Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 10862 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 2 Num. 10862 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 13/03/2025
SECONDA SEZIONE PENALE
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME
R.G.N. 2872/2025
NOME COGNOME
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME NOME nato a Vittoria il 27/05/1984
avverso l’ordinanza del 27/11/2024 del Tribunale di Catania udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso; ricorso trattato in forma cartolare ai sensi dell’art. 611, comma 1bis , cod. proc. pen.
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Catania, in funzione di giudice del riesame, con provvedimento del 27/11/2024, annullava l’ordinanza emessa nei confronti di NOME COGNOME dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Catania del 08/11/2024, limitatamente alla circostanza aggravante di cui all’art. 416bis .1 cod. pen. contestata con riferimento al reato di cui al capo 3), confermando nel resto l’ordinanza impugnata.
L’indagato, a mezzo del difensore, ha interposto ricorso per cassazione, affidandolo ad un unico motivo con cui deduce la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b) cod. proc. pen., in relazione agli artt. 416bis .1 cod. pen., 51, comma 3bis , 27 e 291, comma 2, cod. proc. pen. Osserva che, una volta esclusa la circostanza aggravante di cui all’art. 416bis .1 cod. pen., che radicava la competenza del Giudice per le indagini preliminari distrettuale, il Tribunale avrebbe dovuto rilevare l’incompetenza di quest’ultimo giudice e valutare se sussistessero le ragioni di urgenza in relazione alla soddisfazione delle enucleate esigenze cautelari che legittimano l’emissione della ordinanza cautelare ad opera del giudice incompetente; che, in caso positivo, avrebbe dovuto trasmettere gli atti al Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Ragusa, competente per territorio, ai sensi dell’art. 27 cod. proc. pen., mentre, qualora non avesse rinvenuto l’urgenza di soddisfare le esigenze cautelari, avrebbe dovuto annullare l’ordinanza custodiale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso Ł fondato.
1.1. La premessa da cui occorre partire Ł che la competenza, quale limite della giurisdizione, Ł un presupposto indissociabile dalla funzionale attività del giudice e che il codice di rito non ha escluso l’operatività di tale principio nell’incidente cautelare, ma lo ha coniugato con le peculiarità di tale fase e con l’esigenza di tutelare la collettività, laddove venga ravvisata l’urgenza dell’intervento cautelare, al fine di scongiurare i pericoli connessi al prevedibile ritardo con il quale il giudice competente potrebbe provvedere (Sez. U, n. 14 del 20/07/1994, COGNOME, Rv. 198217 – 01; Sez. U, n. 19 del 25/10/1994, COGNOME, Rv. 199393 – 01).
1.2. Ciò posto, osserva il Collegio che, nel caso di specie, a seguito dell’esclusione della circostanza aggravante di cui all’art. 416bis .1 cod. pen. ad opera del Tribunale del riesame, l’ordinanza cautelare risulta emessa dal Giudice per le indagini preliminari distrettuale per un reato (l’estorsione non aggravata ai sensi dell’art. 416bis .1 cod. pen.) sottratto alla sua competenza funzionale, perchØ non compreso nel catalogo di cui all’art. 51, comma 3bis cod. proc. pen., dunque, in violazione del disposto di cui all’art. 328 cod. proc. pen.; che conseguentemente il Tribunale avrebbe dovuto dichiarare l’incompetenza del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Catania per essere competente quello del Tribunale di Ragusa, tenuto conto che il reato risulta commesso in Comiso, che ricade nel circondario di quel Tribunale.
1.3. Sul punto, la giurisprudenza di legittimità, anche nella sua composizione piø autorevole, ha avuto cura di precisare che, in tema di misure cautelari personali, il giudice dell’impugnazione che rilevi l’incompetenza di quello che ha applicato la misura ha l’onere di verificare, ai sensi dell’art. 291, comma 2, cod. proc. pen., la sussistenza delle condizioni per l’adozione del provvedimento genetico, conservando il potere, nel caso in cui tale verifica abbia esito negativo, di annullare lo stesso, ovvero, nel caso contrario, di provvedere ai sensi dell’art. 27 cod. proc. pen., laddove ravvisi l’urgenza di anche solo una delle esigenze cautelari riscontrate. In tale ultimo caso, dunque, il giudice, anche dell’impugnazione, che dichiari la propria incompetenza ex art. 27 cod. proc. pen., deve trasmettere gli atti al pubblico ministero che ha richiesto la misura, cui spettano le conseguenti determinazioni (Sez. U, 19214 del 23/04/2020, Giacobbe, Rv. 279092 – 01; Sez. U, n. 14/1994, cit.; Sez. U, n. 19/1994, cit.).
In altri termini, il meccanismo di cui all’art. 27 cod. proc. pen., richiamato dall’art. 291, comma 2, cod. proc. pen., consente al giudice che si dichiari incompetente il potere eccezionale di applicare la misura cautelare, esposta però alla decadenza ove il pubblico ministero non si uniformi alla decisione d’incompetenza, trattenendo, come in suo potere, gli atti senza trasmetterli al pubblico ministero presso il giudice individuato come competente. Il pubblico ministero procedente, invero, mantiene il potere di proseguire nell’indagine e non Ł tenuto a trasmettere a sua volta gli atti al corrispondente ufficio presso il giudice indicato come competente, come peraltro si desume anche dall’art. 54, comma 1, cod. proc. pen., che subordina tale trasmissione all’autonoma valutazione sul punto dell’organo procedente. Spetta, quindi, al pubblico ministero che procede «valutare se accettare la decisione del giudice in merito alla competenza e trasmettere gli atti al suo corrispondente presso il giudice ritenuto competente perchØ solleciti l’emissione di un nuovo titolo cautelare ovvero lasciare che quello originario perda efficacia allo spirare del termine dei venti giorni, conservando però la titolarità dell’indagine e la possibilità di sollecitare allo stesso giudice una nuova valutazione sul punto, ad esempio alla luce dell’acquisizione di nuovi elementi» (Sez. U, Giacobbe, cit., in motivazione).
Dunque, il giudice dell’impugnazione cautelare non può limitarsi, come nel caso che si sta scrutinando, a confermare ovvero ad attenuare la misura cautelare, di cui ritiene sussistenti i presupposti applicativi, senza, tuttavia, occuparsi degli effetti che produce la rilevata incompetenza del giudice che l’ha emessa sul provvedimento impugnato nei termini imposti dalla disciplina prevista dagli artt. 291, comma 2 e 27 cod. proc. pen. Tanto Ł imposto dalla necessità che, una volta rilevata
l’incompetenza del giudice che ha emesso il provvedimento genetico, il titolo restrittivo sia valutato in tempi brevi dal suo giudice naturale. Del resto, la trasmissione degli atti al giudice competente Ł l’unico provvedimento in grado di bilanciare la necessità dell’intervento del giudice naturale nella fase cautelare con quella di salvaguardare le esigenze di tutela della collettività, che sarebbero pregiudicate nel caso di annullamento della misura.
1.4. Ed invero, Ł stata evidenziata in modo del tutto convincente la fallacia argomentativa dell’orientamento che negava il potere del giudice dell’impugnazione di valutare ed eventualmente escludere la sussistenza dei presupposti per l’applicazione della misura. Si Ł, in proposito, precisato che l’art. 291, comma 2, cod. proc. pen., consente al giudice incompetente di applicare la misura solo in ragione della comprovata urgenza delle esigenze cautelari di cui all’art. 274 cod. proc. pen., di talchŁ la «deroga ai principi generali trova la sua giustificazione nella previsione di un requisito ulteriore rispetto all’ordinario esercizio del potere cautelare, il cui accertamento Ł ineludibile condizione di legittimità della provvisoria efficacia della misura prevista dall’art. 27» (Sez. U, Giacobbe, cit., in motivazione). In altri termini, lo «stesso tenore letterale dell’art. 291, comma 2 evidenzia l’esistenza di un inscindibile collegamento tra le due disposizioni ed in particolare tra l’efficacia interinale della misura e la verifica del presupposto dell’urgenza, che la legittima. Negare, dunque, che tale disposizione trovi applicazione anche qualora l’incompetenza venga rilevata da un giudice diverso da quello che ha applicato la misura si pone in contraddizione con la stessa volontà legislativa, finendo per autorizzare quest’ultimo a prorogare la restrizione della libertà dell’indagato per il tempo indicato nell’art. 27 senza che venga accertato il presupposto che tale proroga giustifica» (Sez. U, Giacobbe, cit., in motivazione). Peraltro, del tutto irrazionale sarebbe una siffatta disparità di trattamento.
1.5. Nemmeno può riconoscersi «al giudice dell’impugnazione esclusivamente il compito di accertare l’urgenza delle esigenze cautelari, ma non già degli altri presupposti che legittimano l’adozione della misura o, ancora, che in merito a questi ultimi egli dovrebbe limitarsi ad una sorta di mera delibazione del fumus della loro sussistenza. Questa sorta di estensione solo parziale o selettiva del disposto dell’art. 291, comma 2 Ł infatti operazione esegetica in alcun modo ancorabile al dato testuale, che impone al giudice la verifica non solo dell’urgenza, ma altresì delle altre “condizioni” cha legittimano l’intervento cautelare e cioŁ della sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza e delle stesse esigenze cautelari» (Sez. U, Giacobbe, cit., in motivazione).
Conclusivamente, deve affermarsi che, nel procedimento de libertate , il tribunale del riesame che operi una diversa qualificazione giuridica del reato, escludendo la riconducibilità dei fatti alle ipotesi criminose ricomprese nell’art. 51, comma 3bis , cod. proc. pen., deve dichiarare l’incompetenza del giudice per le indagini preliminari del tribunale del capoluogo del distretto in cui ha sede il giudice competente, conservando il potere, nel caso in cui tale verifica abbia esito negativo, di annullare il provvedimento, ovvero, nel caso contrario, di provvedere ai sensi dell’art. 27 cod. proc. pen., qualora ravvisi l’urgenza di una delle esigenze cautelari riscontrate (Sez. 1, n. 32956 del 14/07/2022, Fall Thierno Mountaga, Rv. 283564 – 01; Conf.: n. 32957 e n. 32958 del 2022).
1.6. Non modifica queste conclusioni l’assunto secondo cui la diversa qualificazione giuridica operata dal tribunale del riesame, che, confermando il provvedimento impugnato, abbia escluso la riconducibilità dei fatti alle ipotesi criminose ricomprese nell’art. 51, comma 3bis , cod. proc. pen., non comporta una pronuncia di incompetenza (cfr., Sez. 2, n. 24492 del 26/04/2006, COGNOME, Rv. 234682 – 01; Sez. 1, n. 27181 del 10/05/2013, COGNOME, Rv. 256370 – 01; Sez. 2, n. 25163 del 06/02/2019, COGNOME, Rv. 276919 – 01, fattispecie – quest’ultima – in cui la Corte, in applicazione del principio, ha ritenuto infondata l’eccezione di nullità del decreto di giudizio immediato in conseguenza dell’esclusione, in sede di riesame, dell’aggravante di cui all’art. 7 del d.l. 13 maggio
1991, n. 152, convertito in legge 12 luglio 1991, n. 203).
Invero, come evidenziato dalla sentenza Fall Thierno Mountaga , « … le citate pronunce non si occupano del tema dei poteri del giudice dell’impugnazione cautelare, ma affrontano la diversa questione delle ripercussioni della pronuncia di competenza del Tribunale adito ai sensi dell’art. 309 cod. proc. pen. sul procedimento principale correttamente escludendo che il giudicato cautelare sia in grado di condizionare il potere decisorio del giudice competente alla luce dell’autonomia dell’incidente cautelare ( ex multis , Sez. 4, n. 45819 del 30/03/2004, COGNOME, Rv. 230587; Sez. 6, n. 24639 del 28/04/2006, COGNOME, Rv. 235187; Sez. 5, n. 28563 del 27/06/2007, Gallo, Rv. 237570; Sez. 6, n. 45909 del 26/09/2011, Platone, Rv. 251180; Sez. 2, n. 4045 del 10/01/2013, COGNOME, Rv. 254306; Sez. 6, n. 21328 del 16/04/2015, COGNOME, Rv. 263412; Sez. 3, n. 20568 del 29/01/2015, COGNOME, Rv. 263744, non massimata sul punto specifico)»: da qui la loro inconferenza al caso di specie.
Del resto, non c’Ł dubbio che la pronuncia del Tribunale del riesame in tema di competenza non ha influenza nel procedimento di merito sulla responsabilità, atteso che – come si Ł già evidenziato – resta impregiudicato il potere del pubblico ministero procedente di valutare se trasmettere gli atti al suo corrispondente presso il giudice ritenuto competente ovvero trattenerli. In altri termini, non si verifica un’automatica estensione dell’incompetenza dichiarata in sede cautelare a quella del giudice chiamato a decidere nel merito della responsabilità, qualora il pubblico ministero che procede operi scelte difformi.
1.7. NØ a diverso risultato si perverrebbe nel caso oggetto di scrutinio, qualora si volesse aderire al diverso percorso argomentativo – solo in parte apparentemente in contrasto – seguìto da un recente arresto di legittimità, secondo il quale «la decisione sulla competenza, anche nel procedimento cautelare, Ł una decisione che deve essere pronunciata in limine litis , sulla base della descrizione del fatto, trattandosi di un accertamento preliminare rispetto ad ogni valutazione di merito sulla fondatezza dell’accusa come anche rispetto alla sussistenza della gravità degli indizi», per cui «l’aver ritenuto carente la gravità indiziaria rispetto all’aggravante di cui all’art. 416bis .1 cod. pen., da cui discende la competenza del G.i.p. presso il capoluogo del distretto in cui si trova il giudice territorialmente competente, non comporta l’incompetenza c.d. distrettuale del predetto giudice» (Sez. 6, n. 5644 del 22/12/2023, dep. 2024, COGNOME, Rv. 286064 – 01): pronuncia quest’ultima – che ha ritenuto come sulla questione se la valutazione della competenza ai fini dell’applicazione della misura cautelare sia soggetta o meno alle stesse regole fissate per la disciplina della competenza del giudizio di responsabilità a cognizione piena, le Sezioni Unite Giacobbe non avrebbero fornito «alcuna specifica indicazione, essendo stati solo affrontati i profili che attengono alla diversa questione degli effetti che la incompetenza dichiarata in sede cautelare produce sulla competenza rispetto all’autonomo giudizio di responsabilità, sia pure con specifico riferimento alla verifica dell’interesse del pubblico ministero ad impugnare le valutazioni ‘precarie’ sulla carenza dei gravi indizi da parte del giudice di cui sia stata dichiarata l’incompetenza in sede di riesame».
1.7.1. Il preteso contrasto giurisprudenziale che la sentenza COGNOME avrebbe introdotto appare – sotto un primo profilo – piø apparente che reale.
Innanzitutto, va evidenziato come tale pronuncia, delimitando il portato del proprio decisum , faccia esplicito riferimento alla sola competenza per territorio, mentre – come Ł noto – quella del Giudice per le indagini preliminari distrettuale per i reati aggravati ai sensi dell’art. 416bis .1 cod. pen. Ł una competenza funzionale e ciò tenuto conto che la sentenza in parola afferma espressamente: «Nel caso in cui si discuta solo della competenza territoriale, anche se per connessione, e la diversa qualificazione giuridica non incida sulla competenza per materia, il giudice all’esito del giudizio conserva sempre la propria competenza, dovendo decidere nel merito
dell’accusa.
La competenza per territorio, come anche quella per connessione, diversamente da quella per materia, nel giudizio ordinario Ł soggetta a rigorosi termini di decadenza, essendo il vaglio della competenza confinato ex art. 21, commi 2 e 3, cod. proc. pen. entro il limite temporale della fase della conclusione dell’udienza preliminare, o, se questa manchi entro il termine previsto dall’art. 491 comma 1, cod. proc. pen.» (Sez. 6, n. 5644/2024, cit., pagg. 6-7).
1.7.2. Per altro verso, tale orientamento fa salvo il caso in cui «l’esclusione dell’aggravante derivi dalla erroneità della formulazione dell’imputazione da parte del pubblico ministero, quando cioŁ sia stata contestata senza riferimenti specifici alla sua astratta ricorrenza e se ne debba quindi ravvisare l’insussistenza sulla base della stessa prospettazione del fatto descritta nella richiesta della misura cautelare», ovvero «per carenza assoluta di elementi di prova a suo sostegno», come Ł avvenuto nel caso di specie, avendo il Tribunale escluso la sussistenza di qualsivoglia indizio in relazione alla circostanza aggravante di cui all’art. 416bis .1 cod. pen.: in tale ipotesi, dunque, anche secondo la sentenza COGNOME , «trova applicazione l’art. 291, comma 2, cod. proc. pen. che limita il potere del giudice incompetente di applicazione della misura entro i limiti temporali fissati dall’art. 27 stesso codice, sulla base del necessario presupposto sostanziale dell’urgenza delle esigenze cautelari».
1.8. Sotto altro profilo, la sentenza COGNOME ritiene, peraltro, di dover dare continuità all’orientamento che distingue il vaglio della competenza da quello dei presupposti della misura cautelare, in presenza di decisioni che hanno diverso oggetto e che sono condizionate dall’applicazione anche nella fase cautelare del principio dell’iniziativa del pubblico ministero: orientamento che la medesima pronuncia precisa di non essere contraddetto dalla sentenza delle Sezioni Unite Giacobbe che si sarebbe occupata «solo degli effetti della dichiarazione di incompetenza ma non anche dei presupposti che ne condizionano la declaratoria». E, sulla base di detti presupposti, la sentenza COGNOME conclude riconoscendo che « … non Ł in base alla valutazione della gravità indiziaria che il giudice possa dichiarare la propria incompetenza, laddove ne ravvisi la carenza rispetto ad un profilo della qualificazione del reato, o di una circostanza aggravante da cui dipenda la propria competenza a decidere sulla richiesta» (Sez. 6, n. 5644/2024, cit., pag. 8).
1.8.1. Ritiene il Collegio di dover dissentire da tali ultime conclusioni tratte dalla sentenza COGNOME
Innanzitutto, va detto che la portata della sentenza Giacobbe non può ritenersi limitata agli effetti della dichiarazione di incompetenza, essendosi al contrario rilevato che il giudice dell’impugnazione, rilevata su eccezione di parte o di ufficio l’incompetenza di quello che ha applicato la misura, ha sempre l’onere di verificare, ai sensi dell’art. 291, comma 2, cod. proc. pen., la sussistenza di tutte le condizioni per l’adozione del provvedimento limitativo della libertà personale, traendo le conseguenze che si sono precedentemente esposte.
In tal senso, la sentenza COGNOME ha condivisibilmente evidenziato come « … il fondamento di tale verifica, sul solco già tracciato dalle due sentenze COGNOME Ł stato individuato nell’esigenza, costituzionalmente tutelata, di non sottrarre al soggetto cautelato la possibilità di contraddittorio in costanza della limitazione della sua libertà personale e di evitare la sostanziale insindacabilità nel merito del provvedimento genetico. D’altra parte, il mancato riconoscimento da parte del giudice dell’impugnazione cautelare dell’incompetenza del giudice che ( inaudita altera parte ) ha applicato la misura, impedirebbe all’indagato di ottenere, nei termini che i codificatori hanno ritenuto essenziali per garantire la coerenza costituzionale del sistema cautelare, secondo la logica sottesa all’art. 13 Cost., una decisione del giudice naturale sulla legittimità della restrizione della sua libertà. In quest’ottica, le Sezioni Unite, sin dal loro primo intervento sul tema
delle misure cautelari disposte dal giudice incompetente hanno evidenziato come l’equilibrio del sistema normativo si regga proprio sulla prevista precarietà della misura disposta da quel giudice e sulla funzionalità della sua provvisoria efficacia all’esclusivo fine di consentire l’intervento dell’effettivo titolare del potere cautelare. Conseguentemente “il provvedimento successivo «non può essere definito di “conferma” o di “reiterazione” di quello precedente», in quanto adottato sulla base di un’autonoma valutazione delle condizioni legittimanti, ancorchØ desunte dagli stessi elementi esaminati dal giudice incompetente, senza che la decisione di quest’ultimo possa costituire una qualsivoglia preclusione all’esercizio di tale potere, nemmeno nel caso in cui la stessa abbia nel frattempo perduto efficacia per essersi compiuto il termine previsto dall’art. 27 cod. proc. pen. (Sez. U, n. 15 del 18/06/1993, Silvano, Rv. 194315)» (Sez. 1, n. 32956/2022, cit., pag. 5).
1.8.2. Rimane poi il tema delle conseguenze dei «possibili abusi del pubblico ministero, che resterebbe arbitro della individuazione del giudice competente sulla base della rappresentazione dell’ipotesi di reato formulata nella sua richiesta» che la sentenza COGNOME risolve ritenendo che «possano valere le stesse garanzie che l’ordinamento assicura nel giudizio ordinario», potendo il giudice della cautela, al pari di quello della cognizione, accedendo agli atti posti a fondamento della richiesta «valutare se i fatti riportati nell’imputazione siano stati correttamente descritti in base ad una prospettazione ragionevole degli stessi, prescindendo dalle valutazioni piø rigorose richieste in punto di gravità indiziaria» (Sez. 6, n. 5644/2024, cit., pag. 9).
La ‘risposta’ non pare appagante alla luce della diversità delle situazioni collegate all’assenza di contraddittorio della fase cautelare che precede l’emissione della misura rispetto a quella del giudizio ordinario e dell’esigenza di presidi di maggiore garanzia anche tenuto conto del valore del bene (libertà personale) in gioco. Invero, anche su questo ulteriore aspetto la sentenza Giacobbe offre – indirettamente – elementi di riflessione importanti, riconoscendo, in termini del tutto condivisibili, che « … in presenza di un dato normativo che si presta a piø interpretazioni, in sintonia con la logica sottesa all’art. 13 Cost. e con l’insegnamento del giudice delle leggi (cfr. Corte Cost. n. 292 del 1998), Ł indubbiamente da preferire quella che fornisce in prospettiva la possibilità di ridurre al minimo il sacrificio per la libertà personale, consentendo all’indagato il tempestivo contraddittorio sul titolo cautelare e la sua caducazione laddove illegittimamente adottato».
1.9. Va, infine, evidenziato che nemmeno può porsi una questione di ‘ perpetuatio iurisdictionis ‘, atteso che ne mancano i presupposti applicativi. Si osserva, in proposito, che detto istituto – poichØ Ł finalizzato ad evitare che la competenza subisca modifiche nel corso del giudizio, una volta stabilizzata in quanto sottoposta al vaglio del giudice in relazione all’addebito definitivamente determinato – trova applicazione solo a seguito del passaggio alla fase del giudizio, quando cioŁ Ł necessario garantire quella “stabilità” di competenza, di cui, invece, nel corso delle indagini preliminari non vi Ł necessità, atteso che l’imputazione Ł ancora provvisoria e fluida, dunque, soggetta a modifiche.
Resta da stabilire quale provvedimento compete alla Corte di legittimità a seguito della dichiarazione di incompetenza del giudice che ha emesso l’ordinanza cautelare. Sul punto, il Collegio intende dare continuità a quell’orientamento, oramai consolidato, secondo il quale la Corte di cassazione, nei limiti del sindacato di legittimità che le Ł consentito, deve verificare la legittimità del provvedimento cautelare attraverso la ricognizione che Ł stata compiuta o Ł stata trascurata dal tribunale del riesame, a tal fine utilizzando i parametri normativi di riferimento, ivi compresi quelli in materia di competenza (Sez. U., n. 19/1994, cit.).
In altri termini, il Giudice della legittimità investito dell’impugnazione cautelare, in caso di declaratoria negativa sulla competenza, deve, al pari del Tribunale del riesame, preliminarmente verificare, la consistenza del quadro indiziario, la sussistenza delle esigenze cautelari nonchØ
l’urgenza di provvedere da parte del giudice incompetente. Naturalmente, la Corte di legittimità – a differenza del giudice dell’impugnazione di merito, tenuto a verificare direttamente il presupposto dell’urgenza sulla scorta dei dati processuali – dovrà tener conto solo di quanto si desume dalla motivazione del provvedimento impugnato: ove rilevi l’incompetenza del giudice che ha emesso il provvedimento cautelare, dovrà annullare l’ordinanza del tribunale del riesame, con conseguente liberazione dell’indagato, anche nel caso in cui ad un preliminare esame risulti la carenza o la manifesta illogicità della motivazione in ordine al presupposto dell’urgenza di provvedere previsto dall’art. 291, comma 2, cod. proc. pen., in aggiunta ai presupposti di cui agli artt. 273 e 274 cod. proc. pen. (Sez. U, n. 19214/2020, cit.).
Venendo al caso di specie, osserva il Collegio come la stringata motivazione del provvedimento impugnato in punto di esigenze cautelari si limiti a desumere la sussistenza del pericolo di reiterazione di analoghi delitti dalle «concrete modalità di svolgimento del fatto» e dalla «personalità dell’indagato, il quale risulta gravato da un precedente penale per furto in abitazione». Nulla argomenta in ordine all’urgenza – imprescindibile per legittimare la protrazione della privazione della libertà – di salvaguardare le esigenze di tutela della collettività in attesa dell’intervento del giudice competente.
Si impone, dunque, l’annullamento senza rinvio dell’ordinanza impugnata e del provvedimento del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Catania del 08/11/2024, nonchØ l’immediata liberazione del COGNOME, se non detenuto per altra causa.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata e quella emessa nei confronti del ricorrente dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Catania in data 08/11/2024 e, per l’effetto, dispone l’immediata liberazione di NOMECOGNOME se non detenuto per altra causa. Manda alla cancelleria per l’immediata comunicazione al Procuratore generale in sede per quanto di competenza ai sensi dell’art. 626 cod. proc. pen.
Così Ł deciso, 13/03/2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente NOME COGNOME
NOME COGNOME