemente colposi. La Corte di appello richiama condotte relative ad NOME, senza specificare e motivare sulle condotte del ricorrente. L’ordinanza non motiva neanche sull’incidenza causale delle condotte del richiedente rispetto alla custodia cautelare subita.
2. Manifesta illogicità della motivazione con riferimento al dolo e alla colpa grave. La difesa produceva documentazione attestante il rigetto della misura di prevenzione richiesta per COGNOME ma la Corte
di appello illogicamente riteneva tale produzione ininfluente al fine della valutazione del comportamento del ricorrente per la colpa grave relativa al procedimento per la riparazione dell’ingiusta detenzione. La misura di prevenzione è stata rigettata dal giudice competente e, conseguentemente, illogica risulta la motivazione sulla possibilità che i comportamenti del ricorrente sarebbero idonei a giustificare la misura di prevenzione (Cass. n. 48001 del 2016).
Ha chiesto pertanto l’annullamento dell’ordinanza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato e l’ordinanza deve annullarsi con rinvio alla Corte di appello di Bari.
L’ordinanza impugnata rileva che il ricorrente parlava con NOME (intercettato) in modo criptico ed ambiguo (dell’ascolto di alcune lezioni da cancellare) tale da ingenerare la falsa apparenza di un illecito penale, causalmente rilevante per la sua custodia cautelare. In una telefonata si commentava il regime nazista per l’olocausto, nella giornata commemorativa, e il ricorrente affermava sulla fine degli ebrei “Dio voleva che la loro fine arrivasse per le mani dei musulmani … E’ ritornato l’esercito di NOME, è iniziato a tornare”. Inoltre, il ricorrente e NOME si danno appuntamento in paradiso, “cioè prefigurando il martirio”, in tal modo dando una apparenza di appartenere all’associazione terroristica ex art. 270 bis cod. pen., inducendo in errore gli inquirenti e l’autorità giudiziaria, con comportamenti evidenti. Infine, assume particolare rilievo anche il riferimento a cinture esplosive. Tale comportamento, per l’ordinanza impugnata, “caratterizzato da macroscopica evidente negligenza, imprudenza, trascuratezza, ecc, tale da superare ogni canone di comune buon senso e tale da aver contribuito causalmente all’emanazione nei propri confronti della misura restrittiva della libertà personale”.
Il riferimento alla misura di prevenzione, da parte della Corte di appello, non è stato, comunque, determinante nella decisione, ma riguarda solo un aspetto della vicenda.
Tuttavia, l’ordinanza omette qualsiasi analisi sull’incidenza causale delle citate condotte del ricorrente sulla patita custodia cautelare.
La sentenza della Sezione 4, n. 24937/2019 aveva annullato la precedente ordinanza anche per la mancata analisi dell’incidenza causale delle condotte tenute dal ricorrente per l’arresto. L’ordinanza oggi impugnata non ha affrontato tale questione.
4. 1. In tema di riparazione per ingiusta detenzione il giudice di merito, per stabilire se chi l’ha patita vi abbia dato o abbia concorso a darvi causa con dolo o colpa grave, deve valutare tutti gli elementi probatori disponibili, al fine di stabilire, con valutazione “ex ante” – e secondo un iter logico-motivazionale del tutto autonomo rispetto a quello seguito nel processo di merito – non se tale condotta integri gli estremi di reato, ma solo se sia stata il presupposto che abbia ingenerato, ancorché in presenza di errore dell’autorità procedente, la falsa apparenza della sua configurabilità come illecito penale. (Sez. 4, n. 3359 del 22/09/2016 – dep. 23/01/2017, La Fornara, Rv. 26895201).
L’ordinanza impugnata non analizza l’incidenza causale del comportamento del ricorrente per l’arresto. Non è sufficiente la sola analisi dei comportamenti tenuti dal ricorrente, ma deve verificarsi se gli stessi hanno avuto incidenza causale per l’arresto: “In tema di presupposti per la riparazione per ingiusta detenzione, integra la colpa grave dell’indagato, ostativa all’indennizzo, il comportamento incauto che abbia avuto incidenza causale sull’evento della carcerazione preventiva, qualora valutato come uno degli elementi fondanti i gravi indizi di colpevolezza che ebbero a giustificare il provvedimento restrittivo della libertà. (Fattispecie in cui la Corte ha censurato la ritenuta sussistenza di colpa grave in ragione di dichiarazioni rese, in sede di interrogatorio, dall’indagato, giudicate idonee a ingenerare la
3
falsa apparenza della sua compartecipazione al reato di usura, tuttavia non menzionate nell’ordinanza applicativa e in quella di conferma della misura cautelare, fondate su elementi diversi)” (Sez. 3, Sentenza n. 28012 del 05/07/2022 Cc. (dep. 19/07/2022) Rv. 283411 – 01; vedi anche Sez. U, Sentenza n. 32383 del 27/05/2010 Cc. (dep. 30/08/2010) Rv. 247664 – 01).
L’analisi sull’incidenza causale risulta totalmente assent nell’ordinanza impugnata, in quanto non si valuta l’ordinanza di custodia cautelare e i motivi che hanno comportato la privazione della libertà personale, in relazione ai comportamenti del ricorrente.
Solo qualora i comportamenti del ricorrente, per quanto ritenuti gravi, avessero effettivamente avuto incidenza causale nell’arresto (nell’emissione dell’ordinanza di custodia cautelare) sarebb configurabile una colpa grave ostativa all’equa riparazione.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio alla Corte di appello di Bari.
Così deciso il 1/02/2023