Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 20036 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 20036 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 07/03/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 02/10/2023 della CORTE APPELLO di MILANO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, nella persona del Sostituto procuratore generale NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo la rimessione alle Sezioni Unite, stante il contrasto segnalato, o in subordine l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata;
lette le conclusioni scritte del ricorrente, con le quali insiste nel ricorso o in subordi chiede la rimessione alle Sezioni Unite.
A
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza emessa in data 02 ottobre 2023 la Corte di appello di Milano, giudicando a seguito dell’annullamento senza rinvio della sentenza emessa dalla Corte di appello di Milano in data 17 gennaio 2022, disposto dalla Corte di cassazione in data 21 febbraio 2023, ha confermato la sentenza emessa in data 11 novembre 2019 dal Tribunale di Pavia, che ha condannato NOME alla pena di mesi quattro di reclusione per il delitto di cui agli artt. 582 585 cod.pen. commesso il 18/09/2018 colpendo volontariamente un assistente della polizia penitenziaria.
La sentenza emessa dalla Corte di appello in data 17 gennaio 2022, che aveva confermato quella di primo grado, era stata annullata senza rinvio dalla corte di cassazione per vizi procedurali, attinenti all’omessa citazione del difensore di fiducia e all’omessa partecipazione all’udienza dell’imputato, detenuto per altra causa. La sentenza impugnata, esaminando nel merito i motivi dell’appello, ha ritenuto provata la responsabilità dell’imputato dalla comunicazione di notizia di reato, non essendovi motivi per dubitare della sua veridicità, e non essendo le lesioni subite dal detenuto stesso rilevanti per escludere la sua colpevolezza per avere strattonato e ferito, sia pure lievemente, l’assistente della polizia penitenziaria, intervenuto peraltro nei confronti di altr detenuti e non dell’imputato.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso NOME, per mezzo del proprio difensore AVV_NOTAIO, articolando un unico motivo, con il quale eccepisce la nullità della sentenza, ai sensi dell’art. 606, comma 1 lett. c), cod.proc.pen., per essere il collegio giudicante composto da un consigliere che aveva partecipato al precedente procedimento ed aveva emesso la sentenza annullata dalla corte di cassazione.
La dr.ssa NOME COGNOME, infatti, risulta avere, quale consigliere, composto anche il collegio che ha emesso la sentenza datata 17 gennaio 2022, poi annullata dalla Corte di cassazione.
L’art. 34 cod.proc.pen. stabilisce che un giudice che ha concorso a pronunciare una sentenza non può esercitare la medesima funzione in un grado successivo, compresi i giudizi di rinvio. La giurisprudenza ha stabilito che la violazione di tale norma non è causa di nullità, ma può costituire un motivo di ricusazione; tale principio, però, deve essere aggiornato alla luce del processo cartolare. In questa tipologia di processo, infatti, le parti non sono presenti e ignorano, pertanto, l’identità dei componenti del collegio giudicante, che viene conosciuta solo con la notifica del dispositivo della sentenza già emessa: il
principio sopra espresso, se mantenuto, risulterebbe perciò incostituzionale, impedendosi alle parti di avanzare l’istanza di ricusazione, secondo le modalità stabilite dall’art. 38 cod.proc.pen.
La sentenza deve, pertanto, essere dichiarata nulla, sussistendo la violazione dell’art. 34 cod.proc.pen., non rilevabile dalle parti con l’istanza di ricusazione, stante la modalità cartolare di trattazione del procedimento.
Il Procuratore generale, con requisitoria scritta, ha chiesto la rimessione alle Sezioni Unite per sanare il contrasto tra pronunce che ritengono l’incompatibilità non rilevabile neppure se la ricusazione è ormai preclusa, non producendo la nullità della sentenza, e una pronuncia che ha, invece, ritenuto l’eccezione, scoperta dopo l’emissione della sentenza, sollevabile con ricorso in cassazione proprio perché non proponibile in via preventiva; in subordine ha chiesto l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata.
Il ricorrente ha depositato conclusioni scritte, con le quali insiste nel ricorso aderendo alla requisitoria del Procuratore generale, e chiede in subordine la rimessione alle Sezioni Unite, stante il contrasto da questi segnalato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato, e deve essere rigettato.
In primo luogo deve rilevarsi che non sussiste una situazione di incompatibilità del consigliere indicato, ai sensi dell’art. 34, comma 1, cod.proc.pen., perché la sentenza impugnata è stata emessa a seguito di un annullamento senza rinvio della precedente decisione. GLYPH Il ricorso è errato, infatti, laddove afferma che la corte di cassazione, pronunciando l’annullamento della sentenza n. 219/2022 emessa dalla Corte di appello di Milano in data 17 gennaio 2022, «rinviava avanti la Corte d’Appello di Milano per l’ulteriore corso». Il dispositivo di tale sentenza, emessa dalla Sez. 5 e recante il n. 15202 del 21/02/2023, recita infatti che la corte «Annulla senza rinvio la sentenza impugnata e dispone trasmettersi gli atti alla Corte di appello di Milano per l’ulteriore corso»: decisione, peraltro, necessitata dal fatto che l’annullamento è stato disposto per vizi procedurali relativi alla omessa citazione in giudizio del difensore di fiducia e alla omessa traduzione in aula dell’imputato detenuto, che hanno determinato la nullità della sentenza stessa.
Il giudizio di appello, quindi, è stato svolto da un collegio non chiamato a decidere quale giudice di rinvio, con conseguente inapplicabilità della predetta
causa di incompatibilità. Non è applicabile al presente caso neppure la sentenza n. 241/1999 con cui la Corte costituzionale ha dichiarato l’incostituzionalità dell’art. 34, comma 2, cod.proc.pen. «nella parte in cui non prevede che non possa partecipare al giudizio nei confronti di un imputato il giudice che abbia pronunciato o concorso a pronunciare sentenza nei confronti di quello stesso imputato per il medesimo fatto», perché la precedente sentenza è stata annullata, venendo così esclusa ogni suo effetto sul merito della decisione (si veda Sez. 1, ord. n. 4313 del 18/10/2000, dep.2001, R. 218395). Peraltro questa pronuncia di incostituzionalità, nella sua parte motiva, ha ribadito che «l’esigenza di una preventiva organizzazione della terzietà del giudice … è ragionevolmente assunta solo se riferita, di regola, ad un medesimo procedimento», e non a procedimenti distinti, quale quello che si instaura a seguito di un annullamento senza rinvio della decisione precedentemente assunta.
2.1. Può ritenersi superfluo, pertanto, esaminare le conseguenze della violazione dell’art. 34 cod.proc.pen., o della ipotizzata, dal ricorrente, violazione del dovere di astensione del giudice stabilito dall’art. 36, comma 1, lett. g), cod.proc.pen., cioè se tale violazione dia luogo o meno alla nullità della sentenza pronunciata dal giudice incompatibile. Peraltro, qualora si ritenesse riscontrabile la situazione di incompatibilità stabilita dalla citata sentenza Corte Cost. n. 241/1999, deve ribadirsi l’insussistenza della nullità affermata dal ricorrente.
E’ nota la giurisprudenza, peraltro citata nel ricorso stesso, secondo cui «L’incompatibilità del giudice costituisce unicamente motivo di ricusazione dello stesso, non potendo integrare vizio comportante la nullità del giudizio neppure allorquando la causa di essa sia divenuta nota solo dopo la definizione del relativo grado processuale, e sia ormai preclusa la proponibilità di istanza di ricusazione» (Sez. 3, n. 34581 del 19/05/2021, Rv. 282136; vedi anche Sez. 5, n. 13293 del 10/12/2019, dep. 2020, Rv. 279045 con riferimento alla partecipazione del medesimo giudice al giudizio di rinvio). Non vi è motivo di discostarsi da tale principio, che è stato dettato dalle Sezioni Unite nella sentenza n. 23 del 24/1/1999, Scrudato, Rv. 215097 («L’eventuale incompatibilità del giudice costituisce motivo di ricusazione, ma non vizio comportante la nullità del giudizio») ed è stato ritenuto, indirettamente, immune da vizi di legittimità costituzionale, in particolare con la sentenza Corte cost. n. n. 473/1993 e con le ordinanze n. 36/1999 e 346/2000).
In nessun caso, pertanto, la partecipazione al giudizio, instaurato dopo l’annullamento disposto dalla sentenza Sez. 5, n. 15202 del 21/02/2023, di un consigliere già componente del collegio che aveva emesso la sentenza annullata potrebbe dar luogo alla nullità della sentenza che questi ha contribuito ad
emettere, neppure se si ritenesse che egli è incorso nella situazione di incompatibilità prevista dall’art. 34, comma 2, cod.proc.pen. come integrato dalla sentenza Corte Cost. n. 241/1999, ovvero ha violato il dovere di astenersi ai sensi dell’art. 36, comma 1, lett. g) e h), cod.proc.pen.
L’affermazione della insussistenza di una nullità della sentenza impugnata, e della necessità per il ricorrente di proporre istanza di ricusazione qualora avesse ritenuto incompatibile la partecipazione al giudizio del consigliere che aveva concorso a pronunciare la sentenza di appello annullata senza rinvio, non può essere diversa per il fatto che il procedimento si è svolto in forma cartolare, senza la presenza delle parti.
3.1. Anche in tale ipotesi, infatti, non sussistono la denunciata impossibilità di presentare tempestivamente l’istanza di ricusazione del giudice ritenuto incompatibile, e la conseguente limitazione del diritto costituzionale ad un giusto processo, affermate dal ricorrente.
L’imputato ha sempre la possibilità di conoscere, ,prima dell’udienza, l’identità fisica della persona del giudice o la composizione del collegio giudicante, essendo sufficiente che egli adempia, con diligenza, all’onere di informarsi presso la cancelleria: egli, quindi, può sempre presentare tempestivamente un’istanza di ricusazione del singolo magistrato o dell’intero collegio. In particolare, nel presente caso, la decisione della corte di cassazione, di annullare senza rinvio la sentenza di appello, rendeva noto all’imputato che non veniva applicata la norma dell’art. 623 cod.proc.pen., con rinvio degli atti ad una diversa torte di appello o ad una diversa sezione della medesima corte, ed era quindi possibile che il giudizio venisse tenuto ex novo davanti a magistrati che avevano composto il precedente collegio, in quanto appartenenti alla medesima sezione. Era pertanto onere dell’imputato, esercitando la normale diligenza, verificare la composizione del collegio davanti al quale era stato nuovamente fissato il suo giudizio di secondo grado, al fine di accertare la eventuale presenza di consiglieri che avessero già espresso il loro parere sulla vicenda, sia pure legittimamente, e valutare se proporre contro di essi istanza di ricusazione.
Per questo motivo non può ritenersi rilevante il contrasto tra pronunce indicato dal procuratore generale nella sua requisitoria, in quanto esso è legato ad una situazione in cui la parte era oggettivamente impossibilitata a presentare tempestivamente un’istanza di ricusazione (incompatibilità verificatasi in una declaratoria di inammissibilità dell’appello emessa de plano), mentre nel presente caso tale impossibilità era insussistente, potendo l’incompatibilità del consigliere essere conosciuta prima dell’udienza, ed eccepita nel termine stabilito
dall’art. 38 cod.proc.pen.. GLYPH Per lo stesso motivo non è prospettabile una questione di legittimità costituzionale, in realtà non ipotizzata dal ricorrente, non vertendosi in un caso di oggettiva e insuperabile impossibilità di proporre tempestivamente l’istanza di ricusazione
3.2. Questa Corte, peraltro, ha costantemente affermato che, anche qualora sussista una effettiva impossibilità di proporre tempestivamente l’istanza di ricusazione, non può dichiararsi la nullità della sentenza emessa dal giudice incompatibile ai sensi dell’art. 34 cod.proc.pen.
Come ritenuto dalla sentenza Sez. U., n. 23122 del 27/01/2011, Tanzi, Rv. 249734, l’incompatibilità stabilita dall’art. 34 cod.proc.pen. comporta la nullità assoluta della sentenza pronunciata dal magistrato incompetente, ai sensi dell’art. 178, comma 1, lett. a), cod.proc.pen., in quanto incide sulla capacità del giudice, ma solo quando essa sia accertata attraverso l’accoglimento dell’istanza di ricusazione, perché «nel sistema del codice di procedura penale né le incompatibilità predefinite dal legislatore nell’art. 34 cod.proc.pen. né, tanto meno, i motivi di astensione che possono dar luogo a ricusazione costituiscono mai, di per sé, cause dirette di nullità della pronuncia del giudice che si trovi in una delle situazioni descritte, potendo le parti farle valere esclusivamente mediante la tempestiva instaurazione della procedura degli artt. 37 e seguenti del codice di rito». La sentenza pronunciata dal giudice nei cui confronti è stata proposta istanza di ricusazione, pertanto, risulterà viziata solo in caso di accoglimento di questa, in quanto «il vizio dipende, in conclusione, esclusivamente dalla accertata sua inidoneità al corretto esercizio della funzione giurisdizionale in relazione ad uno specifico procedimento, e attiene perciò non all’attribuzione in astratto di potestà giurisdizionale bensì ai modi e limiti del potere esercitabile in un determinato giudizio». Corte di Cassazione – copia non ufficiale
In assenza di un accertamento giudiziale sulla incapacità del giudice che si trovi in una delle situazioni previste dagli artt. 34 o 36 cod.proc.pen., pertanto, la sentenza da questi emessa non può essere dichiarata nulla, ostandovi la mancata previsione, da parte del legislatore, di tale conseguenza, in quanto una simile dichiarazione violerebbe il principio di tassatività delle nullità stabilit dall’art. 177 cod.proc.pen. Tale principio è stato costantemente affermato da questa Corte, in numerose pronunce che hanno esaminato anche l’ipotesi della impossibilità di una presentazione tempestiva dell’istanza di ricusazione: si vedano la sentenza Sez. 3, n. 34581 del 19/05/2021, Rv. 282136, sopra già citata, nonché, tra le altre, Sez. 6, n. 12550 del 01/03/2016, Rv. 267419; Sez. 6, n. 42707 del 27/09/2011, Rv. 250987; Sez. 3, n. 7836 del 21/05/1998, Rv. 211347; Sez. 5, n. 13593 del 12/03/2010, Rv. 246716.
Sulla base delle considerazioni che precedono il ricorso deve pertanto essere respinto, e il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 07 marzo 2024
Il Consigliere estensore
GLYPH
Il Presidente