Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 21543 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 21543 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 21/03/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 06/12/2023 della CORTE APPELLO di CALTANISSETTA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; sentite le conclusioni del PG, in persona del sostituto NOME COGNOME, che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso
RITENUTO IN FATTO
La Corte d’Appello di Caltanissetta, con ordinanza del 6 dicembre 2023, ha dichiarato inammissibile la richiesta proposta nell’interesse di NOME di incidente probatorio in vista della revisione COGNOME della sentenza del Tribunale di RAGIONE_SOCIALE dell’8 marzo 2018 (confermata dalla Corte di Appello di Palermo del 16.01.2020 e divenuta irrevocabile) di condanna in ordine al reato di cui all’art. 95 d.P.R. n. 115/2000
NOME è stato ritenuto responsabile per avere omesso di dichiarare, nella istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato, per l’anno 2011, i redditi percepiti da NOME COGNOME e NOME COGNOME che aveva indicato come componenti del suo nucleo famigliare e per avere in tal modo falsamente dichiarato un reddito di euro 1.297,00 in luogo di quello di 25.633,00 percepito.
1.1. Il difensore aveva avanzato richiesta di incidente probatorio ai sensi dell’art. 391 bis, comma 11, cod. proc. pen. avente ad oggetto l’esame dì NOME COGNOME, il quale aveva esercitato la facoltà di non rispondere di cui all’art 391 bis, comma 3 lett.d), cod. proc. pen.: i teste, nella qualità di referente del RAGIONE_SOCIALE, si era occupato della compilazione dell’istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato e- secondo il difensore- poteva riferire circostanze utili ai fini del istanza di revisione.
1.2. La Corte ha dichiarato inammissibile l’istanza di incidente probatorio in vista di un instaurando giudizio di revisione, rilevando che le dichiarazioni di COGNOME, per quanto potessero essere considerate prova nuova sulla COGNOME base del contenuto della conversazione fra la moglie dell’imputato e lo stesso COGNOME registrata e allegata all’istanza, COGNOME non valevano a condurre all’accertamento di un fatto, tale da sovvertire il quadro probatorio originario.
Avverso l’ordinanza, NOME, COGNOME a mezzo del difensore, ha proposto ricorso, formulando un unico motivo con cui ha dedotto la violazione di legge ed in specie degli artt. 631 e 634 cod. proc. pen. in relazione all’art. 391 bis cod. proc. pen. Il difensore lamenta che la Corte avrebbe ritenuto inidonea la testimonianza di cui si era chiesta l’assunzione, esorbitando dal perimetro del vaglio di ammissibilità dell’istanza ex art. 631 cod. proc. pen. La Corte avrebbe espresso una valutazione congetturale ed avrebbe anticipato il giudizio di merito rispetto ad una prova ancora da assumere, legando in tal modo il giudizio sulla istanza di incidente probatorio con quello sulla istanza di revisione. Anche a volere estendere, comunque, la
regola di giudizio di cui all’art. 631 cod. proc. pen. al aso di specie, la Corte di Appello non avrebbe compiuto la valutazione circa l’astratta idoneità dell’elemento di prova a ribaltare la decisione irrevocabile in rapporto ai contenuti dimostrativi della stessa e non avrebbe verificato la capacità delle prove vecchie e nuove a ribaltare il giudizio di colpevolezza. La Corte, in maniera contraddittoria, aveva riconosciuto il valore di prova nuova delle dichiarazioni di COGNOME e poi ne aveva postulato la inidoneità a sovvertire il compendio probatorio, senza rendere conto di averlo compiutamente analizzato. In assenza della effettiva assunzione della testimonianza, la Corte ha ritenuto che le dichiarazioni sarebbero al più servite a provare un errore sulla nozione di reddito rilevante ai fini della ammissione al beneficio del patrocinio, in contrasto con il consolidato orientamento per cui, nel caso in cui l’omissione di determinati importi nell’istanza di ammissione sia dipesa dalla interpretazione dell’ente cui l’imputato si è rivolto per la compilazione della richiesta, si deve escludere l’elemento soggettivo del reato.
Il Procuratore generale, in persona del sostituto NOME COGNOME, ha rassegnato conclusioni scritte con cui ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
L’ordinanza impugnata deve essere annullata, in quanto affetta dal vizio di incompetenza funzionale.
Si deve, innanzitutto, osservare che la richiesta di incidente probatorio è stata formulata dal ricorrente quale atto prodromico rispetto alla successiva richiesta di revisione. L’istanza è stata presentata alla Corte di Appello di Caltanissetta, quale giudice competente per la revisione e la Corte di Appello l’ha vagliata, appunto, in tale veste.
Ai sensi dell’art. 327 bis cod. proc. pen. il difensore ha facoltà di svolgere investigazioni per ricercare e individuare elementi di prova a favore del proprio assistito, nelle forme previste dagli artt. 391 bis e ss cod. proc. pen., in ogni stat e grado del processo, nell’esecuzione penale e per promuovere il giudizio di revisione. E’ dunque pacifico che le indagini difensive possano essere effettuate anche dopo il passaggio in giudicato della sentenza, in funzione della ricerca di elementi su cui fondare la domanda di revisione della condanna.
Nelle ipotesi in cui tali indagini difensive, effettuate in via esplorativa funzione della attivazione eventuale del giudizio di revisione, comportino la necessità di rivolgersi all’autorità giudiziaria, occorre chiedersi quale sia l’organ funzionalmente competente a decidere sulle relative richieste. Si fa riferimento alla richiesta, ex art. 391 bis comma 11 cod. proc. pen., di procedere con incidente probatorio all’assunzione della testimonianza o all’esame della persona che abbia esercitato la facoltà di non rispondere prevista dalla lett. d) del comma 3; alla richiesta, ex art. 391 quater comma 3 cod. proc. pen., in caso di rifiuto della pubblica amministrazione di rilasciare documenti o di consentire la estrazione di copie, rivolta ex art. 367 e 368 cod. proc. pen. al Pubblico Ministero e al Giudice per le Indagini Preliminari; alla richiesta, ex art. 391 septies cod. proc. pen., al giudice di autorizzazione alli accesso ai luoghi privati o non aperti al pubblico, in assenza di consenso di chi ne abbia la disponibilità.
In proposito la Corte di Cassazione, con una prima sentenza (Sez. 1, n. 1599 del 05/12/2006, dep. 2007, Confl.comp. in proc. Piemonte Nunzio Rv. 236236) intervenuta su un conflitto di competenza fra la Corte di Assise di Appello di Salerno, quale giudice della esecuzione e la Corte di Appello di Napoli, quale giudice della revisione, ha affermato che l’istanza con la quale il difensore chiede l’autorizzazione al prelievo di campioni su reperti sequestrati ed in custodia dell’autorità giudiziaria in vista del successivo promovimento dell’istanza di revisione, va proposta al giudice dell’esecuzione e non già al giudice che sarebbe competente per il giudizio di revisione. Si è sottolineato, infatti, che ai sens dell’art. 633, comma, 1 cod. proc. pen., così come modificato dalla legge 23 novembre 1998 n. 405, la richiesta di revisione deve essere proposta alla Corte di appello individuata secondo i criteri di cui all’art. 11 cod. proc. pen. e che la ratio legis di tale previsione è quella di scongiurare il pericolo che la contiguità del giudice della revisione rispetto a quello del merito possa influire in qualche modo sulla imparzialità e serenità del giudizio di revisione. Ne consegue che siffatto criterio funzionale e derogatorio di attribuzione della competenza può operare, in quanto sia stata almeno presentata “la richiesta di revisione”, nelle forme prescritte dall’art. 633 cod. proc. pen. e non anche quando siano presentate istanze di attività di indagine, che solo in via eventuale possono fondare una successiva richiesta di revisione. In tale pronuncia, peraltro, si è anche individuato un aggancio normativo rispetto alla affermata competenza del giudice della esecuzione in ordine alle decisioni che riguardano i beni confiscati o relative alla restituzione delle cose sequestrate, derivante dalla lettura sistematica delle disposizioni di cui all’art. 263, comma 5, cod. proc. pen. j art. 676 cod. proc. pen. e art. 82 disp. att. cod. proc. pen..
COGNOME
Il principio è stato ribadito, con riferimento alla autorizzazione al prelievo d campioni su materiale in sequestro, dalla giurisprudenza successiva. Nella sentenza Sez. 1, n. 13623 del 08/02/2017, COGNOME, Rv. 270058 si è affermato che “in materia di indagini difensive, qualora il mandato al difensore sia stato conferito per compiere attività investigativa preventiva, consistente nella ricerca ed individuazione di elementi di prova per l’eventuale promovimento del giudizio di revisione della sentenza di condanna, l’istanza con la quale il difensore chiede l’autorizzazione al prelievo di campioni su reperti sequestrati ed in custodia dell’autorità giudiziaria va proposta al giudice dell’esecuzione e non già al giudice che sarebbe competente per il giudizio di revisione, in quanto tale attività di indagine difensiva, consistente in una serie di operazioni tecnico scientifiche, risulta meramente prodromica alla eventuale presentazione dell’istanza di revisione “. Analoga affermazione viene ripetuta nella sentenza Sez. 1, n. 44591 del 03/05/2018, C. Rv. 273979, in cui l’istanza di autorizzazione al prelievo di campioni su reperti in sequestro era stata rivolta alla Corte di Assise di Sassari, quale giudice della esecuzione.
Il tema è stato affrontato da un punto di vista più generale dalla sentenza Sez.1, n. 2603 del 12/01/2021, Bossetti, Rv. 280356 – 01 che ha affermato la competenza del giudice della esecuzione con riferimento a tutte le investigazioni difensive prodromiche alla attivazione del giudizio di revisione (e non solo in relazione alla autorizzazione al prelievo di campioni su cose in sequestro), e dunque, a prescindere dal dato normativo individuato dalla prima fra le sentenze su indicate. Con tale pronuncia la Corte di legittimità ha, infatti, espressamente, affermato che “il controllo del giudice dell’esecuzione si estende anche alle investigazioni difensive che non hanno ad oggetto cose sequestrate o confiscate” e ha richiamato, appunto, la richiesta al giudice di rilascio di documentazione, in caso di rifiuto da parte della pubblica amministrazione (art. 391 quater cod. proc. pen.), ovvero la richiesta di accesso ai luoghi privati (art. 391 septies cod. proc. pen.).
In COGNOME una COGNOME unica COGNOME sentenza COGNOME di COGNOME segno COGNOME contrario, COGNOME rimasta COGNOME isolata, (Sez. 1, n. 15433 del 24/02/2010 Confl. Comp. in proc. Ferrera, Rv. 247239), si è, invece, è stabilito che “spetta al giudice della revisione l’assunzione in incidente probatorio della testimonianza che la difesa non abbia potuto raccogliere in vista della richiesta di revisione”. La Corte di legittimità in tale pronuncia ha ritenuto che il giudice debba essere individuato in ragione della fase cui l’indagine difensiva è funzionale, ovvero con riferimento alla richiesta effettuata nell’ambito di indagini difensive prodromiche ad eventuale richiesta di revisione nel giudice competente per (la sia pure futura ed eventuale) revisione del processo.
Il collegio ritiene di dare continuità all’indirizzo maggioritario e di dove ribadire il principio per cui, una volta divenuta definitiva la sentenza di condanna, laddove le indagini difensive effettuate in funzione della eventuale richiesta di revisione comportino un intervento dell’autorità giudiziaria, si determina in via generale la competenza del giudice della esecuzione, pur in assenza di specifica previsione nelle norme di cui agli artt. 665 e ss cod. proc. pen. che disciplinano la fase esecutiva. Dopo il passaggio in giudicato della sentenza di condanna il sistema processuale, d’altronde, prevede in linea generale (oltre alla competenza del magistrato di sorveglianza e del Tribunale di Sorveglianza per le questioni relative alla esecuzione delle pena e della misura di sicurezza) l’intervento unicamente del giudice della esecuzione e, solo a seguito della presentazione della domanda di revisione, della corte di appello individuata ex art. 11 cod. proc. pen.. Diversamente opinando, si verrebbe a radicare la competenza, nei casi in cui il difensore debba rivolgersi all’autorità giudiziaria nell’ambito di indagi difensive prodromiche ad istanza di revisione, COGNOME in capo ad un organo, la Corte della revisione, che funzionalmente, in assenza della presentazione della istanza di revisione vera e propria, COGNOME non “esiste”. Non può, dunque, logicamente ipotizzarsi la competenza della Corte di Appello quale giudice della revisione al di fuori della attivazione del giudizio di revisione, in quanto solo a seguito della presentazione della relativa istanza si instaura il procedimento disciplinato dagli artt. 629 e ss. cod. proc. pen. e il conseguente intervento del giudice funzionalmente competente ai sensi dell’art. 633 cod. proc. pen.
Ne consegue che la richiesta, formulata dal difensore ai sensi dell’art. 391 bis, comma 10, COGNOME cod. proc. pen., di procedere con incidente probatorio all’assunzione della testimonianza del teste che, richiesto in sede di indagini difensive di rendere dichiarazioni, si è avvalso della facoltà di non renderle ex art. 391 bis comma 3 lett.d) cod. proc. pen., avrebbe dovuto essere proposta al giudice della esecuzione.
L’ordinanza di dichiarazione di inammissibilità della richiesta di incidente probatorio, assunta dalla Corte di Appello di Caltanisetta in quanto giudice competente per la revisione ai sensi dell’art. 633, comma 1, cod. proc. pen, è viziata da incompetenza funzionale.
Tale ultimo vizio è rilevabile d’ufficio in cassazione ( in tale senso Sez. 5, n. COGNOME 1206 del COGNOME 20/11/2020, COGNOME dep. COGNOME 2021, COGNOME COGNOME, COGNOME Rv. COGNOME 280749; Sez. 1, n. 17053 del 02/04/2012, COGNOME, Rv. 252928 – 01 in relazione alla ordinanza con cui il giudice che ha emesso la sentenza decide, in luogo del giudice superiore, sulla richiesta del termine per proporre impugnazione;).
L’ordinanza impugnata deve, pertanto, essere annullata in quanto emessa da organo incompetente.
Gli atti vanno trasmessi per l’ulteriore corso al giudice della esecuzione. Tale giudice nel caso di specie, avendo la Corte di appello di Palermo confermato la sentenza di condanna del Tribunale di RAGIONE_SOCIALE, deve essere individuato, ex art. 665 comma 2 cod. proc. pen., in tale Tribunale.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata e dispone trasmettersi gli atti al Tribunale di RAGIONE_SOCIALE, quale giudice dell’esecuzione, per l’ulteriore corso. Deciso in Roma il 21 marzo 2024