Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 14456 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 14456 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 25/03/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a MELITO DI PORTO SALVO il 11/01/2000
avverso l’ordinanza del 24/10/2024 della CORTE APPELLO di REGGIO CALABRIA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del PG che ha chiesto il rigetto del ricorso
RITENUTO IN FATTO
1. La Corte di appello di Reggio Calabria, con ordinanza del 24 ottobre 2024, ha rigettato l’istanza di riparazione per ingiusta detenzione proposta da COGNOME SilvioCOGNOME il quale era stato sottoposto, con ordinanza del Gip eseguita in data 18 dicembre 2018, alla misura cautelare della custodia in carcere, poi tramutata nella meno afflittiva misura degli arresti domiciliari, per i reati di cui agli artt. 81 e 110 cod. pen., 23 co. 1 e 3 L. 110/75, 2 e 7 L. 895/67, 648 e 61 co. 1, n. 2 cod. pen. Dopo aver riportato condanna in primo grado, l’istante era stato assolto con sentenza della Corte di appello di Reggio Calabria del 31 marzo 2020, divenuta irrevocabile.
La Corte territoriale rigettava l’istanza di riparazione ritenendo che il comportamento tenuto dal ricorrente fosse idoneo a integrare un’ipotesi di colpa grave ostativa al diritto alla riparazione. Il COGNOME Silvio,infatti, era stato sorpreso dalle Forze dell’ordine nell’atto di chiudere lo sportello di una vettura Renault Clio in cui erano stati rinvenuti due fucili e delle cartucce, dandosi alla fuga a bordo di un’auto condotta dal fratello, dalla quale era poi sceso fuggendo a piedi e rendendosi irreperibile.
2. Ha proposto ricorso l’imputato, per il tramite del proprio difensore di fiducia, lamentando violazione di legge e vizio di motivazione ex art. 606, co. 1, lett. b) e lett. e), cod. proc. pen. in relazione alla ritenuta condotta colposa del ricorrente. La Corte reggina aveva basato il suo convincimento unicamente sul comportamento tenuto dal Berlingeri nell’immediatezza del fatto senza valutare lo sviluppo successivo del procedimento. I Giudici del merito non avevano considerato che dal verbale di accertamenti e rilievi redatto nell’immediatezza dell’accaduto era emerso che non erano state rinvenute impronte papillari latenti sulle armi presenti nella Renault Clio, la quale, peraltro, si presentava abbandonata, priva di serratura e in attesa di rottamazione, così come dichiarato dal proprietario COGNOME NOME. Inoltre, secondo giurisprudenza di legittimità, la fuga non costituisce ex se comportamento gravemente colposo, ad eccezione dei casi in cui non risulti la violazione di una precisa regola cautelare, quale non fermarsi ad un ordine impartito dalle forze dell’ordine. Sempre secondo i principi affermati dalla giurisprudenza di legittimità, anche l’irreperibilità non costituisce condotta ostativa.
Il Procuratore generale ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
L’Avvocatura generale dello Stato ha depositato memoria con la quale ha insistito per il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato.
Come noto, la nozione di colpa grave di cui all’art.314, comma 1, cod.proc.pen., ostativa del diritto alla riparazione dell’ingiusta detenzione, va individuata in quella condotta che, pur tesa ad altri risultati, ponga in essere, COGNOME per evidente, COGNOME macroscopica GLYPH negligenza, COGNOME imprudenza, trascuratezza, inosservanza di leggi, regolamenti o norme disciplinari, una situazione tale da costituire una non voluta, ma prevedibile ragione di intervento dell’autorità giudiziaria, che si sostanzi nell’adozione o nel mantenimento di un provvedimento restrittivo della libertà personale. A tale riguardo il giudice della riparazione deve fondare la sua deliberazione su fatti concreti e precisi, esaminando la condotta tenuta dal richiedente sia prima che dopo la perdita della libertà personale, al fine di stabilire, con valutazione ex ante (e secondo un iter logico motivazionale del tutto autonomo rispetto a quello seguito nel processo di merito), non se tale condotta integri estremi di reato, ma solo se sia stata il presupposto che abbia ingenerato, ancorché in presenza di errore dell’autorità procedente, la falsa apparenza della sua configurabilità come illecito penale, dando luogo alla detenzione con rapporto di “causa ed effetto” (Sez. 4, n. 3359 del 22 settembre 2016, COGNOME, Rv. 268952; Sez. 4, n. 9212 del 13 novembre 2013, Maltese, Rv. 259082; Sez. Un., n. 34559 del 26 giugno 2002, COGNOME, Rv. 222263).
Nel caso di specie il giudice della riparazione ha valorizzato i fatti emersi nel GLYPH processo GLYPH penale, GLYPH ivi GLYPH accertati GLYPH o GLYPH non GLYPH esclusi, (Sez. 4, n. 27397 del 10/06/2010, Rv. 247867 – 01; Sez. 4, n. 3895 del 14/12/2017, Rv. 271739 – 01), quali il ritrovamento, nella vettura Fiat Stilo utilizzata dal ricorrente, di fascette da elettricista di colore nero del medesimo tipo di quelle con le quali erano legati i fucili; unitamente alla condotta del COGNOME il quale, sorpreso dalle Forze dell’ordine nell’atto di chiudere lo sportello di una vettura Renault Clio in cui erano stati rinvenuti due fucili e varie munizioni, si era dato alla fuga a bordo di un’auto condotta dal fratello, dalla quale era poi sceso fuggendo a piedi e rendendosi irreperibile.
Tanto premesso, il ricorrente richiama una risalente giurisprudenza secondo cui /a fuga GLYPH dal luogo del delitto non può costituire
comportamento che ha dato causa alla custodia cautelare subita sotto il profilo della colpa grave quando tale condotta si inquadri nella prospettiva di una strategia difensiva funzionale proprio ad evitare ingiuste incriminazioni e restrizioni della libertà personale. Infatti, allorché tale comportamento non si configuri quale contrario all’ordinamento, ma espressione del diritto di difesa e di libertà, non è possibile qualificarlo illegittimo nella particolare prospettiva della riparazione per ingiusta detenzione (Sez. 4, n. 1745 del 03/06/1998, COGNOME, Rv. 211648 – 01).
Questa Corte di legittimità ha chiarito, sia riguardo alla fuga che alla condotta consistente nell’essersi reso irreperibile, che la riparazione può essere esclusa se detto comportamento sia caratterizzato, sotto il profilo soggettivo-psicologico, dall’intento di indurre in errore l’autorità mediante la rappresentazione di una situazione nella quale la stessa autorità procedente debba necessariamente ritenere l’esistenza di elementi tali da giustificare la privazione della libertà, e non anche quando, invece, il suddetto comportamento sia stato determinato dall’intento di sottrarsi ad una ingiusta incriminazione ed alle sue possibili conseguenze (Sez. 4, n. 2758 del 05/05/2000, PG in proc. Minino, Rv. 217429 -01;Sez. 4, n. 17647 del 07/04/2010, Tuku, Rv. 247332 – 01). Si è al riguardo precisato che i comportamenti dai quali l’autorità procedente abbia a suo tempo, più o meno fondatamente, ritenuto di poter trarre elementi indizianti a carico del soggetto inquisito, non sono idonei ad integrare la colpa grave di cui all’art. 314, comma primo, del codice di rito, e che tali comportamenti possono rilevare soltanto sotto il diverso profilo del dolo, qualora risulti che il soggetto li ha posti in essere proprio al fine di indurre in errore l’autorità, mediante rappresentazione di una situazione nella quale la stessa autorità dovesse necessariamente ritenere l’esistenza di elementi tali da giustificare la privazione della libertà.
In proposito, la Corte territoriale ha, in primo luogo, considerato che i fucili trovati all’interno della Clio erano legati con fascette da elettricista di colore nero e che, nella vettura Fiat Stilo utilizzata dal ricorrente per la fuga erano state rinvenute le medesime fascette. Inoltre i giudici di merito hanno rilevato che il ricorrente, alla vista degli agenti, non si è limitato chiudere lo sportello della vettura nella quale si trovavano, perfettamente visibili, due fucili e le relative munizioni, ma, sorpreso dagli agenti, si è dato alla fuga insieme al fratello a bordo della vettura Fiat Stilo in cui questi lo attendeva con il motore acceso e, inseguito dagli operanti, ha ripreso la fuga a piedi, rendendosi poi irreperibile per giorni,
1/
7
mentre il fratello e il proprietario della Clio erano tratti in arresto. La sequenza dei comportamenti sopra descritti ha condotto la Corte
territoriale a ritenere che il COGNOME li abbia posti in essere al fine di indurre in errore l’autorità, e che che proprio per tale motivo è stato
destinatario di una misura cautelare. Il ragionamento della Corte territoriale non contraddice la giurisprudenza sopra citata e risulta privo
di aporie logiche, in considerazione del complessivo quadro fattuale in cui i fatti erano avvenuti, adeguatamente valutato dai giudici di merito.
7. Si impone pertanto il rigetto del ricorso. Segue per legge la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
8. Non si ritiene di dover procedere alla liquidazione delle spese sostenute dal Ministero resistente. La memoria depositata, infatti, non sviluppa
argomenti difensivi, sicché non può dirsi che l’Avvocatura dello Stato abbia effettivamente esplicato, nei modi e nei limiti consentiti, un’attività
diretta a contrastare la pretesa del ricorrente (sull’argomento, con riferimento alle spese sostenute nel giudizio di legittimità dalla parte civile, da ultimo, Sez. U, n. 877 del 14/07/2022 dep. 2023, COGNOME, Rv. 283886; Sez. U., n. 5466, del 28/01/2004, Gallo, Rv. 226716; Sez. 4, n. 36535 del 15/09/2021, A., Rv. 281923; Sez. 3, n. 27987 del 24/03/2021, G., Rv. 281713).
PQM
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Nulla sulle spese in favore del Ministero resistente
Roma, 25 marzo 2025