Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 4905 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 4905 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 16/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 23/03/2023 del TRIB. LIBERTA’ di BOLOGNA udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME; lette le conclusioni del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME COGNOME, che ha chiesto il rigetto del ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza indicata in epigrafe, il Tribunale del riesame di Bologna ha rigettato l’appello proposto, a norma dell’art. 310 cod. proc. pen., nell’interesse di NOME COGNOME, avverso l’ordinanza del 27/02/2023 della Corte di assise di Rimini, a mezzo della quale era stata disattesa una istanza di revoca della misura cautelare della custodia in carcere, applicata al ricorrente per i reati – commessi in concorso con NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME – di cui agli artt. 575, 576 n. 1, 61 n. 2 e n. 4, 577 n. 4 cod. pen. (per l’omicidio volontario perpetrato in danno di NOME COGNOME, deceduto a seguito delle lesioni conseguenti a una aggressione posta in essere con calci e pugni al volto e alla testa, nonché con l’utilizzo di un bastone in metallo) e 628, primo e terzo comma nn. 1 e 2 cod. pen. (per la rapina aggravata, perpetrata in danno della medesima vittima). Secondo il Tribunale del riesame, la eventuale nullità dell’interrogatorio dì garanzia, cui segua l’ordinanza di convalida del fermo e l’applicazione di misura cautelare, avrebbe dovuto essere immediatamente eccepita, risultando altrimenti sanata: trattasi, infatti, di nullità a regi intermedio, non tempestivamente dedotta nel caso di specie. La difesa, comunque, avrebbe dovuto proporre ricorso per cassazione con riferimento a tale sequenza procedimentale; nel merito, comunque, non sussisteva alcuna incompatibilità dei difensori, stando alle versioni rese dai due fermati.
Ricorre per cassazione NOME COGNOME, a mezzo dell’AVV_NOTAIO, deducendo due motivi, che vengono di seguito riassunti entro i limiti strettamente necessari per la motivazione, ai sensi dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo motivo, viene denunciato vizio rilevante ex art. 606, comma 1, lett. c) cod. proc. pen., per inosservanza di norme processuali stabilite a pena di nullità, inutilizzabilità, ammissibilità o decadenza. All’udienza di convalida del fermo del 15/11/2021, tenutasi dinanzi al Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Rimini, NOME COGNOME e il coimputato NOME COGNOME erano assistiti dagli AVV_NOTAIOti NOME COGNOME e NOME COGNOME. La incompatibilità fra le posizioni di tali soggetti è determinata dal fatto che – già ne corso dell’udienza suddetta – COGNOME aveva negato la propria partecipazione al pestaggio di NOME COGNOME (dichiarando, al contrario, di essere intervenuto al solo fine di fermare l’altro soggetto attivo COGNOME), mentre il COGNOME ne aveva affermato il coinvolgimento. Il Giudice che procedeva, però, non ha tenuto conto della sussistenza di tale incompatibilità difensiva e, consequenzialmente, non ha adottato i provvedimenti dettati dall’art. 106 cod. proc. pen. Il verbale
contenente le dichiarazioni rese da COGNOME in data 15/11/2021, inoltre, non è stato trasmesso al Tribunale del riesame, così concretizzandosi la decadenza della misura cautelare, ai sensi dell’art. 309, comma 10, cod. proc. pen.
2.2. Con il secondo motivo, viene denunciato vizio rilevante ex art. 606, comma 1, lett. c) cod. proc. pen., per inosservanza ed erronea applicazione della legge penale, con riferimento alla violazione del diritto di difesa. La sopra analizzata incompatibilità, infatti, ha determinato la sottoposizione di COGNOME all’interrogatorio del 15/11/2021 in assenza del difensore, con conseguente violazione del diritto di difesa, ai sensi degli artt. 178 e 179 cod. proc. pen. Erra i Tribunale del riesame, laddove qualifica la nullità determinata dalla sopra descritta incompatibilità come nullità a regime intermedia e la considera – in quanto tale sanata a causa della mancata impugnazione dell’ordinanza restrittiva della libertà personale.
Il Procuratore generale ha chiesto il rigetto del ricorso. Il primo motivo è infondato: lo stesso Tribunale del riesame evidenzia la mancata trasmissione del verbale, contestualmente segnalando, però, l’irrilevanza di tale atto, per esser stato dedotto il solo profilo della supposta incompatibilità dei difensori. Quanto alla seconda doglianza, il provvedimento impugnato ha adeguatamente motivato circa la insussistenza della nullità, sia perché non eccepita tempestivamente, sia perché inesistente nel merito.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
Le doglianze difensive, sebbene articolate in due distinti motivi, sono connotate da una evidente matrice comune e ben si prestano, pertanto, a una agevole trattazione unitaria.
2.1. La giurisprudenza di legittimità è concorde nel ritenere che l’assunzione – da parte del medesimo difensore – della difesa di più imputati aventi diversa posizione giuridica, possa essere causa di nullità; ciò postula, però, l’emersione di un concreto pregiudizio alla difesa del singolo soggetto. Si concretízza una nullità della decisione, quindi, esclusivamente nel caso in cui il conflitto di interessi tra coimputati risulti effettivo ed attuale, ossia allorquando s riscontrabile una situazione atta a rendere impossibile la proposizione di plurime tesi difensive, che siano tra loro fondatamente conciliabili sotto il profilo logico una situazione processuale, quindi, che sia in grado di far divenire sostanzialmente inefficiente e improduttiva la comune difesa, in relazione a specifici atti del
procedimento (Sez. 1, n. 29479 del 23/10/2012, COGNOME, Rv. 256448; n. 8067 del 2012, COGNOME, Rv. 252428; Sez. 5, n. 39449 del 17/05/2018, COGNOME, Rv. 273766).
2.2. Nel caso di specie, la Corte di appello – con motivazione ampia e congruente, nonché priva di qualsivoglia forma di contraddittorietà – ha ben chiarito le ragioni della insussistenza della pretesa incompatibilità, rilevante ex art. 106 cod. proc. pen. Può infatti leggersi, nel provvedimento impugnato, come lo stesso COGNOME – lungi dal negare la propria presenza in loco, al momento del pestaggio incriminato – abbia invece ammesso sia di aver anch’egli colpito la vittima (sebbene sostenendo di averlo fatto una sola volta, servendosi dì un bastoncino leggero in alluminio), sia di averla sollecitata ad acconsentire alla dazione di denaro.
2.3. Le censure proposte dalla difesa attengono – con specifico riferimento al contenuto delle dichiarazioni rese dagli attuali coimputati, in sede di udienza di convalida – al vaglio contenuto nell’ordinanza impugnata, formulando una diretta critica nei confronti della valutazione compiuta dal Tribunale del riesame, in ordine al materiale posto a fondamento della decisione. Il compito del giudice di legittimità, però, non consiste nel sovrapporre la propria valutazione a quella compiuta dai giudici di merito; la Corte di cassazione ha il diverso compito, infatti, di stabilire se questi ultimi abbiano esaminato tutti gli elementi a loro disposizione, se abbiano fornito una corretta interpretazione di essi, dando esaustiva e convincente risposta alle deduzioni delle parti e se abbiano esattamente applicato le regole della logica, nello sviluppo delle argomentazioni che hanno giustificato la scelta di determinate conclusioni, a preferenza di altre.
2.4. Il tema della mancata trasmissione del verbale contenente le dichiarazioni rese da COGNOME, parimenti, è stato affrontato e risolto in maniera giuridicamente ineccepibile dal Tribunale del riesame, che ha sottolineato come tali dichiarazioni si trovino riassunte tanto nel provvedimento di convalida, quanto nell’ordinanza applicativa della misura cautelare. Una situazione che – secondo il Tribunale del riesame – ha consentito un vaglio pieno, sotto il profilo contenutistico, in ordine alla valenza di tali dichiarazioni. Giova precisare, del resto, come il richiamo alla decadenza dettata dall’art. 309 comma 10 cod. proc. pen. risulti, nella concreta fattispecie, distonico rispetto alla situazion processuale, non potendo esso trovare applicazione all’appello cautelare ex art. 310 cod. proc. pen.
Anche a voler rinvenire, nel caso di specie, una incompatibilità nell’affidamento della difesa dei più soggetti ai medesimi difensori, non vi è chi non rilevi, infine, la tardività della relativa deduzione. Si sarebbe verificata, infat
una ipotesi di nullità a regime intermedio, sussumibile entro l’alveo previsionale dell’art. 178 lett. c) cod. proc. pen., riconducibile però al novero di quelle tipizzate ex art. 180 cod. proc. pen. e non ex art. 179 cod. proc. pen. La sussistenza di una situazione di incompatibilità difensiva, in ragione del conflitto di interessi tra più soggetti assistiti dal medesimo difensore, infatti, non può essere assimilata alla “assenza” del difensore, prevista appunto – quale causa tipica di nullità assoluta ed insanabile – ai sensi dell’art. 179, cod. proc. pen.
3.1. Trattasi, al contrario, di una nullità che deve considerarsi sanata, per non esser stata né rilevata, né dedotta in sede di impugnazione della decisione assunta dal Giudice per le indagini preliminari. Giova ricordare, infatti, che i termini di rilevabilità e di deducibilità delle nullità di ordine generale ex artt. 178 e 180 cod. proc. pen. sono fissati, in sede codicistica, avendo riguardo alla deliberazione della sentenza di primo grado, ovvero – laddove tali nullità si verifichino durante il giudizio – con riferimento alla sentenza emessa nel grado successivo. COGNOME che l’art. 180 cod. proc. pen. si riferisce, pacificamente, alla figura dell’imputato, l’estensione delle medesime garanzie al soggetto fermato o arrestato, quanto alle nullità occorse nel giudizio di convalida e nel successivo riesame, deve essere attuata mediante una lettura sistematica delle norme (sarebbe a dire, delle disposizioni dettate dal codice di rito, sia in tema di indagini preliminari, che di dibattimento). Le nullità verificatesi prima dell’udienza di convalida, allora, possono essere rilevate e dedotte in un momento antecedente, rispetto alla emissione dei provvedimenti conclusivi della stessa udienza, ad opera del Giudice per le indagini preliminari; le nullità incorse nelle fasi successive, invece, possono essere rilevate e dedotte in sede di riesame, avverso il provvedimento adottato all’esito dell’udienza di convalida (per un caso sostanzialmente analogo, si veda il dictum di Sez. 1, n. 430 del 18/10/2022, dep. 2023, NOME COGNOME, Rv. 283861; Sez. 3, n. 10102 del 26/11/2015, dep. 2016, COGNOME, Rv. 266711, inoltre, ha così statuito: «La nomina, quale difensore d’ufficio, dello stesso avvocato per assistere diversi coimputati in posizione di conflitto di interessi è causa di nullità intermedia, di cui alla lett. c) dell’art. 178, cod. proc. pen., no essendo tale situazione qualificabile come “assenza” di difensore, cui consegue, invece, ai sensi dell’art. 179 cod. proc. pen., una nullità assoluta e insanabile. L’assunzione da parte di uno stesso difensore della difesa di più imputati con diversa posizione giuridica è causa di nullità solo se risulti un effettivo e concreto pregiudizio alla difesa del singolo assistito»; si veda anche Sez. 1, n. 29479 del 23/10/2012, COGNOME, Rv. 256448 e, infine, Sez. 6, n. 10887 del 11/10/2012, dep. 2013, COGNOME, Rv. 254783, secondo cui: «L’inosservanza del disposto di cui all’art. 106, comma quarto bis, cod. proc. pen., secondo cui non può essere assunta da uno stesso difensore la difesa di più imputati che abbiano reso Corte di Cassazione – copia non ufficiale
dichiarazioni concernenti la responsabilità di altro imputato nel medesimo procedimento ovvero in procedimento connesso o probatoriamente collegato, non costituisce causa di nullità o di inutilizzabilità di dette dichiarazioni, comportando essa – oltre la eventuale responsabilità disciplinare del difensore – soltanto la necessità, da parte del giudice, di una verifica particolarmente incisiva relativamente alla loro attendibilità»).
3.2. La mancata impugnazione dinanzi al riesame del provvedimento assunto all’esito dell’udienza di convalida, in definitiva, rende ormai sanata la dedotta nullità a regime intermedio, laddove pur ritenuta sussistente.
Alla luce delle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere rigettato; segue ex lege la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. Non comportando – la presente decisione – la rimessione in libertà del ricorrente, segue altresì la disposizione di trasmissione, a cura della cancelleria, di copia del provvedimento al direttore dell’istituto penitenziario, ai sensi dell’art. 94, comma 1 -ter, disp. att. cod. proc. pen.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1 -ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso in Roma, 16 novembre 2023.