Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 13189 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 13189 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 14/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOME, n’ato a Locri il 26.10.1983
avverso la ordinanza in data 8.2.2024 della Corte di Appello di Reggio Calabria visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Pro :urator Generale Dott. NOME COGNOME COGNOME che ha concluso per il ric,,etto del ricorso
RITENUTO IN FATTO
1.A seguito di annullamento con rinvio, disposto con sentenza del 25. L0.2023 da questa Corte, dell’ordinanza di rigetto resa dalla Corte di Reggic dell’istanza di equo indennizzo ex art. 314 cod. proc. pen. svolta da NOME COGNOME sottoposto alla custodia cautelare in carcere per il reato di cui agli z ,:rtt. 132 d. Igs. 385/1993 e 7 dl. 152/1991 per aver abusivamente esercitato attività finanziaria insieme al padre e ad altri membri della sua cerchia familiare sfrAtando la capacità intimidatoria derivante dall’affiliazione del proprio ncin lo ‘ndrangheta locale e poi assolto dal giudice di primo grado per n:m i avere commesso il fatto, sul rilievo che non fosse stata chiarita la natura cl Dlosa
gravemente colpose delle condotte del richiedente ritenute rilevanti ai fini dell’applicazione della misura cautelare, essendosi enucleate solo quelle tenute dal padre, né se queste fossero state accertate o smentite nel giudizio d inerito, la Corte reggina in diversa composizione ha nuovamente rigettato la richiesta. A fondamento della decisione è stato ritenuto che le condotte gravemente colpose tenute dall’istante fossero consistite nella piena consapevolezza, en”ersa dai colloqui intrattenuti con il padre all’interno del carcere dove questi eca recluso, dell’illiceità dell’attività finanziaria gestita dal genitore e dal medesimo cc -npietata stante l’impossibilità per il primo di portarla a termine, comprovata dalle cautele adottate per celare il contenuto delle suddette conversazioni alle forze th!ll’ordine che avrebbero potuto, come di fatto è accaduto, intercettarle.
Avverso il suddetto provvedimento l’istante ha proposto, per il Camite del proprio difensore, ricorso per cassazione articolando tre motivi di seguito r prodotti nei limiti di cui all’art. 173 disp.att. cod.proc.pen..
2.1. Con il primo motivo, riferito al vizio di violazione di legge re a :ivo a artt. 314 e 315 cod. proc. pen., lamenta che i giudici del rinvio non abbiano verificato se le condotte contestategli in sede cautelare fossero state ) meno accertate con la sentenza assolutoria, in conformità alle linee diretiTici dell sentenza di annullamento pronunciata da questa Corte. Rileva al riguardo il travisamento della sentenza di merito che non aveva affatto basa:o il suo convincimento circa non colpevolezza dell’imputato sulle intercettazioni telefoniche ed ambientali, neanche richiamate.
2.2. Con il secondo motivo, anch’esso riferito al vizio di violazione ci legge relativo agli artt. 314 e 315 cod. proc. pen., deduce che le uniche due condotte poste a fondamento della pronuncia impugnata, ovvero le interceltazioni ambientali di due colloqui intervenute all’interno del carcere dove era reduso il padre, erano state ritenute dalla sentenza di assoluzione probanti in ordine alla centralità del genitore nell’attività di messa a disposizione del danaro ,,rolto a finanziare i clienti, ma, invece, non idonee ad appurare un coinvolgiment) degli altri familiari, non essendo emersa né una sinergica attività di erogazione abusiva del credito, né la qualità in capo a ciascuno di essi di autore materide dei finanziamenti. Conseguentemente lamenta che i giudici del rinvio abbiano fondato la propria decisione su condotte che la sentenza di assoluzione ha ritenulo non sufficientemente provate e che, come tali, non potevano essere reputate sull piano fattuale ostative al riconoscimento dell’indennizzo richiesto. Osserva in ogri caso che l’istante, in sede di convalida del fermo aveva fornito, a sua discolpa, plausibili ragioni sui fatti contestatigli, del tutto tralasciate dalla Corte di appello.
2.3. Con il terzo motivo contesta, in relazione al vizio di violazione di legg riferito agli artt. 125 e 111 Cost. e al vizio motivazionale, la compensazione delle spese di lite disposta dall’ordinanza impugnata, senza che si fosse tenute , zonto
che l’odierno ricorrente era risultato nel giudizio di legittim GLYPH atteso l’annullamento, in accoglimento del proprio ricorso, della pronu lila allora impugnata, parte vincitrice e che pertanto aveva maturato il diritto alla refusione delle spese processuali sostenute nella suddetta fase del giudizio. Lamenta al contempo la motivazione resa in forma soltanto apparente dai giudici del rinvio che si erano limitati a richiamare le gravi ed analoghe ragioni di cui alla sentenza n.77/2018 della Corte Costituzionale senza spiegare neppure in cosa consistessero nella doverosa declinazione riferita alla fattispecie concreta
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 primo ed il secondo motivo, suscettibili di trattazione congiunta i quanto tra loro strettamente connessi venendo con entrambi lamentata la Ed3tanziale violazione da parte dei giudici del rinvio dei principi fissati dalla pronuncia annullamento, non possono ritenersi fondati.
Quanto al primo profilo deve rilevarsi che essendo stata l’as.spluzione pronunciata nel giudizio di merito ai sensi dell’art. 530, secondo comma c.ud. proc. pen. con la formula “per non avere commesso il fatto”, non può affatto ritenersi, come sostiene la difesa, che le condotte tenute dall’istante nel corso dei colloqui captati all’interno del carcere, siano state smentite dai giudici di meri:o, i qu hanno semplicemente ritenuto che le risultanze acquisite, pur non esclud ?.ndo un coinvolgimento del ricorrente nell’attività illecita paterna, intrattenutos conversazioni afferenti la riscossione di somme date in prestito ed attivatosi per la consegna di assegni postdatati, non fossero bastevoli a fondare una prDnuncia di condanna nei suoi confronti, stante la scelta della formula assolutorLa ;:he per un verso implica la sussistenza del reato in contestazione, ma dall’altro ne esclude la riconducibilità all’imputato: in altri termini non è stato affatto smenlito NOME COGNOME abbia reso edotto il padre, mentre questi si trovava in Aato di detenzione, della prosecuzione dell’attività di erogazione abusiva del crec e del contributo da lui stesso prestato a tal fine, senza che tuttavia le suddette condotte potessero essere sufficienti a dimostrare un sinergico contributo anche d a parte dei familiari di NOME COGNOME nei confronti del quale è stata invece pronLn:iata l condanna per il delitto di cui all’art. 132 d. Igs. 385/1993, nella g a stione dell’attività illecita.
Quantunque la formula dubitativa impiegata non sia affatto preclus.; va del diritto all’indennizzo, resta ciò nondimeno aperta, una volta escluso che (olloqui intercettati all’interno dell’istituto penitenziario e le frasi profferite dal pre siano stati contraddetti o sconfessati dalla pronuncia assolutoria, la verific spettante al giudice dell’istanza di equa riparazione in ordine alla rispondenza delle
suddette condotte a profili di dolo o colpa grave, tali da aver sinergicamente contribuito all’emissione della misura cautelare ovvero al suo mantenirrmimto.
Dovendosi stigmatizzare l’autonomia del processo di riparazione rispetto a quello di cognizione, occorre chiarire che il giudice investito dell’istanza art. 3 cod. proc. pen., per valutare se chi l’ha patita vi abbia dato o conco -sa a darvi causa con dolo o colpa grave, deve apprezzare, in modo autonomo e (::ompleto, tutti gli elementi probatori disponibili, con particolare riferimento alla s, LI ssis enza di condotte tenute dal richiedente tanto prima quanto dopo la perdita de la libertà personale che rivelino eclatante o macroscopica negligenza, imp -udenza o violazione di leggi o regolamenti, così da stabilire, con valutazione “ex ante”, non se tale condotta integri estremi di reato, ma solo se sia stata il presuprosto che abbia ingenerato, ancorché in presenza di errore dell’autorità procedente, la falsa apparenza della sua configurabilità come illecito penale, dando luDgo alla detenzione con rapporto di causa ad effetto (Sez. U, Sentenza n. 34559 del 26/06/2002, COGNOME, Rv. 222263).
Ai fini suddetti è necessario uno specifico raffronto tra la :ondott dell’indagato e le ragioni sottese all’intervento dell’autorità giudiziaria e/:: alla persistenza potendo la condizione ostativa al riconoscimento del diritto all’indennizzo, rappresentata dall’avere il richiedente dato causa all’ingiusta carcerazione, essere integrata quella condotta che, pur tesa ad altri risultati ponga in essere, per evidente, macroscopica negligenza, imprudenza, trascuratezza, inosservanza di leggi, regolamenti o norme disciplinari, una situazione tale da costituire una non voluta, ma prevedibile, ragione di n:ervento dell’autorità giudiziaria che si sostanzi nell’adozione di un provvedimento restrittivo della libertà personale 3 (Sez. U, n. 43 del 13/12/1995 – dep 09/02/1996, COGNOME ed altri, Rv. 203637), fermo restando che ove la motivazione con la quale il giudice adito ai sensi dell’art. 314 cod. proc. pen. abbia ritenuto che la condotta dell’istante abbia configurato il sinergico presupposto di un ingenerato allarme sociale, tale da causare l’adozione della misura cau :elare, è insindacabile, se adeguata e congrua, in sede di legittimità.
Bisogna infatti rimarcare le necessarie distinzioni tra l’operazione logica propria del giudice del processo penale, volta all’accertanner .to della sussistenza di un reato e della sua commissione da parte dell’imputato, da quella propria del giudice della riparazione, il quale deve seguire un “ite ,” logicomotivazionale del tutto autonomo, essendo suo compito non già stabilire njA se determinate condotte costituiscano o meno reato, ma se queste si soni) poste come fattore condizionante (anche nel concorso dell’altrui errore) all’emissione della misura restrittiva della libertà personale; ed in relazione a t aspetto della decisione egli ha piena ed ampia libertà di valutare il materiale acquisito nel processo, non già per rivalutarlo, bensì al fine di contrcllare
ricorrenza o meno delle condizioni dell’azione (di natura civilistica), si .3 in senso positivo che negativo, compresa l’eventuale sussistenza di ura causa di esclusione del diritto alla riparazione (in tal senso, espressamente, SEZ, U, n. 43 del 13/12/1995 COGNOME, cit.).
Ciò premesso, la condotta gravemente imprudente tenuta dall’istante, consistita, secondo la Corte reggina, nelle attività di ausilio compiute da NOME COGNOME durante la carcerazione del padre all’attività finanziaria gestita d quest’ultimo (presa in consegna degli assegni post datati e riscos:::ione dei medesimi) nella piena consapevolezza della sua natura illecita dimostrata dalle cautele adottate dall’istante nel corso dei colloqui intrattenuti con il gE n tore, riferiva dell’andamento della gestione creditizia in sua assenza spesso rispondeva a gesti o con cenni del capo così da evitare il rischio di uì ntegrale comprensione dei colloqui in caso di intercettazione, non può ritenersi scallFita dalle censure difensive che si limitano, da un canto, a contestare la riferibilita dei du colloqui esaminati all’attività di NOME COGNOME e, dall’altro, ad evidenziare l 5 -nancata disamina ad opera dei giudici distrettuali di quanto riferito dall’istante in sede convalida del fermo. Mentre sul primo punto vi è una chiara risposta del a Corte di appello che evidenzia come l’intervento della madre del ricorrente durant e! il primo dei colloqui esaminati, nel fare riferimento costituisse la plastica dimostraz one che l’oggetto della conversazione era l’attività finanziaria del marito, ev alorat peraltro dal silenzio del figlio alle domande del padre cui rispondeva so o a gesti, indice della chiara consapevolezza della natura illecita dell’attività cui eranò rife gli assegni, risposta del tutto tralasciata dal ricorso che cade pertanto nel difet di specificità in assenza di alcun confronto argomentativo con i puntuali rikvi spesi sul punto dall’ordinanza impugnata, deve invece rilevarsi in ordine al i:;econdo profilo che nulla viene dedotto in ordine al contenuto delle suddette dichi razioni, facendosi dal ricorrente soltanto riferimento alle “plausibili ragioni” il: , costui addotte a sua discolpa in tale frangente, senza alcuna specificazione ulteriore. Ne deriva che la doglianza, così come formulata non arriva ad evidenziare a cm n vizio atto a scardinare la tenuta logica dell’ordinanza in esame: manca infatti I ciidenza delle giustificazioni esposte al momento del fermo, di cui il ricorrente r eppure fornisce sinteticamente il contenuto, le quali avrebbero, secondo la si. a stessa prospettazione, escluso qualsiasi connotazione gravemente colposa della condotta tenuta nel corso dei colloqui con il padre, ovverosia atta ad ingenerare l’evore da parte del giudice emittente la misura restrittiva della libertà personale. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Non venendo evidenziata la concreta rilevanza che le suddette dici – iz:razioni avrebbero rivestito al momento dell’emissione della misura, la loro mancata disamina da parte dei giudici del rinvio non può conseguentemente ri:enersi passibile di alcuna censura.
Aspecifiche si rivelano, infine, le contestazioni articolate con il te ‘2 D motivo, afferenti alla compensazione delle spese processuali, trattandosi di OET su re che neppure si confrontano con le coerenti ragioni esposte dall’ordinanza impugnata che, per un verso, ha considerato l’accoglimento del ricorso con la pr ?cedente ordinanza di questa Corte, ma, dall’altro, ha valorizzato la soccombetiza dello stesso rícorrente nel giudizio di rinvio, così da bilanciare nell’ottica di un valutazione complessiva il diverso esito delle due fasi di giudizio.
Il ricorso deve essere, in conclusione, rigettato, seguendo a tale esito l’onere delle spese processuali a norma dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese proc: .assuali. Così deciso il 14.10.2024