Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 10912 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 10912 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 21/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a TORINO il 24/11/1982
avverso l’ordinanza del 04/11/2024 della CORTE APPELLO di BARI
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del PG
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza indicata in epigrafe la Corte d’appello di Bari ha rigettato la domanda di riparazione per ingiusta detenzione formulata da COGNOME NOME COGNOME in relazione alla sottoposizione alla misura cautelare della custodia cautelare in carcere applicatagli in data 5.6.2019 e fino al 23.9.2019 dal GIP presso il Tribunale di Foggia in quanto gravemente indiziato del reato di cui agli artt. 110 e 628, comma 3, cod.pen. in concorso con COGNOME NOME in danno della gioielleria COGNOME di Cerignola.
All’esito detta ordinanza veniva revocata con successiva emissione di decreto di archiviazione a seguito della disposta perizia antropometrica che evidenziava la incompatibilità del medesimo (e della coimputata COGNOME NOME) con i soggetti effettivamente responsabili della rapina.
La Corte d’appello, quale giudice adito ai sensi dell’art.315 cod.proc.pen., ha motivato il diniego dell’istanza sul rilievo che, effettuata la ricostruzione del vicenda GLYPH processuale, GLYPH l’atteggiamento GLYPH dell’istante, GLYPH consistito GLYPH nell’aver colposamente omesso di rappresentare elementi a sostegno della sua estraneità ai fatti di qualunque natura, si pone come concausa dell’avvenuta ritardata scarcerazione aggiungendo che tale atteggiamento gravemente colposo ha di fatto fuorviato gli inquirenti rafforzando il convincimento della ragionevole colpevolezza dell’istante nell’attività criminosa contestata.
Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso per cassazione COGNOME Marco COGNOME a mezzo del proprio difensore, articolando due motivi di ricorso.
Con il primo deduce l’errata applicazione ed interpretazione della legge penale in riferimento all’art. 314 cod.pro.pen. I, e II comma nonché l’omessa ed illogica motivazione in ordine agli artt. 274 e 280 cod.proc.pen.
Dopo aver ricostruito la vicenda che ha condotto all’applicazione della misura cautelare, si assume che alcun comportamento colposo é ravvisabile nei confronti dei ricorrenti i quali hanno dovuto ricostruire i loro spostamenti per dimostrare la loro completa estraneità ai fatti.
Inoltre nell’ordinanza gravata non viene effettuata alcuna analisi delle condotte dell’istante poste a fondamento della misura cautelare ed in ordine all’effetto causale delle stesse sull’applicazione della misura.
Con il secondo motivo si deduce la contraddittoria motivazione in ordine all’art. 314 cod.proc.pen.
Si censura in particolare l’ordinanza impugnata laddove non é chiaro a quale dei due indagati si riferisca; inoltre non vi é alcuna sentenza che abbia valorizzato il
comportamento dell’istante né è specificata quale sia la diretta conseguenza delle condotte contestate ai ricorrenti.
Il Procuratore generale presso la Corte di Cassazione ha depositato requisitoria scritta nella quale ha concluso per l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata.
Il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha depositato memoria con cui ha chiesto il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso, i cui motivi vanno valutati congiuntamente in quanto afferenti alla medesima questione, é fondato.
Si deve premettere che, per giurisprudenza consolidata, il giudizio per la riparazione dell’ingiusta detenzione è connotato da totale autonomia rispetto al giudizio penale, perché ha lo scopo di valutare se l’imputato, con una condotta gravemente negligente o imprudente, abbia colposamente indotto in inganno il giudice in relazione alla sussistenza dei presupposti per l’adozione di una misura cautelare. Ai fini della sussistenza del diritto all’indennizzo può anche prescindersi dalla sussistenza di un “errore giudiziario”, venendo in considerazione soltanto l’antinomia strutturale tra custodia e assoluzione, o quella funzionale tra durata della custodia ed eventuale misura della pena; con la conseguenza che, in tanto la privazione della libertà personale potrà considerarsi “ingiusta”, in quanto l’incolpato non vi abbia dato o concorso a darvi causa attraverso una condotta dolosa o gravemente colposa, giacché, altrimenti, l’indennizzo verrebbe a perdere ineluttabilmente la propria l’unzione riparatoria, dissolvendo la ratio solidaristica che è alla base dell’istituto. (così Sez. U., 51779 del 28/11/2013, Nicosia, Rv. 257606)
La sentenza delle Sezioni unite n. 32383 del 27/05/2010, COGNOME, Rv. 247663 ha precisato che la valutazione in parola deve essere effettuata ex ante, quindi deve ricalcare quella eseguita al momento dell’emissione del provvedimento restrittivo, ed è volta a verificare: da un lato, se dal quadro indiziario a disposizione del giudice della cautela potesse desumersi l’apparenza della fondatezza delle accuse, pur successivamente smentita dall’esito del giudizio; dall’altro, se a questa apparenza abbia contribuito il comportamento extraprocessuale e processuale tenuto dal ricorrente. Muovendo da queste premesse, la sentenza in parola ha chiarito c:he una condotta, già ritenuta idonea a integrare il grave quadro indiziario, può essere considerata gravemente colposa ai fini del diniego del diritto alla riparazione, quando l’assenza delle condizioni di applicabilità della misura venga accertata sulla base di elementi
emersi in un momento successivo a quello della sua adozione; ma quella stessa condotta non può essere considerata gravemente colposa ai fini del diniego del diritto alla riparazione ove si accerti che tali condizioni difettavano ab origine e tale accertamento il giudice della cognizione pervenga «sulla base degli stessi precisi elementi» che erano a disposizione del giudice della cautela «e in ragione esclusivamente di una loro diversa valutazione». In questi casi – sottolinea la sentenza – «la possibilità del diniego del diritto alla riparazione per effetto dell condizione ostativa della condotta sinergica del soggetto rimane effettivamente preclusa in forza dello stesso meccanismo “causale” che governa l’operatività della condizione in parola». La rilevanza della condotta ostativa «si misura, infatti, non sulla influenzabilità della persona del singolo giudice, bensì sulla idoneità a indurre in errore la struttura giudiziaria preposta alla trattazion del caso, complessivamente e oggettivamente intesa» (pagg. 31 e 32 della motivazione). 2.1. L’autonomia tra il giudizio penale e il successivo giudizio per la riparazione dell’ingiusta detenzione è stata più volte sottolineata dalla giurisprudenza di legittimità e non solo dalle sentenze delle Sezioni Unite sopra richiamate. Si è affermato in proposito: – che «il giudizio per la riparazione dell’ingiusta detenzione è del tutto autonomo rispetto al giudizio penale di cognizione, impegnando piani di indagine diversi e che possono portare a conclusioni del tutto differenti sulla base dello stesso materiale probatorio acquisito agli atti, ma sottoposto ad un vaglio caratterizzato dall’utilizzo d parametri di valutazione differenti» (Sez. 4, n. 39500 del 18/06/2013, COGNOME, Rv. 256764); – che «in tema di riparazione per ingiusta detenzione il giudice di merito, per stabilire se chi l’ha patita vi abbia dato o abbia concorso a darvi causa con dolo o colpa grave, deve valutare tutti gli elementi probatori disponibili, al fine di stabilire, con valutazione “ex ante” – e secondo un ite logico-motivazionale del tutto autonomo rispetto a quello seguito nel processo di merito – non se tale condotta integri estremi di reato, ma solo se sia stata il presupposto che abbia ingenerato, ancorché in presenza di errore dell’autorità procedente, la falsa apparenza della sua configurabilità come illecito penale» (Sez. 4, Sentenza n. 3359 del 22/09/2016, dep.2017, La COGNOME‘ Rv. 268952); – che «nel giudizio avente ad oggetto la riparazione per ingiusta detenzione, Corte di Cassazione – copia non ufficiale ai fini dell’accertamento della condizione ostativa del dolo o della colpa grave, può darsi rilievo agli stessi fatti accertati nel giudizio penale di cognizione, e no rileva che quest’ultimo si sia definito con l’assoluzione dell’imputato sulla base degli stessi elementi posti a fondamento del provvedimento applicativo della misura cautelare, trattandosi di un’evenienza fisiologicamente correlata alle diverse regole di giudizio applicabili nella fase cautelare e in quella di merito, valendo soltanto in quest’ultima il criterio dell’aldilà di ogni ragionevole dubbio»
(Sez. 4, n. 2145 del 13/01/2021, COGNOME, Rv. 280246; nello stesso se Sez. 4, n. 34438 del 02/07/2019, Messina, Rv. 276859). Si è tuttavia riba anche – e l’affermazione è coerente con i principi sopra enunciati nell’escludere il diritto alla riparazione per la ritenuta sussisten comportamento doloso o gravemente colposo che abbia “dato causa” (o 9 concorso a dar causa) alla privazione della libertà personale, il giudic riparazione deve attenersi a dati di fatto «accertati o non negati» nel giud merito (Sez. U n. 43 del 13/12/1995 – dep. 1996, COGNOME, Rv. 203636). S sottolineato in proposito che l’autonomia tra i due giudizi non implica che i o la colpa grave possano essere desunti da condotte che la sentenza assoluzione abbia ritenuto non sussistenti o non sufficientemente provate (S 4, n. 46469 del 14/09/2018, COGNOME, Rv. 274350; Sez. 4, n. 21598 d 15/4/2014, COGNOME, non mass.; Sez. 4, n. 1573 del 18/12/1993, dep. 199 COGNOME, Rv. 198491).
Fatte queste premesse, l’ordinanza impugnata non fa buon governo dei principi di diritto sopra enunciati.
Ed invero la Corte territoriale nel rigettare l’istanza ex art. 314 cod.p sull’assunto della sussistenza di una condotta ostativa dell’istante, asserit consistita nell’aver colposamente omesso di rappresentare elementi a sosteg della sua estraneità ai fatti di qualunque natura e tale da porsi come con dell’avvenuta ritardata scarcerazione, non ha in realtà in alcun modo individ in cosa fosse consistita detta condotta e se ed in che modo la stessa possa inciso sull’adozione ed il mantenimento della misura cautelare, limitandosi affermare che “tale atteggiamento gravemente colposo ha di fatto fuorviato inquirenti rafforzando il convincimento della ragionevole colpevolezza dell’ist nell’attività criminosa contestata”.
In conclusione l’ordinanza impugnata va annullata con rinvio per nuov giudizio alla Corte di appello di Bari, in diversa composizione, cui demanda al la regolamentazione delle spese di questo giudizio di legittimità.
P.Q.M.
annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di appe di Bari cui demanda anche la regolamentazione fra le parti delle spese di qu giudizio di legittimità.
Così deci o il 21 gennaio 2025.