Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 20797 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 20797 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 15/02/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a FOSSO’ il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 14/07/2023 della CORTE APPELLO di VENEZIA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata con trasmissione degli atti alla Corte di appello di Venezia per l’ulteriore corso.
Lette le conclusioni scritte della difesa della ricorrente RAGIONE_SOCIALE, in persona dell’AVV_NOTAIO del foro di Padova, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.
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RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 14 gennaio 2023, la Corte di appello di Venezia ha confermato la sentenza pronunciata 1’11 febbraio 2022 dal Tribunale di Padova con la quale NOME RAGIONE_SOCIALE è stata ritenuta responsabile del reato di cui all’art. 590 bis cod. pen. in danno di NOME COGNOME.
Contro la sentenza ha proposto tempestivo ricorso il difensore dell’imputata munito di specifico mandato ai sensi dell’art. 581, comma 1 quater, cod. proc. pen.
La difesa deduce nullità assoluta della sentenza ai sensi dell’art. 178, comma 1, lett. a) cod. proc. pen. conseguente alla violazione dell’art. 34, comma 3 e dell’art. 36, comma 1, lett. g), cod. proc. pen. e documenta che la sentenza di appello è stata pronunciata da un Collegio presieduto da un magistrato che aveva svolto funzioni di Pubblico ministero nella fase iniziale delle indagini relative all’incidente stradale, convalidando il sequestro dei veicoli coinvolti e delegando indagini alla Polizia Locale di Vigonza.
Pur consapevole che in linea di principio l’esistenza di una causa di incompatibilità non incide sui requisiti di capacità del giudice e non determina la nullità del provvedimento adottato dal giudice incompatibile, la difesa della ricorrente osserva che a tali conclusioni si può giungere quando la violazione del dovere di astensione può essere fatta valere mediante ricusazione ai sensi degli artt. 37 e ss. cod. proc. pen., ma, nel caso di specie, ciò non è stato possibile perché – come risulta dalla documentazione allegata al ricorso – l’imputata e il suo difensore hanno avuto contezza dell’identità dei componenti del Collegio di appello solo quando hanno preso visione del dispositivo della sentenza oggi impugnata.
Ed infatti: l’avviso di fissazione del procedimento in camera di consiglio recava la sottoscrizione del presidente della sezione e non conteneva l’indicazione dei componenti del collegio; il procedimento è stato trattato in forma cartolare in assenza delle parti ai sensi dell’art. 23 bis della legge 18 dicembre 2020 n. 176; la presenza nel collegio del giudice incompatibile è divenuta nota al difensore solo quando gli è stato notificato il dispositivo della sentenza del 14 luglio 2023.
A sostegno di tali argomentazioni, la difesa cita una sentenza pronunciata da questa Corte di legittimità in un caso analogo (Sez. 1, n. 19643 del 02/04/2019, Brancato, Rv. 275844) secondo la quale: «In tema di ricusazione, in caso di dichiarazione “de plano” di inammissibilità dell’appello da parte di un collegio composto dal giudice che ha emesso la decisione impugnata, la parte interessata, venuta a conoscenza di tale causa di incompatibilità a seguito della comunicazione del provvedimento, è legittimata a dedurla con ricorso per cassazione avverso
l’ordinanza di inammissibilità, stante l’impraticabilità della procedura di ricusazione preventiva di cui all’art. 37 cod. proc. pen., al fine di far valere la nullità assolu del provvedimento».
Il Procuratore generale ha depositato conclusioni scritte chiedendo l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata e la trasmissione degli atti alla Corte di appello di Venezia.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Preliminarmente va escluso che sia maturato il termine di prescrizione del reato. Il reato è stato commesso in data 23 giugno 2016; la prescrizione ordinaria è maturata il 23 dicembre 2023. Si deve aggiungere peraltro un ulteriore termine in ragione della disciplina dettata dall’emergenza COVID perché, nel giudizio di primo grado una udienza, fissata per il 12 marzo 2020, è stata rinviata d’ufficio al 26 novembre 2020 causa COVID. Aggiungendo pertanto il termine di gg. 64, come enucleato dall’art. 83, comma 4, del d.l. 17 marzo 2020 n. 18, convertito con modificazioni dalla legge 24 aprile 2020, n. 27 (Sez.Un. n.5292 del 26/11/2020, COGNOME), il termine di prescrizione si compie alla data del 25 febbraio 2024 e pertanto prima della definizione del presente giudizio di legittimità.
2. Il ricorso risulta fondato.
Risultano condivisibili le argomentazioni sviluppate dalla sentenza Sez. 1, n. 19643 del 02/04/2019, Brancato, Rv. 275844 citata dallo stesso ricorrente.
Questa sentenza osserva:
«Costituisce affermazione risalente, nella giurisprudenza di questa Corte, che l’esistenza di una causa di incompatibilità, non incidendo sui requisiti di capacità del giudice, non determina, in via di principio, la nullità del provvedimento adottato dal giudice incompatibile, ma costituisce motivo di ricusazione, da farsi valere con la specifica procedura prevista dagli artt. 37 e segg. del codice di rito; né ha incidenza sulla capacità del giudice, sempre in via di principio, la violazione del dovere di astensione, che non è causa di nullità generale e assoluta ai sensi dell’art. 178, comma 1, lett. a), cod. proc. pen., deducibile come motivo di impugnazione della sentenza pronunciata col concorso del giudice incompatibile, ma costituisce esclusiva ragione, per la parte interessata, di ricusazione del giudice non astenutosi (ex plurimis, Sez. Un. n. 5 del 17/04/1996, Rv. 204464; Sez. Un. n. 23 del 24/11/1999, Rv. 215097). Detti principi devono essere coordinati, peraltro, con quello, parimenti affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte, per cui, una volta proposta dalla parte interessata la dichiarazione di ricusazione, la
violazione – da parte del giudice nei cui confronti la ricusazione sia stata accolta del divieto, stabilito dall’art. 42 comma 1 cod.proc.pen., di compiere alcun atto del procedimento, comporta la nullità della decisione che il giudice abbia ciononostante pronunciato (o concorso a pronunciare), ai sensi dell’art. 178, comma 1,1ett. a) del codice di rito, nullità che è destinata a prodursi anche nel caso di violazione dell’art. 37, comma 2, cod.proc.pen., allorché il giudice ricusato non si sia astenuto dal pronunciare sentenza e la ricusazione sia stata (solo) successivamente accolta (Sez. Un. n. 23122 del 27/01/2011, Rv. 249734). Dalla ricognizione del sistema così sommariamente operata, emerge dunque che l’inosservanza del dovere di astensione gravante sul giudice nei casi previsti dall’art. 36 cod.proc.pen., tra i quali rientra – per quanto qui interessa l’incompatibilità derivante dal compimento degli atti del procedimento indicati nell’art. 34, deve essere fatta valere ad iniziativa della parte interessata mediante l’istituto della ricusazione, non essendo altrimenti sanzionabile sul piano processuale; una volta, tuttavia, che la ricusazione sia stata proposta e sia stata accolta, la sentenza pronunciata dal giudice (o col concorso del giudice) che era tenuto ad astenersi è affetta da nullità assoluta e insanabile, rilevabile anche a posteriori nel caso in cui la pronuncia giudiziale che accoglie la ricusazione intervenga in un momento successivo a quello della sentenza pregiudicata, in quanto il rispetto dei principi dell’imparzialità e della terzietà del giudice costituisc requisito indefettibile dell’esercizio della funzione giurisdizionale, che trova immediato fondamento costituzionale nell’art. 111, secondo comma, Cost. 4. La lettura coordinata dei principi sopra enunciati esclude che possa rimanere priva di tutela la legittima pretesa della parte di far valere la causa di incompatibilità, che avrebbe imposto al giudice di astenersi dalla decisione idonea a definire il grado del giudizio, allorché – come nel caso in esame – la ragione di incompatibilità, e la correlata violazione del dovere di astensione, !3i siano manifestate e siano state rese conoscibili all’interessato soltanto attraverso la pronuncia (e la comunicazione) del provvedimento decisorio, avvenuta “parte inaudita”, in tal modo pregiudicando definitivamente la facoltà di ricusazione del giudice di cui la parte si sarebbe avvalsa se fosse stata posta in grado di conoscerne preventivamente le ragioni motive» (così testualmente pag. 2 e 3). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Nel caso oggetto del presente ricorso il pregiudizio dei principi di terzietà e imparzialità del giudice (che trovano tutela nell’art. 111 Cost) si è attuato nel momento in cui si è tenuta l’udienza camerale non partecipata ed è stata pronunciata la sentenza impugnata. Invero l’imputata e il sue difensore hanno avuto contezza dell’identità dei componenti del Collegio di appello solo quando hanno preso visione del dispositivo della sentenza oggi impugnata.
Ed infatti dall’esame degli atti del processo, reso possibile dalla natura in rito del vizio dedotto e dall’allegazione degli stessi al ricorso, in una prospettiva di autosufficienza, risulta che l’avviso di fissazione del procedimento in camera di consiglio recava la sottoscrizione del Presidente della sezione e non conteneva l’indicazione dei componenti del collegio; il procedimento è stato trattato in forma cartolare in assenza delle parti ai sensi dell’art. 23 bis comma 8 della legge 18 dicembre 2020 n. 176; la presenza nel collegio del giudice incompatibile è divenuta nota alla difesa dell’imputata soltanto a seguito del deposito della sentenza che ha definito il giudizio nel grado di appello.
Questo ha fatto sì che la procedura della ricusazione fosse in concreto impraticabile, perché dagli atti notificati alle parti non era resa nota la composizione del Collegio e pertanto non emergeva il profilo di incompatibilità del componente del collegio che, se conosciuto, avrebbe consentito la richiesta di ricusazione entro il termine di rito. Di conseguenza, l’imputata NOME il suo difensore non avevano a disposizione alcun rimedio se non quello di impugnare la pronuncia dalla cui intestazione emergeva la composizione del collegio giudicante e pertanto la ragione di incompatibilità che avrebbe imposto l’astensione di uno dei componenti. Rileva in tal senso la constatazione che la causa di incompatibilità dedotta – espressamente prevista dall’art. 34, comma 3, cod. proc. pen. – non avrebbe lasciato al giudice della ricusazione alcun margine di discrezionalità, essendo una conseguenza legale dell’avere il componente del collegio giudicante isvolto funzioni di giudice in un procedimento in cui aveva altresì svolto funzioni di pubblico ministero. In questi casi, infatti, l’art. 36, comma 1, lett. g) cod. proc. pen. prevede che il giudice sia obbligato ad astenersi.
Deve pertanto concludersi che è ammissibile e fondato il ricorso dell’imputato avverso la sentenza di appello al fine di ottenere, previo accertamento della causa di incompatibilità di uno dei componenli del collegio che ha concorso a pronunciare la sentenza impugnata, la declaratoria di nullità del provvedimento adottato, la quale costituiva la conseguenza legale dell’accoglimento della richiesta di ricusazione che, nella specie, non avrebbe potuto essere proposta tempestivamente, in quanto la causa che ne giustificava l’esperimento era resa conoscibile al soggetto interessato soltanto in epoca successiva alla scadenza del termine previsto dalla legge per la sua proposizione.
4.1 In conclusione, deve disporsi l’annullamento della sentenza impugnata
con rinvio alla Corte di appello di Venezia, altra sezione, per nuovo giudizio.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Venezia.
Così deciso nella camera di consiglio del 15 febbraio 2024
Il consigliere relatore
Il pr ‘dente