Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 1767 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 1767 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 10/12/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato in Marocco il 23/10/1995
avverso l’ordinanza del 24/07/2024 della CORTE APPELLO di MILANO udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del PG NOME COGNOME ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza in data 24/7/2024 la Corte di appello di Milano ha respinto la dichiarazione di ricusazione proposta da NOME COGNOME nei confronti del GIP del Tribunale di Varese dott. NOME COGNOME in relazione al provvedimento di rigetto dell’istanza di modifica del regime cautelare adottato il 17/6/2024 nel proc. 409/23 RGNR.
Avverso tale ordinanza ricorre per Cassazione il difensore, avv. NOME COGNOME deducendo violazione di legge processuale ed “irragionevolezza della motivazione”.
2.1. Rileva il ricorrente che: il dott. COGNOME aveva emesso l’ordinanza genetica che aveva determinato la carcerazione di COGNOME; all’udienza preliminare, tenutasi in data 11/7/2024, il GUP, dott. NOME COGNOME aveva accolto la richiesta di pena concordata avanzata dalle parti e adottato sentenza ex art. 444 cod. prc. pen.; l’istanza di modifica del regime cautelare avanzata alla medesima udienza, dopo l’acquisizione del parere del PM, era stata rigettata con provvedimento adottato
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non dal dott. COGNOME ma dal dott. COGNOME; il dott. COGNOME avrebbe dovuto astenersi in quanto “incompatibile ai sensi dell’art. 34 c.p.p. e dunque non legittimato ad esercitare la competenza funzionale di cui all’art. 279 c.p.p. in ragione del rapporto Ai accessorietà di cui parla la giurisprudenza, fra il potere di cognizione e potere cautelare”; a seguito dell’adozione dell’ordinanza di custodia cautelare il dott. COGNOME “non avrebbe più potuto intervenire in relazioni alle fasi successive” neppure per decidere in ordine alla modifica di un regime cautelare in quanto “gravato da una situazione di pregiudizio mentale, avendo già espresso un giudizio sui fatti e sulla persona dell’imputato”.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato.
L’udienza preliminare, imponendo al giudice una valutazione di merito della consistenza dell’accusa, rientra fra quei “giudizi” idonei a pregiudicarne altri ulteriori e a essere a loro volta pregiudicati da altri anteriori, con la conseguenza che, per assicurare la protezione dell’imparzialità del giudice, l’udienza preliminare deve essere compresa nel raggio d’azione dell’istituto dell’incompatibilità, disciplinato dall’art. 34 cod. proc. pen.
Una tale esigenza, tuttavia, non si pone in relazione alle decisioni in tema cautelare che non possono assumere valore pregiudicante rispetto ad altre decisioni cautelari, quand’anche i relativi provvedimenti abbiano il medesimo oggetto, in quanto non comportano un accertamento sul merito della contestazione esaurendosi nell’apprezzamento dei gravi indizi di colpevolezza e delle esigenze cautelari.
Proprio la particolare natura del procedimento cautelare, ha portata questa Corte ad affermare che «La funzione pregiudicata va individuata in una decisione attinente alla responsabilità penale, essendo necessario, perché si verifichi un pregiudizio per l’imparzialità, che il giudice sia chiamato ad esprimere una valutazione di merito collegata alla decisione finale della causa» (così Sez. 4, n. 28276 del 13/04/2022, RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, in motivazione).
A tale principio risultano ispirati molteplici pronunce di questa Corte che hanno escluso l’incompatibilità:
dei magistrati che abbiano adottato una precedente decisione del Tribunale del Riesame annullata dalla Corte di cassazione a comporre il collegio chiamato a deliberare in sede di rinvio (Sez. 4, n. 16717 del 14/04/2021, COGNOME, Rv. 281039; Sez. 6, n. 33883 del 26/3/2014,
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NOME, Rv. 261076; conf. Sez. 2, n. 15305 del 29/01/2013, COGNOME, Rv. 255783);
del giudice che ha emesso l’ordinanza cautelare annullata dalla Corte di cassazione a comporre il collegio in sede di rinvio (Sez. 1, n. 46935 del 11/07/2023, COGNOME, Rv. 285409 – 01);
del magistrato, già componente del tribunale del riesame chiamato a giudicare dell’inefficacia di una misura coercitiva per omesso interrogatorio dell’indagato, che abbia poi fatto parte del tribunale come giudice dell’appello cautelare avverso il rigetto dell’istanza di declaratoria di inefficacia della medesima misura (Sez. 1, n. 17038 del 6/10/2022 (dep. 2023 ), D., Rv. 284501 – 01).
3. Il riferimento all’art. 279 cod. proc. pen. che si rinviene nel ricorso, infine, impone di precisare che il giudice che procede è da individuare nell’organo giudiziario davanti al quale il processo pende, a prescindere dalla composizione fisica di esso, sicché l’attribuzione al dott. COGNOME dell’istanza de libertate avanzata nel corso dell’udienza preliminare svoltasi davanti al dott. COGNOME non comporta alcuna violazione di legge processuale essendo precisato nel provvedimento impugnato che era stata determinata dal fatto che il dott. COGNOME era “giudice di turno nel cosiddetto periodo cuscinetto” per l’ufficio GIP/GUP (in tale senso Sez. 5, n. 47398 del 14/09/2017, COGNOME, Rv. 271854 – 01, relativa a “fattispecie in cui la misura cautelare era stata applicata da un giudice per le indagini preliminari diverso dal giudice dell’udienza preliminare che aveva celebrato il rito abbreviato”).
In ogni caso, va ribadito quanto già sottolineato dal Tribunale, ossia che la violazione “delle regole tabellari degli uffici giudiziari concernenti l’assegnazione degli affari” integra una mera irregolarità non comportante la nullità del provvedimento adottato se non determina, ipotesi neppure prospettata dal ricorrente oltre che non configurabile, uno stravolgimento dei principi e canoni essenziali dell’ordinamento giudiziario ( Sez. VI, n. 27856 del 14/7/2005, COGNOME, Rv. 232310; Sez. F, n. 35729 dell’1/8/2013, COGNOME, Rv. 256570; Sez. 4, n. 35585 del 12/05/2017, COGNOME, Rv. 270775).
4. All’infondatezza del ricorso consegue, per il disposto dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
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Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 10/12/2024