Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 8082 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 8082 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 05/02/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: M ìhni:Sreyp ckti-Scovtowk: 3 CChi at,t. z NOME nato a PALERMO il 12/10/1958
avverso l’ordinanza del 01/10/2024 della CORTE APPELLO di PALERMO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del PG che ha chiesto l’annullamento del provvedimento impugnato
RITENUTO IN FATTO
1. La Corte d’appello di Palermo, con ordinanza emessa in data 1 ottobre 2024, ha accolto la richiesta di riparazione per ingiusta detenzione presentata nell’interesse di NOME NOME in ordine ad un procedimento penale, nel quale gli era stato contestato il reato di concorso in tentata estorsione aggravata ai sensi dell’art. 416 bis comma 1 cod. pen., procedimento archiviato con ordinanza del GIP del Tribunale di Palermo. Al NOME è stata liquidata la complessiva somma di €.25.000.00 per il periodo di detenzione in carcere sofferto’ per complessivi 17 giorni, nel periodo intercorso tra il 12 maggio 2020 e il 29 maggio 2020, data in cui era stata disposta la remissione in libertà dal Tribunale del riesame palermitano.
2.Ricorre per Cassazione il Ministero dell’Economia e delle Finanze. Con unico motivo deduce vizio di travisamento della prova. La Corte territoriale aveva epsressamente considerato, in un passaggio motivazionale, che ” il COGNOME era stato citato in alcune intercettazioni da soggetti coinvolti nella tentata estorsione a danno di NOME COGNOME che aveva fatto cenno alla sua presenza in occasione delle richieste di denaro effettuate alla persona offesa”. I giudici di merito avevano del tutto omesso di esaminare gli atti depositati dalla difesa erariale in allegato alla memoria difensiva, consistenti nelle captazioni relative a conversazioni tra il ricorrente ed altri soggett coinvolti nella vicenda. Era dunque smentito dai documenti depositati che le fonti di prova a carico del COGNOME fossero costituite solo da conversazioni intercettate fra terzi. Inoltre, la Corte territoriale non aveva fornito alcun motivazione in ordine all’elemento sottolineato dalla medesima difesa erariale, costiituito dal fatto che il COGNOME era presente sul luogo dei fatti, ove si era recato in compagnia di un personaggio di spessore criminale, assistendo al pestaggio della vittima. La motivazione era dunque del tutto carente, non avendo l’ordinanza impugnata valutato se l’essersi recato sul luogo dei fatti, insieme a personaggi di nota caratura mafiosa, potesse considerarsi condotta gravemente colposa. Il provvedimento impugnato si era limitati() a richiamare il provvedimento liberatorio, confondendo i piani della responsabilità con i presupposti del diritto alla riparazione. Con il secondo motivo denuncia vizio di motivazione in ordine alla liquidazione del danno. La Corte si era discostata dal parametro aritimetico, commisurando il danno ad €.1.470,58 giornalieri, senza giustificazione adeguata.
COGNOME COGNOME si è costituito in giudizio a mezzo del difensore che ha depositato memoria insistendo per il rigetto del ricorso.
Il Procuratore generale ha concluso per l’annullamento con rinvio del provvedimento impugnato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo motivo è fondato, con le precisazioni che seguono.
Nella fattispecie in esame la Corte territoriale ha argomentato in ordine alla insussistenza di condotte ostative rilevando che i giudici di merito avevano ritenuto credibile la versione dei fatti resa dall’odierno ricorrente. Il Ministero censura siffatt valutazione, sottolineando, da un lato, l’omesso esame delle risultanze delle intercettazioni costituenti il compendio indiziario, allegate alla memoria depositata in sede di costituzione nel giudizio di merito e, dall’altro, il mancato apprezzamento di un elemento significativo e pregnante, ossia la presenza del COGNOME insieme ad un soggetto di nota caratura criminale autore materiale del delitto, sul luogo ove si erano svolti i fatti.
3.Ciò premesso, avuto riguardo a quanto dedotto nel presente giudizio e salva la valutazione della cd ” ingiustizia formale” ( ar. 314, comma 2, cod. proc. pen.), va rammentato che secondo il costante indirizzo di questa Corte (S.U., 26 giugno 2002 n.34559, Rv.222263) il giudice della riparazione deve fondare la sua deliberazione su fatti concreti e precisi, esaminando la condotta (sia extra processuale che processuale) tenuta dal richiedente sia prima che dopo la perdita della libertà personale, al fine di stabilire, con valutazione ex ante (e secondo un iter logico motivazionale del tutto autonomo rispetto a quello seguito nel processo di merito), non se tale condotta integri estremi di reato, ma solo se sia stata il presupposto che abbia ingenerato, ancorché in presenza di errore dell’autorità procedente, la falsa apparenza della sua configurabilità come illecito penale, dando luogo alla detenzione con rapporto di “causa ed effetto”. Sempre a mente del consolidato indirizzo citato, è da ritenere gravemente colposo il comportamento imprudente o negligente che, valutato con il parametro dell’id quod plerumque accidit, “sia tale da creare una situazione di allarme sociale e di doveroso intervento dell’autorità giudiziaria a tutela della sicurezza collettiva” e renda prevedibile, anche se non voluto, l’intervento dell’autorità giudiziaria.
Orbene, la Corte territoriale non chiarisce per quali ragioni la condotta tenuta dal COGNOME, consistente nell’essere presente sul luogo del pestaggio commesso in danno della persona offesa da parte del COGNOME, soggetto legato ad ambienti criminali, non avrebbe avuto alcun valore ostativo. Al riguardo, non appare sufficiente il generico richiamo alla credibilità della versione dei fatti fornita dal ricorrente, no essendo in alcun modo argomentato su quali elementi si sia basato il giudizio di irrilevanza delle concrete circostanze legate alla presenza sul luogo del commesso reato
da parte del COGNOME. Né sono chiarite le ragioni per le quali non è stata valutata l’incidenza delle frequentazioni ambigue che, secondo costante giurisprudenza di questa Corte, possono essere idonee ad essere interpretate come indizi di complicità, in rapporto al tipo e alla qualità dei collegamenti con tali persone, così da essere poste quanto meno in una relazione di concausalità con il provvedimento restrittivo adottato (Sez. 4, n. 53361 del 21/11/2018, Puro, Rv, 274498; Sez. 4, n. 29550 del 05/06/2019, COGNOME, Rv. 277475 – 01). Non può invece essere censurata l’omessa valutazione del materiale intercettivo, in quanto sul punto il ricorso dell’Avvocatura dello Stato non è autosufficiente, non essendo state richiamate o allegate le captazioni asseritamente non esaminate dalla Corte territoriale.
Tanto premesso, questa Corte ha ripetutamente chiarito che la parte ricorrente è tenuta non solo ad allegare le conseguenze personali subite, ma a spiegare in modo circostanziato il danno sofferto, la sua natura, i fattori che ne sono causa e il rapporto di derivazione dall’ingiusta detenzione patita (sez. 4, n. 27474 del 2/7/2021, Spedo, Rv. 281513). E ciò in quanto il giudice, nel liquidare l’indennità, fermo restando l’importo massimo stabilito dalla legge, può discostarsi dal parametro aritmetico ove la parte assolva all’onere di allegare l’esistenza di danni ulteriori rispetto alle normali conseguenze della privazione della libertà personale, la loro natura e i fattori che ne sono causa, e sia raggiunta la prova, anche sulla base del fatto notorio o di presunzioni,
di tali danni e del nesso causale con la detenzione (Sez. 4 – n. 19809 del 19/04/2019, COGNOME, Rv. 276334 – 01). In particolare, riguardo al danno conseguente al clamore mediatico, va ricordato il consolidato orientamento per cui, ai fini della configurabilità dello strepitus fori di cui tener conto nella liquidazione dell’indennizzo, occorre che la diffusione della notizia esorbiti dalle comuni modalità di informazione, connotandosi sia per la capacità di raggiungere un largo pubblico, sia per l’assertività della notizia nel senso della responsabilità penale dell’interessato, con la conseguenza che nelle realtà di piccole dimensioni è necessario che l’ingiusta detenzione abbia una durata tale da indurre nel pubblico il convincimento dell’effettivo coinvolgimento dell’interessato (sez. 4, n. 2624 del 13/11/2018, COGNOME, Rv. 275193). In ogni caso, allorquando si proceda applicazione di un criterio di liquidazione diverso da quello equitativo devono essere compiutamente illustrate le ragioni di adeguamento dell’indennizzo alla peculiarità del caso concreto. (Sez. 4, n. 997 del 17/12/2013, Postiglione, Rv. 257907 – 01), e tanto alla luce dei parametri sopra ricordati.
L’impugnata ordinanza non ha dato conto, se non non in modo meramente assertivo, delle ragioni per le quali è addivenuta al considerevole discostamento dal criterio artimetico. In proposito la Corte territoriale dà atto della deduzione, da parte del COGNOME, di danni” morali, esistenziali e all’immagine” e non chiarisce le ragioni per cui – alla luce del consolidato orientamento sopra illustrato – sono stati ritenuti sussustenti e dimostrati i danni così come dedotti ( collegati al clamore mediatico), senza perciò giustificare il notevole e rilevante aumento della misura dell’indennizzo rispetto al parametro artinnetico (euro 1470,58 giornalieri anziché euro 235,82).
Consegue a quanto esposto l’annullamento con rinvio del provvedimento impugnato a diversa sezione della Corte d’appello di Palermo, che dovrà procedere a nuovo esame alla luce dei principi sopra richiamati.
PQM
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio alla Corte d’appello di Palermo cui demanda la regolamentazione delle spese tra le parti di questo giudizio di legittimità.
NOME
Il Consigliere estensore
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Il Presidente
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Roma, 5 febbraio 2025