Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 543 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 543 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 12/12/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOMECOGNOME nato a San Luca (RC) il 10/4/1971
avverso l’ordinanza del 5/9/2024 del Tribunale del riesame di Reggio Calabria; visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; sentita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME
udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto dichiarare inammissibile il ricorso;
udite le conclusioni dei difensori del ricorrente, Avv. NOME COGNOME ed NOME COGNOME che hanno chiesto l’accoglimento del ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 5/9/2024, il Tribunale del riesame di Reggio Calabria, pronunciandosi in sede di rinvio, rigettava la richiesta presentata ex art. 309 cod. proc. pen. da NOME COGNOME così confermando l’ordinanza applicativa degli arresti domiciliari emessa dal locale Giudice per le indagini preliminari il 9/2/2024.
Propone ricorso per cassazione il Pelle, deducendo – con unico motivo – la violazione dell’art. 627, comma 3, cod. proc. pen. e dell’art. 268, commi 1 e 2, cod. proc. pen. Premesso che il precedente ricorso per cassazione avrebbe avuto ad oggetto soltanto l’eccezione di inutilizzabilità patologica delle intercettazioni per inesistenza agli atti dei verbali di ascolto e di trascrizione, di cui all’art. 26 comma 1, cod. proc. pen., e che la Corte Suprema avrebbe accolto il ricorso stesso; tanto premesso, si contesta che il Tribunale del riesame sarebbe caduto nel medesimo vizio della precedente ordinanza, valutando profili (la violazione dell’art. 89 disp. att. cod. proc. pen. e dell’art. 268, comma 2, cod. proc. pen.) estranei all’unica questione posta, concernente l’esistenza stessa dei verbali di ascolto e trascrizione. Si segnala, peraltro, che la difesa avrebbe intrapreso un parallelo giudizio cautelare con il medesimo oggetto, in esito al quale – in data 17/7/2024 – il Procuratore della Repubblica avrebbe trasmesso gli atti di indagine su supporto digitale (un DVD): ebbene, anche in questo caso mancherebbero i verbali di ascolto e trascrizione delle intercettazioni. Sotto diverso profilo, il ricors sostiene poi che, a giudizio del Tribunale, gli atti disponibili surrogherebbero adeguatamente i verbali in esame; questa tesi, tuttavia, sarebbe in contrasto con la giurisprudenza di legittimità, in forza della quale la violazione dell’art. 268, comma 1, cod. proc. pen. determinerebbe l’inutilizzabilità degli esiti delle operazioni. Ancora, il ricorso evidenzia che la mancanza di questi verbali impedirebbe alla difesa di individuare i nominativi degli operatori che avevano proceduto all’ascolto e alla trascrizione, che, dunque, non potrebbero essere chiamati a testimoniare. Infine, si sostiene che l’ordinanza rescissoria sarebbe stata emessa dagli stessi magistrati che avevano pronunciato il provvedimento poi annullato con rinvio; in forza di ciò, si invita a sollevare questione di legittimità costituzionale dell’art. 34 cod. proc. pen., nella parte in cui non prevede l’incompatibilità del giudice che, in materia cautelare personale, si pronunci sulla medesima questione oggetto di rinvio da parte della Corte di cassazione. Gli stessi argomenti sono stati ribaditi ed approfonditi con motivi aggiunti. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso risulta infondato.
Occorre premettere che la Quarta Sezione di questa Corte, con la sentenza n. 31152/24, ha annullato con rinvio la precedente ordinanza del 29/2/2024 evidenziando che questa non aveva preso posizione “sul vero quesito sotteso alla censura”, ovvero l’esistenza stessa dei verbali di ascolto e trascrizione delle intercettazioni poste a base del provvedimento cautelare, “atti che certamente non sono allegati al fascicolo processuale e di cui non risulta aliunde l’esistenza”.
Tanto premesso, l’ordinanza del 5/9/2024, qui impugnata, ha adeguatamente colmato la lacuna riscontrata da questa Corte, evidenziando sia l’esistenza dei verbali in oggetto, sia la piena conoscibilità, da parte della difesa, di tutto quanto posto a fondamento dell’ordinanza genetica; non può dunque essere accolta, perché smentita dal provvedimento, la tesi secondo cui il Collegio di merito avrebbe reiterato il vizio già sanzionato con la prima pronuncia di legittimità.
In particolare, il Tribunale – sulla base di “un’attenta analisi degli atti processuali” qui non sindacabile né replicabile – ha sottolineato che in ordine ad ognuno dei RIT rilevanti per la difesa (perché richiamati nelle informative di reato e nell’ordinanza applicativa della misura) risultavano, oltre ai verbali di inizio delle operazioni, anche quelli finali e riassuntivi “che danno atto delle operazioni svolte, unitamente alle informative di P.G., alle richieste dell’Ufficio di Procura e ai provvedimenti autorizzativi del G.i.p., anche in relazione alle proroghe”. Ancor più dettagliatamente, l’ordinanza ha poi evidenziato che questi verbali riportavano gli estremi del decreto che aveva disposto l’intercettazione, la descrizione delle modalità di registrazione, con la specificazione anche della linea di sistema impiegata e della società fornitrice, oltre che del luogo in cui erano state svolte le captazioni.
6.1. In forza di questi elementi, il Tribunale ha dunque riscontrato il contenuto del verbale di cui all’art. 268, comma 1, cod. proc. pen. per come definito dall’art. 89 disp. att. cod. proc. pen. (l’indicazione degli estremi del decreto che ha disposto l’intercettazione, la descrizione delle modalità di registrazione, l’annotazione del giorno e dell’ora di inizio e di cessazione delle operazioni, nonché i nominativi delle persone che hanno preso parte alle operazioni), peraltro senza alcun necessario riferimento al contenuto delle singole conversazioni, come da costante giurisprudenza qui da ribadire. E con la precisazione che – ancora alla luce di una constatazione in fatto qui non sindacabile – il Tribunale ha poi evidenziato che dall’analisi di una pen drive rilasciata dalla Procura della Repubblica di Messina, contenente tutti gli atti a fondamento della misura, era emerso che erano stati messi a disposizione della difesa anche i cd. brogliacci, relativi ai singoli progressivi valorizzati nell’ambito dell’ordinanza genetica, “contenenti l’indicazione del numero di RIT e del progressivo relativo alla singola conversazione, la data e l’ora di inizio e fine della comunicazione captata, il numero della linea impiegata, il bersaglio dell’operazione di intercettazione, nonché la trascrizione, in alcuni casi mediante collegamento ipertestuale, integrale o sommaria delle medesime conversazioni, oltre ai file audio delle stesse”.
Alla luce delle considerazioni che precedono, dunque, la violazione di legge denunciata nel ricorso non sussiste: il Tribunale – con motivazione solida e logica,
diversamente da quanto denunciato – ha riscontrato l’effettiva presenza in atti dei verbali di ascolto e trascrizione delle intercettazioni poste a base del provvedimento cautelare, oltre alla piena disponibilità, in capo alla difesa, di tutti gli elementi di indagine fondanti l’ordinanza applicativa della misura.
Con riguardo, poi, alla questione di legittimità costituzionale che il ricorso invita a sollevare, concernente la partecipazione al tribunale del riesame, in sede di rinvio, dei medesimi magistrati già componenti il collegio cautelare che aveva emesso l’ordinanza annullata, il Collegio rileva che la stessa – già più volte affrontata dalla giurisprudenza di legittimità – è manifestamente infondata.
8.2. Le condivisibili ragioni di questo pacifico indirizzo sono da ritrovare, per un verso, nella lettera del citato art. 623 cod. proc. pen., che non contiene contrarie indicazioni sul punto, e, per altro verso, nella connotazione incidentale del procedimento de libertate, che non comporta, per sua natura, un accertamento sul merito della contestazione. Anche la giurisprudenza della Corte costituzionale, infatti, ha chiarito come l’incompatibilità sia istituto mirato a prevenire che la pronuncia sul merito della contestazione sia pregiudicata da determinazioni già assunte, riguardo al medesimo fatto, attraverso provvedimenti cautelari, sempre che gli stessi siano stati adottati in fasi diverse del giudizio; ebbene, una decisione in tema cautelare non può assumere valore pregiudicante rispetto ad altra decisione cautelare, quand’anche i relativi provvedimenti abbiano il medesimo oggetto (tra le molte, Sez. 6, n. 33883 del 2014, cit.).
8.3. Coerente con questa prospettiva appare, del resto, la previsione normativa che circoscrive all’annullamento delle sole sentenze – provvedimenti che, per definizione, comportano la definizione del procedimento – l’attribuzione del giudizio del rinvio ad un giudice diverso da quello che ha adottato la pronunzia cassata e che, per questa ragione, non offre sufficienti garanzie di imparzialità.
8.3.1. Né, va aggiunto, sono distonici con questa ricostruzione gli interventi della Corte costituzionale che hanno esteso tale regolamentazione alle ipotesi di annullamento di ordinanze rese in sede esecutiva (cfr. sentenza n. 183 del 2013), quali quelle con cui viene accolta o rigettata una richiesta di riconoscimento della continuazione ex art. 671 cod. proc. pen., istituto che, non a caso, viene espressamente descritto quale «frammento di cognizione inserito nella fase di esecuzione», oppure quelle (cfr. sentenza n. 7 del 2022) con cui il giudice dell’esecuzione è chiamato a rideterminare la pena, ancora non completamente espiata, in conseguenza della declaratoria di illegittimità costituzionale che ha interessato il trattamento sanzionatorio. Negli stessi termini, poi, si conclude quanto alla sentenza n. 131 del 1996, richiamata nel ricorso, che, per quel che qui rileva, ha dichiarato l’incompatibilità alla funzione di giudizio del giudice che come componente del tribunale del riesame (art. 309 cod. proc. pen.) si sia pronunciato sull’ordinanza che dispone una misura cautelare personale nei confronti dell’indagato o dell’imputato; emerge evidente, infatti, la radicale differenza con il caso in questione, che concerne la partecipazione dello stesso giudice a due momenti della medesima fase cautelare, e non a fasi diverse.
8.3.2. L’enucleazione di una linea di demarcazione che, fatta salva la discrezionale valutazione del legislatore, individua il discrimine nella natura dell’attività pregiudicante e, ancor più, di quella pregiudicata consente dunque di escludere la contrarietà a principi di ragionevolezza ed uguaglianza, nonché a quello del giusto processo, di un complesso normativo che – lungi dal provocare l’ingiustificato sacrificio del diritto di difesa – ammette che il giudice della cautela, il quale abbia adottato un determinato provvedimento in punto di gravi indizi di colpevolezza e/o esigenze cautelari, possa nuovamente pronunziarsi sulla medesima questione in sede di rinvio, dopo l’annullamento della primigenia ordinanza da parte della Corte di cassazione.
8.4. La questione di legittimità costituzionale, dunque, è manifestamente infondata.
Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato, ed il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Il Co gliere estensore
Così deciso in Roma, il 12 dicembre 2024
NOME