Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 46261 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 46261 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 30/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
nato a ROMA il 27/07/1967
avverso la sentenza del 27/03/2024 della CORTE APPELLO di ROMA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udito il PG, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
L’avv. NOME COGNOME del foro di ROMA in difesa della parte civile spese. C.G. che si riporta alle conclusioni scritte e deposta nota che si L’avv. NOME COGNOME del foro di ROMA in difesa di riporta ai motivi di ricorso e ne chiede l’accoglimento. C.S.
RITENUTO IN FATTO
1.La Corte d’appello di Roma, in data 27 marzo 2024, giudicando in sede di rinvio a seguito di annullamento della Corte di Cassazione di altra sentenza della stessa Corte, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Roma di condanna di C.S. in ordine al reato di cui agli artt. 609 bis, comma 2 n. 1, in relazione all’art. 609 ter, comma 1 nn. 5 e 5 sexies, cod. pen. in danno della nipote NOME di anni 14 (commesso in Roma dal mese di giugno 2019 fino al mese di novembre 2019), ha ridotto la pena ad anni 6 mesi 6 di reclusione e confermato le statuizioni civili.
1.1.11 processo ha ad oggetto la violenza sessuale GLYPH posta in essere dall’imputato nei confronti della nipote NOME all’epoca dei fatti quattordicenne.
La persona offesa, fin dalla più tenera età, era stata affidata dal Tribunale per i Minorenni ad una casa famiglia, così come gli altri suoi fratelli, a seguito dell sospensione della responsabilità di entrambi i genitori. Pochi mesi prima dei fatti per cui si procede, al fine di farle incontrare i genitori e riprendere i legami con famiglia di origine, era stata autorizzata dal Tribunale per i Minorenni a trascorrere i fine settimana presso l’abitazione della nonna paterna, ove risiedeva anche l’imputato, fratello del padre.
Secondo la descrizione di cui all’imputazione, in tali occasioni, il ricorrente con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, abusando delle condizioni di inferiorità psichica, aveva costretto NOME.G. a subire atti sessuali. In particolare, nelle occasioni in cui la persona offesa e l’imputato, nell’abitazion della nonna paterna, si mettevano sdraiati sotto le coperte in uno dei due letti singoli di una stanza a guardare la televisione, l’aveva toccata nelle parti intime (inserendole le dita nella vagina e accarezzandola nei glutei), aveva tentato di farsi toccare i genitali, le aveva chiesto di praticargli sesso orale e a sua volta lo aveva praticato.
1.2. La sentenza di primo grado e la prima sentenza della Corte di appello avevano qualificato le condotte su indicate come reato di cui all’art. 609 bis, comma 2 n. 1, cod. pen.
La Corte di Cassazione aveva annullato la sentenza della Corte di Appello, rilevando che la motivazione in risposta alla censura del ricorrente per la quale i fatti contestati avrebbero dovuto essere qualificati come reato di cui all’art. 609 quater, comma 3, cod. pen. era stata fondata su affermazioni assertive ed era, perciò, nella sostanza mancante.
1.3. La Corte di appello, in sede di rinvio, come detto, ha ritenuto che il ricorrente avesse agito abusando delle condizioni di inferiorità psichica della vittima, conseguente al timore che, se avesse denunciato l’accaduto, ella non
avrebbe più potuto frequentare la casa della nonna paterna e avrebbe, così, perso i contatti con i suoi famigliari.
2. Avverso la sentenza, l’imputato ha proposto ricorso formulando un unico, articolato motivo, con cui ha dedotto la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione alla mancata derubricazione nel reato di cui all’art. 609 quater, comma 3, cod. pen. Il difensore ricorda che tale ultimo articolo incrimina un condotta consensuale in cui il soggetto agente non ha esercitato una condotta di induzione, COSÌ come prevista dall’art. 609 bis cod. pen., quale inganno, sopraffazione o persuasione; rileva, altresì, che le due norme si differenziano per l’elemento oggettivo, in quanto il bene giuridico tutelato nel reato dell’art. 609 quater cod. pen non è la libertà di autodeterminazione del soggetto, ma l’integrità psicofisica del medesimo nella prospettiva di un corretto sviluppo della propria sessualità. Nella fattispecie di cui all’art. 609 bis, comma 2 n. 1), cod. pen. la persona offesa subisce la condotta di induzione perché in condizioni di inferiorità psichica o fisica sicché la condotta del soggetto agente si caratterizza in un’abile capacità manipolatoria che si traduce in un’attività di persuasione del minore succube e passivamente tollerante. Nella fattispecie di cui all’art. 609 quater, comma 3, cod. pen., il consenso del minore è viziato esclusivamente dalla condizione di inferiorità dovuta all’età e la condotta del soggetto agente, priva di qualsiasi forma di persuasione o sopraffazione, si caratterizza per l’abuso dell’autorità o della fiducia o dell’influenza esercitata in ragione della propria qualità p delle relazio familiari domestiche di coabitazione o di ospitalità.
La Corte d’appello -prosegue il difensore-, nel valorizzare la condizione di inferiorità psichica della vittima, avrebbe operato una libera interpretazione dei fatti, senza indicare alcuna risultanza probatoria a supporto. In altri termini Corte, dovendo escludere il presupposto della violenza fisica, avrebbe ritenuto, comunque, provato l’abuso della condizione psichica, nonostante la ragazza avesse sempre manifestato una libera capacità di autodeterminazione, anche rispetto alla influenza dello zio, e avesse semmai esternato, nell’usare la sua fisicità, una capacità manipolatoria. L’indagine sull’effettiva condizione d minorazione psicologica della ragazza secondo il difensore avrebbe dovuto costituire il momento centrale dell’accertamento del giudice di merito: la Corte, invece, in maniera apodittica avrebbe affermato una condizione di minorazione psichica sulla base di illazioni, che sembrano essere frutto di convinzioni personali e non già oggetto di accertamento probatorio. I giudici avrebbero dovuto soffermarsi sul grado di maturità della persona offesa e sulla capacità, se non addirittura consapevolezza, di sfruttare l’ascendente che evidentemente aveva presso l’imputato. Sotto tale profilo il difensore ricorda che nella consulenza
tecnica della dottoressa COGNOME V. COGNOME si dava atto di come la ragazza avesse riferito di aver utilizzato agiti sessualizzati, sperimentati con lo zio, per tenere legato sé il fidanzatino S. : la personalità della ragazza era stata ricostruita, disparte dalla giovane eta, come matura e consapevole della propria femminilità e della possibilità di sfruttarla per il raggiungimento dei suoi scopi.
Nel corso della trattazione orale, le parti hanno concluso come indicato in epigrafe.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso deve essere rigettato, in quanto infondato il motivo.
La sentenza rescindente, come detto, incontestati gli atti sessuali posti in essere dall’imputato con la nipote all’epoca dei fatti quattordicenne, aveva invitato il giudice del rinvio a soffermarsi sulla censura relativa alla qualificazione giuridi di tale condotta e a verificare se nel caso concreto fosse configurabile la più grave fattispecie di cui agli artt. 609 bis, comma 2 n. 1, 609 ter, comma 1 n. 5, cod. pen., come ritenuto dal primo giudice, ovvero la meno grave fattispecie di cui all’art. 609 quater, comma 3, cod. pen., come richiesto dal ricorrente.
La Corte di appello, in sede rescissoria, ha confermato la qualificazione della condotta dell’imputato come violenza sessuale con abuso della condizione di inferiorità psichica della vittima, individuando tale condizione nella situazion personale della minore che non gli avrebbe consentito di respingere le richieste dello zio. Il ricorrente, di contro, ha censurato la motivazione adottata, ribadendo che nel caso di specie la sussistenza di tale condizione non era stata riscontrata da adeguati riferimenti probatori e che l’istruttoria aveva semmai delineato la personalità della vittima come quella di una adolescente in grado di autodeterminarsi.
Il tema proposto dal ricorso verte sul confine fra le due fattispecie di reato su indicate e sulla sussunzione della condotta dell’imputato nell’una o nell’altra delle due norme incriminatrici. Appare, dunque, GLYPH opportuno GLYPH richiamare gli elementi costituitivi delle due ipotesi delittuose, al fine di indagarne i rispet ambiti di applicazione (nell’ipotesi in cui la vittima abbia compiuto gli anni 14 ma non ancora gli anni 18), dovendosi, peraltro, sottolineare che solo per il delitto di violenza sessuale con abuso della condizione di inferiorità psichica si è consolidata un’ ampia elaborazione giurisprudenziale, mentre per il delitto di atti sessuali con minorenne mediante abuso di fiducia, GLYPH autorità ed influenza, introdotto nel 2021, non si sono ancora registrate massime di legittimità.
4. L’art. 609 bis, comma 2 n. 1, cod. pen. punisce chi induce taluno a compiere e subire atti sessuali, abusando delle condizioni di inferiorità fisica o psichica della persona offesa al momento del fatto.
4.1.11 tema dei rapporti fra la violenza sessuale per induzione con abuso delle condizioni di inferiorità fisica o psichica e la violenza sessuale per costrizione attuata con violenza o minaccia o abuso di autorità, di cui all’art. 609 bis, comma 1, cod. pen., è stato compiutamente delineato dalla giurisprudenza di legittimità e da ultimo anche dalle Sezioni Unite. Il Supremo Collegio ha affermato che l’art. 609 bis cod. pen. distingue tra violenza sessuale costrittiva, nella quale il soggetto passivo attua o subisce un evento non voluto perché la sua capacità di autodeterminazione viene annullata o limitata mediante coercizione, e violenza sessuale induttiva, nella quale l’ agente persuade la vittima a sottostare ad atti che diversamente non avrebbe compiuto, ovvero a subirli strumentalizzando la vulnerabilità. In entrambi i casi l’autore del reato incide sul processo di formativo della volontà della persona offesa, ma nel primo caso tale volontà è compressa fino ad impedirne ogni diversa determinazione, nel secondo caso orientata secondo le intenzioni dell’agente (Sez U n. 27326 del 16.7.2020, C, Rv 279520, § 5 del Considerato in Diritto).
4.2. Con riferimento agli elementi costitutivi del reato di cui all’articolo 6 bis, comma 2 n. 1, cod. pen., si è affermato che: 1) la condizione di inferiorità , deve sussistere al momento del fatto; 2) il consenso deve essere viziek9 ,- taTe condizione e deve essere frutto della induzione; 3) l’induzione a sua volta deve essere stata posta in essere al fine di sfruttare la condizione di inferiorità p carpire un consenso che altrimenti non sarebbe stato dato; 4) l’induzione e la sua natura abusiva non si identificano con l’atto sessuale ma lo precedono ( Sez 3 n. 52835 del 19/06/2018, P., Rv 274417). 1
Nella struttura della fattispecie incriminatrice in esame sono, dunque, elementi caratterizzanti la condotta di induzione al compimento di atti sessuali e l’abuso della condizione di inferiorità psichica (o fisica) della vittima.
4.2.1.Quanto al primo elemento, la giurisprudenza ripete costantemente che l’induzione si realizza quando, con un comportamento attivo di persuasione, spesso ma non necessariamente sottile e subdola, l’agente spinge, istiga, o convince la vittima ad aderire ad atti sessuali che diversamente non avrebbe compiuto (Sez. 3, n. 38011 del 17/05/2019, A, Rv 277834; Sez. 3 n. 38787 del 23/06/2015, P, Rv 264698). Per effetto della induzione l’eventuale consenso della persona offesa è, indi, viziato in frutto di una attività di convinciment accompagnata dalla strumentalizzazione della condizione di inferiorità psichica della persona offesa. Ne consegue che, per escludere la configurabilità del reato
di violenza sessuale con abuso delle condizioni di inferiorità, non è sufficiente che la persona, con la quale è intercorso il rapporto, abbia consentito a compiere o subire l’atto sessuale, ma è necessario accertare se tale consenso non sia conseguenza di una strumentalizzazione della sua inferiorità da parte dell’autore, ovvero conseguenza dello sfruttamento delle condizioni di minorata capacità di resistenza o di comprensione della natura dell’atto da parte del soggetto passivo, attuato con il convincimento del minore a sottostare ad atti che diversamente non avrebbe compiuto (Sez 3 n. 44171 del 19.9.2023, M. Rv 285289; sez 3 n. 52041 dell’11/10/2016, Rv. 268615). Deve essere fatto, dunque, rientrare nella categoria dell’induzione mediante abuso delle condizioni di inferiorità fisica o psichica della vittima il procedimento di graduale sessualizzazione operato nel tempo da un soggetto in posizione del dominio allo scopo di condizionarne la libertà (Sez. 3 n. 6148 dell’8/10/2020 dep. 2021, Rv 281338).
4.2.2. I principi appena richiamati chiariscono anche come debba essere interpretata la nozione di inferiorità psichica della vittima. Si è, a tale f precisato che essa prescinde da fenomeni di patologie mentale ed è integrata anche da una situazione intellettiva e spirituale di minore resistenza alla altru opera di coazione psicologica e di suggestione, dovuta ad un limitato processo evolutivo mentale e culturale (Sez. 3 n. 31776 del 13/07/2022, p., Rv 283644; Sez 3 n. 38261 del 20/09/2007, F.., Rv 237826), ovvero anche solo alla minore età e all’assenza di figure genitoriali di riferimento della vittima che la faccia diventare strumento di piacere nelle mani del soggetto agente, il quale può, in tal modo, piegarla alle proprie voglie sessuali, senza la necessità di porre in essere condotte di tipo intimidatorio e/o costrittivo (Sez. 3 n. 17383 del 16/12/2014, 0, Rv 263350, in motivazione).
Si tratta di condizione che non deve necessariamente essere assoluta, ossia tale da implicare assenza di qualunque capacità di autodeterminazione, quanto piuttosto di una situazione intellettiva e spirituale di vulnerabilità, sicché possono ritenersi incompatibili con essa la capacità dimostrata dalla vittima di muoversi autonomamente in ambito sessuale. Tale condizione, si è detto, proprio per le sue caratteristiche, può essere accertata dal giudice di merito alla luce di tutte le risultanze processuali, senza che sia necessario l’espletamento di indagini peritali (Sez. 3, n. 44171 del 19/09/2023, M. Rv. 285289 – 02, in motivazione).
5. L’articolo 609 quater cod. pen., rubricato atti sessuali con minorenne, al primo comma sottopone alla stessa pena dell’articolo 609 bis chiunque, al di fuori delle ipotesi previste in detto articolo, compie sessuali con persona che al momento del fatto non ha compiuto gli anni 14 (n. 1) ovvero gli anni 16, quando il colpevole sia l’ascendente il genitore anche adottivo,o il di lui convivente,il tuto
ovvero altra persona cui per ragioni di cura eduzione istruzione vigilanza custodia il minore affidato o che abbia con quest’ultimo una relazione di convivenza (n.2); al secondo comma punisce con la reclusione da tre a sei anni gli stessi soggetti quando, con l’abuso dei poteri connessi alla loro posizione, compiano atti sessuali con persona minore che ha compiuto gli anni 16; al terzo comma, aggiunto dall’art. 20 delle legge 23 dicembre 2021 n. 238, punisce con la reclusione fino a quattro anni chi, fuori dai casi previsti dai commi precedenti, compie atti sessuali con persona minore che ha compiuto gli anni 14, abusando della fiducia riscossa presso il minore o dell’autorità o dell’influenza esercitata sullo stesso in ragion della propria qualità o dell’ufficio ricoperto o delle relazioni familiari domestic lavorative di coabitazione ospitalità.
Ci si deve, dunque, soffermare su tale ultima fattispecie incriminatrice, introdotta dalla legge n. 238/2021, per dare attuazione alla previsione di cui all’art. 3 paragrafo 5 lett. i) della Direttiva 2011/93/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 13 dicembre 2011, relativa GLYPH alla lotta contro l’abuso e lo sfruttamento sessuale dei minori e GLYPH la pornografia minorile, la quale impone agli Stati membri di punire chiunque compia atti sessuali con un minore e a tal fine abusi di una posizione riconosciuta di fiducia, autorità o influenza sul minore.
La norma di nuova introduzione punisce gli atti sessuali con minore, di età compresa tra i quattordici e i diciotto anni, commessi con abuso di una posizione riconosciuta di fiducia, autorità o influenza sullo stesso in ragione della propria qualità o dell’ufficio ricoperto o delle relazioni familiari, domestiche, lavorative, coabitazione o di ospitalità. Lo stesso art. 20 della legge n. 238/2021 alla lett. d ha modificato il comma 5 dell’art. 609 quater cod. pen. integrando il sistema delle circostanze aggravanti ed in particolare aggiungendo a quella già prevista “se il compimento degli atti sessuali con il minore che non abbia compiuto gli anni quattordici avviene in cambio di denaro o di qualsiasi altra utilità, anche solo promessi” al n. 1, ulteriori ipotesi di aggravamento elencate nei numeri da 2 a 5.
Secondo la nuova disposizione di cui all’art. 609 quater, comma 3, cod. pen., il compimento degli atti sessuali deve necessariamente essere il frutto: 1) dell’abuso della fiducia riscossa presso il minore, ovvero 2) dell’abuso dell’autorità rivestita dal soggetto agente nei confronti del minore, ovvero 3) dell’abuso dell’influenza esercitata sul minore in ragione della propria qualità o dell’uffic ricoperto o delle relazioni, familiari, domestiche, lavorative, di collaborazion o di ospitalità.
Il concerto di abuso di autorità – ha sottolineato la dottrina- è quello che pone meno problemi, in quanto, già utilizzato dal legislatore nell’ambito delle norme contenute nello stesso titolo XII (“Delitti contro le persone”), del codice penale. Non può, dunque, che operarsi il richiamo al concetto di abuso di autorità
in merito al quale le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, nella sentenza di cui già si è detto hanno precisato, con riferimento al reato di cui all’artico 609 bis cod. pen., che “In tema di violenza sessuale, l’abuso di autorità … presuppone una posizione di preminenza, anche di fatto e di natura privata, che l’agente strumentalizza per costringere il soggetto passivo a compiere o a subire atti sessuali”. In tal caso, le Sezioni Unite, chiamate a dirimere il contrasto giurisprudenziale relativo alla qualifica della posizione dell’agente, ovvero se debba necessariamente essere di tipo formale e pubblicistico, nella motivazione della sentenza, prima di affermare il principio di diritto sopra indicato, si sono soffermat sul significato concreto della locuzione “abuso di autorità”, tenuto conto del contesto nel quale è inserito. L’autore del reato – hanno precisato- incide sul processo formativo della volontà della persona offesa, coartandola, in virtù proprio del “particolare contesto relazionale di soggezione tra autore e vittima del reato determinato dal ruolo autoritativo del primo”. Nella fattispecie in esame, tuttavia, l’abuso dell’autorità non determina costrizione al compimento di atti sessuali che altrimenti non sarebbero stati compiuti, così come previsto dall’art. 609 bis, comma 1, cod. pen.
Il concetto di fiducia è, invece, richiamato nella definizione di adescamento contenuta nell’art. 609 undecies cod. pen. come “qualsiasi atto volto a carpire la fiducia del minore attraverso artifici, lusinghe o minacce”. Si tratta di nozione peraltro, che potrà modularsi in maniera differente in considerazione delle diverse situazioni che si potranno verificare nella realtà dei casi concreti e che rimanda ad una sorta di “affidamento” del minore a una figura di riferimento, nella convinzione delle benevoli intenzioni di tale figura nei suoi confronti.
Il concetto di influenza, infine, è nuovo ed è delimitato dal riferimento all qualità o all’ufficio ricoperto dall’agente o alle relazioni familiari, domestic lavorative, di coabitazione o di ospitalità; è in virtù di dette relazioni che l’influ può essere esercitata, sicché il suo contenuto si correla proprio alla “posizione” che il soggetto agente riveste nei confronti della vittima in ragione delle situazioni sopra indicate.
La condotta incriminata dall’art. 609 quater, comma 3, cod. pen. è, dunque, il compimento di atti sessuali con minore che abbia compiuto gli anni 14 (e non ancora gli anni 18) attuato attraverso l'”abuso”, ovvero l’approfittannento e la strumentalizzazione, della fiducia, dell’autorità e della influenza (collegata all qualità o all’ufficio ricoperto dall’agente o alle relazioni familiari, domestic lavorative, di coabitazione o di ospitalità), mentre restano fuori del perimetro della norma incriminatrice le condotte di “costrizione” e quella di “induzione con abuso della condizione di inferiorità fisica o psichica” e sono punite, invece, dalla pi grave fattispecie di cui all’art. 609 bis cod. pen.
In coerenza con l’individuazione del bene giuridico offeso dalla norma incriminatrice, da individuarsi nel corretto sviluppo della sessualità del minore, non già nella sua libertà e autodeterminazione, il legislatore ha inteso punire, con una pena di molto inferiore a quella prevista per il delitto di violenza sessuale, compimento di atti sessuali con minori di età compresa fra i 14 e i 18 anni, il cui consenso non è né coartato, né indotto, ma solo, in qualche misura, condizionato da particolari legami che creano, nella prospettiva della vittima, affidamento e, nella prospettiva del soggetto agente, una posizione di preminenza di una parte nei confronti dell’altra.
6 Così perimetrato il confine della nuova fattispecie incriminatrice di cui all’art. 609 quater, comma 3, cod. pen., anche nei rapporti con la più grave fattispecie di cui all’art. 609 bis cod. pen., il collegio ritiene che le censure del ricorrente rispetto alla COGNOME qualificazione della condotta dell’imputato nei confronti della nipote quattordicenne COGNOME come violenza sessuale con abuso delle condizioni di inferiorità psichica non colgano nel segno.
6.1.In proposito occorre ricordare che, pur se a seguito di annullamento di altra precedente sentenza da parte della Corte di Cassazione per vizio di motivazione, sub specie di motivazione meramente apparente, in ordine alla richiesta di derubricazione del reato nella meno grave fattispecie di cui all’art. 609 quater comma 3, cod. pen., la Corte di Appello ha confermato la qualificazione giuridica del giudice di primo grado, sicché le due sentenze, in quanto conformi e fondate sugli stessi criteri di valutazione della prova possono essere lette congiuntamente, costituendo un unico corpo decisionale (Sez. 2 n. 37295 del 12/06/2019 E. Rv. 277218).
6.2. La Corte di Appello, muovendo dall’assunto che gli atti sessuali non erano stati commessi con violenza, intesa come prevaricazione ovvero uso di forza costrittiva da parte del soggetto agente, né con abuso delle condizioni di inferiorità fisica della vittima, ha ravvisato nella condotta dell’imputato l’induzione con abuso delle condizioni di inferiorità psichica. A tale fine, la Corte ha sottolineato situazione personale della ragazza che non le aveva consentito di respingere le richieste dello zio: NOME – ha rilevato- era stata solo da poco ammessa a frequentare la casa della nonna paterna, al fine di attuare una graduale ripresa dei contatti con la famiglia di origine, sicchè ella “era in condizioni di minorazion psicologica, non avendo altra scelta se non quella di subire o mettersi in insanabile contrasto con i familiari presenti in casa”. Tanto ciò è vero – ha proseguito la Corte- che l’istruttoria aveva fatto emergere una condizione di totale solitudine della ragazza nell’ambito del contesto famigliare: i parenti nel corso del processo avevano sminuito il fatto o lo avevano addirittura negato, il padre era decaduto
dalla responsabilità genitoriale nel gennaio del 2022 ed aveva mostrato assoluto disinteresse ai problemi della figlia, mentre la madre si era limitata a chiedere alla sorella e al fratello di NOME conferma del racconto della figlia se quanto raccontasse fosse vero. Le condizioni della vittima erano, dunque, di palese fragilità e debolezza con conseguente diminuita capacità di resistenza al comportamento dello zio. Anche la genesi del racconto della ragazza, sollecitato da un’assistente sociale che le aveva chiesto ragione dei suoi comportamenti sessualizzati, valeva a dimostrare come ella non aveva rivelato l’accaduto spontaneamente, proprio perché timorosa delle conseguenze negative che avrebbero potuto ricadere su di lei. Di tale situazione, secondo i giudici, aveva approfittato l’imputato, ogni volta che la ragazza si era recata nell’abitazione della nonna. La Corte ha, indi, ritenuto che dovesse configurarsi nella condotta di
I C.S. Ll’induzione al compimento di atti sessuali con abuso della situazione di inferiorita psichica della vittima, ovvero della sua condizione di minorata resistenza, e non già un semplice abuso della fiducia, riferibile a relazioni interpersonali tra persone in condizioni di parità.
Il percorso argonnentativo delineato, pur nella sua sinteticità, appare esente dalle censure dedotte con il motivo di ricorso. La valorizzazione della situazione di isolamento della ragazza, in comunità dalla tenera età e priva di figure genitoriali di riferimento, e della fragilità personologica collegata non già all’et ma a vissuti di totale deprivazione affettiva, appare coerente con le risultanze richiamate. La doglianza del ricorrente per cui la Corte, nel fare riferimento alla scelta della minore di non riferire l’accaduto e di sottostare agli agiti dello zio p il timore di non potere più proseguire il percorso di riavvicinamento agli affetti famigliari, avrebbe formulato mere illazioni, non sorrette da alcun elemento a riscontro, è infondata. In proposito deve rilevarsi che la sentenza di primo grado (con cui quella impugnata, come detto, forma un unico corpo decisionale), nel ripercorrere le dichiarazioni rese da C.G. in sede di incidente probatorio, ricorda come la ragazza avesse spiegato di aver instaurato un “ottimo rapporto con l’imputato al quale era molto legata e da cui riceveva consigli sentimentali”; che “proprio in ragione di tale legame ella era solita trascorrere gran parte del weekend nella stanza di C.S. e del fratello’ NOME Lyedendo la televisione con la luce spenta”; che “approfittando di tali occasioni fin dal mese di maggio del 2019 l’imputato aveva iniziato dapprima a farle dei grattini sulla schiena e poi ad appoggiare le mani sulle sue mutandine a penetrarla con le dita e a richiederli di toccarle il pene”; che lo zio “le faceva delle piccole regalie” e, soprattutto, che “u pò in ragione di simili privilegi e un po’ temendo di pregiudicare il percorso di reinserimento appena iniziato, ella non aveva inizialmente mosso obiezioni limitandosi a rifiutarsi di sfiorare il pene dell’imputato ma accettando di essere da
lui toccata”. Il Tribunale, dunque, dà atto di come fosse stata la stessa ragazza a riferire di non essersi opposta e di non avere immediatamente denunciato
l’accaduto per il timore di non potere più frequentare la casa della nonna nel fine settimana. La sentenza di primo grado dà, altresì, atto che le responsabili della
casa famiglia, ove la ragazza viveva, avevano riferito che il disvelarnento dell’abuso era avvenuto a seguito di un colloquio volto a stabilire le ragioni per
cui
C.G.
usasse termini dal contenuto sessuale esplicito e che, una volta emersi i fatti, ella era apparsa molto dispiaciuta per l’accaduto, la cui conseguenza sarebbe
stata l’interruzione del “percorso di reinserimento nel nucleo famigliare che così
entusiasticamente ella aveva intrapreso”.
Infondata è anche la doglianza secondo ci vi sarebbe contraddizione fra la descrizione di
C.G. effettuata dal perito nominato in sede di incidente probatorio, come adolescente in grado di sfruttare la sessualità per vincolare a sé gli affetti,
da un lato, e la affermazione della sussistenza dello stato di inferiorità psichica, dall’altro: come già detto, infatti, tale ultimo stato si sostanzia in una sorta
minorata difesa per una particolare condizione di fragilità e vulnerabilità, non incompatibile con la eventuale capacità dimostrata dalla vittima di “usare” la
sessualità.
L’identificazione del vissuto della ragazza come una condizione di inferiorità psichica, ovvero di minorata resistenza rispetto all’attività persuasiva dello zio, è, inoltre, coerente con i principi sopra ricordati a proposito della nozione di “induzione” quale attività di persuasione, spesso sottile e subdola, con cui si ottiene un consenso che altrimenti non sarebbe stato prestato e della nozione di inferiorità psichica quale condizione di fragilità e vulnerabilità.
7.AI rigetto del ricorso segue, ex art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile sostenute nel presente grado di legittimità, che appare congruo liquidare in euro tremila, oltre accessori come per legge.
PQM
Rigetta il ricorso e GLYPH condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile nel presente grado di legittimità, che liquida in euro tremila, oltre accessori come per legge. Oscuramento dati. In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma dell’art. 52 d. 196/2006 in quanto imposto dalla legge.
Deciso in Roma il 30 ottobre 2024.
Il Presidente
Il Consig